sabato 18 aprile 2020

     NESSUNO    TOCCHI      CAINO        
     no  alla   pena   di    morte        


1.  LA STORIA DELLA SETTIMANA : CARCERE: CONVOCAZIONE DEL CONSIGLIO DIRETTIVO DI NESSUNO TOCCHI CAINO-SPES CONTRA SPEM 2.  NEWS FLASH: CARCERE: CORONAVIRUS, CLASS ACTION PROCEDIMENTALE PER IL RISPETTO DELLE MISURE IGIENICO SANITARIE NEL CARCERE DI BARI 3.  NEWS FLASH: BANGLADESH: IMPICCATO PER L’OMICIDIO DELL’EX PRESIDENTE COMMESSO 45 ANNI FA 4.  NEWS FLASH: ARABIA SAUDITA: 800 PRIGIONIERI GIUSTIZIATI SOTTO RE SALMAN 5.  NEWS FLASH: REPUBBLICA CECA: CORTE COSTITUZIONALE VIETA ESTRADIZIONE DI OTTO TAIWANESI IN CINA 6.  I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA :


CARCERE: CONVOCAZIONE DEL CONSIGLIO DIRETTIVO DI NESSUNO TOCCHI CAINO-SPES CONTRA SPEM L’associazione Nessuno tocchi Caino-Spes contra spem ha convocato il suo Consiglio Direttivo per sabato, 18 aprile dalle ore 14:30 alle ore 20:00. Il dibattito si svolgerà da remoto e sarà trasmesso in diretta da Radio Radicale e sui canali social dell’associazione di Facebook e YouTube.

Per gli esponenti dell’associazione, Sergio D’Elia, Segretario, Rita Bernardini, Presidente ed Elisabetta Zamparutti, Tesoriere si tratta “di fare di necessità virtù e concedersi qualche ora d’aria buona, quella del dialogo, dopo il Congresso del 20 e 21 dicembre nel carcere di Opera e nel bel mezzo della situazione di “quarantena bis” a cui siamo costretti (si, bis, perché è stata appena prorogata per un altro mesetto, sperando non sia stabilizzata in regime ordinario come è stato a un certo punto per il 41 bis).”
La decisione di convocare il Consiglio Direttivo di Nessuno tocchi Caino-Spes contra Spem è stata presa perché “Ci troviamo nel bel mezzo di una emergenza detta sanitaria, ma che rischia di divenire – come è ormai prassi e, perfino, regola nella storia del nostro Paese – “stato di emergenza” in cui a emergere è lo Stato con tutto il suo armamentario di norme e procedure eccezionali, mezzi e poteri speciali. Anche qui, per noi, si tratta invece di far emergere e affermare stati di coscienza e di diritto orientati ai valori umani universali, di cui nell’ultima settimana – davvero santa – Papa Francesco è stato straordinario interprete, testimone e messaggero.”
L’ordine del giorno della riunione prevede tra i punti in discussione:
1) la situazione generale in cui ci troviamo, a partire da quella della Giustizia e delle Carceri quali indicatori decisivi dello stato della Democrazia nel nostro Paese e le iniziative in corso (sospensione della custodia cautelare in carcere e una moratoria dell’esecuzione penale; esercizio del potere di grazia; amnistia e indulto, non solo in Italia; class action; ricorsi alla CEDU);
2) la Mozione Generale del Congresso di Opera e gli impegni lì contenuti ed infine la campagna iscrizioni 2020 con l’obiettivo dei 2.000 iscritti a Nessuno tocchi Caino.
Dopo le relazioni introduttive degli organi dirigenti, tra gli interventi previsti, vi sono quelli dei Presidenti d’onore di Nessuno tocchi Caino-Spes contra spem: Santi Consolo, ex Presidente del DAP e dei professori Tullio Padovani e Andrea Saccucci; dei costituzionalisti membri del Consiglio Direttivo Andrea Pugiotto e Davide Galliani insieme ai giuristi Pasquale Bronzo e Giorgio Spangher e agli avvocati Antonella Mascia, Maria Brucale, Giampaolo Catanzariti, Deborah Cianfanelli, Pina di Credico, Simona Giannetti, Roberto Ghini, Veronica Manca, Beniamino Migliucci, Luigi Paccione, Giuseppe Rossodivita, i giornalisti Tiziana Maiolo e Piero Sansonetti e gli autori del docu-film “Spes contra spem-Liberi dentro”  Ambrogio Crespi e Luigi Crespi.


