sabato 3 novembre 2018

4 NOVEMBRE 1966 L'ALLUVIONE A FIRENZE 

di guido michi



Vorrei raccontare un avvenimento che sconvolse per la sua eccezionale violenza la vita di noi fiorentini. Vorrei fare una piccola premessa il mio racconto non segue una logica temporale precisa, trattasi di flac beck che riaffiorano nella mia memoria.
Era la fine del mese di ottobre, un ottobre eccezionalmente piovoso , dell’anno di grazia 1966 e facendo due conti io avevo solo 21 anni.
Come detto, Ottobre fu un mese piovoso, ma in quegli ultimi giorni Giove pluvio sembrava accanirsi in modo particolarmente straordinario. A Firenze si celebrava la settimana inglese e tra le tanti manifestazioni messe in ponte c’erano anche dei concertini di cornamuse, e i fiorentini, sempre piuttosto critici, incolpavano dell’abbondante pioggia il suono di questi strumenti.
“SE QUESTI CONTINUANO DI MORTO QUI S’AFFOGA TUTTI”
Purtroppo la previsione si avverò, ma andiamo un po’ in ordine temporale.
Era il 3 novembre ed io mia mamma Mina, mia cugina Graziella e la di lei figlia Cristina decidemmo di andare ad Empoli perché avevo desiderio di comprarmi una giacca in camoscio. L’attività economica preminente di questa cittadina sono le fabbriche d’abbigliamento e con le giuste conoscenze, almeno a quei tempi, si comprava degli ottimi prodotti a prezzi molto ma molto contenuti. Anche quel giorno le cateratte del cielo erano aperte e pioveva, pioveva senza un attimo di tregua. Mi ricordo che parcheggiai la macchina nelle vicinanze dell’Arno e mi accorsi che il livello di piena era preoccupante ma mai avrei immaginato di ciò che sarebbe accaduto di lì a poche ore.
Era il 4 novembre……………….
Era il 4 novembre era giorno festivo che commemora la vittoria nella PRIMA GUERRA MONDIALE. La giornata festiva fu provvidenziale perché le persone erano rimaste a casa e ciò limitò il numero delle vittime causate dall’evento catastrofico che sto per raccontare.
Era festa e poltrii più a lungo nel letto.
Io- “mamma, mamma, oh mamma”
-“ i’ che tu vuoi? I’ che t’ha da vociare in codesto modo?”
Io- “ ti volevo dire che vorrei mangiare un po’ prima oggi, ho un
appuntamento presto a Scandicci !
- “con quella ?
Io- “si proprio con quella, a te non piace, ma piace a me e questo
basta ed avanza !
Piccolo intermezzo, per chiarire il senso di questo dialogo tra me mia mamma MINA. Io a quei tempi mi ero invaghito di una ragazza che mia madre non sopportava.
In questo dialogo interviene mio padre:
-“In do’ tu vorresti andare oggi ?”
Io -“ a Scandicci perché?”
-“ perché a Scandicci tu c’arrivi in barca! Ce l’hai la barca?”
Io -“ i’ che tu vorresti dire? Oh che ragionamenti tu fai ?”
-“viene un po’ a vedere e tu t’accorgi i’ che sta succedendo. Un
macello, un vero macello! L’Arno……ma vieni a vedere !”
Io svogliatamente mi alzai da letto mettendomi prima a sedere su un bordo, mi detti una energica stropicciata agli occhi ancora semi chiusi, tanto per scacciare la sonnolenza che ancora mi attanagliava, mi misi in piedi e con passo strascicato mi diressi verso la camera da letto dei miei genitori che dava su Via del Ponte Sospeso. Io li per li non volevo credere a ciò che vedevo e la prima reazione fu un inebetito “ OHHHHH ma, ma che sta accadendo ?”
