LA CONGIURA DEI PAZZI.....26 APRILE
La Congiura dei Pazzi, conclusa il 26 aprile 1478, fu il tentativo eseguito da alcuni membri della ricca famiglia di banchieri della Firenze del Rinascimento, i Pazzi appunto, di stroncare l'egemonia dei Medici con alcuni aiuti esterni. La congiura si concluse con l'uccisione di Giuliano de' Medici e il ferimento di Lorenzo il Magnifico, che si salvò solo grazie alla sua destrezza.
I componenti della famiglia Medici, da sempre al centro della politica cittadina, hanno subito almeno una congiura per generazione: Cosimo de' Medici venne esiliato per motivi politici per un anno, mentre suo figlio Piero scampò per miracolo a un'imboscata tesagli da Luca Pitti sulla via per Careggi, e così anche le generazioni successive, Leone X avrebbe dovuto essere ucciso dal suo medico, istruito da un gruppo di cardinali a lui avversi, e Cosimo I rischiò di essere impallinato al passaggio del suo corteo davanti a Palazzo Pucci. La "congiura dei Pazzi" fu però l'unica congiura che riuscì nell'intento di eliminare un componente della famiglia e portò conseguenze durevoli, in giornate concitate che rimasero indelebili nella memoria dei fiorentini che vi parteciparono.
Lorenzo de' Medici
Dal 1469 la città era di fatto retta dai figli di Piero (scomparso quell'anno), Lorenzo e Giuliano, che allora avevano rispettivamente venti e sedici anni. Lorenzo seguiva attivamente la vita politica con lo stesso metodo di suo nonno Cosimo, cioè senza ricevere incarichi diretti ma controllando tutte le magistrature e i punti chiave attraverso uomini di fiducia.
Dal 1469 la città era di fatto retta dai figli di Piero (scomparso quell'anno), Lorenzo e Giuliano, che allora avevano rispettivamente venti e sedici anni. Lorenzo seguiva attivamente la vita politica con lo stesso metodo di suo nonno Cosimo, cioè senza ricevere incarichi diretti ma controllando tutte le magistrature e i punti chiave attraverso uomini di fiducia.
Non è chiaro se l'idea di una congiura sia nata a Firenze per iniziativa della famiglia de' Pazzi, o piuttosto a Roma, nella mente del loro più potente alleato, Papa Sisto IV. In ogni caso, l'idea di eliminare fisicamente i signori di fatto della città catalizzò tutta una serie di figure a loro avverse, che si organizzarono nella congiura vera e propria.
Papa Sisto IV Della Rovere, sfrenato nepotista, una volta eletto al soglio pontificio (1471), aveva manifestato l'interesse ad impadronirsi dei ricchi territori fiorentini a vantaggio dei suoi nipoti, tra i quali il nobile Girolamo Riario, e inoltre per finanziare le costose opere da lui intraprese a Roma, come l'abbellimento e la riorganizzazione della Biblioteca Vaticana. Egli inoltre non vedeva di buon occhio le mire espansionistiche dei Medici verso la Romagna.
Il papa aveva già manifestato la sua ostilità ai Medici, esautorandoli dall'amministrazione delle finanze pontificie proprio in favore della famiglia dei Pazzi. Essi sostenevano davanti a Lorenzo che questo cambio di preferenza era dovuto solo ai loro meriti commerciali, non a scorrettezze, ma Il Magnifico probabilmente aspettò il momento giusto per vendicarsi di questo smacco commerciale. L'amministrazione delle finanze pontificie comportava enorme prestigio e grande ricchezza, proveniente sia dalle commissioni sui movimenti, sia dallo sfruttamento delle miniere di allume dei Monti della Tolfa: l'allume era usato come fissante per la tintura dei panni e per i colori delle miniature, e le miniere dei Monti della Tolfa, site in territorio pontificio presso Civitavecchia, erano le uniche allora conosciute in Italia, sicché il loro sfruttamento garantiva il monopolio di una sostanza insostituibile nella produzione sia tessile sia libraria.
