lunedì 5 gennaio 2015

Buddismo e Società n.119 - novembre dicembre 2006
Speciale
La natura mistica della vita
Sesta lezione

La qualità inafferrabile della vita, che trascende l'esistente e il non esistente, che risiede nei fenomeni impermanenti e li comprende in sé, è l'entità della Via di mezzo, realtà ultima di tutte le cose. Recitando Nam-myoho-renge-kyo siamo in grado di coglierla in noi e di renderla maestra della nostra mente

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Illustrazione di Valeria Gasparrini
«È il cuore che è importante»1 scrive Nichiren Daishonin. Il nostro cuore (la nostra mente2) è veramente meraviglioso e insondabile. Possiamo ampliare e approfondire il regno interiore dello spirito infinitamente e senza limiti.
Il cuore può provare una gioia immensa, sconfinata, come l'ebbrezza di volare liberi nell'immensità del cielo azzurro. Come la limpida e brillante luce solare illumina tutte le cose, così il cuore può abbracciare con calore e compassione coloro che soffrono. E, come un leone della giustizia, può fremere a volte di giusta collera e sconfiggere il male. Il nostro cuore, o mente, cambia davvero continuamente come le scene di un'opera teatrale o come un panorama che si apre davanti a noi. E niente è più meraviglioso della sua capacità di manifestare il mondo di Buddità. Anche le persone schiacciate dal peso della sofferenza e delle illusioni possono far sgorgare nella profondità della loro vita lo stato di Buddità che è una sola cosa con l'universo. Questa importantissima e radicale trasformazione è la più grande di tutte le meraviglie.
Il Buddismo vede in tutti gli esseri umani una suprema nobiltà e il potenziale per un grande cambiamento. Ne Il raggiungimento della Buddità in questa esistenza il Daishonin perciò conclude che, per quanto immersi nelle illusioni, quando puliamo accuratamente la nostra vita con la recitazione del Daimoku di Myoho-renge-kyo riusciamo a utilizzare lo stato vitale di Buddità e a trasformare anche la terra più impura e malvagia in una terra pura.
Myoho-renge-kyo è il nome della «mistica verità originariamente presente negli esseri viventi». Perciò attraverso la recitazione di Nam-myoho-renge-kyo possiamo rivelare la nostra Buddità innata, cioè lucidare lo specchio appannato di una mente che adesso è annebbiata dalle illusioni derivate dall'oscurità innata e trasformarlo in uno specchio limpido che rifletterà la natura essenziale di tutti i fenomeni e il vero aspetto della realtà. In altre parole, manifestando la mistica verità che risiede dentro di noi, possiamo utilizzare il nostro infinito potenziale interiore. La Buddità è una condizione vitale di identità con Myoho-renge-kyo, la mistica verità originariamente presente negli esseri viventi, e Nam-myoho-renge-kyo è anche il nome di questo supremo stato vitale.
Il brano che discuteremo adesso ha un significato profondo: spiega la relazione fra Myoho-renge-kyo e la mente degli esseri viventi nei termini di myohorenge e kyo; esso può essere considerato una descrizione di come le nostre vite diventino una sola cosa con Myoho-renge-kyo e manifestino lo stato di Buddità.

La mente è la mistica entità della Via di mezzo che è la realtà ultima di tutte le cose

