MICHELANGELO POETA
La mia rubrica su MICHELANGELO POETA continua abbinando alla poesia che oggi ho scelto con un'opera di architettura del BUONARROTI ed esattamente lo scalone principale che egli disegnò per accedere alla BIBLIOTECA MEDICEA LAURENZIANA facente parte del complesso Laurenziano a Firenze
LO SCALONE
Il problema del dislivello tra vestibolo e sala di lettura richiese la creazione di uno scalone. Il disegno per la celebre scala tripartita venne fornito nel 1559 e inizialmente era previsto l'uso del legno di noce, che poi Bartolomeo Ammannati eseguì in pietra serena su volontà di Cosimo I.
Per la prima volta si può riconoscere un'anticipazione dello stile barocco che di lì a poco avrebbe invaso l'Europa. Se infatti le linee rette delle parti laterali sono pienamente rinascimentali, i monumentali gradini centrali, di forma ellittica come una immaginaria colata di pietra, sono un'invenzione originale di Michelangelo; questa particolare linea curvata fu usata anche nei sepolcri medicei della Sagrestia Nuova e nelle arcate del ponte Santa Trinita. La scala è infatti costituita da una parte centrale dove domina la curva e da altri due accessi laterali con gradini squadrati. Lo spettatore davanti all'ingresso vive l'emozione di assistere a una vera e propria cascata di materia viva trattenuta dalla presenza di due rigide balaustre.
g.m.
Rime di Michelangelo Buonarroti
Le grazie tua e la fortuna mia
hanno, donna, sì vari
gli effetti, perch'i' 'mpari
in fra 'l dolce e l'amar qual mezzo sia.
Mentre benigna e pia
dentro, e di fuor ti mostri
quante se' bella al mie 'rdente desire,
la fortun' aspra e ria,
nemica a' piacer nostri,
con mille oltraggi offende 'l mie gioire;
se per avverso po' di tal martire,
si piega alle mie voglie,
tuo pietà mi si toglie.
Fra 'l riso e 'l pianto, en sì contrari stremi,
mezzo non è c'una gran doglia scemi.
hanno, donna, sì vari
gli effetti, perch'i' 'mpari
in fra 'l dolce e l'amar qual mezzo sia.
Mentre benigna e pia
dentro, e di fuor ti mostri
quante se' bella al mie 'rdente desire,
la fortun' aspra e ria,
nemica a' piacer nostri,
con mille oltraggi offende 'l mie gioire;
se per avverso po' di tal martire,
si piega alle mie voglie,
tuo pietà mi si toglie.
Fra 'l riso e 'l pianto, en sì contrari stremi,
mezzo non è c'una gran doglia scemi.
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