Un velo d’acqua ricopriva tutta la strada solo i marciapiedi per pochi centimetri vicino alle case erano ancora asciutti, ma la cosa stupefacente ed impressionante erano i pesanti chiusini di ghisa che servivano per poter accedere alla fognatura che a causa della pressione delle acque venivano sollevati come fossero dei fuscelli e dai quali tracimava un liquido marrone che emanava un cattivo odore. Ciò stava ad indicare che i fognoni si erano trasformati in condotte forzate e questo era causato dall’Arno che non riceveva più e se non riceveva più doveva esserci una piena straordinaria. Tutto questo me lo suggerivano i miei freschi studi di idraulica.
Il mio babbo mi propose di andare sul Ponte alla Vittoria per vedere cosa stava in realtà accadendo alla nostra Firenze. “Io ci sono già stato questa mattina presto quando tu dormivi e lo spettacolo era allucinante” così mi riferì ed io prontamente andai a vestirmi. Uscimmo ed in fila indiana per non bagnarci le scarpe ci avviammo verso il ponte e giunti alla sua metà. 

Giunti alla sua metà uno spettacolo orribile, qualcosa di mai visto ed immaginato si parò davanti ai nostri occhi.
Uno spettacolo orribile, qualcosa di mai visto ed immaginato si parò davanti ai nostri occhi, L’Arno non esisteva più al suo posto un lago tempestoso che si era mangiato tutti i lungarni. Il ponte Amerigo Vespucci era completamente sommerso del ponte Alla Carraia si vedeva solo la parte centrale a causa della sua conformazione a gobba di cammello ed in lontananza si vedevano ancora gli edifici tipici del ponte Vecchio.
Sotto di noi scorreva in modo impetuoso quell’acqua limacciosa che era giunta fino alla chiave degli archi che costituivano il ponte alla Vittoria ed io e il mio babbo temendo il cedimento delle sue pile decidemmo che era meglio di andarsene. Ritornammo in fila indiana verso casa ed a quel punto prendemmo la decisione di spostare le nostre auto che si trovavano ricoverate in un garage di Piazza Pier Vettori. Il garage era aperto ed il titolare il Magherini, il Maghero per gli amici ci invitava a portar via le macchine “RAGAZZI PENATE POCO PERCHE’ QUI TRA POCO SI VA TUTTI SOTT’ACQUA”, decidemmo di parcheggiarle verso monte Oliveto; evidentemente la nostra idea l’avevano avuta altre persone in quanto ci fu difficile trovare un luogo in cui parcheggiare i nostri mezzi.
Tornammo a casa e si cercava di avere notizie più certe. La televisione che a quei tempi aveva due canali RAI1 e RAI2 trasmetteva i monoscopi, alla radio arrivavano notizie molto ma molto confuse.
Cercammo di metterci telefonicamente in contatto ma tutto era inutile, infatti potevamo cambiare il numero chiamato ed inevitabilmente rispondevano i signori che abitavano nell’appartamento sopra al nostro.
Era mezzogiorno del 4 novembre 1966 le acque continuavano a salire in modo inesorabile. Confinante a casa mia c’era una gabina dell’ENEL e quando le acque raggiunsero i trasformatori ci fu un gran lampo seguito da un tremendo boato e dopo il telefono,l’acqua se ne andò anche la corrente, per fortuna avevamo una radiolina a transistor, quelle che si mettevano all’orecchio per sentire le partite di calcio della famosa trasmissione TUTTO IL CALCIO MINUTO PER MINUTO e con quella cercavamo di restare in contatto con il mondo che sembrava non essersi accorto di ciò che realmente stava capitando a Firenze. Cominciarono i primi appelli di non usare l’acqua perché sicuramente inquinata, di non accendere il gas perché avremmo potuto scatenare delle esplosioni e via dicendo.
