domenica 4 gennaio 2015

Quella del fiore di loto è una metafora interessante: più lo stagno è melmoso, putrido, fangoso, sporco, impuro e più il fiore che vi cresce è bianco, puro, immacolato, grande, perfetto. Il fiore di loto simboleggia la Buddità, quello stato che Shakyamuni aveva scovato nelle inaccessibili profondità del suoessere: e la Buddità è l’immacolata natura della vita, la vita che tutti condividiamo, così come condividiamo il respiro, i polmoni, il cuore, le braccia, i capelli. Lo stagno è la sofferenza, il materiale di cui è fatta la vita. E il fiore di loto, la natura di Budda, può nascere, crescere e manifestarsi solo lì, in mezzo al fango, al putridume, allo sporco, alla melma. Stagno e fiore sono una cosa sola, un unico inscindibile insieme proprio come la vita e la morte, l’oscurità e l’Illuminazione, la vita e l’ambiente, il corpo e la mente, la causa e l’effetto, l’io e gli altri. Ecco la la grande scoperta del Buddismo, così come si è andato evolvendo o così come Shakyamuni ha insegnato: esso unisce invece di separare. Di più: regala un mezzo, una nave solida e robusta, perfettamente dotata, incredibilmente veloce per “attraversare il mare della sofferenza”. Una nave che compia l’intera traversata della vita, vento in poppa e vele spiegate. Una nave ben diversa da quelle su cui tante volte ci si è imbarcati, pieni di speranza e aspettative: per trovarsi poi, a metà percorso, con l’acqua che entra da una falla, allaga la stiva, gonfia il legno, fa affondare l’imbarcazione con tutto il carico. Una nave che non potrebbe solcare altre acque se non quelle: è lì che prende velocità, è da lì che le sue vele traggono forza: anch’esse dunque - nave e acqua e quindi la sofferenza e una vita piena, felice, gioiosa - una cosa sola. E allora quella grande sofferenza lì, quella che ti divora gli occhi e non ti permette di dormire, quella che ti lascia stremato, quella che riempie di buio la tua vita, diventa fonte di energia, diventa spinta, movimento, diventa lo spessore di un essere umano, la sua capacità di ascoltare, la capienza delle sue braccia e del suo cuore. Braccia sempre più grandi, un cuore sempre più vero.
(B. e S. n.96)

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