MICHELANGELO BUONARROTI POETA
Oggi alla poesia Michelangiolesca abbino “IL GENIO DELLA VITTORIA” statua che trova la sua collocazione nel magnifico salone dei 500 opera,questa, di Giorgio Vasari in PALAZZO VECCHIO a Firenze
STORIA
Non si sa di preciso quando la statua venne scolpita, ma essa è in genere riferita al progetto per la tomba di Giulio II, destinata a decorare una delle nicchie inferiori di uno degli ultimi progetti, magari quello del 1532 a cui sono riferiti anche i Prigioni della Galleria dell'Accademia. Forse nel monumento era accoppiato, sull'altro lato, a una figura di lottatori simile, di cui esiste un bozzetto a Casa Buonarroti: il cosiddetto Ercole-Sansone.
Con le celebri statue non-finite, il Genio ha infatti in comune una parte della storia nota: rimaste nello studio dell'artista in via Mozza dopo la sua definitiva partenza da Firenze nel 1534, divennero di proprietà di suo nipote Leonardo Buonarroti, il quale provò prima a venderle nel 1544 (senza ottenere però la necessaria autorizzazione), poi, su suggerimento di Daniele da Volterra, a farle collocare sulla tomba di Michelangelo in Santa Croce (1564), ma Giorgio Vasari espresse un parere negativo, suggerendo piuttosto di regalarle al duca Cosimo I de' Medici, come di fatto avvenne quello stesso anno. Se i Prigioni vennero destinati alla Grotta del Buontalenti nel Giardino di Boboli, il Genio finì per decorare il Salone dei Cinquecento.
g.m.
STORIA
Non si sa di preciso quando la statua venne scolpita, ma essa è in genere riferita al progetto per la tomba di Giulio II, destinata a decorare una delle nicchie inferiori di uno degli ultimi progetti, magari quello del 1532 a cui sono riferiti anche i Prigioni della Galleria dell'Accademia. Forse nel monumento era accoppiato, sull'altro lato, a una figura di lottatori simile, di cui esiste un bozzetto a Casa Buonarroti: il cosiddetto Ercole-Sansone.
Con le celebri statue non-finite, il Genio ha infatti in comune una parte della storia nota: rimaste nello studio dell'artista in via Mozza dopo la sua definitiva partenza da Firenze nel 1534, divennero di proprietà di suo nipote Leonardo Buonarroti, il quale provò prima a venderle nel 1544 (senza ottenere però la necessaria autorizzazione), poi, su suggerimento di Daniele da Volterra, a farle collocare sulla tomba di Michelangelo in Santa Croce (1564), ma Giorgio Vasari espresse un parere negativo, suggerendo piuttosto di regalarle al duca Cosimo I de' Medici, come di fatto avvenne quello stesso anno. Se i Prigioni vennero destinati alla Grotta del Buontalenti nel Giardino di Boboli, il Genio finì per decorare il Salone dei Cinquecento.
g.m.
Rime di Michelangelo Buonarroti
Non ha l'ottimo artista alcun concetto
c'un marmo solo in sé non circonscriva
col suo superchio, e solo a quello arriva
la man che ubbidisce all'intelletto.
Il mal ch'io fuggo, e 'l ben ch'io mi prometto,
in te, donna leggiadra, altera e diva,
tal si nasconde; e perch'io più non viva,
contraria ho l'arte al disïato effetto.
Amor dunque non ha, né tua beltate
o durezza o fortuna o gran disdegno,
del mio mal colpa, o mio destino o sorte;
se dentro del tuo cor morte e pietate
porti in un tempo, e che 'l mio basso ingegno
non sappia, ardendo, trarne altro che morte.
c'un marmo solo in sé non circonscriva
col suo superchio, e solo a quello arriva
la man che ubbidisce all'intelletto.
Il mal ch'io fuggo, e 'l ben ch'io mi prometto,
in te, donna leggiadra, altera e diva,
tal si nasconde; e perch'io più non viva,
contraria ho l'arte al disïato effetto.
Amor dunque non ha, né tua beltate
o durezza o fortuna o gran disdegno,
del mio mal colpa, o mio destino o sorte;
se dentro del tuo cor morte e pietate
porti in un tempo, e che 'l mio basso ingegno
non sappia, ardendo, trarne altro che morte.
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