sabato 23 dicembre 2017

          nessuno   tocchi     CAINO           
  NO   ALLA   PENA   DI   MORTE           

1.  LA STORIA DELLA SETTIMANA : MOZIONE GENERALE DEL VII° CONGRESSO DI NESSUNO TOCCHI CAINO 2.  NEWS FLASH: IL DECENNALE DELLA MORATORIA ONU DELLE ESECUZIONI CAPITALI 3.  NEWS FLASH: PARLAMENTO CURDO APPROVA AMNISTIA PER I CONDANNATI A MORTE 4.  NEWS FLASH: GIAPPONE: IMPICCATI DUE PRIGIONIERI 5.  NEWS FLASH: CINA: CONDANNATI A MORTE DAVANTI A MIGLIAIA DI SPETTATORI 6.  I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA :


MOZIONE GENERALE DEL VII° CONGRESSO DI NESSUNO TOCCHI CAINO Il VII° Congresso di Nessuno tocchi Caino, tenuto nella Casa di Reclusione di Opera (Milano) il 16 dicembre 2017,

Prende atto con soddisfazione, nel decennale dall’approvazione della Risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite sulla moratoria delle esecuzioni capitali, della continua evoluzione positiva verso l’abolizione della pena di morte in atto nel mondo e impegna gli organi dirigenti a intensificare l’azione di promozione e pressione, a partire dall’Africa, volta a ottenere altri sostegni alla nuova Risoluzione pro-moratoria in vista dell’Assemblea generale del 2018;

Sostiene il progetto in atto di Nessuno tocchi Caino e della Commissione Europea dal titolo “Contenere la pena di morte in tempi di guerra al terrorismo” in Egitto Tunisia e Somalia, volto a limitare il campo di applicazione della pena di morte, a garantire la sua applicazione in conformità con principi inderogabili e standard universalmente riconosciuti oltre che con gli obblighi e gli impegni internazionali di questi Paesi, nonché a introdurre una moratoria in vista della soppressione totale della pena di morte;

Impegna gli organi dirigenti a prendere iniziative volte a superare, con la pena di morte, anche la morte per pena e la pena fino alla morte, nei fatti decretate dall’armamentario emergenzialista speciale di norme e regimi penitenziari quali l’ergastolo ostativo, il 41-bis e l’isolamento diurno, per far vivere il “diritto alla speranza” che appartiene ad ogni essere umano, diritto codificato nello spazio del Consiglio d’Europa dalla giurisprudenza della Corte europea dei Diritti dell’Uomo e dagli standard del Comitato europeo per la prevenzione della tortura (CPT), ma negato, come è in Italia, da quello sbarramento automatico alla concessione di benefici penitenziari per chi sia imputato o condannato per i reati di cui al 4-bis, fintanto che non decida di collaborare alle indagini;

A tal fine, sostiene i ricorsi al Comitato Diritti Umani e al Comitato contro la Tortura delle Nazioni Unite presentati dallo Studio legale del Professor Andrea Saccucci per conto di oltre 240 condannati all’ergastolo ostativo e il ricorso in atto alla Corte EDU presentato dallo Studio legale di Antonella Mascia, con i Professori Valerio Onida e Barbara Randazzo a partire dal caso Viola, ribadisce il suo sostegno al Progetto di ricerca europeo “Il diritto di sperare - L'ergastolo nel contesto europeo”, incardinato presso l’Università Statale di Milano e coordinato dal Professor Davide Galliani, fa propria l’Ipotesi di Atto di Promovimento alla Corte Costituzionale italiana predisposta dal Professor Andrea Pugiotto contro il sistema dell’ergastolo ostativo che, combinato al “carcere duro” e all’isolamento diurno, provoca nel tempo – come ampiamente dimostrato dalla analisi statistica prodotta da Francesco Fabi in base alle risposte ai questionari di centin  aia ergastolani ostativi – danni irreversibili sulla salute fisica e mentale del detenuto, tali da configurare punizioni e/o trattamenti inumani e degradanti;

Ringrazia il regista Ambrogio Crespi che su questo tema ha realizzato il docufilm “Spes contra Spem – Liberi dentro”, un’opera straordinaria con protagonisti condannati all’ergastolo del Carcere di Opera che, negata per legge la speranza con un “fine pena mai”, hanno deciso di incarnarla, di essere fonte di un processo attivo di cambiamento, come testimoniano i condannati che animano i Laboratori Spes contra Spem costituiti nelle carceri di Opera, Parma, Voghera, Rebibbia e Secondigliano e fortemente sostenuti dal Ministro della Giustizia Andrea Orlando e dal Capo del Dap Santi Consolo;