«Cosa significa myo [mistico]? È la misteriosa natura della nostra mente in ogni singolo istante, che la mente stessa non riesce a comprendere e le parole non possono esprimere. Guardando la nostra mente in ogni singolo istante, non possiamo dire che esiste perché non ne percepiamo né colore né forma. Non possiamo dire che non esiste, poiché pensieri differenti sorgono di continuo. Riguardo a questa mente in ogni singolo istante, non si dovrebbe pensare né che esista né che non esista. È una realtà inafferrabile che trascende sia le parole che i concetti dell'esistenza e della non esistenza. Non è né esistenza né non esistenza, e tuttavia manifesta le caratteristiche di ambedue. È la mistica entità della Via di mezzo che è la realtà ultima di tutte le cose. Myo è il nome dato a questa misteriosa natura della vita e ho alle sue manifestazioni [le manifestazioni della mente di myo]. Renge, che significa fiore di loto, simboleggia il mistero di questa Legge. Se comprendiamo che la nostra vita in questo singolo istante è myo, allora comprenderemo che la nostra vita è la Legge mistica anche in tutti gli altri istanti. Tale comprensione è il mistico kyo, o sutra. Il Sutra del Loto è il re dei sutra, la diretta via all'Illuminazione, poiché spiega che l'entità della nostra vita in ogni singolo istante, dalla quale sorgono sia il bene che il male, è in realtà l'entità della Legge mistica».
Per cominciare il Daishonin dice che myo di Myoho-renge-kyo è la misteriosa natura della nostra mente, di momento in momento. E per descriverne la natura meravigliosa e insondabile usa i concetti di esistenza e non esistenza.
La nostra mente è in uno stato di movimento continuo che segue il flusso e il riflusso di innumerevoli pensieri ed emozioni. Il Daishonin osserva: «Guardando la nostra mente in ogni singolo istante, non possiamo dire che esiste perché non ne percepiamo né colore né forma. Non possiamo dire che non esiste, poiché pensieri differenti sorgono di continuo. Riguardo a questa mente in ogni singolo istante, non si dovrebbe pensare né che esista né che non esista. È una realtà inafferrabile che trascende sia le parole che i concetti dell'esistenza e della non esistenza. Non è né esistenza né non esistenza, e tuttavia manifesta le caratteristiche di ambedue».
Il Daishonin descrive questa forma misteriosa che la mente assume come «la mistica entità della Via di mezzo che è la realtà ultima di tutte le cose». La Via di mezzo non significa banalmente il percorso intermedio fra due estremi ma si riferisce a una prospettiva superiore che non si fa sviare dagli estremi ma anzi è in grado di abbracciarli entrambi. Shakyamuni elaborò un solido sistema filosofico e una pratica, che chiamò la Via di mezzo, in grado di trascendere le due condizioni estreme prevalenti ai suoi tempi, l'edonismo e l'ascetismo. Ne Il raggiungimento della Buddità in questa esistenza il Daishonin afferma che la realtà ultima, che trascende gli estremi di esistenza e non esistenza e al tempo stesso li manifesta entrambi, è la Via di mezzo e, in quanto apice della verità, la definisce "realtà ultima".
Trascendere esistenza e non esistenza può essere interpretato come trascendere i fenomeni impermanenti che si alternano incessantemente fra esistenza e non esistenza. Inoltre, il manifestare le qualità di esistenza e non esistenza e al tempo stesso trascenderle entrambe non riguarda un essere assoluto o trascendente separato dai fenomeni impermanenti, ma si riferisce all'eterno che risiede nei fenomeni impermanenti e li comprende in sé.
Sebbene in questo scritto il Daishonin spieghi la natura misteriosa della nostra vita o mente con i concetti di esistenza e non esistenza, ciò che afferma è paragonabile al concetto di non sostanzialità di Nagarjuna3 e ai concetti dell'unificazione delle tre verità4 e della triplice contemplazione in un'unica mente5 di T'ien-t'ai. Essenzialmente, "la mistica entità della Via di mezzo che è la realtà ultima" della quale parla il Daishonin è la nostra vita o mente che è una sola cosa con la realtà ultima, un concetto che si può esprimere in vari modi: non sostanzialità, unificazione delle tre verità o triplice contemplazione in un'unica mente.

