MICHELE GESUALDI UN GRANDE UOMO
Un cattolico praticante come Michele Gesualdi
chiede con gran forza che finalmente il parlamento Italiano vari una legge che
restituisca dignità ai malati terminali, una legge di grande civiltà sul fine
vita, una legge che consenta a tutti noi in modo libero e consapevole di poter
redigere un serio testamento biologico, una legge che dia dignità alle cure palliative
che in Italia non hanno la stessa considerazione al pari delle altre branchie
della scienza medica. Mi permetto di porre all’attenzione una benemerita
associazione il “ FILE “ che opera con grande sensibilità ed impegno nel campo
di queste cure che aiutano in modo concreto
le persone in fine vita e i loro parenti.
Michele Gesualdi, ex allievo di Don Milani (e
anche ex presidente della Provincia di Firenze) da tempo malato di Sla ha
scritto un accorato appello ai presidenti di Camera e Senato per chiedere che
sia accelerato l’iter di approvazione della legge sul fine vita.
RIPORTO IN MODO INTEGRALE LA LETTERA CHE
MICHELE GESUALDI HA PUBBLICATO
Mi
chiamo Michele Gesualdi, qualcuno di voi probabilmente
ha sentito parlare di me perché sono stato presidente della provincia di
Firenze per due legislature e allo scadere dei mandati sono stato sostituito da
Matteo Renzi. Oggi vi scrivo per implorarvi di accelerare l’approvazione della
legge sul testamento biologico, con la dichiarazione
anticipata di volontà del malato, perché da tre anni sono stato colpito
dalla malattia degenerativa Sla e alcuni sintomi mi dicono che il passaggio al mondo sconosciuto
non potrebbe essere lontano.
I
medici mi hanno informato che in caso di grave crisi respiratoria può essere
temporaneamente superata con tracheotomia come in caso di ulteriore difficoltà
a deglutire si può ricorrere alla Peg.(Gastrotomia endoscopica percutanea) La
Sla è una malattia spaventosa, al momento irreversibile e incurabile. Avanza,
togliendoti giorno dopo giorno un pezzo di te stesso: i movimenti dei muscoli
della lingua e della gola, che tolgono completamente la parola e la deglutizione,
i muscoli per l’articolazione delle gambe e delle braccia, quelli per il
movimento della testa, e respiratori e tutti gli altri.
Alla
fine rimane un scheletro rigido come se fosse stato immerso in una colata di
cemento. Solo il cervello si conserva lucidissimo insieme alle le sue
finestrelle cioè gli occhi, che possono comunicare luce ed ombre, sofferenza,
rammarico per gli errori fatti nella vita, gioia e riconoscenza per l’affetto e
la cura di chi ti circonda. Se accettassi i due interventi invasivi mi
ritroverei uno scheletro di gesso con due tubi, uno infilato in gola con
attaccato un compressore d’aria per muovere i polmoni e uno nello stomaco
attraverso il quale iniettare pappine alimentare.
Per
quanto mi riguarda in modo molto lucido ho deciso di rifiutare, ogni inutile
intervento invasivo ed ho scritto la mia decisione chiedendo a mia moglie di
mostrarla ai medici affinché rispettino la mia volontà. Quando mia moglie e i
miei figli mi hanno visto ridotto ad uno scheletro dovuto alla difficoltà di deglutire,
mi hanno implorato di accettare almeno l’intervento allo stomaco per essere
alimentato artificialmente perché sarebbe stato un dono anche un solo giorno in
più che restavo con loro.
Questo
mi ha messo in crisi e ho ceduto anche per sdebitarmi un po’ nei loro
confronti. A cosa fatta, confermo tutti i motivi dei miei rifiuti, che
consistono nel fatto che non sono interventi curativi, ma solo finalizzati a
ritardare di qualche giorno o qualche settimana l’irreparabile, che per il
malato, significa solo allungare la sofferenza in modo penoso e senza speranza
Per i malati di Sla la morte è certa, e può essere atroce se giunge per
soffocamento. C’è chi sostiene che rifiutare interventi invasivi sia una offesa
a Dio che ci ha donato la vita.
La
vita è sicuramente il più prezioso dono che Dio ci ha fatto e deve essere
sempre ben vissuta e mai sprecata. Però accettare il martirio del corpo della
persona malata, quando non c’è nessuna speranza né di guarigione né di
miglioramento, può essere percepita come una sfida a Dio. Lui ti chiama con
segnali chiarissimi e rispondiamo sfidandolo, come se si fosse più bravi di
lui, martoriando il corpo della creatura che sta chiamando, pur sapendo che è
un martirio senza sbocchi.
Personalmente
vivo questi interventi come se fosse una inutile tortura del condannato a morte
prima dell’esecuzione. Come tutti i malati terminali negli ultimi 100 metri del
loro cammino, pregano molto il loro Dio, e talvolta sembra che il silenzio
diventi voce e ti dica : “Hai ragione tu, le offese a me sono altre, tra queste
le guerre e le ingiustizie sociali perpetuate a danno della umanità. Chi mi
vuole bene può combatterle con concrete scelte politiche, sociali, sindacali,
scolastiche e di solidarietà ”.
Di
fronte a queste parole rimane una grande serenità che ti toglie la voglia di
piangere e urlare. Ti resta solo l’angoscia per le persone che ami e che ti
amano. Quando mia moglie ha saputo che in caso di crisi respiratoria durante la
notte non ha altra scelta che chiamare il 118 e che il medico di bordo o quelli
del pronto soccorso, possono rifiutarsi di rispettare la volontà del malato e
procedere ad interventi invasivi, si è disperata e mi ha detto: “Se ti viene di
notte una crisi forte non posso chiuderti in camera e assistere disperata in silenzio
a vederti morire. Sarebbe per me un triplice dramma: Tremendamente sola di
fronte alla tragedia, non poter corrispondere a un tuo desiderio, anche se
sofferta da me e dai figli e l’immenso dolore di perderti”.
Per
l’insieme di questi motivi sono a pregarvi di calarvi in simili drammi e
contribuire ad alleviarli con l’accelerazione della legge sul testamento
biologico. Non si tratta di favorire la eutanasia , ma solo di lasciare libero,
l’interessato, lucido cosciente e consapevole, di essere giunto alla tappa
finale, di scegliere di non essere inutilmente torturato e di levare
dall’angoscia i suoi familiari, che non desiderano sia tradita la volontà del
loro caro. La rapida approvazione delle legge sarebbe un atto di rispetto e di
civiltà che non impone ma aiuta e non lascia sole tante persone e le loro
famiglie.
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