NO ALLA PENA DI MORTE
1. LA STORIA DELLA
SETTIMANA : CONSIGLIO REGIONALE DELLA TOSCANA RINNOVA IMPEGNO PER MORATORIA
DELLE ESECUZIONI CAPITALI 2. NEWS FLASH:
ARABIA SAUDITA: SETTE GIUSTIZIATI PER OMICIDIO E DROGA 3. NEWS FLASH: BANGLADESH: CONFERMATE LE
CONDANNE A MORTE DI 139 SOLDATI 4. NEWS
FLASH: IRAN: 10 IMPICCATI PER OMICIDIO NEL CARCERE DI RAJAI SHAHR 5. NEWS FLASH: AFGHANISTAN: CINQUE IMPICCAGIONI
IN CARCERE A KABUL 6. I SUGGERIMENTI
DELLA SETTIMANA :
CONSIGLIO REGIONALE DELLA TOSCANA RINNOVA IMPEGNO PER
MORATORIA DELLE ESECUZIONI CAPITALI Il 30 novembre la regione Toscana ha
celebrato l'anniversario della riforma penale promulgata nel 1786 da Pietro
Leopoldo di Lorena, Granduca di Toscana dal 1765 al 1790.
Grazie a questa riforma, la Toscana divenne anche il
primo Stato al mondo in cui si abolì la pena di morte, uno degli atti più
incivili perpetuati fino ad allora da tutti i governi, "conveniente -
secondo Pietro Leopoldo - solo ai popoli barbari".
Per ricordare l’avvenimento e raccontarlo alle nuove
generazioni, il Quartiere 1 del Comune di Firenze, con il logo del Consiglio
Regionale della Toscana, ha affidato agli illustratori Nian e Exit-enter la
realizzazione di un segnalibro sul tema dell’abolizione della pena di morte.
Il segnalibro è stato donato ai bambini del Quartiere 1
di Firenze ed è un particolare oggetto di attenzione per la cultura e di attenzione
ai diritti umani che il bambino può tenere con sé fra i suoi libri e portare a
casa cosi da condividerlo con i propri genitori.
L’artista Nian, con il tipico stile illustrativo che
ritroviamo nei libri di fiabe per bambini, ha voluto ridefinire l’immaginario
comune dell’oggetto PATIBOLO che è stato privato della propria funzione di
simbolo di morte, “disinnescato” e reso innocuo come un’altalena in un giardino
fiorito.
Il Consiglio Regionale della Toscana, guidato dal
presidente Eugenio Giani, continua la sua importante opera di sensibilizzazione
sul tema dei diritti umani e rinnova il suo impegno nella campagna di Nessuno
tocchi Caino per una moratoria delle esecuzioni capitali alle Nazioni Unite.
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NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH
ARABIA SAUDITA: SETTE GIUSTIZIATI PER OMICIDIO E DROGA
28 novembre 2017: L’Arabia Saudita ha giustiziato sei
yemeniti riconosciuti colpevoli di omicidio e rapina e un saudita per traffico
di droga, ha comunicato il Ministero degli Interni di Riad.
Gli yemeniti avevano formato una banda che avrebbe ucciso
due uomini e una donna in tre distinti attacchi contro abitazioni nella
provincia meridionale di Asir, è scritto nel comunicato ministeriale.
Il saudita è stato giustiziato nella città settentrionale
di Tabuk per aver spacciato droga sotto forma di pasticche.
Queste ultime sette esecuzioni portano a 130 le persone
messe a morte in Arabia Saudita da inizio anno, secondo un conteggio tenuto
dall’agenzia AFP.
BANGLADESH: CONFERMATE LE CONDANNE A MORTE DI 139 SOLDATI
27 novembre 2017: Un tribunale del Bangladesh ha
confermato le condanne a morte di 139 soldati per il loro ruolo in un
ammutinamento “brutale e barbaro" in cui furono uccise decine di alti ufficiali
dell'esercito.
Nel pronunciare il suo verdetto, il giudice Md Abu Zafor
Siddique ha descritto le uccisioni del 2009 di 74 persone - tra cui 57 alti
ufficiali - come un'atrocità senza precedenti nella relativamente breve storia
del Bangladesh.
"È stata la carneficina più atroce, brutale e
barbara della nostra storia", ha detto all'aula di Dhaka sul massacro di
due giorni in cui le vittime furono uccise a colpi di arma da fuoco o bruciate
vive dai soldati.
Le sentenze saranno nuovamente impugnate davanti alla
Corte Suprema, che per legge ha l'ultima parola in tutti i casi di pena
capitale.
Nel 2013 un tribunale ha condannato a morte 152 soldati
per le uccisioni in un processo di massa, criticato dal capo dei diritti umani
delle Nazioni Unite come non conforme agli standard di base del giusto
processo.
Uno dei condannati a morte è morto in custodia, altri
otto hanno ricevuto la commutazione all'ergastolo e altri quattro sono stati
assolti.
