PALAZZO PITTI-FIRENZE
Palazzo Pitti è stata la residenza del Granducato di Toscana, già abitata dai Medici, dagli Asburgo-Lorena e dai Savoia. Si trova in piazza dei Pitti al numero civico 1, nella zona di Oltrarno.
Al suo interno è ospitato un complesso museale composto da gallerie e musei di diversa natura: la Galleria Palatina (la galleria d'arte conserva capolavori di Raffaello, Tiziano, ecc.) sistemata secondo il criterio della quadreria settecentesca, gli Appartamenti Reali, l'Appartamento della Duchessa d'Aosta e il Quartiere del Principe di Napoli (ordinariamente non visitabili dai turisti), la Galleria d'arte moderna (con le opere dei macchiaioli) e altri musei specializzati: il Tesoro dei Granduchi, dedicato all'arte applicata, la Museo della moda e del costume, il maggiore museo italiano dedicato alla moda, il Museo delle porcellane e il Museo delle carrozze.
I giardini monumentali di Boboli sono uno dei migliori esempi nel mondo di giardino all'italiana. L'intero complesso museale di Palazzo Pitti, che comprende anche il Giardino di Boboli, nel 2016 è stato visitato complessivamente da 1.282.089 persone, rendendolo, dopo gli Uffizi e l'Accademia il terzo museo statale italiano più visitato di Firenze.
Luca Pitti davanti al suo palazzo, Cappella Pitti, Santo Spirito (Firenze)
All'epoca in cui venne costruito era la residenza più grande di Firenze ed anche la più sfarzosa.
All'epoca in cui venne costruito era la residenza più grande di Firenze ed anche la più sfarzosa.
Luca Pitti era rivale della famiglia dei Medici e desiderava una residenza più sfarzosa di quella appena eretta da Michelozzo per Cosimo il Vecchio. La tradizione tramandata da Giorgio Vasari (priva però di altri riscontri) vuole che i Pitti si rivolgessero, intorno al 1440, a Filippo Brunelleschi scegliendo il progetto accantonato da Cosimo de' Medici per il Palazzo Medici perché giudicato troppo grandioso e suscettibile di invidie, preferendogli quello più dosato di Michelozzo. La leggenda narra che Luca Pitti esigesse che le finestre del nuovo palazzo fossero più grandi della porta principale di quello di Cosimo (in effetti al piano terra vi era una loggia) e che il cortile potesse contenere l'intero Palazzo Strozzi (sebbene Palazzo Pitti abbia solo tre lati invece di quattro). L'effettiva realizzazione, che poco ha a che spartire con la sobrietà di Brunelleschi (fra l'altro morto 12 anni prima) e sembra più simile alle indicazioni del De re aedificatoria di Leon Battista Alberti, si rifà più alla solennità romana classica. Ufficialmente l'architetto fu Luca Fancelli, allievo e collaboratore di Brunelleschi.
Originariamente, il palazzo aveva sette finestre sia al primo che al secondo piano e consentiva l'entrata non da uno ma da tre portoni (tra i quali quelli laterali furono convertiti in finestre "inginocchiate" durante la ristrutturazione di Ammannati) . La facciata è composta secondo un modulo fisso, che ricorre nell'ampiezza delle aperture e nella distanza fra esse; moltiplicato per due dà l'altezza delle aperture e per quattro l'altezza dei piani[2]. Nuova fu anche la presenza di una piazza antistante l'edificio, la prima costruita davanti ad un palazzo privato a Firenze, che permetteva una visuale frontale e centrata dal basso, secondo il punto di vista privilegiato definito anche da Leon Battista Alberti[2].
Punto di contatto con il modello brunelleschiano/michelozziano di Palazzo Medici Riccardi è il fronte a bugnato a sporgenza digradante, sviluppo in larghezza di sette finestre, con un portone centrale che dopo un andito oscuro conduce in un ampio cortile da cui si accede alle scale monumentali per i piani superiori.
