lunedì 29 aprile 2019

RAFFAELLO-LA MADONNA DELLA SEGGIOLA-GALLERIA PALATINA FIRENZE

La Madonna della Seggiola è un dipinto a olio su tavola (diametro 71 cm) di Raffaello Sanzio, databile al 1513-1514 circa.
L'opera si trova nelle collezioni medicee fin dalla prima metà del Cinquecento, ed era sicuramente nata per una collocazione privata, a giudicare dal formato della tavola. La presenza della "sedia camerale", la complessità compositive e altri dettagli hanno fatto ipotizzare che l'opera fosse nata su commissione di papa Leone X, e da lui inviata ai suoi parenti a Firenze. Già agli Uffizi, venne destinata al palazzo reale dall'inizio Settecento. Negli inventari del 1723 e del 1761 è infatti ricordata nella camera da letto del Gran Principe Ferdinando, mentre in seguito fu collocata nella Sala di Pietro da Cortona e, dopo il riordino leopoldino della quadreria, Sala di Giove (1771) e poi in quella di Marte (1793). Rastrellata durante le spoliazioni napoleoniche, fu a Parigi dal 1799 al 1815. Tornata a Firenze, dal 1882 è nella Sala di Saturno.
La datazione si basa su elementi stilistici, e viene in genere riferita a dopo gli affreschi della Stanza di Eliodoro, verso il 1514: evidenti sono le citazioni michelangiolesche, nella plasticità prorompente e muscolare di alcuni dettagli, come il gomito del Bambino, tuttavia stemperati dal dolce stile raffaellesco. Vicina da un punto di vista stilistico e formale è la Madonna della Tenda.
Una tradizione popolare vuole che l'ispirazione per quest'opera venne all'artista mentre transitava per Velletri, dove vide una contadina del luogo che cullava il proprio figlio in grembo.
Descrizione
L'opera mostra Maria seduta su una sedia, da cui il nome, di tipo camerale. Essa si volta, col Bambino stretto in un tenero abbraccio, verso lo spettatore. Assiste san Giovannino, a destra, che rivolge un gesto di preghiera a Maria, affiorando dallo sfondo scuro.
La Madonna solleva una delle due gambe, coperte da un drappo azzurro, scivolando quasi in avanti, in modo da creare un ritmo circolare che sembra voler suggerire il dondolio del cullare. Essa china il capo verso il figlio, facendo toccare le due teste, e creando una situazione di intima dolcezza familiare. Dietro la bellezza formale vi è uno schema compositivo geometrico, basato su curve e controcurve.
Estremamente curati sono i dettagli, che ne fanno un'opera di grande ricercatezza formale. Dal brillare delle frange dorate sullo schienale della sedia, ai ricami sullo scialle della Vergine, fino allo studiato accostamento di colori caldi e freddi (blu, verde, rosso, giallo), che fanno dell'opera "indubbiamente uno dei maggiori capolavori dell'arte rinascimentale".

sabato 27 aprile 2019

LEON BATTISTA ALBERTI-PALAZZO RUCELLAI FIRENZE


Il palazzo Rucellai è uno dei migliori esempi di architettura quattrocentesca a Firenze, posto in via della Vigna Nuova 18. La sua facciata venne progettata da Leon Battista Alberti e fu il primo di una serie di importanti interventi architettonici che l'architetto e teorico del Rinascimento eseguì per la famiglia Rucellai.
Il palazzo, commissionato dal ricco mercante Giovanni Rucellai, fu costruito tra il 1446 e il 1451 da Bernardo Rossellino, su disegno di Leon Battista Alberti, che era legato al Rucellai da amicizia e da affinità culturale. L'Alberti curò solo un intervento parziale, con gli ambienti interni composti da edifici diversi e irregolari, che richiesero una concentrazione, anziché sul volume, sulla facciata, completata verso il 1465. L'Alberti stesso sminuì benevolmente il suo intervento definendolo come "decoro parietale".

Alberti realizzò un capolavoro di stile e sobrietà, e si dice che progettò questo palazzo quasi come illustrazione del suo manuale De Re Aedificatoria (Sull'architettura) del 1452, dove si spiega che l'architettura deve imporsi più per il prestigio delle proporzioni che per la dimostrazione di bellezza e fasto: in questo senso il Palazzo può essere considerato come il primo esempio di tentativo coerente nel sintetizzare norme pratiche e teoriche, come è evidente nell'uso dei tre ordini classici sulla facciata. Il Rossellino non si limitò a mettere in opera i lavori, ma apportò un aumento delle dimensioni originarie.
L'ordine architettonico del piano nobile e stemma
La facciata, di un bugnato di pietraforte uniforme e piatto, è organizzata come una griglia, scandita da elementi orizzontali (le cornici marcapiano e la panca di via) e verticali (le paraste lisce), entro la quale si inseriscono le aperture. Al pianterreno lesene di ordine tuscanico dividono la superficie in spazi dove si aprono i due portali (in origine era uno solo, ma fu raddoppiato simmetricamente quando venne raddoppiato il palazzo e la facciata). Al piano nobile si trovano numerosi elementi classici (i portali, gli ordini architettonici dei capitelli) fusi sapientemente con elementi della tradizione medievale locale, quali il bugnato e le bifore, e con elementi celebrativi dei committenti, come lo stemma e le imprese dei Rucellai, inseriti nei fregi e nei blasoni sopra i portali.