Saluta con soddisfazione il raggiungimento dell’obiettivo dei 3000 iscritti al Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transpartito fissato, pena la sua chiusura, dal 40° Congresso tenuto nel Carcere di Rebibbia e invita gli iscritti e gli organi dirigenti di Nessuno tocchi Caino a sostenere la campagna per il raggiungimento di almeno 3000 iscritti anche nel 2018, per salvare e far vivere, con il Partito Radicale, un patrimonio politico inestimabile, che è non solo nostro ma di tutti, dell’umanità, quello che ci ha lasciato Marco Pannella e che consiste nel modo di pensare, di sentire e di agire con cui Marco, per oltre mezzo secolo, è riuscito a scoprire e a dar corpo a idee, lotte e riforme, in Italia e non solo;

Nel dare atto al Ministro della Giustizia Andrea Orlando di aver trasmesso da tempo al capo del governo Paolo Gentiloni i decreti attuativi della riforma dell’ordinamento penitenziario, sostiene l’azione nonviolenta di Rita Bernardini e Deborah Cianfanelli, condotta insieme a decine di migliaia di detenuti, volta all’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri di una riforma sempre più necessaria e urgente per le condizioni in cui versano le carceri del nostro Paese, a partire dalla salute dei detenuti sempre più vittime di abbandono sanitario spesso a causa di irresponsabili decisioni dei giudici di sorveglianza, come testimonia la vicenda di Marcello Dell’Utri, più che mai rappresentativa dei tantissimi casi di detenuti che in carcere non sono adeguatamente curati persino quando sono affetti da malattie gravissime.


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NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH

IL DECENNALE DELLA MORATORIA ONU DELLE ESECUZIONI CAPITALI La dichiarazione congiunta di Nessuno tocchi Caino, dell'Istituto Arabo per i Diritti Umani, l'Organizzazione Araba per i Diritti Umani e la Somali Women Agenda:
“Il 18 dicembre 2017 ricorre il decennale dell’approvazione della Risoluzione per la moratoria universale delle esecuzioni capitali da parte dell’Assemblea generale delle Nazioni Uniti, un voto storico che ha contributo ad accelerare politicamente il processo abolizionista storicamente in corso. Se nel 2007 le esecuzioni registrate erano almeno 5.851, oggi si sono ridotte a poco più di 3000 e se i Paesi a vario titolo abolizionisti nel 2007 erano 148 oggi sono saliti a 160. Così come sono aumentati gli Stati che votano a favore della Risoluzione ONU per la moratoria, dai 104 del 2007 ai 117 del 2016.
L’unico dato che non è mutato è quello per cui il 99% delle esecuzioni continua a concentrarsi in Paesi autoritari ed illiberali a riprova che la battaglia per l’abolizione della pena di morte riguarda innanzitutto l’affermazione dello Stato di Diritto. Uno Stato di Diritto oggi fortemente minacciato dall’emergenza terrorismo in nome della quale alcuni Stati hanno reintrodotto la pena di morte o hanno ripreso le esecuzioni.
E’ proprio in questi momenti che invece si misura l’autorevolezza di uno Stato, che è tale se non abdica al rispetto dei diritti umani come definiti dagli strumenti internazionali ma li afferma con forza, senza eccezioni. Proprio per questo siamo impegnati in un progetto per contenere la pena di morte in tempo di terrorismo attraverso il rispetto degli standard internazionali sul giusto processo ed il sostegno alla Risoluzione Onu per la moratoria universale delle esecuzioni capitali che nel 2018 sarà nuovamente al voto dell’Assemblea Generale di New York.”


PARLAMENTO CURDO APPROVA AMNISTIA PER I CONDANNATI A MORTE
16 dicembre 2017: Il parlamento del Kurdistan ha deciso a maggioranza di concedere un'amnistia ai prigionieri del braccio della morte, riducendo la loro condanna a 15 anni di carcere, esclusi i detenuti condannati per gravi crimini.
I condannati a morte avranno una riduzione della pena a 15 anni di detenzione, esclusi coloro che sono stati condannati per terrorismo, minaccia alla sicurezza nazionale od omicidio di donne nei cosiddetti delitti d'onore, ha stabilito il parlamento curdo in seguito a una seduta chiusa il 16 dicembre.
In seguito alle dimissioni del presidente curdo Masoud Barzani, il potere di imporre la pena di morte è stato ora assegnato al primo ministro del Governo Regionale Curdo, Nechirvan Barzani.
La Regione del Kurdistan, a differenza dell'Iraq, applica raramente la pena di morte. L'ultimo caso conosciuto in cui è stata applicata risale a dicembre 2016, quando l'allora presidente Masoud Barzani approvò l'esecuzione di un uomo riconosciuto colpevole dello stupro e uccisione di una bambina nella città curda di Duhok.