Renge riguarda il principio di simultaneità di causa ed effetto

Poi il Daishonin afferma che ho, che significa Legge o fenomeni, è il nome dato alle manifestazioni della natura mistica della nostra vita o mente - un termine che si può rendere anche come la mente meravigliosa o la "mente di myo". La mente di myo è essa stessa la Legge mistica. Le sole parole astratte e le teorie - che si tratti del concetto di non sostanzialità o dell'unificazione delle tre verità - non possono essere chiamate Legge mistica. Soltanto quando la Legge mistica si esprime come la suprema saggezza umana basata sulla Via di mezzo essa può essere propagata come una bussola e una guida, come un insegnamento o Legge (ho) che le persone possono seguire.
Inoltre il Daishonin afferma: «Renge, che significa fiore di loto, simboleggia il mistero di questa Legge». La Legge mistica non è visibile all'occhio umano e perciò il Budda usa una metafora concreta per aiutare le persone a comprenderne la natura mistica e meravigliosa. Questa metafora è renge, che significa fiore di loto, 
Perché utilizza il fiore di loto? Di solito le piante prima fioriscono e poi producono i frutti, e la relazione tra questi due eventi viene utilizzata per illustrare la causalità lineare o sequenziale nella quale i fiori rappresentano la causa e i frutti l'effetto. Questo concetto nel Buddismo si chiama "non simultaneità di causa ed effetto". Al contrario il fiore di loto produce simultaneamente i petali e il ricettacolo che contiene i frutti, vale a dire che nel momento stesso in cui i petali si schiudono ci sono già anche i frutti. Il loto simboleggia così il principio di simultaneità di causa ed effetto.
Negli insegnamenti provvisori precedenti al Sutra del Loto non si afferma che la causa per l'ottenimento dell'Illuminazione è la Buddità originariamente presente in tutte le persone, bensì che la condizione vitale di Budda si può conseguire soltanto sottoponendosi a un numero incalcolabile di eoni di pratica buddista. Qui la causa e l'effetto non sono simultanei. Gli insegnamenti del Sutra del Loto invece spiegano che tutte le persone sono dotate originariamente dello stato di Buddità e sono in grado di rivelarlo istantaneamente. In altre parole, la mente illusa di una persona comune viene trasformata in un istante nella mente dimyo (della suprema Illuminazione) di un Budda. Il fiore di loto simboleggia questa simultaneità di causa ed effetto.

"Mantenere" la mente di myo è il mistico kyo

Il Daishonin spiega che kyo - che significa sutra - di Myoho-renge-kyo si riferisce anche alla comprensione della natura mistica della vita. Dice: «Se comprendiamo che la nostra vita in questo singolo istante è myo, allora comprenderemo che la nostra vita è la Legge mistica anche in tutti gli altri istanti. Tale comprensione è il mistico kyo, o sutra».
Il significato del carattere cinese usato per kyo è l'ordito verticale di un tessuto e si usa anche per indicare il trascorrere del tempo. Per questo il Daishonin parla della nostra vita o mente in questo singolo istante e della nostra vita o mente negli altri istanti. La nostra mente muta costantemente, ma quando sconfiggiamo la nostra oscurità interiore o ignoranza attraverso una forte fede che si manifesta nella recitazione del Daimoku, la verità mistica innata appare dentro di noi e la vita di Myoho-renge (lett.: il loto della Legge mistica) sboccia nel nostro cuore.
Continuando a recitare Daimoku giorno dopo giorno possiamo accumulare le cause e gli effetti per il raggiungimento della Buddità, che rendono possibile trasformare una mente annebbiata dall'oscurità innata in una mente che riflette la natura essenziale dei fenomeni e il vero aspetto della realtà. Le virtù di queste cause ed effetti col tempo diventano l'ossatura del nostro essere, dove i benefici sbocceranno come fiori sia nel nostro carattere che nella nostra vita concreta. Questo è il mistico kyo dal punto di vista della nostra esistenza individuale.
Possiamo considerare questo mistico kyo anche come la diffusione della Legge mistica da noi agli altri. Quando per "mente in questo singolo istante" intendiamo la mente del Budda e per "mente negli altri istanti" la mente di tutti gli esseri viventi, allora kyo si riferisce alla dottrina del Budda che espone gli aspetti della sua Illuminazione riguardanti la natura mistica della vita, o mente di myo. E il re dei sutra che illustra la mente di myo è il Sutra del Loto, l'essenza del quale è Myoho-renge-kyo. In tal senso potremmo affermare che lo sviluppo di kosen-rufu, con le persone che propagano la Legge mistica e recitano Daimoku senza sosta per la propria felicità e per quella degli altri e insegnano anche alle altre persone a fare lo stesso, corrisponde al mistico kyo.
Come abbiamo appena visto, Myoho-renge-kyo è la Legge inerente alle nostre vite. La continua trasformazione istante per istante che realizziamo nei nostri cuori e menti recitando Daimoku, non solo conduce a una radicale trasformazione interiore, ma cambia interamente anche il nostro modo di vivere, instradandoci sul cammino del raggiungimento della Buddità in questa esistenza, e suscita quella potente ondata di trasformazione di tutta l'umanità che è kosen-rufu. La forza dinamica per il cambiamento a tutti i livelli è Myoho-renge-kyo.