Per problemi di progettazione i lavori a palazzo vennero momentaneamente interrotti, e forse complice la sfavorevole sorte in politica di Luca Pitti, viene da pensare che, un po' come gli Strozzi, i quali nella gara per superare in sfarzo i Medici si erano fatalmente indebitati dovendo lasciare una parte di Palazzo Strozzi incompiuta, anche i Pitti si trovarono in difficoltà finanziarie per cui i lavori si interruppero di fatto nel 1464.
La famiglia risedette comunque nel palazzo dal 1469, anche dopo la morte di Luca Pitti (1472).
Il lato del cortile interno che dà sul giardino, con l'anfiteatro
In seguito le sorti della famiglia non si risollevarono e nel 1549-1550 Buonaccorso Pitti vendette il palazzo a Eleonora di Toledo, moglie di Cosimo I de' Medici e figlia del viceré di Napoli, la quale riteneva la zona di Oltrarno più salubre rispetto all'affollato centro cittadino sulla sponda nord. Essa infatti soffriva di emorragie polmonari, poiché aveva contratto la tubercolosi ed anche i suoi figli erano cagionevoli di salute, tanto che due bambini in fasce le erano già morti. Inoltre, essendo abituata alla luce di Napoli, si sentiva soffocata dalla struttura con poche finestre di Palazzo Vecchio, sua dimora iniziale in quel di Firenze.
In seguito le sorti della famiglia non si risollevarono e nel 1549-1550 Buonaccorso Pitti vendette il palazzo a Eleonora di Toledo, moglie di Cosimo I de' Medici e figlia del viceré di Napoli, la quale riteneva la zona di Oltrarno più salubre rispetto all'affollato centro cittadino sulla sponda nord. Essa infatti soffriva di emorragie polmonari, poiché aveva contratto la tubercolosi ed anche i suoi figli erano cagionevoli di salute, tanto che due bambini in fasce le erano già morti. Inoltre, essendo abituata alla luce di Napoli, si sentiva soffocata dalla struttura con poche finestre di Palazzo Vecchio, sua dimora iniziale in quel di Firenze.
Il palazzo divenne così la principale residenza dei Medici, senza cambiare di fatto nome, e dando origine alla straordinaria rinascita del quartiere di Oltrarno, via via che le nobili famiglie della città imitarono i granduchi facendo a gara a costruire residenze nobiliari sulle appena tagliate Via Maggio o Via dei Serragli.
Nel 1560 fu realizzato il primo ampliamento del palazzo ad opera di Bartolomeo Ammannati, che edificò, tra l'altro, l'imponente cortile a più piani con l'originale e senza precedenti motivo dei gradoni alternati lungo tutte le superfici (motivo ampiamente ripreso in altri palazzi europei, come il Luxembourg di Parigi). Il cortile fece talvolta da scenografia a straordinari eventi, come una battaglia navale tra venti navi turche e cristiane (per il quale il cortile venne allagato fino raggiungere quasi due metri di profondità) o i festeggiamenti per le nozze tra Ferdinando I de' Medici e Cristina di Lorena nel 1589.
La sistemazione dei giardini era già stata iniziata nel 1551 da Niccolò Tribolo. Il disegno originale dei giardini era incentrato su un anfiteatro centrale, che venne realizzato sfruttando la conformazione naturale della collina, dove frequentemente vennero rappresentate commedie e tragedie di ispirazione classica, come alcune scritte da Giovan Battista Cini, mentre le scenografie erano curate dall'architetto di corte Baldassarre Lanci.
Nel 1565 Giorgio Vasari costruì un corridoio (il "Corridoio Vasariano") che attraversava Ponte Vecchio per collegare Palazzo Pitti con Palazzo Vecchio, passando per la chiesa di Santa Felicita, il Ponte Vecchio e gli Uffizi, sull'altra sponda dell'Arno.
