martedì 26 giugno 2018

LEONARDO FIBONACCI-MATEMATICO PISANO
L'introduzione dei numeri arabi in Europa

Nel 1202 pubblicò, e nel 1228 riscrisse (lo fece pubblicare solo dopo la sua morte però, lasciandolo nel suo testamento) il Liber abbaci, opera in quindici capitoli con la quale introdusse (nel capitolo I) le nove cifre, da lui definite "indiane", e il segno 0 (gli altri popoli non utilizzavano questo simbolo perché non ne sentivano il bisogno) che in latino è chiamato zephirus, adattamento dell'arabo sifr, ripreso a sua volta dal termine sanscrito śūnya, che significa "vuoto". Zephirus in veneziano divenne zevero ed infine comparve l'italiano "zero". Per mostrare ad oculum l'utilità del nuovo sistema egli pose sotto gli occhi del lettore una tabella comparativa di numeri scritti nei due sistemi, romano e indiano. Fibonacci espose così per la prima volta in Europa la numerazione posizionale indiana (adottata poi dagli arabi).
Nel libro presentò inoltre criteri di divisibilità, regole di calcolo di radicali quadratici e cubici ed altro. Introdusse con poco successo anche la barretta delle frazioni, nota al mondo arabo prima di lui (capitoli II-IV). Nel libro sono anche compresi quesiti matematici che gli furono posti, con la loro soluzione (uno dei capitoli trattava aritmetica commerciale, ragioneria, problemi di cambi ecc.).
All'epoca il mondo occidentale usava i numeri romani e il sistema di numerazione greco e i calcoli si eseguivano con l'abaco. Questo nuovo sistema stentò molto ad essere accettato, tanto che nel 1280 la città di Firenze proibì l'uso delle cifre arabe da parte dei banchieri. Si riteneva infatti che lo "0" apportasse confusione e venisse impiegato anche per mandare messaggi segreti e, poiché questo sistema di numerazione veniva chiamato "cifra", da tale denominazione deriva l'espressione "messaggio cifrato".
L'uso delle cifre arabe era in ogni caso già conosciuto da alcuni dotti dell'epoca. Il primo caso del quale si ha notizia è stato quello del monaco Gerberto (poi diventato papa dal 999 al 1003 col nome di Silvestro II): egli propose l'uso di questo sistema in alcuni conventi in cui si scrivevano opere scientifiche, ma il metodo rimase sconosciuto nel mondo esterno. Un esempio più tardo, dell'epoca di Fibonacci, si trova nelle scritture notarili di Notar Raniero, perugino.
La prima edizione del Liber abbaci, del 1202, è andata persa, la seconda edizione, del 1228, (che Fibonacci aveva preparato su richiesta del filosofo scozzese Michele Scoto) si è conservata ed è stata ristampata nel 1857 a Roma, dalla Tipografia delle scienze matematiche e fisiche, in un'edizione curata da Baldassarre Boncompagni.

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