Il piano terra, più alto dei piani superiori, ha i capitelli decorati da una reinterpretazione dell'ordine dorico e due portali rettangolari classicheggianti (in epoca gotica tutti i portali erano ad arco o con arco e architrave). Vi corre davanti una "panca di via", un elemento oltre che di utilità pratica per i passanti, creava una sorta di piano base per il palazzo, come se si trattasse di uno stilobate. Lo schienale della panca riproduce il motivo dell'opus reticulatum romano.
Al primo piano (piano nobile) le paraste sono di tipo composito e vi si aprono delle ampie bifore a tutto sesto, con cornice bugnata, colonnina e oculo al centro. All'ultimo piano si hanno paraste di tipo corinzio, alternate a bifore dello stesso tipo. La sovrapposizione degli ordini come teorizzato da Vitruvio[3], è di conci levigati si ispira all'architettura romana, come nel motivo del basamento a imitazione dell'opus reticolatum. Le paraste decrescono progressivamente verso i piani più alti, dando un effetto prospettico di maggior slancio del palazzo rispetto alla sua vera altezza.
In alto il palazzo è coronato da un cornicione poco sporgente, sostenuto da mensole, oltre il quale è nascosta una loggetta ornata da pitture a monocromo del XV secolo, da alcuni attribuite alla cerchia di Paolo Uccello: l'elemento della loggia è un'ulteriore riprova della rottura con la tradizione medievale e di apertura verso la grande stagione del Rinascimento. Il fregio del piano terra contiene le insegne della famiglia Rucellai: tre piume in un anello, le vele gonfiate dal vento e lo stemma familiare, che compare anche sui blasoni sopra i portali. A destra si vede bene come la facciata sia incompleta, infatti non finisce in maniera netta, ma è frastagliata perché era prevista la continuazione con un terzo portale.
L'effetto generale è vario ed elegante, per il vibrare della luce tra le zone chiare e lisce (lesene) e quelle scure (aperture, solchi del bugnato)[1]. Nel trattato l'Alberti scrisse infatti "La casa del signore sarà ornata leggiadramente, di aspetto piuttosto dilettevole che superbo".
Lo stile del palazzo costituì un punto di partenza per tutta l'architettura di residenza civile del Rinascimento, venendo citato quasi alla lettera dal suo allievo Bernardo Rossellino per il Palazzo Piccolomini a Pienza.

Interno
All'interno del palazzo è di rilievo il cortile rinascimentale, anche se oggi su due lati le arcate sono state murate. Ampie arcate a tutto sesto sono sostenute da colonne con capitelli corinzi molto elaborati, che ricordano quelli delle colonne sopra il portale del Battistero di San Giovanni.
Alcune stanze vennero decorate con affreschi di Gian Domenico Ferretti, di Lorenzo del Moro e di Pietro Anderlini.
           NESSUNO      TOCCHI        CAINO          
        no     alla    pena    di      morte !!!!!!!!!!!


1.  LA STORIA DELLA SETTIMANA : TUNISIA: FORMAZIONE PER GIUDICI E DIRIGENTI CARCERARI SU DIRITTI UMANI E PENA DI MORTE 2.  NEWS FLASH: ARABIA SAUDITA: 37 GIUSTIZIATI IN UN GIORNO PER TERRORISMO 3.  NEWS FLASH: COREA DEL NORD: ‘FUCILATI QUATTRO FUNZIONARI DEL MINISTERO DEGLI ESTERI’
4.  NEWS FLASH: EGITTO: DUE MONACI CONDANNATI A MORTE PER OMICIDIO 5.  NEWS FLASH: IRAQ: CONDANNATO A MORTE TERRORISTA DELLO STATO ISLAMICO 6.  I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA :


TUNISIA: FORMAZIONE PER GIUDICI E DIRIGENTI CARCERARI SU DIRITTI UMANI E PENA DI MORTE L'Istituto Arabo per i Diritti Umani ha organizzato una sessione di formazione ad Hammamet, il 20 e 21 aprile 2019, per giudici e rappresentanti delle istituzioni penitenziarie sul ruolo del giudice e dell'amministrazione penitenziaria tra i diritti umani e la pena di morte, con la partecipazione di 25 giudici e 21 dirigenti penitenziari di diverse regioni tunisine.

La sessione spaziava da sessioni plenarie a workshop e gruppi di lavoro su temi come il ruolo del giudice e dell'amministrazione penitenziaria nella riduzione della pena capitale e il trattamento dei condannati a morte.
Inoltre, sono stati presentati e discussi i risultati preliminari dello studio sul campo "I condannati a morte nelle carceri tunisine".
La sessione fa parte di una serie di attività come parte di un progetto regionale per ridurre la pena di morte in tempi di guerra al terrorismo (Egitto, Somalia e Tunisia) in collaborazione con Nessuno tocchi Caino, l’Organizzazione Araba dei Diritti Umani e l'Agenda delle Donne Somale in cooperazione con la Commissione Internazionale dei Giuristi e con il sostegno dell'Unione Europea.


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NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH

ARABIA SAUDITA: 37 GIUSTIZIATI IN UN GIORNO PER TERRORISMO L'Arabia Saudita il 23 aprile 2019 ha giustiziato 37 persone che erano state condannate a morte per crimini legati al terrorismo.
Almeno 33 dei 37 giustiziati appartenevano alla minoranza sciita del Regno musulmano sunnita.
Le esecuzioni sono state annunciate dall’agenzia di stampa saudita, secondo cui gli uomini sono stati messi a morte per "l'adozione di una ideologia estremista e terrorista e per la formazione di cellule terroristiche per corrompere e attentare alla sicurezza, diffondere il caos e causare discordia settaria.”
Alcuni uomini sarebbero stati coinvolti in attentati esplosivi contro sedi della sicurezza che avrebbero provocato la morte di agenti, ha detto l'agenzia.
Secondo la dichiarazione erano stati anche accusati di "cooperazione con parti ostili in un modo che ha danneggiato gli alti interessi della patria".
Vengono elencati i 37 uomini per nome, fornendo però poche informazioni su quali reati specifici avessero commesso o quando.


