martedì 2 febbraio 2016
STAZIONE SANTA MARIA NOVELLA
firenze
capolavoro dell' architettura razionalista....
L’edificio insiste nel luogo dove era la stazione ferroviaria Maria Antonia, inaugurata il 3 febbraio 1848. Rivelatasi oramai insufficiente la struttura ottocentesca, sulla base di una convenzione stipulata tra il Comune di Firenze e le Ferrovie dello Stato per la riorganizzazione dei servizi ferroviari della città, era così stato predisposto, tra il 1930 e il 1931, su incarico del Servizio Lavori della direzione generale delle Ferrovie, un progetto redatto dall’ingegnere Angiolo Mazzoni. Questo, pur essendo stato approvato dal consiglio superiore delle Belle Arti, suscitò tali polemiche da portare a bandire un concorso che comunque doveva essere compatibile con i lavori già avviati (il fabbricato dei servizi postali su via Alamanni) e non comprendeva le pensiline tra i binari, per le quali rimaneva incaricato Mazzoni.
Il progetto vincitore, ufficializzato il 14 marzo 1933 ed essenzialmente relativo al fabbricato viaggiatori, fu quello del Gruppo Toscano, composto da Giovanni Michelucci, Nello Baroni, Pier Niccolo Berardi, Italo Gamberini, Sarre Guarnieri e Leonardo Lusanna. I lavori di costruzione, coordinati dall’ingegnere Mannucci, procedettero speditamente di modo che la nuova stazione fu inaugurata il 30 ottobre 1935 alla presenza del ministro Costanzo Ciano. Considerata una delle espressioni più alte dell’architettura del Novecento, aggiornata al linguaggio della cultura europea del periodo e chiaramente riconducibile al linguaggio del Razionalismo (nonostante le distanze prese da questo dallo stesso Michelucci), la stazione ha goduto di un’ampia fortuna critica, con conseguente produzione di un’ampia bibliografia alla quale si rimanda per approfondimenti.
Nei limiti di questa scheda preme sottolineare lo studiato rapporto tra l’edificio e l’abside della chiesa di Santa Maria Novella, risolto con la costruzione di un lungo blocco compatto, caratterizzato da una accentuata orizzontalità, che volutamente non si pone in contrapposizione con la presenza antica, segnata dallo slancio verticale dell’abside e del campanile. Al tempo stesso la scelta della pietra tradizionale fiorentina per il rivestimento integra il nuovo edificio al tessuto circostante, in buona sostanza determinandolo come muro, limite oltre la chiesa, ridotto a superfici scabre ed essenziali, nel solco di una tradizione locale fatta di prevalenza dei pieni sui vuoti. L’orizzontalità della fabbrica è accentuata dai ricorsi del rivestimento in pietra forte, dalla cornice modanata di rivestimento, dalla lastra bidimensionale della pensilina. La compattezza materica del fronte sulla piazza è interrotta dalla grande vetrata bordata in ferro (corrispondente al salone della biglietteria), che fino dai primi contributi critici sull’opera datati agli anni trenta è stata letta come una calma caduta d’acqua sul muro di pietra. Il lungo fronte degli uffici su via Valfonda ripropone il rivestimento in pietra forte su cui si dispongono le aperture incorniciate con listre di travertino. Su via Alamanni il rapporto con l’edificio dei servizi postali è risolto grazie a uno snodo costituto da un fabbricato circolare sempre rivestito in pietra forte ma segnato da un grande infisso metallico bordato in travertino. La galleria di testa, con la sua ampiezza e luminosità, determina una vera e propria strada che congiunge via Alamanni a via Valfonda. L’essenzialità e la misura del disegno degli esterni si contrappone alla ricchezza dei materiali dispiegati nella definizione degli interni, per i quali valga il salone della biglietteria, peraltro pensato come ingresso principale. Qui una serie di pilastri giganti rivestiti in marmo verde Alpi articolano l’ambiente in tre monumentali navate, pavimentate in serpentino perlaceo alpino e con le pareti rivestite interamente in marmo giallo di Siena, con i contorni delle aperture in marmo bianco apuano. La grandiosa vetrata in ferro e Termolux (già letta come cascata dall’esterno) concentra la luce nella navata centrale, alta dodici metri, subito posta dalla stampa del tempo in relazione con la cappella dei Principi di San Lorenzo per un supposto identico sfarzo dei materiali lapidei. Da rilevare, nell’ambito di tale monumentalità, l’estrema cura nel disegno e nella manifattura degli elementi d’arredo (purtroppo in buona parte scomparsi), dalle panchine ai portapacchi, dagli orologi alla grafica delle scritte in bronzo. Le facciate e le pavimentazioni dell’edificio sono state oggetto di un intervento di restauro tra il 1989 e il 1990.
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