Quindi i Pazzi e il papa erano in stretta alleanza a Roma, ma l'idea di una congiura contro i Medici non doveva ancora essersi manifestata, anzi le due famiglie fiorentine, sebbene rivali, si erano imparentate tra loro grazie al matrimonio tra Guglielmo de' Pazzi e Bianca de' Medici, sorella maggiore di Lorenzo, celebrato nel 1469.
La scintilla che accese gli animi viene di solito individuata nella questione dell'eredità di Beatrice Borromei, moglie di Giovanni de' Pazzi. Nel 1477, dopo la morte del suo ricchissimo padre Giovanni Borromei, Lorenzo fece promulgare una legge retroattiva che privava le figlie femmine dell'eredità in assenza di fratelli, facendola passare direttamente ad eventuali cugini maschi. Così Lorenzo evitò una notevole crescita del patrimonio dei Pazzi.
Le tensioni tra le due famiglie crebbero quando Lorenzo rinfacciò ai Pazzi di aver prestato al papa trentamila ducati perché suo nipote si impossessasse della Contea di Imola, così pericolosamente a ridosso dei territori fiorentini. Si trattava di una decisione che andava contro una precisa direttiva di Lorenzo, che non solo aveva negato il prestito al papa, ma aveva anche chiesto agli altri banchi fiorentini di non concederlo.
Fu probabilmente in quel periodo (1477 circa) che la congiura prese piede, soprattutto ad opera di Jacopo e Francesco de' Pazzi, ai quali si aggiunse Francesco Salviati, arcivescovo di Pisa, in attrito coi Medici che avevano tramato per non dargli la cattedra fiorentina favorendo invece un loro congiunto, Rinaldo Orsini. Una volta eliminati i Medici, la guida di Firenze sarebbe dovuta spettare a Girolamo Riario.
Il papa si premurò di trovare altri appoggi esterni: la Repubblica di Siena, il Re di Napoli, oltre alle truppe inviate dalle città di Todi, di Città di Castello, di Perugia e Imola (tutti territori pontifici). Egli, inoltre, raccomandò di evitare spargimenti di sangue: si trattava ovviamente di un suggerimento meramente pro forma, di cui i congiurati non tennero alcun conto: i due Medici, infatti, avrebbero dovuto essere eliminati fisicamente. Il "braccio" dell'azione, ossia il responsabile diretto o indiretto dell'omicidio, fu individuato in Giovan Battista Montesecco, il quale però, non essendo un sicario ma un condottiero, si rifiutò categoricamente di compiere un atto tanto efferato per di più in una chiesa durante una funzione religiosa, e perciò venne sostituito da due preti meno esperti in fatti d'arme, Stefano da Bagnone e il vicario apostolico Antonio Maffei da Volterra.
Recentemente è stata scoperta, dal professor Marcello Simonetta, una lettera cifrata che prova con certezza il fondamentale coinvolgimento di Federico da Montefeltro, Duca d'Urbino, il quale disponeva in favore ai congiuranti truppe per 600 uomini alle porte di Firenze; di lui, probabilmente Lorenzo non sospettò mai.
Sabato 25 aprile 1478
Originariamente il piano prevedeva di avvelenare Lorenzo e Giuliano de' Medici durante un banchetto da loro organizzato alla Villa Medici di Fiesole il 25 aprile 1478, per festeggiare l'avvenuta elezione a cardinale del diciottenne Raffaele Riario, nipote di Sisto IV, il cui coinvolgimento nella congiura è controverso; non si sa se lo zio Sisto IV lo avesse informanto o meno delle trame dei congiurati. Dell'avvelenamento, erano incaricati Jacopo de' Pazzi e Girolamo Riario, che avrebbero dovuto versare il veleno in una delle libagioni destinate ai due fratelli. L'occasione del banchetto, nonché il rapporto di parentela tra i Pazzi e i Medici, avrebbero dovuto sviare i sospetti dagli esecutori materiali della congiura. Quel giorno, però, un'indisposizione improvvisa di Giuliano rese vana l'impresa, che fu rimandata al giorno successivo, durante la messa in Santa Maria del Fiore.