Maestri della mente6

Poiché Myoho-renge-kyo è la Legge originariamente presente nella nostra vita, è necessario affrontare un altro argomento: la relazione tra la mente dell'illusione annebbiata dall'oscurità innata e la mente di myo che è illuminata dalla natura essenziale dei fenomeni e dal vero aspetto della realtà.
Se seguiamo la mente illusa delle persone comuni - che tende a essere debole e facilmente sviabile - il nostro potenziale interiore può rapidamente inaridirsi o, ancor peggio, possiamo soccombere a impulsi negativi e distruttivi. È un problema che origina dai sottili meccanismi di funzionamento della mente. Poiché la nostra mente è la chiave per il raggiungimento della Buddità in questa esistenza, dobbiamo superare questa forma di debolezza interiore. Questo è ciò a cui serve, soprattutto, la pratica buddista. La mente illusa delle persone comuni vacilla costantemente, non dobbiamo farne la nostra base o la nostra guida. 
Il Daishonin sottolinea questo punto nel famoso brano in cui dice di «diventare maestri del proprio cuore e non fare del cuore il proprio maestro»,7 tratto dal Sutra delle sei paramitasecondo il quale: «La nostra mente può uscire improvvisamente dal nostro controllo. Perciò dobbiamo domarla come un elefante selvaggio non permettendole di essere la nostra maestra ma cercando piuttosto di guidarla noi».8 Anche nel Sutra del Nirvana c'è un'affermazione simile: «Prego perché diventiate maestri della vostra mente e non lasciate che essa sia la vostra maestra»9. È un ammonimento che il Daishonin ribadisce più volte, facendone una direttiva di fede per i suoi discepoli.
Diventare maestri della propria mente significa avere una buona bussola nella vita, un luminoso faro di fede. Non dobbiamo farci dominare dalla mente illusa della persona comune, incostante, debole e in continuo mutamento. Per diventare maestri della mente occorre guidarla nella direzione giusta; la vera maestra della mente è la Legge, sono gli insegnamenti del Budda. Shakyamuni fece voto di fare della Legge alla quale si era illuminato la maestra della sua mente, ed era fiero di vivere secondo tale voto. Vivere così significa "prendere rifugio nella Legge", l'ultima esortazione che fece Shakyamuni ai discepoli prima di morire.10
I preti delle scuole buddiste del tempo del Daishonin dimenticarono questo spirito, e seguendo il loro arbitrario modo di pensare persero di vista gli insegnamenti del Budda, denigrarono il Sutra del Loto e caddero in preda all'arroganza. Per contro, il Daishonin insegnò che il vero maestro della mente è Myoho-renge-kyo - il cuore del Sutra del Loto e la Legge fondamentale di tutti i Budda - e stabilì la pratica concreta che permette di essere maestri della propria mente: recitare Nam-myoho-renge-kyo. Inoltre sottolineava spesso ai suoi discepoli quanto fosse importante l'atteggiamentonella fede di ricercare questa vera maestra della mente (cioè la Legge mistica).
Per esempio, quando uno dei due fratelli Ikegami fu diseredato dal padre a causa della sua scelta religiosa, il Daishonin incoraggiò entrambi dicendo loro che era proprio quello il momento di essere uniti e risolvere la situazione con la fede, incoraggiandoli a «diventare maestri della propria mente e non fare della mente la propria maestra. Qualunque difficoltà possa sorgere, considerala passeggera come un sogno e pensa solo al Sutra del Loto».11 
Per quanto difficili siano le circostanze in cui ci troviamo, possiamo venirne fuori senza alcun dubbio se la nostra fede non vacilla. La fede è una battaglia contro la debolezza interiore. Il Daishonin ci insegna che per vincere questa battaglia dobbiamo basarci completamente sul Sutra del Loto (la Legge mistica) senza farci sviare dalla nostra debolezza interiore.

