RESOCONTO DELLA QUINTA RIUNIONE
SUL TESTAMENTO BIOLOGICO DELLA COMMISSIONE
AFFARI SOCIALI ALLA CAMERA DEI DEPUTATI
di Matteo Mainardi
Dopo quattro sedute di dibattito generale sulle
Direttive Anticipate di Trattamento (DAT) in Commissione Affari
sociali, il 7 marzo sono iniziate le audizioni degli esperti.
Questi confermano nei fatti l'impostazione dell'Associazione
Luca Coscioni, evidenziando però il proprio scetticismo verso
la vincolatività delle DAT nei percorsi
cronico-neurodegenerativi. Alcuni parlamentari, a partire dal
presidente Marazziti
(DS-CD
eletto nella circoscrizione Lazio 1) hanno voluto
ricordare agli esperti, ossia a uomini di scienza che vivono la
realtà del fine vita ogni giorno nelle corsie ospedaliere, che
esistono letterature discordanti sui temi in discussione. Lo
stesso presidente ha sottolineato come la Commissione stia
discutendo di Dichiarazioni Anticipate di Trattamento, non di
Direttive Anticipate. Sembra un gioco di parole, ma non è.
Riportiamo a seguire le sintesi degli interventi
dei soli esperti, fermo restando che, grazie a Radio Radicale,
gli interventi integrali si possono riascoltare cliccando qui.
Lorenzo D'Avak, presidente del Comitato nazionale di bioetica
(CNB): "Quando il legislatore tace, il giudice interpreta.
Mi auguro che il Parlamento dia delle risposte chiare, senza
normative complicate che lascerebbero di nuovo la decisione
all'interprete. Da giurista ho una profonda insoddisfazione
verso questo vuoto normativo. Capisco le difficoltà di mediare
tra posizioni etiche, ma questo è il compito del legislatore.
Il CNB si è diviso su idratazione e nutrizione da intendersi
come trattamenti sanitari, alla fine c'è stato un parere
positivo. Dal punto di vista giuridico siamo nel campo dei
trattamenti invasivi della persona che non li richiede. Con
l'habeas corpus questa polemica cessa di essere. Se si
intendessero come obbligatori nutrizione e idratazione
artificiali, il giorno dopo ci ritroveremo in Corte
Costituzionale".
Laura Palazzani, vicepresidente del Comitato nazionale di
bioetica (CNB): "La sedazione profonda non è eutanasia. Le
dat dovrebbero essere libere, non prestampate, e fatte con il
medico. Eutanasia si ha quando vi è una volontaria richiesta
del paziente. A volte ci sono condizioni di lucidità, altre di
assoluta fragilità del paziente. Il medico deve garantire
l'accompagnamento attraverso l'assenza di sofferenze,
assicurando che, con le cure palliative, il dolore si può
affievolire o eliminare".
Carlo Peruselli, presidente della Società italiana di cure
palliative (SICP): "E' importante stabilire un percorso
normativo. Le variazioni demografiche ci pongono il problema di
cui stiamo discutendo. Abbiamo una popolazione più vasta delle
malattie cronico-neurodegenerative e un aumento della
popolazione anziana. La vincolatività delle DAT si stabilisce
in una relazione di cura".
Danila Valenti, componente del consiglio direttivo
dell’Associazione europea di cure palliative (Eapc): "Le
cure palliative sono l'emblema del non abbandono del paziente.
Chiediamo che la legge che si sta discutendo arrivi a un
diritto alla malattia e a un diritto a una morte dignitosa,
laddove la dignità sta nella persona. La società non può dire
qual è la dignità di vita, è la persona che lo sceglie. Le DAT
esigono una responsabilità individuale e sociale.
Responsabilità individuale significa che la persona deve avere
la massima consapevolezza possibile sulla propria malattia,
altrimenti non sono possibili le DAT. In hospice la
consapevolezza della prognosi è nell'ordine del 12-14%. Non
dobbiamo tradire le volontà del paziente, altrimenti è quello
l'abbandono terapeutico. Dobbiamo rispettare la persona che
abbiamo in cura".
Piero Morino, membro del consiglio direttivo della Società
italiana di cure palliative (SICP): "Stiamo attenti a non
focalizzare l'attenzione su un puntino quando intorno c'è un
mondo. Le DAT sono molto importanti per ribadire alcuni
principi etici della persona. Dobbiamo parlare più di
pianificazione anticipata di cure piuttosto che di DAT che
riguardano quelle poche persone che improvvisamente si
ritrovano in determinate condizioni. Non è più vero che c'è una
frattura tra cure attive e palliative, ormai ci sono cure
palliative precoci che pian piano diventeranno prevalenti. Oggi
i pazienti muoiono in ospedale, con una maschera attaccata al
viso e magari legati al letto. E' questo il modo di morire in
ospedale. Se si sta a parlare sulle ideologie, non dico nemmeno
sui principi etici, le persone moriranno ancora in questo modo
in ospedale. Abbiamo una responsabilità".
Giancarlo Sandri, consigliere della Società italiana di
nutrizione clinica e metabolismo (Sinuc): "Non possiamo
non identificare nell'idratazione e nutrizione artificiale un
trattamento terapeutico. A volte questi possono peggiorare la
qualità della vita del paziente. Questo trattamento va iniziato
e finito come qualsiasi altro, quando ce n'è bisogno. Se questo
viene accettato come principio cardine, derivano tutti gli
altri: ossia è possibile rifiutarlo. Non è uguale imboccare un
anziano e nutrirlo per via endovenosa: il secondo caso è
artificiale e può portare complicanze, può essere addirittura
futile o dannoso". Sulla vincolatività ricorda che la
malattia è un percorso e anche la persona cambia in quel
percorso.
Mauro Rossini, rappresentante dell'Associazione italiana di
dietetica e nutrizione medica (Adi): "Si cura di più, si
cura meglio, ma anche la popolazione invecchia sempre di più.
L'invasività a volte offende le condizione del paziente e il
paziente stesso. La volontà suprema penso debba spettare al
paziente o a chi gli sta più vicino".
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