Stava iniziando una delle giornate più lunghe della mia ancor giovane vita. Passato mezzogiorno l’acqua che fino a quel momento era cresciuta piano piano si alzò in modo repentino, ma il brutto fu la notte, senza acqua da bere, senza luce con quel fiume turbinoso che scorreva sotto le nostre finestre. Ad un certo momento trascinata dalla corrente arrivò una macchina che aveva la lucina interna accesa e nella oscurità non si capiva se al suo interno ci fosse o meno una persona intrappolata. Io volevo andare a vedere ma, saggiamente, mi fu impedito dai miei genitori. “MA SEI PAZZO VUOI ANDARE AL BUIO AD AFFRONTARE QUELLA CORRENTE D’ACQUA LURIDA…….. STAI TRANQUILLO SE CI FOSSE QUALCUNO A QUEST’ORA AVREBBE CHIAMATO AIUTO…….O NON C’E’ NESSUNO OD E’ MORTO E COMUNQUE NON PUOI FARE PIU’ NIENTE”
Come detto la notte fu lunga ed io andavo nelle scale a controllare l’aumento del livello delle acque, i gradini erano il mio termine di paragone. Due gradini sono scomparsi, un altro gradino è scomparso poi a notte inoltrata la situazione si stabilizzò e dopo un po’ di tempo notai, perché bagnato che un gradino era riemerso ciò stava ad indicare che le acque stavano ritirandosi. Un gran sospiro di sollievo e con questa buona notizia tutta la famiglia decise di distendersi sul letto per riposarci un po’ dopo tutto quello stress che avevamo subito in quella lunga e triste giornata.
Mi alzai che il sole era già sorto ed affacciandomi alla finestra mi resi conto che le acque ritirandosi avevano lasciato grandi pozze ma soprattutto una fanghiglia alta 30/40 centimetri che rilasciava un odore nauseabondo. Le persone erano già a lavoro e con pale, con grosse scope di saggina e con spatoloni improvvisati cercavano di togliere quella fanghiglia dagli appartamenti posti ai piani terreni che erano quelli che avevano subito i danni maggiori. Per prima cosa andammo dal mesticatore che aveva aperto il proprio negozio anche lui intento a fare pulizia e comprammo le ultime paia di stivali in gomma, perché solo con queste calzature era possibile circolare in quel mare di fango ed acqua sporca.
Mi si domanderà ed i soccorsi ? Vedemmo arrivare dopo 2 giorni qualche soldatuccio di leva armato di un badile che cercava di spalare quella montagna fangosa, ma la gente, al contrario di oggi, non si lamentava ed era tutta intenta a lavorare ed ad aiutare le persone più deboli, è vero che qualche moccolo(bestemmia) usciva dalle bocche ma si sa che questo brutto vezzo fa parte della natura di noi fiorentini.
Il giorno dopo arrivò una cisterna per distribuire l’acqua e dei camion con confezioni d’acqua minerale. Per il resto ci aveva pensato Giuseppe, Beppino per gli amici Rossi che era un cugino del nonno Guido, infatti nel giardino aveva un pozzo con una pompa a mano e la gente faceva la fila per approvvigionarsi della preziosa acqua , con taniche, bottiglie, fiaschi ed altri contenitori che pur essendo inquinata almeno serviva per fare un po’ di abluzioni.
Il bello che il giorno prima avevamo rischiato di affogare per un eccesso di acqua ed il giorno dopo eravamo alla sua ricerca, quando troppo e quando nulla così va sempre la vita.
Il peggio doveva avvenire nei giorni seguenti quando si appalesò nella sua vera dimensione l’immensità della tragedia che ci aveva colpito, i morti, la distruzione dei beni anche di quelli artistici (IL CRISTO DI CIMABUE) i negozianti che avevano perso tutto…….in questa circostanza venne fuori il grande spirito e carattere di noi fiorentini che senza troppi lamenti o piangerci addosso si seppe rimboccandoci le maniche e senza aspettare aiuti, che arriveranno dopo alcuni giorni, ripartire e già per le feste Natalizie molte ferite erano state rimarginate e di questo ne sono tremendamente orgoglioso.
