mercoledì 20 giugno 2018

ITALIANI BRAVA GENTE ?
MITO DA SFATARE (parte 2°)
CRIMINI COMMESSI IN CROAZIA E SLOVENIA

Nell'estate 1941 le autorità italiane decisero di utilizzare reparti del Regio Esercito per il controllo del territorio delle zone controllate dalla resistenza.
Il 6 ottobre 1941 le divisioni "Granatieri di Sardegna" e "Isonzo" avviarono una prima offensiva nel territorio di Golo-Skrilje e Mokrec-Malinjek incendiando le case del luogo; il 14 ottobre a Zapotok i militari italiani attaccarono il battaglione partigiano "Krim" uccidendo due combattenti jugoslavi e arrestando i civili che abitavano il vicino villaggio:

« Due ribelli vennero uccisi ed altri 8 catturati insieme a 9 favoreggiatori. L'interrogatorio dei catturati, dei favoreggiatori e dei parenti dei ribelli uccisi consentiva ai Granatieri altre irruzioni nel campo scuola delle "Dolomiti dell'Isca" e in quello operativo di Rob.[90] »
Dalla relazione del novembre 1941 del comandante della divisione "Granatieri" e dell'XI Corpo d'armata si evince che i granatieri italiani a Ribnica riuscirono, dopo tre giorni di operazioni, a sbarrare la strada per la Croazia ai ribelli e a distruggerne la banda: 13 uccisi, 10 feriti e catturati, 44 catturati illesi.

Nonostante questi successi del Regio Esercito l'attività partigiana allargò la propria capacità operativa e di mobilitazione grazie all'ampio appoggio popolare di cui godeva. Nel novembre 1941 a seguito di un attacco partigiano ad un ponte ferroviario sulla linea Lubiana-Postumia vennero eseguiti rastrellamenti e distruzioni in vaste zone adiacenti; durante le operazioni militari e gli scontri armati con la resistenza jugoslava le truppe italiane ebbero 4 morti e 3 feriti. Le autorità italiane reagirono incarcerando 69 civili dei villaggi del luogo, 

processandoli ed emettendo 28 condanne a morte, 12 ergastoli, 4 a trent'anni di carcere e altri 6 a pene tra i cinque e gli otto anni.[91] Il 1º dicembre 1941 studenti e gruppi armati realizzarono una serie di azioni dimostrative: esplosione di una bomba contro postazioni fasciste, manifestazioni di studenti, astensione della popolazione dalla circolazione e frequentazione dei locali pubblici. L'esercito italiano reagì sparando sui civili e uccidendo 2 persone (Vittorio Meden, Presidente della Federazione commercianti di Lubiana, e Dan Jakor) e ferendo gravemente Grikar Slavo, impiegato presso l'Alto Commissariato.[92]
Divieto del 1942 di uscire dalla città di Lubiana.
PROCLAMA ALLA POPOLAZIONE SLOVENA
Al momento dell'annessione, l'Italia vittoriosa vi ha dato condizioni estremamente umane e favorevoli.
Dipendeva da voi, ed unicamente da voi, di vivere in un'oasi di pace. Invece molti di voi hanno impugnato le armi contro le autorità e le truppe italiane. Queste, per un alto senso di civiltà ed umanità, si sono limitate all'azione militare, evitando misure che gravassero sull'insieme della popolazione ed ostacolassero la normale vita economica del paese.

