STORIE DI UN MONDO ANTICO
di guido michi
8° PARTE
Come detto
per le feste Natalizie molte ferite erano state rimarginate ma per raggiungere
questo fantastico obbiettivo occorsero tanti sforzi e tanto ma tanto lavoro.
Prima di
continuare nella mia narrazione degli eventi accaduti in quei giorni, vorrei
tornare un attimo indietro: Vi ricordate della macchina trascinata dalla
corrente con la luce interna accesa? Vi ricordate il dubbio che al suo interno
fosse presente una persona intrappolata? La mattina seguente alla luce del sole
potemmo constatare con nostra somma gioia che essa era vuota e non c’era, per
fortuna, nessuna vittima. Ora riprendiamo il racconto interrotto da questa
dovuta precisazione. Tante parti della città avevano bisogno di braccia
possibilmente giovani per ripristinare la vita normale visto che in quella
drammatica situazione di normale non c’era rimasto quasi nulla. Io decisi di
andare alla BIBLIOTECA NAZIONALE culla della nostra cultura e del nostro sapere
che dalle notizie in mio possesso sapevo che fosse duramente colpita anche per
la sua collocazione vicino all’ARNO.
Arrivare era
molto difficile e faticoso perché camminare in quella fanghiglia appiccicosa
che in certe zone arrivava a mezza gamba non era una cosa semplice. Dovevo
percorrere Via Pisana attraversare Porta San Frediano inoltrami per Borgo San
Frediano per poi passare in Via Santo Spirito dove c’è un palazzotto in stile
rinascimentale di proprietà della famiglia FERRUCCI, sulla sommità dell’arco
del portone d’ingresso in una nicchia vi è posto il busto marmoreo di quel
FRANCESCO FERRUCCI famoso per la frase che rivolse a MARAMALDO “VILE TU UCCIDI
UN UOMO MORTO” dopo la battaglia di Gavinana tra le truppe della repubblica
fiorentina delle quali il Ferrucci era
il comandante e quelle imperiali di CARLO V.Passato il Ponte Vecchio ed
arrivato al Ponte alle Grazie, attraversato il medesimo e percorso un tratto
del Lungarno alle Grazie finalmente ero giunto alla mia
destinazione.
Il lavoro
che ci attendeva era molto duro si trattava di togliere i libri posti al piano
interrato e collocati in scaffalature metalliche: il problema era toglierli
visto che il solito e maledetto fango li aveva praticamente murati l’un con l’altro
e di li trasportali nella grande sala lettura ove le pagine venivano separate e
interfogliate con carta assorbente poi ricoperti di talco al fine di assorbire
l’umidità dopo questa operazione posti in ceste. I più preziosi inviati nei
depositi della Certosa per poi subire un accurato restauro gli altri inviati a
Prato nelle aziende di tintura della lana che avevano dei grandi essiccatoi.
Chi stava
nello scantinato si trovava nella situazione peggiore, perchè doveva stare nel
fango puzzolente dove c’era di tutto dai pesci, a grossi ratti morti ed a me è
capitato più di una volta operare in quell’ambiente. Per portare più
rapidamente possibile i tomi alluvionati al piano terreno venivano create delle
grandi catene umane che di mano in mano portavano alla superficie i libri e per
darci un ritmo usavamo cantare una canzone assai di moda a quei tempi “YELLOW
SUBMARINEdei BEATLES”.
Proprio in
quella particolare circostanza che nacque la grande epopea degli ANGELI DEL
FANGO. Ragazzi di gran parte dell’Italia, provenienti dalla Francia, Inghilterra,
Germania dall’Europa del Nord, degli Stati Uniti ecc. in una babele di lingue,
culture, razze, religioni si erano ritrovati tutti assieme con un unico scopo,
con un unico obbiettivo salvare Firenze e la cultura che esprimeva per e nel
mondo intero. Il mio attuale internazionalismo contrario ad ogni forma di
nazionalismo o sovranismo come si usa chiamarlo oggi nasce proprio da
quell’esperienza comunitaria e da quei momenti gloriosi ed esaltanti.
A dei
ragazzi che venivano da Bergamo domandai in modo un po’ ingenuo perché si
trovassero a fare questo schifoso lavoro nel mezzo al fango, mi fu risposto
“FIRENZE NON E’ SOLO DEI FIORENTINI E’ PATRIMONIO DEL MONDO ED IN QUESTA TRISTE
CIRCOSTANZA E’ GIUSTO CHE IL MONDO SIA QUI”.
FINE OTTAVA PARTE
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