Domenica 26 aprile 1478
La domenica l'ignaro cardinale Riario Sansoni invitò tutti alla messa in Duomo da lui officiata, come ringraziamento della festa organizzata il giorno prima in suo onore. Alla messa si recarono i Medici e i congiurati, con l'eccezione però del Montesecco, che si rifiutò di colpire a tradimento dentro un luogo consacrato. Vennero allora ingaggiati in fretta e furia due preti in sostituzione: Stefano da Bagnone e il vicario apostolico Antonio Maffei da Volterra.
La domenica l'ignaro cardinale Riario Sansoni invitò tutti alla messa in Duomo da lui officiata, come ringraziamento della festa organizzata il giorno prima in suo onore. Alla messa si recarono i Medici e i congiurati, con l'eccezione però del Montesecco, che si rifiutò di colpire a tradimento dentro un luogo consacrato. Vennero allora ingaggiati in fretta e furia due preti in sostituzione: Stefano da Bagnone e il vicario apostolico Antonio Maffei da Volterra.
Essendo però Giuliano ancora indisposto, Bernardo Bandini (il sicario destinato a Giuliano) e Francesco de' Pazzi decisero di andare a prenderlo personalmente. Nel percorso dal Palazzo Medici a Santa Maria del Fiore, i cronisti ricordano come i congiurati abbracciassero a tradimento Giuliano per vedere se indossasse una cotta di maglia sotto le vesti, ma egli a causa di un'infezione ad una gamba era uscito senza indossare il solito giacco sotto le vesti, che lo proteggeva, e senza il suo "gentile", nome scherzoso con il quale usava chiamare il suo coltello da guerra, che gli sbatteva contro la gamba ferita. Quando arrivarono in chiesa la messa era già iniziata.
Al momento solenne dell'elevazione, mentre tutti erano inginocchiati, si scatenò il vero e proprio agguato: mentre Giuliano cadeva in un lago di sangue sotto i colpi del Bandini, Lorenzo, accompagnato dall'inseparabile Angelo Poliziano e dai suoi scudieri Andrea e Lorenzo Cavalcanti, veniva ferito di striscio sulla spalla dagli inesperti preti e riusciva a entrare nella sacrestia nuova, dove chiuse le pesanti porte e si barricò. Il Bandini si avventò, ormai in ritardo, e sfogò la sua foga su Francesco Nori, che interpose il suo corpo tra l'omicida e Lorenzo, sacrificando la sua vita e dando la possibilità a Lorenzo di fuggire.
Giuliano venne sepolto in San Lorenzo, in quella che sarà la Sagrestia Nuova di Michelangelo. A un sopralluogo nella sua tomba condotto nel 2004 fu ritrovato il suo teschio con i segni di un profondo taglio nella testa. Un frammento di camicia insanguinata è stato a lungo ritenuto un brandello della camicia indossata da Giuliano de' Medici al momento dell'uccisione in duomo. Come tale fu inserito in una teca ed esposto nel Museo Mediceo allestito in Palazzo Medici Riccardi: solo recentemente è stato dimostrato trattarsi di un brandello dell'abito del duca Alessandro, assassinato nel 1537. Attesta però, quasi reliquia laica, il perdurare del potere evocativo della Congiura che si era proposta di cambiare la storia fiorentina.
La vendetta popolare di Lorenzo
Jacopo de' Pazzi aveva completamente sbagliato la valutazione della risposta della popolazione fiorentina. Quando si presentò in Piazza della Signoria con un gruppo di compagni a cavallo gridando "Libertà!" invece di essere acclamato venne assalito dalla folla in un incontenibile movimento popolare che dal Duomo a tutta la città si accaniva contro i congiurati.