È solo quando i rivoltosi sono trascesi ad orrendi delitti contro italiani isolati, contro vostri pacifici concittadini e persino contro donne e bambini, che le autorità italiane sono ricorse a misure di rappresaglia ed a qualche provvedimento restrittivo, di cui soffrite per causa dei rivoltosi.
Ora, poiché i rivoltosi continuano la serie di delitti, e poiché una parte della popolazione persiste nel favorire la ribellione, disponiano quanto segue:
1º) A partire da oggi nell'intera Provincia di Lubiana:
sono soppressi tutti i treni viaggiatori locali;
è vietato a chiunque viaggiare sui treni in transito, tranne a chi è in possesso di passaporto per le altre provincie del regno e per l'estero;
sono soppresse tutte le autocorriere;
è vietato il movimento con qualsiasi mezzo di locomozione, fra centro abitato e centro abitato;
è vietata la sosta ed il movimento, tranne che nei centri abitati, nello spazio di un chilometro dai due lati delle linee ferroviarie. (Sarà aperto senz'altro il fuoco sui contravventori);
sono soppresse tutte le comunicazioni telefoniche e postali, urbane ed interurbane.
2º) A partire da oggi nell'intera Provincia di Lubiana, saranno immediatamente passati per le armi:
coloro che faranno comunque atti di ostilità alle autorità e truppe italiane;
coloro che verranno trovati in possesso di armi, munizioni ed esplosivi;
coloro che favoriranno comunque i rivoltosi;
coloro che verranno trovati in possesso di passaporti, carte di identità e lasciapassare falsificati;
i maschi validi che si troveranno in qualsiasi atteggiamento - senza giustificato motivo - nelle zone di combattimento.
3º) A partire da oggi nell'intera Provincia di Lubiana, saranno rasi al suolo:
gli edifizii da cui partiranno offese alle autorità e truppe italiane;
gli edifizii in cui verranno trovate armi, munizioni, esplosivi e materiali bellici;
le abitazioni in cui i proprietari abbiano dato volontariamente ospitalità ai rivoltosi.
Sapendo che fra i rivoltosi si trovano individui che sono stati costretti a seguirli nei boschi, ed altri che si pentono di aver abbandonato le loro case e le loro famiglie, garantiamo salva la vita a coloro che, prima del combattimento, si presentino alle truppe italiane e consegnino loro le armi. Le popolazioni che si manterranno tranquille, e che avranno contegno corretto rispetto alle autorità e alle truppe italiane, non avranno nulla a temere, né per le persone, né per i loro beni.
Lubiana -- luglio 1942 - XX
Nella notte fra il 22 e il 23 febbraio 1942 le autorità militari italiane cinsero con filo spinato e reticolati l'intero perimetro di 30 km di Lubiana, al fine di operate un rastrellamento completo della popolazione maschile della città[93] disponendo un ferreo controllo su tutte le entrate e le uscite. La città venne divisa in tredici settori e furono raccolti 18 708 uomini che furono controllati nelle caserme con l'aiuto di delatori sloveni dissimulati; 878 di questi uomini furono mandati in campo di concentramento.
A Lubiana nel solo mese del marzo '42 gli italiani fucilarono 102 ostaggi.[95] Un soldato italiano in una lettera inviata a casa il 1º luglio 1942 scrisse:
« Abbiamo distrutto tutto da cima a fondo senza risparmiare gli innocenti. Uccidiamo intere famiglie ogni sera, picchiandoli a morte o sparando contro di loro. Se cercano soltanto di muoversi tiriamo senza pietà e chi muore muore.[96] »
Un altro scrisse:
« Noi abbiamo l'ordine di uccidere tutti e di incendiare tutto quel che incontriamo sul nostro cammino, di modo che contiamo di finirla rapidamente. »
Il 24 aprile 1942 Grazioli e Robotti pubblicarono un bando di ammonizione e minaccia contro la popolazione civile slovena:
« Considerato che continuano a verificarsi, nel territorio della provincia, efferati delitti da parte di sicari al servizio del comunismo. Ritenuta l'assoluta necessità di stroncare con ogni mezzo tali manifestazioni criminose [...] qualora dovessero verificarsi altri omicidi o tentati omicidi a danno di appartenenti alle Forze Armate, al Capo della polizia, alle amministrazioni dello Stato; di cittadini italiani o di civili sloveni che in qualsiasi modo collaborano lealmente con l'Autorità [...] saranno fucilati [...] elementi di cui sia stata accertata l'appartenenza al comunismo.[senza fonte] »