Il cammino di maestro e discepolo basato sulla Legge

Dalla vittoria dei fratelli Ikegami possiamo imparare anche cosa significhi una fede basata sulla non dualità di maestro e discepolo. Poiché i fratelli si comportarono esattamente come il Daishonin aveva loro spiegato, riuscirono a superare il problema intuendo gli intrighi di Ryokan del tempio Gokuraku-ji dietro le azioni del padre, e alla fine conseguirono la clamorosa vittoria della sua conversione.
Farsi dominare dalla propria mente significa vivere un'esistenza egocentrica e, in ultima analisi, farsi trascinare qua e là da una mente che vacilla sempre, finire preda dell'egoismo e sprofondare nell'oscurità o ignoranza. Al contrario diventare maestri della propria mente significa vivere sulla base della Legge.
Nel Buddismo un insegnante o mentore è colui che guida le persone connettendole alla Legge, insegnando loro che la Legge dalla quale dovrebbero dipendere esiste nella loro stessa vita. I discepoli, a loro volta, cercano il mentore che incarna la Legge ed è una sola cosa con essa; prendendolo come modello, si impegnano nella pratica buddista. Così facendo conducono un'esistenza che consente loro di diventare maestri della propria mente.
In altre parole, l'esistenza di un maestro che incarni la Legge vivendo in totale accordo con essa, e che insegni alle persone quale vasto potenziale interiore esse posseggano, è indispensabile per raggiungere la Buddità in questa esistenza. Io ho avuto un maestro che praticava come il Budda ha insegnato - il secondo presidente della Soka Gakkai Josei Toda, che dedicò la vita a propagare ampiamente il Buddismo del Daishonin nell'epoca moderna - ed è grazie a lui che oggi sono quello che sono. Il presidente Toda è sempre con me come maestro spirituale; anche adesso, ogni giorno, in ogni istante, nel mio cuore dialogo col mio maestro. È questo lo spirito di non dualità di maestro e discepolo. Coloro che si tengono stretti al maestro come a una bussola, e si sforzano come il maestro insegna, sono persone che vivono sulla base della Legge. Il Buddismo di Nichiren Daishonin si fonda sulla non dualità di maestro e discepolo e il Sutra del Loto è la scrittura della non dualità di maestro e discepolo.
Al termine di questa lettera, per far capire l'importanza della relazione fra maestro e discepolo nel cammino che conduce al raggiungimento della Buddità in questa esistenza, il Daishonin cita un brano del ventunesimo capitolo del Sutra del Loto, Poteri sovrannaturali,12 che discuteremo approfonditamente in futuro. Qui basti dire che il sentiero per raggiungere la Buddità si trova nella pratica dei Bodhisattva della Terra che recitano Nam-myoho-renge-kyo, la Legge originariamente presente nella loro vita, per la felicità propria e degli altri e che insegnano anche alle altre persone a fare lo stesso.
Soprattutto, il grande cammino del raggiungimento della Buddità in questa esistenza consiste nel praticare con lo spirito di non dualità di maestro e discepolo, rendendo la nostra mente una cosa sola con la nobile mente del Budda, senza farci sviare dall'oscurità interiore o dai tre veleni di avidità, collera e stupidità. La fede basata sullo spirito di maestro e discepolo è la chiave per aprire lo scrigno della nostra vita e rivelarne il tesoro, vasto come l'universo. Impegnarsi coraggiosamente nella recitazione del Daimoku e nelle azioni concrete per kosen-rufu è la via maestra per il raggiungimento della Buddità in questa esistenza.