COREA DEL NORD: ‘FUCILATI QUATTRO FUNZIONARI DEL MINISTERO DEGLI ESTERI’
Il leader della Corea del Nord Kim Jong-un avrebbe ordinato la fucilazione di quattro funzionari del Ministero degli Esteri dopo il fallimento del suo vertice di Hanoi con Donald Trump, ha riferito l’agenzia Asia Press.
Secondo quanto riportato, i funzionari sarebbero stati giustiziati dopo che i colloqui di febbraio tra la Corea del Nord e gli Stati Uniti si sono conclusi senza alcun accordo.
Pyongyang ha accusato i quattro funzionari di aver venduto informazioni a Washington prima del vertice di Hanoi, secondo l'agenzia di stampa giapponese.
Le esecuzioni, che includevano quella di un diplomatico dell'ambasciata della Corea del Nord ad Hanoi, non sono state verificate.
Asia Press ha affermato che il suo reporter avrebbe parlato con un funzionario del commercio a cui è stata riferita la notizia delle esecuzioni.
Alle esecuzioni avrebbero assistito membri del Partito dei Lavoratori della Corea e dall'Esercito Popolare Coreano.


EGITTO: DUE MONACI CONDANNATI A MORTE PER OMICIDIO Un tribunale egiziano il 24 aprile 2019 ha condannato a morte due monaci per aver ucciso un abate in un monastero nel deserto a nord del Cairo l'anno scorso.
Il tribunale penale di Damanhur, a nord del Cairo, ha annunciato il verdetto per due monaci sospesi a divinis identificati come Isaia e Faltaous. Possono presentare appello.
I due sono stati riconosciuti colpevoli dell'uccisione del vescovo Epifanio, un abate del monastero di San Macario costruito nel IV secolo, lo scorso  luglio.
La morte dell'abate scioccò la Chiesa Copta ortodossa d'Egitto.


IRAQ: CONDANNATO A MORTE TERRORISTA DELLO STATO ISLAMICO Un tribunale iracheno ha condannato a morte un militante dello Stato Islamico per il suo coinvolgimento in un attacco con autobomba nella provincia di Diyala, ha riportato iraqinews.com il 24 aprile 2019.
"Il tribunale penale di Diyala ha emesso una condanna a morte per un terrorista che ha ammesso di aver usato un veicolo pieno di esplosivo per colpire una cerimonia funebre nel distretto di Abu Sayda a Diyala, un'esplosione che causò decine di civili morti e feriti", ha detto il sito web dell'Alghad Press citando un comunicato del Supremo Consiglio Giudiziario.

mercoledì 24 aprile 2019

        IL 25 APRILE         

Non so se già è stato detto, ma se ciò è avvenuto non importa perchè REPETITA IUVANT. Il 25 Aprile non c'è stato nessun derby tra COMUNISTI e FASCISTI in questo giorno si celebra la vittoria della libertà, della democrazia, dell'umanità sulla barbarie totalizzante che era rappresentata dal nazi-fascismo.
A Firenze il candidato sindaco della Destra tal UBALDO BOCCI in linea con il suo capo non parteciperà alle celebrazioni del 25 Aprile. Il Capitano sarà in Sicilia a liberare l'isola dalla mafia mentre lui in una parrocchia a combattere la povertà.Intenti veramente nobili anche se per combattere queste piaghe esistono altri 364 giorni e scegliere proprio il giorno dedicato alla liberazione dal fascismo mi sembra una scusa puerile.
Dobbiamo ricordare al candidato sindaco della destra che la città che lui vorrebbe amministrare (FIRENZE) è insignita della medaglia d'oro della resistenza.
Ritorniamo a quei giorni eroici:
Dopo la liberazione di Roma, il 4 giugno 1944, e la rapida avanzata in Toscana, l’avvicinarsi del fronte, interrompendo le vie di comunicazione con il Chianti, mina il già precario sistema annonario accentuando i disagi della popolazione. L’attesa della liberazione si mescola al timore per gli effetti del passaggio del conflitto. Il cardinale Elia Dalla Costa e le rappresentanze diplomatiche presenti in città, a partire dallo stesso console tedesco Gerhard Wolf, cercano di intervenire per far dichiarare Firenze «città aperta». Ma il Comando militare nazista ha ben altre priorità. Serve tempo per operare il completamento della Linea Gotica, la linea di difesa dalle Apuane a Rimini. L’Arno appare una trincea naturale ideale su cui fermare o almeno rallentare il nemico, secondo la tecnica della ‘ritirata aggressiva’ già adottata nelle settimane precedenti lungo la direttrice della val di Pesa. La distruzione dei ponti ne è la naturale conseguenza.
Il 29 luglio è emanato l’ordine di sgombero dei lungarni. La scelta dei comandi nazisti di salvare Ponte Vecchio comporta la distruzione di Por Santa Maria da un lato e di via Bardi, gran parte di via Guicciardini e Borgo San Jacopo dall’altro. Migliaia di famiglie sono costrette a lasciare le case, con la consapevolezza di non farvi più ritorno, nella disperata ricerca di luoghi sicuri. Gli sfollati occupano il carcere delle Murate, le chiese, abitazioni di conoscenti e soprattutto, in Oltrarno, Palazzo Pitti, la sede dei granduchi di Toscana e, quindi, dei re d’Italia, chiamata ad accogliere il popolo di Firenze. Migliaia di persone ne accalcano le sale e i cortili, in una promiscuità totale, strette fra la precarietà delle esistenze e i timori per la prossimità del conflitto.
Intanto, dopo aver combattuto per mesi sul Pratomagno e in provincia, le brigate comuniste (Sinigaglia, Caiani, Lanciotto), riunitesi nella Divisione Arno, sotto il comando di Aligi Barducci, «Potente», il 6 luglio, e quelle di Giustizia e Libertà (brigate Rosselli) si approssimano alla città. Dalla via Senese si avvicinano le truppe “alleate”. Nella notte fra il 3 e il 4 agosto i tedeschi fanno saltare i ponti. I boati delle esplosioni delle mine fanno tremare le abitazioni, l’aria si riempie di fumo, i detriti schizzano nelle strade vicine. La stessa mattina del 4 agosto le truppe britanniche con i reparti coloniali entrano a Firenze da Porta Romana.
Ma per l’Oltrarno i pericoli non sono finiti, tra i bombardamenti delle batterie tedesche da Monte Morello e da Fiesole e la presenza dei franchi tiratori fascisti. Questa è l’ultima eredità che Alessandro Pavolini, già federale della città e ora segretario nazionale del Partito fascista repubblicano, ha lasciato ai suoi concittadini: gruppi di armati con il compito di sparare contro chiunque si aggiri per strada, dai militari alleati, ai partigiani, ai civili. E in quei giorni, nei quali le abitazioni sono prive di qualsiasi servizio idrico ed elettrico, anche uscire per prendere l’acqua può risultare fatale. La minaccia viene debellata dai partigiani che scatenano una decisa caccia contro i cecchini eliminati nei giorni successivi.
I britannici attendono. Consapevoli di quanto sia pericoloso condurre una guerriglia urbana, preferiscono lasciare il compito ai partigiani e muovere piuttosto all’esterno della città così da accerchiare le formazioni tedesche. Intanto, grazie a due giovani partigiani, Enrico Fischer ed Orazio Barbieri, viene scoperta la praticabilità del Corridoio vasariano che collega Palazzo Pitti con Palazzo Vecchio e, con la complicità dei vigili urbani, è allestita una linea telefonica che consente al comando delle brigate e al CTLN di concordare il piano dell’insurrezione. Nella notte dell’8 agosto una scheggia di mortaio colpisce a morte Potente, ma i piani della battaglia sono ormai noti.
Alba lungamente attesa, l’11 agosto non è solo il giorno dell’insurrezione, ma anche il momento in cui si manifesta pienamente il significato politico della Resistenza e l’originalità dell’esperienza fiorentina, tanto da divenire poi la data dell’anniversario della Liberazione della città. In quello stesso giorno, infatti, il CTLN nomina la giunta di Palazzo Vecchio e quella provinciale e i vertici di ogni istituzione cittadina. Per la prima volta nel corso della campagna d’Italia non sono i ‘liberatori’, ma le forze antifasciste a nominare il governo di un territorio. Subito, il vecchio leader socialista Gaetano Pieraccini, simbolo della tradizione municipale socialista, si insedia a Palazzo Vecchio. Accanto a lui, come vicesindaci, Mario Fabiani, comunista, e Adone Zoli, democristiano, esponenti delle nuove forze dell’antifascismo. Riaprono dopo oltre venti anni le sedi dei partiti politici e la Commissione stampa del CTLN redige il proprio giornale: «La Nazione del popolo». Pur sorpresi, gli Alleati prendono atto della novità e, riconoscendo il valore dell’azione antifascista, accettano sia le nomine sia che il CTLN resti in carica come organo rappresentativo della cittadinanza fino alle future elezioni.

