DONATELLO-DAVID MUSEO NAZIONALE DEL
BARGELLO FIRENZE
Il David (o Mercurio) è una scultura in bronzo realizzata da Donatello all'incirca nel 1440. Misura 158 cm per un diametro massimo di 51 cm ed è conservata nel Museo nazionale del Bargello a Firenze. Opera forse più celebre e al tempo stesso più atipica dell'artista, è emblematica dell'intero Quattrocento italiano, densa di significati non tutti completamente svelati. Dai tempi dell'antica Roma è il primo rilievo a tutto tondo di un nudo, inteso come opera a sé stante, libera da elementi architettonici.
Il David, realizzato probabilmente per il cortile di palazzo Medici, è di datazione molto controversa: l'anno di fusione proposto negli studi critici oscilla tra il 1427 e il 1460. La datazione più diffusa è quella che lo colloca tra le opere degli anni quaranta del Quattrocento, quando il grande scultore lavorò per Cosimo de' Medici. La prima menzione documentaria risale al 1469, che lo segnala presente nel cortile di casa Medici durante le celebrazioni per le nozze di Lorenzo il Magnifico con Clarice Orsini. La statua era posta su una colonna di marmi policromi, decorata alla base da foglie e arpie, opera perduta di Desiderio da Settignano che è descritta anche da Vasari. Negli anni quaranta il cortile non era ancora compiuto, per cui - se è stata realizzato precedentemente - in origine avrebbe potuto trovarsi in una sala.
Nel 1495, in occasione della seconda cacciata dei Medici, venne trafugato dalla folla e trasportato in palazzo Vecchio, quale simbolo della libertà repubblicana. Qui venne esposta nel primo cortile, quello che allora era l'unico e principale. Le collocazioni nel cortile di Palazzo Medici e poi a palazzo Vecchio sono in comune con quelle del gruppo di Giuditta e Oloferne sempre di Donatello, con la quale faceva una sorta di pendant, anche se questa seconda opera venne certamente scolpita nella fase tarda dell'attività dell'artista, verso il 1453-1457.
Tornato in mano medicea con Cosimo I, nel 1555 il David venne collocato in una nicchia esterna sulla facciata del palazzo pubblico, vicino l'entrata, dove fu spostato nel 1592 per stare nel secondo cortile e poi nella sala del guardaroba. Agli inizi del XVII secolo la statua si trovava sopra il camino di una sala di rappresentanza di Palazzo Pitti. Nel 1777 pervenne agli Uffizi, dove il Lanzi la collocò nella sala delle sculture moderne. Con la creazione del Museo nazionale del Bargello fu tra le prime opere ad essere selezionate per la collezione di sculture rinascimentali del nuovo museo ed il trasferimento avvenne nella seconda metà del XIX secolo. Inizialmente esposta nella sala dei Bronzi, fu poi collocata in posizione predominante nel salone di Donatello al primo piano, dove si trova tuttora, appoggiata su una base di marmo quattrocentesca.
I calzari di Mercurio
La statua ha gli attributi sia dell'eroe biblico (la testa di Golia ai piedi, la spada) simbolo delle virtù civiche e del trionfo della ragione sulla forza bruta e sull'irrazionalità, sia del dio Mercurio (i calzari alati), dio dei commerci (l'attività della famiglia Medici) che decapitò Argo Panoptes, il gigantesco pastore dei cento occhi.
La statua ha gli attributi sia dell'eroe biblico (la testa di Golia ai piedi, la spada) simbolo delle virtù civiche e del trionfo della ragione sulla forza bruta e sull'irrazionalità, sia del dio Mercurio (i calzari alati), dio dei commerci (l'attività della famiglia Medici) che decapitò Argo Panoptes, il gigantesco pastore dei cento occhi.
L'eroe è raffigurato in piedi, con un insolito cappello a punta decorato da una ghirlanda di alloro (il petaso dei pastori classici ripresi dal tipo classico dell'Antinoo silvano). I capelli sono lunghi e sciolti, il volto rivolto leggermente verso il basso è enigmaticamente assorto. Il corpo è nudo, a parte i calzari che arrivano al ginocchio, ed è mollemente appoggiato sulla gamba destra, mentre la sinistra è poggiata sulla testa del mostro sconfitto, il gigante Golia. Il corpo morbido e vivace, modellato all'antica, è quello di un fanciullo gracile ed efebico ma estremamente armonioso e ponderatamente leggero, con una postura fiera e disinvolta allo stesso tempo. Nella mano destra tiene la spada abbassata e in quella sinistra, appoggiata sul fianco, nasconde il sasso con cui ha stordito il rivale.
La base è composta da una ghirlanda circolare appoggiata orizzontalmente.
Veduta posteriore (calco del V&AM)
Donatello qui dà un'interpretazione intellettualistica e raffinata della figura umana. La posa ricalca la statuaria prassiteliana, ma l'insieme è molto più naturalistico.
Donatello qui dà un'interpretazione intellettualistica e raffinata della figura umana. La posa ricalca la statuaria prassiteliana, ma l'insieme è molto più naturalistico.
Il corpo giovane del David è ritratto in tutta la sua perfezione e potenza, con la spada inclinata (usata come terzo punto d'appoggio), la testa piegata e il piede alzato. Il modellato è sensibilissimo e la posa ha lievi asimmetrie. Il viso di David non è solo pensieroso: se lo si guarda attentamente trasmette quella sensazione di superiorità e malizia di un adolescente, con uno sguardo che è consapevole della sua impresa mastodontica e ne è orgoglioso. È proprio questo senso del reale che evita la caduta nel puro compiacimento estetico, con i riferimenti intellettuali trasformati in qualcosa di sostanziale e vivo.
La scultura non ha un lato privilegiato per la vista, anzi ruotandoci attorno si scoprono via via nuovi dettagli e si ha sempre una visuale armoniosa dell'intero corpo. Ad esempio la veduta di profilo permette di ammirare il caratteristico elmo a punta, mentre la veduta posteriore mostra tutta la sensualità androgina del corpo di giovinetto. Vasari annotò come Donatello si sarebbe rifatto all'osservazione di un modello dal vivo, piuttosto che a un repertorio di modelli scultorei classici.
La testa di Golia è un capolavoro sotto più punti di vista, dalla forte espressività legata a un cesello finissimo della barba e della decorazione dell'elmo, dove Donatello citò una danza di putti presente su una gemma intagliata con il Trionfo di Bacco e Arianna, già appartenente a Paolo Barbo ed entrata nelle collezioni medicee solo nel 1471.
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