martedì 24 luglio 2018


  PRIME VITTIME DEL DECRETO DIGNITA'
                                                                                                                                                                                                                                                                   

Il decreto Di Maio, almeno nelle intenzioni del suo ideatore, doveva nascere come provvedimento per arginare la precarietà nel nostro Paese ma sta ottenendo l’effetto contrario. Non un fulmine a ciel sereno, le conseguenze erano ampiamente prevedibili e per questo il Pd le ha da subito denunciate cercando di porre modifiche sostanziali che salvaguardassero davvero i lavoratori. Ma non c’è dialogo con chi vuol fare solo propaganda.
E così Il Mattino ci racconta la storia di Antonio e i suoi colleghi, tutti lavoratori stagionali alla Nestlè di Benevento, che sta per diventare l’hub della pizza surgelata della multinazionale. Un’eccellenza che funziona, tanto che erano stati già annunciate 150 assunzioni da qui ai prossimi 4 anni. Ma per i 20 lavoratori precari da 15 anni, il sogno di un lavoro (seppur a tempo) si spegne. Dal 14 luglio scorso, infatti, i contratti in somministrazione non sono stati più rinnovati, perché avevano tutti raggiunto il nuovo limite posto dal decreto di urgenza a firma Di Maio.
Il decreto trasferisce infatti ai contratti in somministrazione (il vecchio lavoro interinale) gli stessi limiti introdotti per i contratti a tempo determinato: il limite massimo passa da 36 a 24 mesi e le proroghe scendono da 5 e 4. Risultato? Quei dipendenti non hanno più un lavoro.
Siamo le prime vittime del decreto dignità – scrivono sui social a Salvini, Di Maio e anche a Roberto Saviano e Barbara D’Urso – da precari siamo diventati disoccupati”. Venerdì scorso l’ultimo turno, interrotto bruscamente. “Un dirigente” – raccontano ancora al Il Mattino- “ci ha detto che per il momento i nostri contratti non potevano essere rinnovati. Ci ha spiegato soltanto che dovevamo aspettare”. E così faranno, anche perché Nestlè puntualizza che aveva le mani legate: “Non si potevano richiamare i lavoratori in somministrazione che hanno raggiunto il nuovo limite imposto dal decreto di urgenza in ovvia ottemperanza alle nuove normative” ma assicurano che si confronteranno con la parti sociali per “valorizzare tutte le professionalità già maturate sul territorio”.

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