La battaglia non finisce quel giorno. Il comando nazista aveva deciso di abbandonare il centro, ma non la città. I tedeschi si attestano su una linea che va dalle Cascine fino all’Affrico, lungo il corso del torrente, distruggendone i ponti e la ferrovia, spezzando di fatto i collegamenti fra le varie brigate partigiane divise fra la zona del centro, quella di Porta a Prato e quella di Campo di Marte, e costrette a fronteggiare da sole il nemico.
Le formazioni partigiane, pur avendo pochi mezzi, si oppongono alle controffensive tedesche: dal distaccamento della terza Rosselli che perde il proprio comandante cap. Del Monaco, il comandante in sottordine cap. Nannoni e il suo sostituto ten. Marziali nella difesa del cavalcavia del Viale Belfiore che i tedeschi intendevano far esplodere, ai giovani del Fronte della Gioventù che negli scontri al Ponte al Pino vedono cadere il proprio capo Paolo Galizia, dalle squadre cittadine a quelle apolitiche, alla Guardia di Finanza, agli agenti di Pubblica Sicurezza, a tutte le formazioni della Divisione Arno. Contemporaneamente si svolge la caccia ai franchi tiratori che ancora rappresentano una minaccia subdola e fatale per la popolazione.
I combattimenti proseguono fino alla fine del mese: serrati, duri, veri. In quei giorni i fiorentini sono sottoposti ancora a dure prove: nelle zone liberate proseguono i cannoneggiamenti delle batterie dei mortai tedeschi, in quelle occupate ai pericoli determinati dalla presenza nazista si intrecciano i rischi degli scontri bellici. La popolazione vive per lo più nelle cantine, costretta a cibarsi delle scarsissime riserve di viveri rimaste, spesso in un’assenza totale di notizie o in turbinio di voci tanto inquietanti quanto incontrollabili.
Nella notte del 15 agosto i tedeschi rioccupano piazza San Marco, ma sono respinti. Il 18 i partigiani della terza brigata Rosselli sono a piazza delle Cure, quelli della Sinigaglia combattono a Rifredi, quelli della Lanciotto marciano su San Domenico. Gli scontri proseguono serrati. Il 27 agosto finalmente terminano i cannoneggiamenti sulla città. Il 31 agosto la terza Rosselli libera l’ospedali di Careggi, ultimo presidio tenuto dai tedeschi che avevano fatto saltare le fogne per impedire fughe dei degenti che avevano vissuto l’ultimo periodo nell’incubo della presenza nazista.
La ritirata nazista da Monte Morello e la liberazione di Fiesole, il primo settembre, segnano la fine della battaglia, con il venir meno di ogni minaccia bellica. La città è stata teatro di combattimenti per un mese. Il patrimonio urbanistico, abitativo, artistico è duramente provato. Alto il numero delle perdite. Secondo «Il Corriere di Firenze» del 2 settembre la popolazione conta 379 morti e 1308 feriti, 205 i partigiani caduti in combattimento, 400 feriti, 18 dispersi secondo dati del Comando militare del CTLN. I dolori per le prove subite si intrecciano con le preoccupazioni e le necessità da affrontare per una ricostruzione tanto urgente quanto complessa, ma anche con le aspettative e le speranze di uomini e donne che tornano alla vita, sognando un futuro migliore. La battaglia è finita, inizia il tempo della ricostruzione.