Come detto per le feste Natalizie molte ferite erano state rimarginate ma per raggiungere questo fantastico obbiettivo occorsero tanti sforzi e tanto ma tanto lavoro.
Prima di continuare nella mia narrazione degli eventi accaduti in quei giorni, vorrei tornare un attimo indietro: Vi ricordate della macchina trascinata dalla corrente con la luce interna accesa? Vi ricordate il dubbio che al suo interno fosse presente una persona intrappolata? La mattina seguente alla luce del sole potemmo constatare con nostra somma gioia che essa era vuota e non c’era, per fortuna, nessuna vittima. Ora riprendiamo il racconto interrotto da questa dovuta precisazione. Tante parti della città avevano bisogno di braccia possibilmente giovani per ripristinare la vita normale visto che in quella drammatica situazione di normale non c’era rimasto quasi nulla. Io decisi di andare alla BIBLIOTECA NAZIONALE culla della nostra cultura e del nostro sapere che dalle notizie in mio possesso sapevo che fosse duramente colpita anche per la sua collocazione vicino all’ARNO.
Arrivare era molto difficile e faticoso perché camminare in quella fanghiglia appiccicosa che in certe zone arrivava a mezza gamba non era una cosa semplice. Dovevo percorrere Via Pisana attraversare Porta San Frediano inoltrami per Borgo San Frediano per poi passare in Via Santo Spirito dove c’è un palazzotto in stile rinascimentale di proprietà della famiglia FERRUCCI, sulla sommità dell’arco del portone d’ingresso in una nicchia vi è posto il busto marmoreo di quel FRANCESCO FERRUCCI famoso per la frase che rivolse a MARAMALDO “VILE TU UCCIDI UN UOMO MORTO” dopo la battaglia di Gavinana tra le truppe della repubblica fiorentina delle quali il Ferrucci era il comandante e quelle imperiali di CARLO V.Passato il Ponte Vecchio ed arrivato al Ponte alle Grazie, attraversato il medesimo e percorso un tratto del Lungarno alle Grazie finalmente ero  giunto alla mia destinazione.
Il lavoro che ci attendeva era molto duro si trattava di togliere i libri posti al piano interrato e collocati in scaffalature metalliche: il problema era toglierli visto che il solito e maledetto fango li aveva praticamente murati l’un con l’altro e di li trasportali nella grande sala lettura ove le pagine venivano separate e interfogliate con carta assorbente poi ricoperti di talco al fine di assorbire l’umidità dopo questa operazione posti in ceste. I più preziosi inviati nei depositi della Certosa per poi subire un accurato restauro gli altri inviati a Prato nelle aziende di tintura della lana che avevano dei grandi essiccatoi.
Chi stava nello scantinato si trovava nella situazione peggiore, perchè doveva stare nel fango puzzolente dove c’era di tutto dai pesci, a grossi ratti morti ed a me è capitato più di una volta operare in quell’ambiente. Per portare più rapidamente possibile i tomi alluvionati al piano terreno venivano create delle grandi catene umane che di mano in mano portavano alla superficie i libri e per darci un ritmo usavamo cantare una canzone assai di moda a quei tempi “YELLOW SUBMARINEdei BEATLES”.
Proprio in quella particolare circostanza che nacque la grande epopea degli ANGELI DEL FANGO. Ragazzi di gran parte dell’Italia, provenienti dalla Francia, Inghilterra, Germania dall’Europa del Nord, degli Stati Uniti ecc. in una babele di lingue, culture, razze, religioni si erano ritrovati tutti assieme con un unico scopo, con un unico obbiettivo salvare Firenze e la cultura che esprimeva per e nel mondo intero. Il mio attuale internazionalismo contrario ad ogni forma di nazionalismo o sovranismo come si usa chiamarlo oggi nasce proprio da quell’esperienza comunitaria e da quei momenti gloriosi ed esaltanti.