GIAPPONE: IMPICCATI DUE PRIGIONIERI
19 dicembre 2017: Il Giappone ha impiccato questa mattina due detenuti del braccio della morte, tra cui un uomo di 44 anni che uccise quattro persone quando era minorenne, ha comunicato il Ministero della Giustizia.
Teruhiko Seki è diventato il secondo detenuto a essere impiccato per un crimine commesso da minore, nella prima esecuzione di questo tipo in 20 anni, dopo che Norio Nagayama, che aveva ucciso quattro persone a 19 anni, fu giustiziato nel 1997.
Seki aveva 19 anni quando uccise un dirigente d’azienda di 42 anni, sua moglie di 36 anni, la figlia di 4 anni e la madre di 83 anni del dirigente, ferendo l'unica sopravvissuta, una figlia di 15 anni, nel 1992. Inoltre rubò 340.000 yen dalla loro casa nella prefettura di Chiba.
L'altro detenuto giustiziato, Kiyoshi Matsui, un ex idraulico di 69 anni, uccise la sua ragazza e i suoi genitori nella prefettura di Gunma nel 1994.
Il ministro della Giustizia Yoko Kamikawa ha ordinato le esecuzioni, le prime da luglio.
Sia Seki che Matsui avevano presentato richieste di nuovi processi, secondo il ministero.
"Questi crimini sono stati molto atroci e assolutamente deplorevoli per le vittime e le loro famiglie. Le pene capitali sono state finalizzate in seguito a processi adeguati nei tribunali e ho dato l'ordine di eseguirle dopo un'attenta considerazione", ha detto Kamikawa in una conferenza stampa.
La politica della pena capitale del Giappone ha suscitato critiche internazionali, mentre la Federazione delle Associazioni degli Avvocati del Giappone ha chiesto che venga abolita entro il 2020, chiedendo la sua sostituzione con l’ergastolo.
Il caso di Nagayama ha creato i cosiddetti standard Nagayama, che tengono conto di fattori quali il numero di vittime, la brutalità e l'impatto sociale dei crimini. Gli standard sono utilizzati per decidere se applicare la sentenza di morte nei casi di omicidio.
"Un minore è meno in grado di giudicare le cose rispetto agli adulti e facilmente influenzato dalle circostanze familiari e sociali. Non è appropriato attribuire responsabilità sui singoli minori e non dovrebbero essere giustiziati", ha detto Yuji Ogawara dell'associazione degli avvocati, incaricata di seguire il tema dell'abolizione della pena di morte.
Il dibattito sull'abolizione della pena di morte rimane scarno in Giappone, anche se la maggior parte dei Paesi sviluppati l'ha già abolita.
L'associazione degli avvocati ha adottato una proposta che afferma per la prima volta che lavorerà per abolire la pena di morte in un meeting nell'ottobre 2016, ma ha incontrato una forte opposizione da parte degli avvocati che sostengono le vittime di casi di omicidio.
Più di 100 avvocati di tutto il Paese quest'anno hanno inviato una lettera aperta al presidente dell'associazione, insistendo sul fatto che la proposta adottata avrebbe causato confusione tra i membri dell'associazione in quanto vi sono argomenti a favore e contro di essa.
Hidemichi Morosawa, ex preside della Tokiwa University, ha affermato che "non è appropriato" evitare la pena di morte sulla base di "una ragione non scientifica per cui i giovani possono recuperare la propria vita". La pena capitale è inevitabile, considerando i sentimenti delle vittime e gli effetti dei crimini sulla società, ha affermato.
Kamikawa è riluttante a cambiare la politica. Ha detto in una conferenza stampa in occasione del suo insediamento come ministro della Giustizia ad agosto, "vorrei trattare con cura e rigorosamente (le esecuzioni) in linea con le leggi e nel rispetto delle sentenze dei tribunali".
Ha ordinato l'esecuzione di un detenuto quando ha ricoperto la carica di Ministro della Giustizia per circa un anno da ottobre 2014.
A luglio di quest'anno, il predecessore di Kamikawa, Katsutoshi Kaneda, ha dato l'ordine di impiccare due detenuti di sesso maschile.


CINA: CONDANNATI A MORTE DAVANTI A MIGLIAIA DI SPETTATORI
18 dicembre 2017: Un tribunale cinese ha condannato a morte 10 persone, per lo più per reati legati alle droghe, davanti a migliaia di spettatori prima di portarli via per l'esecuzione.
Le 10 persone sono state messe a morte subito dopo la condanna a Lufeng, nella provincia meridionale del Guangdong, a soli 160 km da Hong Kong, secondo quanto riferito dai media statali.
Sette dei 10 giustiziati erano stati condannati per reati connessi alla droga, mentre gli altri sono stati giudicati colpevoli di omicidio e rapina.
Quattro giorni prima dell'evento, i residenti erano stati invitati ad assistere alla sentenza con un avviso ufficiale diffuso sui social media. Gli imputati sono stati portati allo stadio sul retro di camion della polizia con le sirene a tutto volume, ognuno affiancato da quattro agenti che indossavano occhiali da sole.
Sono stati portati uno ad uno su una piccolo palco allestito su quella che di solito è una pista da corsa per ascoltare la loro sentenza, secondo il video del processo. In migliaia hanno assistito allo “spettacolo”, inclusi studenti che indossavano le loro uniformi.

La gente stava in piedi sui sedili mentre altri si affollavano al centro del campo, alcuni con i loro telefoni cellulari sollevati per registrare l'evento, altri che chiacchieravano o fumavano.

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