Note

1) La strategia del Sutra del Loto, WND, 1000, cfr. SND, 4, 194.
2) Per una spiegazione approfondita dell'uso dei termini "mente", "cuore" e "vita", utilizzati per rendere il giapponese kokoro shin, vedi quinta lezione
3) Nagarjuna: filosofo mahayana, originario dell'India meridionale, vissuto presumibilmente fra il 150 e il 250, noto in particolare per la sua sistematizzazione della dottrina della non sostanzialità, secondo la quale le cose e i fenomeni non hanno una natura stabile e indipendente, un'esistenza in sé. Nagarjuna integrò la dottrina della Via di mezzo, che trascende sia l'ascetismo che l'edonismo, e il concetto di origine dipendente nella dottrina della non sostanzialità. In altre parole, considerando tutte le cose come entità prive di natura eternamente stabile ma che assumono sempre un aspetto temporaneo e mutevole in virtù della loro relazione con altre cose (origine dipendente), si può agire sulla base di un'autentica percezione della realtà senza attaccamenti o pregiudizi (Via di mezzo).
4) Unificazione delle tre verità: basandosi sul Trattato sulla Via di mezzo di Nagarjuna, che integra i concetti di non sostanzialità, origine dipendente e Via di mezzo, il Gran maestro T'ien-t'ai elaborò la dottrina delle tre verità: la verità della non sostanzialità, dell'esistenza temporanea e della Via di mezzo. Spiegò inoltre che queste verità, lungi dall'essere separate e indipendenti, erano tre modi di vedere qualsiasi cosa o entità, e che le tre verità costituiscono un tutto integrato, in quanto ognuna le contiene tutte e tre e ciò costituisce l'unificazione delle tre verità. 
5) Triplice contemplazione in un'unica mente: metodo di meditazione elaborato da T'ien-t'ai per percepire l'unificazione delle tre verità (vedi nota 2). Se quest'ultima è il nucleo teorico della dottrina di T'ien-t'ai, la triplice contemplazione in un'unica mente costituisce il nucleo della sua pratica. Attraverso questa contemplazione le tre verità vengono percepite come simultanee, perfettamente integrate e fuse tra loro in ogni fenomeno. Equivale all'osservare un singolo istante di vita e vedervi i tremila regni. Allo stesso tempo, si percepisce che tutti i fenomeni sono dotati dei tremila regni.
6) Vedi nota a p. 48.
7) WND, 502; cfr. SND, 4, 121. 
8) Il Sutra delle sei paramita afferma: «Se riesci a essere sempre il maestro della tua mente e a non farne la tua maestra, essa non impazzirà mai. È come domare un elefante».
9) GZ, 152.
10) Il Budda disse: «Siate per voi stessi come un'isola, siate il vostro stesso rifugio, non prendete alcun altro come rifugio; che il Dhamma [Dharma o Legge] sia la vostra isola, che il Dhamma e nient'altro sia il vostro rifugio». Mahaparinibbana Sutta: The Great Passing - The Buddha's Last Days, in The Long Discourse of the Buddha: A Translation of the Digha Nikaya, a c. di Maurice Walshe, Boston, Wisdom Publications, 1995, p. 245.
11) WND, 502; cfr. SND, 4, 121.
12) Il brano, citato nella parte finale de Il raggiungimento della Buddità in questa esistenza, recita: «Dopo la mia estinzione, dovrebbe abbracciare e sostenere questo sutra. Tale persona sicuramente, senza alcun dubbio, conseguirà la Via del Budda» (SDL, 368).

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