Si chiude una pagina della Storia, ma la memoria e il significato profondo della battaglia di Firenze, celebrata ogni 11 agosto fin dall’anno successivo, quando Ferruccio Parri, presidente del Consiglio dell’Italia liberata, conferisce la medaglia d’oro al Gonfalone della città, sono rimasti vivi e presenti tra i fiorentini, segnando, pur nel passare delle generazioni e nel mutare degli scenari politici e sociali, l’immagine, la retorica del discorso pubblico, l’identità della città fino ad oggi, settantacinque anni dopo.
Viva la libertà viva la resistenza viva il 25 Aprile 

Guido Michi

martedì 23 aprile 2019

IL SANTO SEPOLCRO NELLA CAPPELLA RUCELLAI FIRENZE


Annessa alla ex-chiesa di San Pancrazio nella piazzetta omonima, nei pressi di Santa Maria Novella, sorge la cappella edificata, su progetto del celeberrimo architetto Leon Battista Alberti, per conto della famiglia Rucellai, la quale ordinò al suo interno l’ edificazione di un sacello, in forma di tempietto, che richiamasse le dimensioni del Santo Sepolcro di Gerusalemme.
La cappella Rucellai sorge sul fianco sinistro della facciata della ex-chiesa di San Pancrazio, dove fu eretta per volontà di Giovanni di Paolo Rucellai che commissionò l’ opera all’ amico Leon Battista Alberti. Numerose le curiosità legate al grazioso edificio. Per prima, il fatto che la cappella Rucellai è ad oggi l’ unica parte dell’ antico complesso religioso ancora consacrata: la chiesa di San Pancrazio ospita infatti, attualmente, il Museo dedicato allo scultore Marino Marini. Il Sacello del Santo Sepolcro è costruito sul modello della Basilica del Santo Sepolcro di Gerusalemme, collegamento reso esplicito dal fregio perimetrale che reca un versetto del evangelista Matteo relativo alla Resurrezione: ““Yhesum queritis nazarenum crucifixum surrexit non est hic. Ecce locus ubi posuerunt eum“, ossia, “Cercate Gesù Nazareno crocifisso. E’ risorto, non è qui. Ecco il luogo dove lo hanno posto”.

Esempio perfetto dell’ architettura di Leon Battista Alberti, ispirata ai canoni della più pura classicità, il tempietto, che accoglie le spoglie mortali del committente Giovanni di Paolo Rucellai, presenta una base rettangolare le cui dimensioni risultano fra loro in rapporto aureo, ed una graziosa abside sul lato opposto all’ ingresso. La ricercata raffinatezza dell’ Alberti si esplica nella concezione dell’ edicola e della Cappella Rucellai sulla base di una stretta relazione dimensionale, in modo da creare un unico organismo architettonico. 


Le magnifiche tarsie che decorano le pareti esterne del sacello del Santo Sepolcro presentano una curiosa particolarità: guardando ciascun lato del tempietto, si nota come l’ Alberti abbia posto, al centro di ciascun prospetto, le formelle istoriate che riportano gli stemmi araldici del committente (parete sud), di Lorenzo il Magnifico (abside est), di Cosimo il Vecchio (parete nord) e di Piero il Gottoso (parete ovest – ingresso). Lo stemma di Giovanni Rucellai rappresenta una vela spiegata al vento, con le sartie sciolte, forse ad indicare che la sua carriera di facoltoso mercante andava a gonfie vele. Un’ altra curiosità è legata alla collocazione dell’ ingresso, posto in maniera decentrata rispetto alla parete ovest: ciò è dovuto al fatto che la metà della camera sepolcrale, opposta rispetto alla porta d’ ingresso è interamente occupata dal sepolcro di Giovanni Rucellai, e dunque una porta centrata non avrebbe consentito l’ accesso.

Merita ricordare il fatto che la Cappella Rucellai contenente il Sacello del Santo Sepolcro fu l’ ultima opera che Leon Battista Alberti eseguì a Firenze, dopo aver svolto numerosi incarichi su commissione dei Rucellai: basti pensare al Palazzo della famiglia Rucellai e alla facciata di Santa Maria Novella patronata dalla medesima famiglia.

lunedì 22 aprile 2019

LE PIETRE DEL SANTO SEPOLCRO
CHIESA DEI SANTI APOSTOLI FIRENZE 


Durante la prima Crociata indetta da Papa Urbano II nel 1095, e capitanata da Goffredo di Buglione duca di Builon, nel 1097, 2500 fiorentini guidati da Pazzino dei Pazzi si unirono all’imponente esercito crociato per la conquista di Gerusalemme.
Dopo ingenti perdite di uomini il 15 luglio del 1099, i crociati sferrarono l’attacco definitivo alla città, lanciandosi sulle sacre mura, Pazzino dei Pazzi esortò i suoi uomini al coraggio e all’impresa che mise il suo destino al centro del mondo conosciuto in quell’istante; dopo aver avuto il meglio su quella mischia infernale, schivando frecce , olio bollente, massi e l’arsura di quel torrido caldo, giunse per primo in cima alle mura arabe, sventolando la bandiera cristiana.
Goffredo di buglione molto riconoscente, fece estrarre dal Santo Sepolcro tre pietre e le donò con onore al cavaliere toscano.
Pazzino dei pazzi rientrato glorioso, acclamato e benedetto dalla folla della sua gente, mostrò a tutto il popolo fiorentino la reliquia, che divenne ben presto un simbolo della potenza di Firenze, e diede l’avvio ad un antico rito religioso ortodosso a Firenze, La cerimonia del Fuoco benedetto, che consiste da parte del patriarca ortodosso, di entrare nel Santo Sepolcro con le candele spente, nella vigilia di Pasqua nel santo sabato, e dopo ore di preghiera, misteriosamente sulla lastra tombale, apparirebbero scintille e fiammelle in forma di gocce luminose, il Patriarca raccoglie queste perline con l’ovatta e accende tutte le candele. In un istante il fuoco illumina il buio del sepolcro.
A Firenze il Fuoco Sacro veniva e viene acceso con le tre pietre portate da Pazzino dei Pazzi e consegnato poi al popolo tramite una fecellina per portarlo nelle proprie dimore, dalla fine del 1300 il fuoco veniva trasportato da un carro.
Da qui l’avvio alla festa Lo Scoppio del Carro.