In migliaia furono radunati e processati in speciali
tribunali militari all'indomani del massacro, mentre il neoeletto governo del
primo ministro Sheikh Hasina lottava per riprendere il controllo in un paese
spesso soggetto a colpi di stato militari.
Centinaia sono stati individuati per un processo in
tribunali civili che hanno emesso punizioni che andavano dalla morte ad alcuni
anni di carcere.
L'alta corte di Dhaka ha confermato il 27 novembre
condanne di varia entità a più di 380 accusati, tra cui 185 ergastoli, ha detto
all'Afp il procuratore Jahid Sarwar Kazal.
"Quarantacinque persone sono state assolte", ha
aggiunto.
Gli ammutinati rubarono migliaia di armi nel febbraio
2009 dal quartier generale della squadra paramilitare dei Bangladesh Rifles
(BDR) prima di compiere la serie di omicidi nelle caserme.
Anche la casa del capo della BDR fu presa d'assalto e sua
moglie, gli ospiti e il personale furono uccisi prima che l'edificio fosse raso
al suolo.
I corpi degli uccisi furono scaricati in fogne o fosse
poco profonde.
"In nessuna parte del mondo è successo nulla di
paragonabile al modo in cui sono stati uccisi quei 57 alti ufficiali
dell'esercito", ha detto il Procuratore Generale del Bangladesh Mahbubey
Alam ai giornalisti fuori dal tribunale.
La rivolta si diffuse rapidamente ad altre basi militari,
con migliaia di soldati che presero le armi e si unirono agli ammutinati a
Dhaka prima che venisse repressa dall'esercito.
Un'indagine ufficiale sull'ammutinamento evidenziò anni
di rabbia repressa tra i soldati semplici, i quali sentivano che i loro appelli
per gli aumenti salariali e il trattamento migliore erano stati ignorati.
I gruppi per i diritti umani hanno criticato la portata
delle pene inflitte in massa, sostenendo che i processi erano "un affronto
agli standard legali internazionali".
Il Bangladesh ha difeso le condanne a morte, insistendo
sul fatto che i condannati avrebbero avuto la possibilità di appellarsi e
negando che le confessioni siano state estorte mediante tortura.
IRAN: 10 IMPICCATI PER OMICIDIO NEL CARCERE DI RAJAI
SHAHR
29 novembre 2017: Dieci prigionieri sono stati impiccati
in Iran, nel Carcere di Rajai Shahr, hanno riportato fonti vicine a Iran Human
Rights. La maggior parte di questi prigionieri, che erano stati messi in
isolamento in un gruppo di 13, erano stati riconosciuti colpevoli di omicidio e
condannati alla "qisas" (retribuzione).
Cinque di questi detenuti sono stati identificati come
Majid Nazifi della sezione 3, Farshid Karimi della sezione 10, Hassan Aminzadeh
della sezione 6, Hossein Alishir della sezione 3, e Qasem Mehrabi della sezione
6.
L’agenzia di stampa statale Rokna ha riferito
dell’esecuzione di un solo prigioniero, identificato come Dariush, non parlando
degli altri nove.
Una fonte vicina a Iran Human Rights (IHR) ha parlato di
Majid Nazifi, “Era già stato trasferito una volta in isolamento, ma questa
volta i parenti della vittima non gli hanno concesso una sospensione ed è stato
impiccato. Aveva ucciso un uomo in uno scontro, tuttavia la vittima non era
l’uomo contro cui si batteva. Si è trattato di un omicidio non intenzionale. I
parenti della vittima avevano accettato di perdonarlo per 200 milioni di tomans
(circa 46.500 dollari), tuttavia la famiglia di Majid non è riuscita a
raccogliere la somma.”
Secondo il rapporto annuale sulla pena di morte di Iran
Human Rights, 142 della 530 esecuzioni praticate in Iran nel 2016 sono legate
all’accusa di omicidio. In Iran gli omicidi non vengono classificati per gradi
per cui le condanne capitali vengono emesse per ogni tipologia di omicidio, a
prescindere da brutalità e volontarietà.
AFGHANISTAN: CINQUE IMPICCAGIONI IN CARCERE A KABUL
29 novembre 2017: Almeno cinque prigionieri, che erano
stati condannati a morte con l’accusa di sequestro, sono stati impiccati nel
carcere di Pul-e-Charkhi a Kabul.
La Direzione Generale delle Prigioni e dei Centri di
Detenzione del Ministero dell'Interno (MoI) ha confermato la notizia con un
comunicato.
I cinque uomini erano stati anche dichiarati colpevoli di
omicidio, oltre ad aver commesso rapimenti nella provincia afgana occidentale
di Herat, ha riferito la Khaama Press.
Il presidente Ashraf Ghani ha approvato gli ordini di
esecuzione.
Il gruppo era anche coinvolto in altre attività illegali.
Tre anni fa uno dei capigruppo dei rapitori, Habib
Istalif, è stato impiccato per accuse simili.
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