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NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH

CARCERE: CORONAVIRUS, CLASS ACTION PROCEDIMENTALE PER IL RISPETTO DELLE MISURE IGIENICO SANITARIE NEL CARCERE DI BARI L’associazione Nessuno tocchi Caino-Spes contra spem patrocina la class action procedimentale per il rispetto delle misure igienico sanitarie nel carcere di Bari promossa dagli avvocati Luigi Paccione e Alessio Carlucci ed auspica che analoghe azioni siano intraprese per le carceri di altre città.
La class action ha come interlocutori il Presidente del Consiglio dei Ministri, il Ministro della Giustizia, la Procura della Repubblica di Bari oltre che il Sindaco del Comune di Bari e dell'Area Metropolitana di Bari.
L’azione parte dalla consapevolezza che il sovraffollamento carcerario è un'emergenza permanente nel nostro Paese, ma oggi, in tempo di “Coronavirus”, lo è ancora di più perché gli spazi detentivi disponibili nelle strutture carcerarie non consentono allo Stato di garantire l’applicazione delle norme di sicurezza igienico-sanitaria da lui stesso imposte sull’intero territorio della Repubblica.
Il carcere di Bari può accogliere 299 detenuti, ce ne sono invece 434 secondo le ultime stime aggiornate al 4 marzo 2020 sul sito ufficiale del Ministero della Giustizia.
Tale situazione mette a grave rischio la salute degli operatori penitenziari e dei detenuti e fa vacillare il principio di uguaglianza dei diritti e di non discriminazione previsto dalle carte internazionali dei diritti dell’uomo e dalla Costituzione della Repubblica italiana. Con queste premesse gli avvocati baresi Luigi Paccione e Alessio Carlucci si sono resi promotori di un'iniziativa popolare nei confronti del Governo alla luce del ruolo sociale dell’avvocatura e nell’esercizio del principio di “militanza del sapere giuridico al servizio del bene comune contro possibili torti di massa”.
I due legali hanno trasmesso sabato 11 aprile un atto di significazione e di invito al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro della Giustizia perché il Governo consenta immediatamente “…il rispetto delle ripetute prescrizioni governative in materia di mantenimento, nei contatti sociali, di una distanza interpersonale di almeno un metro, di divieto di assembramento e di effettività delle misure igienico sanitarie a protezione della salute del personale penitenziario e dei detenuti”.
Gli avvocati Paccione e Carlucci hanno anche invitato il Sindaco di Bari e dell'Area Metropolitana a “verificare tramite i loro Uffici tecnici, di concerto con il Ministero della Giustizia, la sussistenza nelle mura della Casa Circondariale di Bari delle condizioni oggettive atte a garantire ai detenuti e al personale penitenziario l’applicazione concreta della normativa sopra richiamata in materia di distanza di sicurezza interpersonale, di divieto di assembramento e di effettività delle misure di prevenzione igienico sanitarie”.
I due legali, infine, avvertono che “in assenza di adempimento del dovere di assicurare la tutela del diritto alla prevenzione dal contagio da agenti virali trasmissibili all’interno della Casa Circondariale di Bari potrà ritenersi ipotizzabile la fattispecie giuridica del “torto di massa” tale da abilitare gli istanti a promuovere, anche in sostituzione degli Enti locali predetti, ogni rimedio giuridico a livello nazionale e sovranazionale idoneo ad assicurare il ripristino della legalità repubblicana e conseguentemente ad imporre nella detta Casa circondariale l’applicazione concreta, senza alcuna discriminazione, delle carte fondamentali del diritto universale, comunitario e nazionale in tema di egualitaria tutela della salute.


BANGLADESH: IMPICCATO PER L’OMICIDIO DELL’EX PRESIDENTE COMMESSO 45 ANNI FA L’ex militare Abdul Majed è stato impiccato il 12 aprile 2020 nella Prigione Centrale di Dhaka a Keraniganj in relazione all’omicidio del presidente fondatore del Bangladesh, Bangabandhu Sheikh Mujibur Rahman.
L’esecuzione ha avuto luogo la mattina molto presto, ha dichiarato Mahbubul Islam, responsabile del carcere.
Majed ha fatto un bagno la sera prima dell'esecuzione, poi ha recitato le preghiere di Asha alle 20:30, infine gli è stata portata la cena. Prima di essere portato al patibolo, l'imam della moschea della prigione lo ha invitato al pentimento.
Durante l'esecuzione erano presenti l'Ispettore Generale (delle Prigioni) Generale di Brigata AKM Mustafa Kamal Pasha, un medico e il magistrato distrettuale di Dhaka.
Fonti della prigione hanno riferito che il corpo di Majed verrà inviato nel suo villaggio a Bhola per la sepoltura.
La sera del 10 aprile, cinque persone, tra cui la moglie di Majed, Saleha, un cognato e uno zio lo hanno incontrato nel carcere. Hanno trascorso con lui circa 25 minuti, ha dichiarato Mahbubul Islam.
L'8 aprile, il Presidente Abdul Hamid ha respinto la domanda di grazia di Majed, aprendo la strada alla sua esecuzione.
Sempre lo stesso giorno, il tribunale distrettuale di Dhaka ha emesso il mandato di esecuzione per Majed dopo che dalla prigione era stato portato in tribunale.
Una squadra Anti-Terrorismo e Crimine Transnazionale (CTTC) aveva arrestato Majed nell'area di Mirpur il 7 aprile, dopo decenni di latitanza.
Il 15 agosto 1975, il padre fondatore del Bangladesh Bangabandhu e diversi membri della sua famiglia furono assassinati da militari.