sabato 20 aprile 2019

PASQUA "IL BRINDELLONE LA STORIA DELLO SCOPPIO DEL CARRO A FIRENZE"

Da una memoria tratta dalle Ricordanze di Ghinozzo di Uguccione de' Pazzi scritta nel 1535, riprendendo un precedente libro conservato in famiglia, si può risalire all'origine dell'attuale evento dello “Scoppio del Carro”. Ghinozzo narra che nel 1096 durante la I° Crociata, voluta da Papa Urbano II° per riconquistare ai Saraceni il Santo Sepolcro, un suo antenato Pazzino de' Pazzi, comandante delle 2500 milizie fiorentine presenti alla Crociata , il giorno di Sabato 15 Luglio del 1099 fu il primo ad entrare a Gerusalemme, scalarne le mura e piantare nel punto più alto il vessillo cristiano. Per questo atto valoroso Pazzino ebbe in dono dal Comandante generale Goffedro IV°di Buglione tre schegge di pietra silicea provenienti dal Santo Sepolcro.
Pazzino rientrato a Firenze nel 1101, accolto con grandi onori e manifestazioni di entusiasmo, consegnò le pietre alle Autorità fiorentine le quali le deposero in un prezioso cofanetto e le affidarono ai prelati della Chiesa di San Maria Sopra Porta chiamata in seguito San Biagio. Da subito iniziò una tradizione, già nota a Gerusalemme fino dal IV° secolo: la distribuzione al popolo del fuoco Sacro acceso in un bracere per mezzo delle pietre del S.Sepolcro. Tradizione ripresa a Firenze il Sabato di Pasqua all'interno della Cattedrale.

Nel Duecento i Pazzi, per ricordare e mantenere viva la memoria del loro antenato, fecero costruire un carro itinerante riccamente addobbato che ogni anno, il Sabato Santo, portava il fuoco acceso con le sacre pietre a giro per la città, consentendo ai cittadini che non avevano potuto prendere parte alla cerimonia in Cattedrale, di accorrere al suo passaggio per accendere i ceri e le candele che sarebbero servite, a loro volta, ad appiccare il fuoco al proprio focolare domestico da tenere rigorosamente acceso per tutta la durata della Pasqua. Il significato religioso di tale atto associava il il valore mistico del fuoco che sprizza dalla pietra con la Resurrezione di Cristo dalla tomba.
L'organizzazione di questo evento da parte dei Pazzi si ripeté ogni anno nei secoli successivi, ma si interruppe nel 1478 a seguito della congiura contro i Medici. I Consoli dell'Arte di Calimala si sostituirono ai Pazzi per circa sedici anni, dopo i quali, complice la cacciata dei Medici e l'arrivo del Savonarola , la nobile famiglia fiorentina riprese a organizzare direttamente l'antica usanza. I Medici tornarono nel 1512 dopo l'allontanamento di Pier Soderini, tuttavia i Pazzi, avendo nel frattempo riacquistato onore presso i cittadini, continuarono a gestire la ricorrenza e nel 1515, probabilmente per suggerimento della famiglia Medicea, variarono alcuni atti cerimoniali, in particolare l'uso del carro che da itinerante passò a postazione fissa dinanzi al Battistero allo scopo di distribuire simbolicamente e idealmente il fuoco sacro del carro, attraverso lo scoppio di mortaretti e fuochi d'artificio atutti i cittadini dovunque essi si trovassero, anche nei punti piu lontani dalla Cattedrale.
A causa di incendi ed incidenti vari, il carro usato per le rappresentazioni dovette essere spesso sostituito, così nel Seicento i Pazzi fecero costruire un “carro trionfale ” a tre ripiani, estremamente solido e imponente, più adeguato all'uso che ne doveva essere fatto. Ebbene, si tratta dello stesso “carro”, opportunamente restaurato, che ancora oggi ammiriamo il giorno di Pasqua. L'organizzazione del rito Pasquale fu mantenuto dai Pazzi fino al 1859, anno in cui si verificò l'estinzione del ramo principale della famiglia. Da quella data in poi l'onere e l'onore della manifestazione fu assunto in via definitiva dal Comune di Firenze.
La cerimonia attuale non si discosta molto da quella antica e ricalca abbastanza fedelmente le modalità originali. La sera del Sabato Santo un corteo della Repubblica fiorentina, preceduto dal Gonfalone della città, si reca alla Chiesa dei SS.Apostoli (che dal 1785 custodisce le reliquie a seguito della soppressione della Parrocchia di San Biagio), dove viene ricevuto dal Vescovo vicario il quale dopo una breve funzione preleva il Sacro Cofanetto delle Tre Pietre e unendosi al corteo raggiunge il sagrato della Cattedrale di Santa Maria del Fiore. Lì il Cardinale Arcivescovo provvede a compiere il cerimoniale dell'accensione del fuoco con le Sacre pietre su un bracere posto dinanzi alla porta principale e, dopo una breve funzione liturgica con l'accensione dei ceri offerti, il fuoco benedetto viene portato all'interno del Duomo e vegliato in preghiera tutta la notte.
La mattina della Domenica di Pasqua davanti alla Cattedrale si svolgono tutti i rituali celebrativi: il grande carro partito dal suo deposito di Porta a Prato, trainato da due coppie di buoi bianchi ornati di ghirlande, arriva davanti al Duomo, quasi in contemporanea con il Corteo storico della Repubblica fiorentina preceduto dal Gonfalone e dallo stendardo della famiglia Pazzi, composto da musici e sbandieratori e seguito dalle più importanti autorità civili. In quel momento, all'interno del Battistero, l'Arrcivescovo sta celebrando la liturgia dell'ora terza, preghiere a ricordo della morte di Cristo ed al termine egli si porta nell'area antistante il sagrato del Duomo, benedice la folla ed il carro prima di rientrare in Cattedrale per officiare la solenne funzione Pasquale.
Il “carro”, alto 11 metri e 60, lungo 3 metri e 40, dal peso di 40 quintali, ha sulle fiancate gli stendardi dei quattro quartieri storici fiorentini e su tutti lati la struttura contenente il carico esplosivo. Dal carro parte un cavo, teso all'altezza di 7 metri da terra, che attraversa tutta la navata centrale del Duomo e raggiunge una colonna in legno al centro del coro dove si trova appesa la “Colombina”, un impasto di gesso e cartapesta a foggia di candida colomba, con un ramoscello d'olivo nel becco che simboleggia lo Spirito Santo.
Durante la messa Pasquale, al momento del canto “Gloria in Excelsis Deo, l'Arcivescovo appicca il fuoco sacro alla miccia della “Colombina” che, spinta da un razzo, raggiunge il “carro” innescando l'esplosione di mortaretti, castagnole, girandole, e fuochi di artificio che si produrranno in un carosello di venti minuti di lampi e scoppi accompagnati dal suono a distesa delle campane. La “Colombina” dovrà ora compiere il viaggio di ritorno verso l'Altare Maggiore. Se il retrorazzo sarà calibrato bene e il viaggio risulterà perfetto, il popolo potrà sperare nei buoni auspici per il futuro così come in passato i contadini speravano nel buon raccolto. Ma se il viaggio della “colombina” invece si dovesse interrompere prima della meta, qualcuno potrà pensare si tratti di un qualche presagio negativo.
Per la cronaca si ricorda che nel 1966 la “Colombina” non raggiunse l'Altare Maggiore” e come sappiamo, avvenne il tragico evento dell'alluvione.

