Merda d'artista è il titolo di un'opera dell'artista italiano
Piero Manzoni.
Il 21 maggio 1961 l'autore sigillò 90 barattoli di latta, identici a quelli per la carne in scatola, ai quali applicò un'etichetta, tradotta in varie lingue, con la scritta «merda d'artista. Contenuto netto gr. 30. Conservata al naturale. Prodotta ed inscatolata nel maggio 1961»[1]. Sulla parte superiore del barattolo è apposto un numero progressivo da 1 a 90 insieme alla firma dell'artista.
L'artista mise a questi barattoli il prezzo corrispondente per 30 grammi di oro, alludendo al valore dell'artista che grazie ai meccanismi commerciali della società dei consumi poteva vendere al valore dell'oro una parte di se stesso. Attualmente i barattoli sono conservati in diverse collezioni d'arte in tutto il mondo (ad esempio l'esemplare numero 4 è esposto alla Tate Modern di Londra ed il barattolo 80 è esposto nel nuovo Museo del Novecento di Milano) ed il valore di ciascuno di loro è stimato intorno ai 70 000 €, prezzo assai superiore a quello fissato dall'autore. A Napoli nel Museo d'arte contemporanea Donnaregina (M.A.D.R.E.) è conservato il barattolo numero 12. A Milano, il 23 maggio 2007 nelle sale della casa d'aste Sotheby's, un collezionista privato europeo si è aggiudicato l'esemplare numero 18 a 124 000 euro: record d'asta mondiale per una delle 90 opere.
Con la presentazione di un oggetto quotidiano, ma caricato di nuovo significato l'opera rivela retaggi neodadaisti. L'artista inoltre elabora la poetica del Nouveau réalisme soffermandosi sulla figura dell'artista, tema centrale della ricerca di Manzoni.
Con questa opera così provocatoria Piero Manzoni voleva svelare i meccanismi e le contraddizioni del sistema dell'arte contemporanea. Questa "protesta" continuò tramite le sue azioni, ad esempio quella di firmare modelle vive e nude o quella di dare uova sode con sopra le proprie impronte digitali. La scatoletta è diventata un vero e proprio manifesto della sua epoca, contrastando le assurdità artistiche in quanto qualsiasi prodotto veniva premiato e considerato arte non per il valore intrinseco, la capacità dell'artista o ciò che suscitava, ma solo dalla notorietà dell'artista.
La critica ha visto la scelta di confezionare le feci come una protesta verso gli artisti che vedevano nell'arte un mezzo di eternarsi. Con quest'ottica l'opera diventa un reliquiario che contiene un ricordo "prezioso" del maestro da venerare come sacro. Agostino Bonalumi, amico di strada di Piero Manzoni, ha dichiarato che in realtà all'interno delle famose scatole da 30 g l'una non vi sia contenuto nient'altro che gesso.
Più precisamente:
« Posso tranquillamente asserire che si tratta di solo gesso. Qualcuno vuole constatarlo? Faccia pure. Non sarò certo io a rompere le scatole. »
(Corriere della Sera di lunedì 11 giugno 2007, pagina 30)
Nel 2008, Bernard Bazile, giornalista francese, ha esibito in vari musei a Parigi una delle lattine aperte. Dentro vi ha trovato una seconda lattina più piccola (che però non ha aperto) con la stessa dicitura sull'etichetta.
(Corriere della Sera di lunedì 11 giugno 2007, pagina 30)
Nel 2008, Bernard Bazile, giornalista francese, ha esibito in vari musei a Parigi una delle lattine aperte. Dentro vi ha trovato una seconda lattina più piccola (che però non ha aperto) con la stessa dicitura sull'etichetta.
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