A dei ragazzi che venivano da Bergamo domandai in modo un po’ ingenuo perché si trovassero a fare questo schifoso lavoro nel mezzo al fango, mi fu risposto “FIRENZE NON E’ SOLO DEI FIORENTINI E’ PATRIMONIO DEL MONDO ED IN QUESTA TRISTE CIRCOSTANZA E’ GIUSTO CHE IL MONDO SIA QUI”.
Come detto io prestavo, con tantissimi altri ragazzi provenienti da tutto il mondo, il mio servizio presso la BIBLIOTECA NAZIONALE, il lavoro era improbo a causa della difficoltà che trovavamo a togliere i libri che erano posti su grandi scaffali metallici. La carta a causa dell’acqua che aveva assorbito si era rigonfiata, il fango li teneva incollati gli uni con gli altri. La migliore soluzione sarebbe stata quella di tagliare i montanti di ferro ma questa operazione come potevamo farla? L’unica dotazione che avevamo era costituita da seghetti per il ferro ma il lavoro diventava lunghissimo ed estremamente faticoso. Sarebbero occorsi quei frullini rotanti con i quali tagliare i montanti metallici sarebbe diventato uno scherzo da ragazzi. I problemi però erano due: il primo che questi strumenti non ce li avevamo ed il secondo anche se li avessimo avuti con che cosa li avremmo messi in moto visto che non c’era la corrente elettrica.

Nel secondo o terzo giorno, questo particolare non me lo ricordo visto che sono passati tanti anni, ero chinato su un banco intento a dividere le pagine di un prezioso tomo ed ad inserirvi la carta assorbente quando mi sentii toccare una spalla, mi girai e con mia somma sorpresa mi trovai davanti il senatore TED KENNEDY l’ultimo rampollo della grande e prestigiosa famiglia americana.
-HELLO !
Ed io risposi quasi balbettando a causa dell’emozione di trovarmi di fronte un personaggio così famoso ed autorevole,
-MY NAME IS GUIDO
Lui mi volle lo stesso stringere la mano sporca di fango e poi se ne andò.
Il giorno dopo, udite, udite arrivarono alcuni camion militari americani provenienti dalla base di CAMP DARBY situata nelle vicinanze di Livorno. Finalmente avevamo i tanto agognati frullini, cavi elettrici fari per illuminare gli ambienti e dei potentissimi ed efficientissimi generatori di corrente. Fino a quel giorno ci eravamo rifocillati con acqua e con le schifose gallette del nostro esercito. I militari USA ci rifornirono con le razioni che loro usavano in guerra. In quella scatola di cartone c’era di tutto, dal pane sotto vuoto, alla carne in scatola ai dolcetti a stecche di cioccolato, bibite per dissetarci, fazzoletti detergenti, carta igienica ed anche una confezione di profilattici………hai visto mai ?
Come già detto per natale molte cose erano tornate a posto e l’evento più importante fu l’arrivo del PAPA PAOLO VI che in Duomo celebrò la messa di mezza notte.
Che cosa ci ha lasciato l’alluvione del ’66 ?
Innanzitutto i morti, le distruzioni, gli immensi danni al patrimonio artistico. Solo agli inizi di quest’anno sono finiti i lavori di restauro del capolavoro del Vasari “L’ULTIMA CENA” che è stata ricollocata nella Basilica di Santa Croce. Ci ha lasciato la paura ed ancor oggi appena l’Arno sale di livello le persone preoccupate si precipitano sui lungarni per vedere l’andamento della piena del fiume. Nonostante siano passati quasi 60 anni da quei tragici eventi alcuni lavori sono stati eseguiti come ad esempio la diga del Bilancino od alcune casse di espansione nel VALDARNO aretino e fiorentino ma tutto ciò ancora non è sufficiente per mettere in completa sicurezza Firenze e i suoi dintorni.

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