Infine, vogliamo spiegare l'appellativo “Brindellone” dato dai Fiorentini allo storico “carro”. Si fa riferimento all'antica e ormai scomparsa Festa della Zecca che si svolgeva il 24 Giugno, giorno di San Giovanni. Un uomo che impersonava San Giovanni Battista, vestito dimessamente, coperto da pelo di cammello consunto e stracciato , in piedi, legato ad un palo su un alto carro di fieno, attraversava le vie della città.
L'uomo sul carro traballante, nel suo ciondolare a destra e sinistra, suscitava l'ilarità dei fiorentini che con il loro proverbiale “spiritaccio”, non tardarono ad affibbiargli l'appellativo di “Brindellone”, trasferendo poi il nomignolo al carro di fieno e, quindi per analogia, al più famoso” carro” pasquale.
        NESSUNO    TOCCHI      CAINO            
      NO   ALLA    PENA     DI     MORTE         


1.  LA STORIA DELLA SETTIMANA : GUINEA EQUATORIALE: PRESIDENTE, ‘LA PENA DI MORTE SARÀ PRESTO ABOLITA’
2.  NEWS FLASH: EGITTO: CITTADINO EGIZIANO CONDANNATO A MORTE PER OMICIDIO COMMESSO A MILANO 3.  NEWS FLASH: IRAQ: CONDANNATO A MORTE PER TERRORISMO 4.  NEWS FLASH: EMIRATI ARABI UNITI: 8 NIGERIANI CONDANNATI A MORTE PER RAPINE A MANO ARMATA 5.  NEWS FLASH: AFGHANISTAN: DUE CONDANNATI A MORTE PER L’OMICIDIO DI UN GIORNALISTA A KANDAHAR 6.  I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA :


GUINEA EQUATORIALE: PRESIDENTE, ‘LA PENA DI MORTE SARÀ PRESTO ABOLITA’
Il presidente della Giunea Equatoriale Obiang Nguema ha dichiarato che la pena di morte sarà presto abolita nel Paese.

L'ultima volta che la Guinea Equatoriale ha eseguito una condanna a morte è stato nel 2014.
L'abolizione è legata alla pressione esercitata da parte di un blocco politico al quale appartiene il Paese, la Comunità dei Paesi di Lingua Portoghese, CPLP.
L'assicurazione del presidente Nguema sulla decisione abolizionista è giunta durante una visita a Capo Verde, dove ha affermato che l'abolizione della condanna a morte è quasi terminata, aggiungendo di volere che il processo sia democratico.
"Il mio governo porrà presto la questione al Parlamento, dove il mio partito ha la maggioranza. Sono sicuro che questa proposta sarà approvata", ha dichiarato.
Il paese è membro del CPLP da cinque anni. Come parte delle riforme assegnate al Paese dopo l’adesione, è stata elencata la necessità di abolire la pena di morte.


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NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH

EGITTO: CITTADINO EGIZIANO CONDANNATO A MORTE PER OMICIDIO COMMESSO A MILANO Un tribunale penale egiziano il 15 aprile 2019 ha condannato a morte un imputato per aver ucciso un cittadino italiano nella città di Milano nel 2013.
Il caso risale al novembre 2014, quando l'Interpol chiese l'arresto di un cittadino egiziano per aver rapinato e ucciso il proprietario di un negozio di tappeti di origini iraniane a Milano.
L'imputato fuggì dall'Italia dopo aver commesso il reato nel 2013 e fu arrestato alcuni mesi dopo nella sua residenza nel governatorato di Sharqiya nel Delta del Nilo.
L'imputato ha detto alle autorità di aver lavorato come addetto alle pulizie nel negozio di proprietà della vittima e ha affermato di essere stato aggredito sessualmente dal proprietario del negozio.
L’imputato può presentare appello presso la Corte di Cassazione.
Secondo la legge egiziana, un cittadino egiziano che commette un reato all'estero può essere arrestato e processato in Egitto fino a quando l'atto è considerato un crimine sia in Egitto che nel Paese in cui è stato commesso.