ARABIA SAUDITA: 800 PRIGIONIERI GIUSTIZIATI SOTTO RE SALMAN L'Arabia Saudita ha giustiziato 800 prigionieri nei cinque anni di governo di Re Salman bin Abdulaziz, secondo quanto riferito dall'organizzazione per i diritti umani Reprieve il 14 aprile 2020.
Secondo la non-profit britannica, che fa campagna contro la pena di morte, il numero di esecuzioni in Arabia Saudita dal 2015 a oggi (800) è praticamente raddoppiato rispetto alle 423 esecuzioni praticate nel Paese tra il 2009 e il 2014.
A gennaio 2015 Re Salman è salito al trono dopo la morte del fratellastro, Re Abdullah.
Mentre il figlio di Re Salman, il principe ereditario Mohammed bin Salman, ha affermato che il suo governo ha pianificato di limitare il numero di esecuzioni nel Regno, la realtà è lontana da questa affermazione, ha detto Reprieve.
Attualmente ci sono almeno 13 minorenni nel braccio della morte - tra cui Ali al-Nimr, Dawood al-Marhoon e Abdullah al-Zaher - che sono "a rischio imminente di esecuzione", hanno denunciato Reprieve e l'Organizzazione Saudita Europea per i Diritti Umani.
L'Arabia Saudita ha giustiziato sei giovani l'anno scorso che erano minorenni all’epoca dei loro presunti crimini, in un'esecuzione di massa di 37 persone.
"Nonostante tutta la retorica della riforma e della modernizzazione, l'Arabia Saudita è ancora un Paese in cui parlare contro il Re può farti uccidere", ha detto Maya Foa, direttore di Reprieve.
"In vista del vertice G20 a Riyadh a novembre, i partner occidentali del Regno devono chiedere la fine delle esecuzioni di minori e oppositori politici, altrimenti rischiano tacitamente di appoggiare queste flagranti violazioni del diritto internazionale".


REPUBBLICA CECA: CORTE COSTITUZIONALE VIETA ESTRADIZIONE DI OTTO TAIWANESI IN CINA La Corte Costituzionale della Repubblica Ceca il 9 aprile 2020 ha vietato l’estradizione di otto cittadini taiwanesi che la Cina vorrebbe processare in relazione a una frode nel campo delle telecomunicazioni.
Gli otto si erano rivolti alla Corte Costituzionale ceca contestando precedenti decisioni di tribunali che avevano autorizzato la loro estradizione, sostenendo che se l'estradizione in Cina avvenisse, correrebbero un rischio reale di subire torture o trattamenti o pene crudeli, disumani o degradanti.
I ricorrenti hanno fatto riferimento alla Carta Ceca dei Diritti e Libertà Fondamentali e alla Convenzione Europea per la Protezione dei Diritti Umani e delle Libertà Fondamentali, che stabiliscono il divieto di tortura come assoluto e diritto fondamentale non derogabile.
Questi documenti impongono a uno Stato l'obbligo di non estradare un cittadino straniero che potrebbe essere esposto al rischio reale di tortura o altre forme di maltrattamenti - il principio di non respingimento.
La valutazione della Corte Costituzionale si è basata sulla risposta a due domande fondamentali.
In primo luogo, esiste un rischio reale che i ricorrenti vengano torturati o sottoposti a maltrattamenti in Cina? In secondo luogo, le autorità cinesi hanno fornito sufficienti garanzie diplomatiche sul fatto che questi ricorrenti non saranno torturati o sottoposti a maltrattamenti?
La Corte ha valutato una serie di documenti relativi alla situazione in Cina che sono stati elaborati dalle autorità ceche e da organismi internazionali.
Questi documenti hanno evidenziato che casi di torture o trattamenti disumani e degradanti sono stati regolarmente segnalati in Cina negli ultimi cinque anni; che il sistema giudiziario non è indipendente, ma è interamente soggetto al controllo da parte del Partito Comunista Cinese; e che la tortura è parte integrante del sistema giudiziario penale cinese in cui l'accusa si basa su una confessione forzata.
Inoltre, la Corte ha rilevato casi di maltrattamenti nelle carceri cinesi a causa delle cattive condizioni detentive.
La Repubblica Ceca ha ricevuto diverse assicurazioni dalle autorità cinesi, per esempio che la pena di morte non sarebbe inflitta o che il personale consolare sarebbe autorizzato a parlare con gli estradati in Cina.
Tuttavia, non vi è alcuna garanzia che le conversazioni private con i ricorrenti possano avvenire senza la presenza di altre persone.
La Corte ha ritenuto che nel caso in cui lo Stato tolleri una violazione sistematica dei diritti umani, è piuttosto problematico credere che le garanzie diplomatiche possano essere rispettate.

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