martedì 28 agosto 2018


STORIE DI UN MONDO ANTICO

di guido michi



8° PARTE
Come detto per le feste Natalizie molte ferite erano state rimarginate ma per raggiungere questo fantastico obbiettivo occorsero tanti sforzi e tanto ma tanto lavoro.
Prima di continuare nella mia narrazione degli eventi accaduti in quei giorni, vorrei tornare un attimo indietro: Vi ricordate della macchina trascinata dalla corrente con la luce interna accesa? Vi ricordate il dubbio che al suo interno fosse presente una persona intrappolata? La mattina seguente alla luce del sole potemmo constatare con nostra somma gioia che essa era vuota e non c’era, per fortuna, nessuna vittima. Ora riprendiamo il racconto interrotto da questa dovuta precisazione. Tante parti della città avevano bisogno di braccia possibilmente giovani per ripristinare la vita normale visto che in quella drammatica situazione di normale non c’era rimasto quasi nulla. Io decisi di andare alla BIBLIOTECA NAZIONALE culla della nostra cultura e del nostro sapere che dalle notizie in mio possesso sapevo che fosse duramente colpita anche per la sua collocazione vicino all’ARNO.
Arrivare era molto difficile e faticoso perché camminare in quella fanghiglia appiccicosa che in certe zone arrivava a mezza gamba non era una cosa semplice. Dovevo percorrere Via Pisana attraversare Porta San Frediano inoltrami per Borgo San Frediano per poi passare in Via Santo Spirito dove c’è un palazzotto in stile rinascimentale di proprietà della famiglia FERRUCCI, sulla sommità dell’arco del portone d’ingresso in una nicchia vi è posto il busto marmoreo di quel FRANCESCO FERRUCCI famoso per la frase che rivolse a MARAMALDO “VILE TU UCCIDI UN UOMO MORTO” dopo la battaglia di Gavinana tra le truppe della repubblica fiorentina delle quali il Ferrucci  era il comandante e quelle imperiali di CARLO V.Passato il Ponte Vecchio ed arrivato al Ponte alle Grazie, attraversato il medesimo e percorso un tratto del Lungarno alle Grazie finalmente ero  giunto alla mia destinazione.
Il lavoro che ci attendeva era molto duro si trattava di togliere i libri posti al piano interrato e collocati in scaffalature metalliche: il problema era toglierli visto che il solito e maledetto fango li aveva praticamente murati l’un con l’altro e di li trasportali nella grande sala lettura ove le pagine venivano separate e interfogliate con carta assorbente poi ricoperti di talco al fine di assorbire l’umidità dopo questa operazione posti in ceste. I più preziosi inviati nei depositi della Certosa per poi subire un accurato restauro gli altri inviati a Prato nelle aziende di tintura della lana che avevano dei grandi essiccatoi.
Chi stava nello scantinato si trovava nella situazione peggiore, perchè doveva stare nel fango puzzolente dove c’era di tutto dai pesci, a grossi ratti morti ed a me è capitato più di una volta operare in quell’ambiente. Per portare più rapidamente possibile i tomi alluvionati al piano terreno venivano create delle grandi catene umane che di mano in mano portavano alla superficie i libri e per darci un ritmo usavamo cantare una canzone assai di moda a quei tempi “YELLOW SUBMARINEdei BEATLES”.
Proprio in quella particolare circostanza che nacque la grande epopea degli ANGELI DEL FANGO. Ragazzi di gran parte dell’Italia, provenienti dalla Francia, Inghilterra, Germania dall’Europa del Nord, degli Stati Uniti ecc. in una babele di lingue, culture, razze, religioni si erano ritrovati tutti assieme con un unico scopo, con un unico obbiettivo salvare Firenze e la cultura che esprimeva per e nel mondo intero. Il mio attuale internazionalismo contrario ad ogni forma di nazionalismo o sovranismo come si usa chiamarlo oggi nasce proprio da quell’esperienza comunitaria e da quei momenti gloriosi ed esaltanti.
A dei ragazzi che venivano da Bergamo domandai in modo un po’ ingenuo perché si trovassero a fare questo schifoso lavoro nel mezzo al fango, mi fu risposto “FIRENZE NON E’ SOLO DEI FIORENTINI E’ PATRIMONIO DEL MONDO ED IN QUESTA TRISTE CIRCOSTANZA E’ GIUSTO CHE IL MONDO SIA QUI”.

FINE OTTAVA PARTE





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