MICHELANGELO POETA
Oggi alla poesia selezionata ho abbinato un’opera Architettonica del Buonarroti, “LA FINESTRA INGINOCCHIATA” realizzata per PALAZZO MEDICI A FIRENZE.
La finestra inginocchiata è un tipo di apertura usata a partire dal Cinquecento, soprattutto in area toscana.
Si tratta di un tipo monumentale usato specialmente al pian terreno: il davanzale poggia su sostegni sporgenti che assomigliano a due "gambe" dal ginocchio in giù, da cui il nome. Tipica del periodo manierista e del barocco toscano, è di solito chiusa da una grata, incorniciata e coronata da timpano, a volte con decorazioni, spesso zoomorfe: per esempio, i due sostegni vengono spesso scolpiti come zampe leonine e talvolta lo spazio tra essi è decorato da un bassorilievo.
La prima finestra inginocchiata è tradizionalmente quella di palazzo Medici Riccardi a Firenze, attribuita a Michelangelo[1], che fu realizzata per occupare il grande arco di un portale che un tempo conduceva a una loggia di famiglia.
Tra gli architetti che si sono sbizzarriti nella creazione e decorazione di finestre inginocchiate ci furono Bartolomeo Ammannati e Bernardo Buontalenti.
g.m.
Rime di Michelangelo Buonarroti
A l'alta tuo lucente dïadema
per la strada erta e lunga,
non è, donna, chi giunga,
s'umiltà non v'aggiungi e cortesia:
il montar cresce, e 'l mie valore scema,
e la lena mi manca a mezza via.
Che tuo beltà pur sia
superna, al cor par che diletto renda,
che d'ogni rara altezza è ghiotto e vago:
po' per gioir della tuo leggiadria
bramo pur che discenda
là dov'aggiungo. E 'n tal pensier m'appago,
se 'l tuo sdegno presago,
per basso amare e alto odiar tuo stato,
a te stessa perdona il mie peccato.
per la strada erta e lunga,
non è, donna, chi giunga,
s'umiltà non v'aggiungi e cortesia:
il montar cresce, e 'l mie valore scema,
e la lena mi manca a mezza via.
Che tuo beltà pur sia
superna, al cor par che diletto renda,
che d'ogni rara altezza è ghiotto e vago:
po' per gioir della tuo leggiadria
bramo pur che discenda
là dov'aggiungo. E 'n tal pensier m'appago,
se 'l tuo sdegno presago,
per basso amare e alto odiar tuo stato,
a te stessa perdona il mie peccato.
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