Nel frattempo, tra il 1558 e il 1570 l'Ammannati creò uno scalone monumentale per il piano nobile, e ampliò le ali posteriori del palazzo, verso il giardino, abbracciando così il cortile e chiudendolo sul lato ovest da un corpo sovrastato da una terrazza alla quale si accedeva dagli appartamenti nobiliari del primo piano. Da questo punto di vista si fronteggiava la collina di Boboli a pari altezza, dominando il declivio. Sulla terrazza fu posta anche una grande fontana, in seguito chiamata (1641), fontana del Carciofo, disegnata dall'assistente di Giambologna, Giovanni Francesco Susini. Nel cortile interno fu realizzata più tardi una stravagante grotta con concrezioni calcaree e statue di puttini che nuotano nella vasca chiamata Grotta di Mosè.
La Grotta Grande, detta Grotta del Buontalenti, si trova nel giardino, adiacente alla prima uscita del Corridoio Vasariano. Lo stesso Giorgio Vasari iniziò i lavori, fermandosi alla parte inferiore della facciata, ma la sua costruzione si deve soprattutto a Bernardo Buontalenti il quale la realizzò, tra il 1583 e il 1593, su incarico di Francesco I de' Medici: essa è composta da tre ambienti caratterizzati da decorazioni fantastiche che legano insieme pittura, scultura e architettura, effetti illusionistici e giochi d'acqua.
Costruita per volere di Cosimo I nel 1560, la ‘Cappella delle Reliquie' – consacrata nel 1616- , custodiva i preziosi reliquari delle collezioni del granduca. All'interno erano presenti armati decorati da pannelli dipinti di Giovanni Bilivert, Filippo Tarchiani, Fabrizio Boschi e Matteo Rosselli e contenenti oggetti liturgici o profani e custodie realizzate da Giovan Battista Foggini, Massimiliano Soldani Benzi, Giuseppe Antonio Torricelli. La mostra “Sacri splendori” del 2014, ha voluto restituire l'immagine di queste collezioni che si sono arricchite negli anni.[3]
Dal 1616 fu lanciato un concorso per ampliare la parte del palazzo sulla piazza, vinto da Giulio Parigi, nipote dell'Ammannati, che condusse i lavori di allungamento del corpo della facciata dal 1618, terminati da Alfonso Parigi, suo figlio, nel 1631. Nel Settecento Giuseppe Ruggeri aggiunse le due ali laterali che abbracciano la piazza, un tipo di corte d'onore di ispirazione francese. Sporadiche aggiunte e modifiche vennero spesso operate dai vari occupanti del palazzo ad opera di altri architetti. Nel 1696 Cosimo III fece aggiungere sulla facciata la Fonte del Leone, ornata dalla corona granducale medicea.
Una stampa del XIX secolo
Francesco Stefano di Lorena snobbò Firenze e non prese mai residenza nella città, mentre suo figlio Pietro Leopoldo fu il primo Granduca che si dedicò al governo della Toscana, tra l'altro con grandi opere di riforma che ammodernarono notevolmente la città e lo stato.
Francesco Stefano di Lorena snobbò Firenze e non prese mai residenza nella città, mentre suo figlio Pietro Leopoldo fu il primo Granduca che si dedicò al governo della Toscana, tra l'altro con grandi opere di riforma che ammodernarono notevolmente la città e lo stato.
Ai primi dell'Ottocento il palazzo fu usato anche da Napoleone Bonaparte come residenza per il suo passaggio in città durante il suo governo dell'Italia. Successivamente, col ritorno dei Lorena, furono eseguiti diversi ampliamenti, tra cui la sistemazione dei rondò di testata e la realizzazione di una scala interna ad opera dell'architetto Pasquale Poccianti.
Nel 1833, sotto Leopoldo II, alcune parti del palazzo furono aperte al pubblico come museo.
I Lorena si ritirarono dopo la votazione che decise l'annessione della Toscana al Piemonte, nel processo di unificazione italiana, con il palazzo che passò così ad uso della Casa Savoia.
Il re vi risiedette effettivamente dal 1865 quando Firenze divenne Capitale d'Italia, fino al 1871 quando si spostò al Palazzo del Quirinale a Roma, nuova capitale. Dell'epoca sabauda rimane, tra l'altro, nella Sala del Trono, il dipinto Il Genio di casa Savoia presenta l'Italia al consesso delle altre nazioni di Annibale Gatti.
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