Le truppe del papa e delle altre città che attendevano appostate attorno a Firenze, al suono delle campane sciolte si insospettirono e lo stesso Jacopo de' Pazzi uscì dalla città portando la notizia del fallimento, per cui non fu sferrato nessun attacco.
Per i Pazzi e per i loro alleati l'epilogo fu tragico: poche ore dopo l'agguato Francesco de' Pazzi, rimasto ferito e rifugiatosi a casa sua, e l'arcivescovo di Pisa Francesco Salviati penzolavano impiccati dalle finestre del Palazzo della Signoria. Al grido di "Palle, palle!", ispirato al blasone dei Medici, i Palleschi scatenarono in città una vera e propria caccia all'uomo, feroce e fulminea.
Pochi giorni dopo, anche Jacopo de' Pazzi e Renato de' Pazzi, che pure non era coinvolto nella congiura, venivano impiccati; i loro corpi furono gettati nell'Arno. Bernardo Bandini riuscì a fuggire dalla città, arrivando a rifugiarsi a Costantinopoli, ma venne scovato e consegnato a Firenze per essere giustiziato il 29 dicembre 1479. Il suo cadavere impiccato venne ritratto da Leonardo da Vinci. Giovan Battista da Montesecco, sebbene non avesse preso parte all'agguato in Duomo, venne arrestato e, messo sotto tortura, rivelò i particolari della macchinazione, compreso il coinvolgimento del papa, che egli additò come il principale responsabile. Fu decapitato. I due preti assassini vennero catturati pochi giorni dopo e linciati dalla folla: ormai tumefatti e senza orecchie, giunsero al patibolo in Piazza della Signoria e vennero impiccati.
Lorenzo non fece niente per mitigare la furia popolare, così fu vendicato senza che le sue mani si macchiassero di colpe. I Pazzi vennero tutti arrestati o esiliati e i loro beni confiscati. Alle condanne seguì la damnatio memoriae: si proibì che il loro nome comparisse sui documenti ufficiali e vennero cancellati dalla città tutti gli stemmi di famiglia, compresi quelli impressi su alcuni fiorini coniati dal loro banco, che furono riconiati.
Riappacificazione
In un primo momento il papa scomunicò la città di Firenze, ma successivamente si trovò isolato quando Ferrante d'Aragona appoggiò Lorenzo, che si era recato personalmente a Napoli.
In un primo momento il papa scomunicò la città di Firenze, ma successivamente si trovò isolato quando Ferrante d'Aragona appoggiò Lorenzo, che si era recato personalmente a Napoli.
Lorenzo colse così l'occasione per accentrare definitivamente tutto il potere nelle sue mani: subordinò infatti le assemblee comunali e la struttura della Repubblica a un consiglio di 70 membri, costituito in larga parte di persone di sua fiducia, che doveva rispondere solo a lui.
Uno dei più antichi e famosi resoconti della vicenda fu scritto in latino da Angelo Poliziano stesso, che aveva assistito direttamente ai fatti.
In seguito Lorenzo riuscì a pacificarsi sia con Alfonso che con papa Sisto: in entrambi i casi usò la cultura e l'arte come ambasciatori di Firenze e della sua necessaria libertà e indipendenza: partirono così per Napoli Giuliano, Benedetto da Maiano e Antonio Rossellino, mentre un gruppo di artisti fiorentini affrescò a Roma la nuova Cappella Sistina tra il 1481 e il 1482.
LORENZO DE' MEDICI IL MAGNIFICO
GIULIANO DE' MEDICI
ALFONSO DI ARAGONA
SISTO IV
DISEGNO DI LEONARDO DELL'IMPICCAGIONE DI BERNARDO BANDINI
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