RESOCONTO
DELL'XI RIUNIONE
SUL TESTAMENTO
BIOLOGICO DELLA COMMISSIONE AFFARI SOCIALI ALLA CAMERA DEI
DEPUTATI
di Matteo Mainardi
Continuano le
audizioni degli esperti in Commissione Affari Sociali. Il tema è
ancora quello delle DAT ossia delle Direttive Anticipate di
Trattamento. Nella seduta del 19 aprile sono intervenuti: Patrizia
Borsellino, ordinario di filosofia del diritto
presso l’Università degli studi di Milano Bicocca, Amedeo
Santosuosso, presidente del Centro di ricerca
diritto, scienza e nuove tecnologie all’Università di Pavia, Gilberto
Corbellini, docente di storia della medicina e
di bioetica presso l’Università degli studi La Sapienza di
Roma, Giuseppe Gristina,
anestesiologo e medico di rianimazione, Maria
Grazia De Marinis, presidente del corso di
laurea in infermieristica presso il Campus biomedico di Roma, Paolo
Maria Rossini, ordinario di neurologia presso
l’Università cattolica del Sacro Cuore, e Vittorio
Angiolini, ordinario di diritto costituzionale
presso l’Università degli studi di Milano.
Riportiamo a seguire
la sintesi degli interventi di Gilberto Corbellini e Amedeo
Santosuosso, fermo restando che, grazie a Radio Radicale, è
possibile riascoltare tutti gli interventi integrali cliccando qui.
Amedeo Santosuosso, presidente del
Centro di ricerca diritto, scienza e nuove tecnologie
all’Università di Pavia: “Si è verificato un miglioramento
confronto ai testi sul tema depositati in passato. Il rispetto
della persona è diventato senso comune costituzionale. La Corte
costituzionale ci dice che le decisioni sui trattamenti sono
frutto della libera scelta del paziente. Se scelta deve essere,
significa anche possibilità di rifiutare i trattamenti. La
Corte Europea dei Diritti dell’Uomo riconduce all’art. 8, al rispetto
della vita privata, le decisioni che riguardano il fine vita
della persona, lasciando quindi liberi i pazienti di scegliere
sui trattamenti a cui sono sottoposti. Permane un difetto
terminologico tra dichiarazioni e direttive. Anche quando si
parla di dichiarazioni in molti testi poi di fatto si normano
delle direttive, quindi il valore è vincolante. Dal punto di
vista giuridico non ha senso una legge che permetta l’esercizio
di un diritto costituzionale. Questi sono già diritti. Bisogna
invece normare gli obblighi che scaturiscono da questi diritti,
quindi gli obblighi per chi deve far valere quel diritto. Non
si possono limitare le dichiarazioni, bisogna normare ciò che
ne consegue. La differenza tra trattamento assistenziale e
sanitario non ha tanto senso: non capisco perché posso
rifiutare un trattamento chirurgico e non chi viene a radermi.
Sarà poco carino, ma nella mia libertà di scelta rientrano sia
i trattamenti sanitari che quelli assistenziali. Per quanto
riguarda le sanzioni ai medici che non rispettano le direttive:
sarebbe utilissimo soltanto dire che il medico che rispetta la
volontà è esente da responsabilità. Questo rassicura i medici,
ma anche i magistrati. Il fiduciario deve essere concepito come
testimone qualificato e come curatore dell’esecuzione delle
volontà della persona. Non ci deve essere una sostituzione tra
persona incapace e fiduciario. Sono contrario alle forme
automatiche di rappresentanza, così come può essere la famiglia
e i parenti entro un qualche grado, a meno che questo non sia
indicato dal paziente stesso. Il fiduciario deve avere anche il
compito di interlocuzione con il medico per capire come si
specifica la volontà del paziente, che è astratta e generale.
Sono favorevole a un registro generale della direttive. Sulla
forma sarei molto rigoroso nel consentire la forma libera nei
contenuti e scritta. Se alziamo troppo l’asticella dei
requisiti, diminuiranno le persone che utilmente faranno un
testamento biologico”.
Gilberto Corbellini, docente di storia
della medicina e di bioetica presso l’Università degli studi La
Sapienza di Roma: “Emerge nitidamente che per molti secoli lo
spirito che animava il medico era quello di adoperarsi al
massimo per salvare la vita della persona. Questo succedeva in
presenza di morti per malattie acute. Oggi siamo di fronte a
una morte degenerativa, con ausili meccanici che consentono di
tenere in vita innaturalmente pazienti che prima non potevano
essere mantenuti in vita. Nel contesto dei nostri ordinamenti
l’elemento principale è la capacità di autodeterminazione del
paziente attraverso il consenso informato. Consenso che non è normato,
ma viene dedotto dalla Costituzione. Le direttive anticipate
valgono come dissenso informato quando la persona non è più cosciente.
Qual è l’attualità di eventuali direttive anticipate fatte
precedentemente? Dal punto di vista filosofico il quesito non
si pone, perché la coscienza della persona, finché questa era
capace di intendere e volere, poteva far cambiare le direttive
depositate. C’è poi l’ampio problema della possibilità di
legalizzare l’assistenza al suicidio o l’eutanasia. Questa
discussione è ormai da affrontare. Negli USA c’è la possibilità
di fare direttive anticipate dal ’91. Si fa online, seduti alla
propria scrivania. Penso che le DAT dovrebbero essere
vincolanti e uno spazio di interpretazione alla luce degli
avanzamenti scientifici ci dovrebbe essere se è il paziente ad
averlo chiesto. Sul consenso informato posso dire che le
risorse conoscitive e di esperienze sono estremamente ricche.
La dimensione del rapporto medico-paziente si è evoluta nel
tempo e si evolverà ancora. Ci sono però delle costanti. Il
consenso informato non è la cosa più attesa dai pazienti, la
variabile più importante del rapporto medico-impaziente è il
tempo. Per questo tra le cose che vengono chieste ai medici in
USA prima dell’assunzione c’è quella di aver fatto corsi di
comunicazione. Questi servono per aderire meglio alle richieste
del paziente”.
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