In nove mesi, da fine aprile 1942 a fine gennaio 1943, nella sola città di Lubiana, oltre ai «regolarmente processati», furono liquidati senza processo 21 gruppi di ostaggi per un assieme di 145 uomini (di cui 121 fucilati presso la cava abbandonata Gramozna jama, presso Lubiana). Furono assassinati col solo proposito di intimidire la popolazione, senza processo formale, senza prove di colpevolezza, vittime innocenti, arrestate dalle pattuglie militari nelle vie cittadine e passate per le armi con la pretestuosa motivazione che trattavasi «sicuramente di attivisti comunisti, e quindi coinvolti in azioni di sabotaggio, di cui nel termine prescritto di 48 ore non erano stati individuati i colpevoli». Gli ostaggi venivano scelti sia tra i detenuti delle carceri militari, sia tra individui in capo ai quali il Tribunale Militare non era riuscito a scoprire alcun indizio di accusa.[senza fonte]
Il 12 luglio 1942 nel villaggio di Podhum, per rappresaglia furono fucilati da reparti militari italiani per ordine del Prefetto della Provincia di Fiume Temistocle Testa tutti gli uomini del villaggio di età compresa tra i 16 ed i 64 anni.
Sul monumento che oggi sorge nei pressi del villaggio sono indicati i nomi delle 91 vittime dell'eccidio. Il resto della popolazione fu deportata nei campi di internamento italiani e le abitazioni furono incendiate.[97][98]
Per colpire la resistenza jugoslava le autorità italiane puntarono sulla deportazione di intere zone popolate da civili in contatto o in grado di parentela con i partigiani. La stessa politica venne perseguita anche nell'adiacente Provincia di Fiume: il locale Prefetto - Temistocle Testa - redasse il 19 giugno 1942 il rapporto "Allontanamento di coniugi di ribelli della Provincia di Fiume". Il prefetto della Provincia di Fiume ha firmato anche il proclama prot. n. 2796, emesso in data 30 maggio 1942, in cui rende nota la punizione inflitta alle famiglie di presunti aderenti alle formazioni partigiane:
« [...] Si informano le popolazioni dei territori annessi che con provvedimento odierno sono stati internati i componenti delle suddette famiglie, sono state rase al suolo le loro case, confiscati i beni e fucilati 20 componenti di dette famiglie estratti a sorte, per rappresaglia contro gli atti criminali da parte dei ribelli che turbano le laboriose popolazioni di questi territori  »
Lo stesso Prefetto di Fiume fu anche il destinatario della seguente relazione resa dal Commissario Prefettizio di Primano:
« Il giorno 4/6/1942/XX alle ore 13:30 furono incendiati da parte degli squadristi del II° Battaglione di stanza a Cosale le case delle seguenti frazioni del Comune di Primano: Bittigne di Sotto...,Bittigne di Sopra..., Monte Chilovi..., Rattecievo in Monte... [...] Durante le operazioni di distruzione ... è stata fatta una esecuzione in massa di n. 24 persone appartenenti alle frazioni di Monte Chilovi e Rattecevo in Monte. [...] poiché è da temersi una immediata rappresaglia, si prega vivamente di voler inviare con tutta sollecitudine dei rinforzi. »
(IL COMMISSARIO PREFETTIZIO Attilio Orsarri, 5 giugno 1942)

Un comunicato del generale Lorenzo Bravarone documenta l'azione di intimidazione compiuta dai militari italiani in data 6 giugno 1942 nei pressi di Abbazia, che comportò la fucilazione sommaria di 12 persone e la deportazione di 131 loro familiari.
Secondo fonti slovene e jugoslave, in 29 mesi di occupazione italiana della Provincia di Lubiana, vennero fucilati o come ostaggi o durante operazioni di rastrellamento circa 5 000 civili, ai quali furono aggiunti 200 bruciati vivi o massacrati in modo diverso, 900 partigiani catturati e fucilati e oltre 7 000 (su 33 000 deportati) persone, in buona parte anziani, donne e bambini, morti nei campi di concentramento. In totale quindi si arrivò alla cifra di circa 13 100 persone uccise su un totale di 339 751, al momento dell'annessione, quindi il 3,8% della popolazione totale della provincia.[103] Il tutto è da inquadrarsi nell'ambito del teatro di guerra jugoslavo-balcanico, che vide dal 1941 al 1945 la morte di oltre 89 000 sloveni su una popolazione di 1,49 milioni, pari al 6%.

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