IRAQ: CONDANNATO A MORTE PER TERRORISMO
Un tribunale iracheno ha condannato all’impiccagione un militante dello Stato Islamico per il suo coinvolgimento in numerosi attacchi di cecchini nel Paese, ha reso noto il 18 aprile 2019 un comunicato del Consiglio Giudiziario Supremo.
Il tribunale penale centrale di Baghdad ha condannato il militante dello Stato Islamico per aver ucciso diversi uomini delle forze di sicurezza e membri delle Forze di Mobilitazione Popolare in attacchi di cecchini nella provincia di Ninive.
“Il terrorista ha ammesso di appartenere al gruppo dello Stato Islamico e di essere dietro l'uccisione di diversi membri della sicurezza", è scritto nella dichiarazione.


EMIRATI ARABI UNITI: 8 NIGERIANI CONDANNATI A MORTE PER RAPINE A MANO ARMATA Otto nigeriani sono stati condannati a morte a Sharjah il 18 aprile 2019 per aver effettuato una serie di rapine a mano armata agli sportelli bancomat e cambia valute nell'Emirato lo scorso anno.
Un nono uomo è stato condannato a sei mesi di carcere seguiti dall’espulsione per possesso di denaro rubato.
I condannati facevano parte di una banda di nove nigeriani che fracevano irruzione e attaccavano il personale e clienti con armi da taglio, nel 2018. La banda aveva commesso una serie di rapine in tutto l'emirato.
Un pubblico ministero ha detto a Gulf News che, secondo la legge, i membri di un gruppo di persone che ha minacciato la vita di altri commettendo rapine sono soggetti alla condanna a morte, tuttavia si prevede un appello e le sentenze potrebbero essere declassate in ergastolo.


AFGHANISTAN: DUE CONDANNATI A MORTE PER L’OMICIDIO DI UN GIORNALISTA A KANDAHAR L'ufficio del procuratore generale ha reso noto il 16 aprile 2019 che due imputati sono stati condannati a morte per aver ucciso un giornalista a Kandahar. Il giornalista, identificato come Arghand, aveva lavorato per Kabul News TV per un certo numero di anni. Secondo quanto riferito, aveva lavorato anche per l'agenzia di stampa statale cinese Xinhua. Arghand è stato "assassinato" da due uomini nella provincia di Kandahar, nel sud dell'Afghanistan, il 25 aprile 2018, secondo la dichiarazione. La corte ha annunciato il verdetto sul caso lo scorso 6 aprile, ha comunicato l'ufficio del procuratore generale. Il caso è stato assegnato a un tribunale di Kabul dopo le richieste della famiglia di Arghand e della Federazione dei giornalisti dell'Afghanistan, si legge nella dichiarazione.

venerdì 19 aprile 2019



E-NEWS APRILE
19/04/2019

PASQUA e PASQUETTA

IL MUSEO NOVECENTO VI ASPETTA

Il Museo Novecento non si ferma, ed è pronto ad accogliervi anche durante le festività pasquali: il 21 e il 22 Aprile il museo sarà aperto, pronto a mostrare la sua collezione e le tante mostre in corso. 


MAURIZIO NANNUCCI

IL COMPLEANNO DELL'ARTISTA

Sabato 20 aprile compie 80 anni Maurizio Nannucci, fiorentino, tra i massimi artisti italiani: il Direttore Artistico del Museo Novecento Sergio Risaliti e tutto lo staff di MUS.E augurano all'artista buon compleanno.



LA MOSTRA

EXIT MORANDI

Fino al 27 giugno 2019
A cinquantacinque anni dalla scomparsa del grande artista, il Museo Novecento ospita Exit Morandi, una grande mostra dedicata alle opere dell’artista bolognese. La mostra curata da Maria Cristina Bandera e Sergio Risaliti vede la collaborazione con Fondazione Roberto Longhi e Villa Brandi e si avvale dei prestiti della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, della Banca Monte dei Paschi di Siena e di significative collezioni private. Scopri di più>



PARADIGMA

IL TAVOLO DELL'ARCHITETTO BAUBOTANIK

Fino al 4 luglio 2019
È la volta di Oliver Storz e Hannes Schwertfeger per porre attenzione alle problematiche sempre più attuali della sostenibilità nelle più diverse forme: dall’ambiente al paesaggio urbano, dal riuso fino all'innovazione ed alla sperimentazione tecnologica. Scopri di più>



ROOM

LUCY + JORGE ORTA

Fino al 4 luglio 2019
La mostra ospitata in parte al Museo Novecento e in parte a Palazzo Vecchio vede protagonisti Lucy+Jorge Orta che, a partire dai primi anni Novanta, hanno sviluppato una pratica che si muove tra arte, design e architettura, volta ad indagare tematiche ecologiche e sociali. Scopri di più>



SOLO

VINCENZO AGNETTI

Fino al 4 luglio 2019
Il nuovo appuntamento dedicato a un artista tra i principali esponenti dell’arte concettuale, artefice di una ricerca fondata sul linguaggio attraverso la quale sviluppa, con fare ironico e poetico, un’originale riflessione sul rapporto tra tempo e spazio, sulla comunicazione, sulla critica politico-sociale. Scopri di più>



THE WALL

SUSTAINABLE THINKING EVOLUTION

Fino al 4 luglio 2019
Un “racconto orizzontale” di come il rapporto tra uomo e natura, alla base del concetto di sostenibilità, si sia evoluto nel corso della storia, con un focus in particolare sulle innovazioni nel campo dei materiali da costruzione e dell’architettura.
Scopri di più>



RASSEGNA VIDEO

BEFORE WE VANISH

Fino al 4 luglio 2019
Il mondo in cui viviamo è in grave pericolo, l’ecosistema è seriamente minacciato da uno sfruttamento sistematico e non etico delle sue risorse. Il problema è globale ed è un problema politico più che tecnico o scientifico e gli artisti, come moderne Cassandre, ci stanno mettendo in guardia. Scopri di più>


MUSEO NOVECENTO
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