I DELLA TOSA
o TOSINGHI A SESTO FIORENTINO - (firenze) – VILLA VILLORESI
I DELLA TOSA o
TOSINGHI erano una famiglia molto antica di Firenze che aveva numerose
proprietà nel territorio di Sesto Fiorentino. Era tanto antica che una matrona
di nome GIULIANA TEXOTIA ( trasformato poi in Della Tosa ) donò un appezzamento
di terra al di fuori delle mura romane di Firenze ove sarà realizzata la Chiesa
dedicata a SAN LORENZO consacrata nel 393 D.C. da Sant’Ambrogio Arcivescovo di
Milano e da San Zanobi Vescovo di Firenze.
I DELLA TOSA derivavano la loro ricchezza dalla pastorizia e
in modo particolare dalla lana prodotta dagli ovini e questo lo si deduce dal
loro cognome e dallo stemma gentilizio costituito da un paio di forbicioni
adatti per la tosatura delle pecore.
. La famiglia era di
parte guelfa alleata
dei Donati e riuscì a
scacciare prima la parte ghibellina e poi i guelfi bianchi, negli eventi
altalenanti tra il 1260 e il 1302 che fanno da sfondo storico alla Divina Commedia di Dante. Nel 1301 per esempio era diventato vescovo di Firenze Lottieri Della Tosa. A loro si unirono in consorteria i Medici del ramo di
Bonagiunta, attraverso il matrimonio di Ugo di Bonagiunta de' Medici con Dialta
di Scolaio Della Tosa; grazie a questa unione i discendenti di Bonagiunta e Ugo
divennero una della più potenti famiglie di parte nera nella Firenze del XIII
secolo, raggiungendo più volte le più alte cariche pubbliche della Repubblica (Gonfalonierato
di Giustizia e Priorato delle Arti). Finiti gli scontri
coi bianchi la città sembrava a quel, punto pacificata, ma iniziarono a sorgere
i contrasti tra i due capifazione, Rosso Della Tosa e Corso Donati. Il secondo in
particolare si sentiva estromesso dal governo della città e si alleò coi Cavalcanti.
A
causa di questa alleanza i Cavalcanti si ritrovarono le proprie case
incendiate, provocando danni anche a molte abitazioni vicine. Nel 1310 Corso era ormai estromesso dal governo cittadino
tanto che arrivò a cercare alleati tra i fuorusciti ghibellini, al che venne deciso
di assassinarlo, come di fatto avvenne, e le sue case vennero
saccheggiate e date alle fiamme (ne parla anche Dante nel Purgatorio, Canto XXIV, v. 79-87).
A
quel punto i Della Tosa Tosinghi
divennero i padroni assoluti della città e i conflitti si andarono stemperando,
finché nuove famiglie non acquistarono importanza.
A
partire dal 1349 i Della Tosa vennero coinvolti nei cosiddetti "processi
di popolarità", che comportavano l'esclusione dalle liste magnatizie dei
membri della famiglia su richiesta degli stessi e la concessione dello status
di popolano, alla quale seguiva il cambiamento del nome e dello stemma dei
richiedenti. Tale meccanismo era stato introdotto con gli Ordinamenti
di giustizia e
aveva lo scopo di indebolire politicamente il ceto magnatizio e le sue
consorterie, cooptando all'interno della cittadinanza fiorentina esponenti di
tale ceto che avessero manifestato fedeltà alle istituzioni comunali. Diversi
esponenti dei Della Tosa assunsero il cognome Sassi, dando vita al ramo
dei Sassi della Tosa. Altri
esponenti dei Della Tosa seguirono il medesimo procedimento tra il 1365 e il
1370 assumendo il nuovo cognome di Biligiardi.
I
Tosinghi avevano le proprie case nel cuore del ghetto del Mercato Vecchio, in piazza della
Fonte, e vennero distrutte durante il Risanamento a partire
dal 1888. A essi venne
comunque intitolata via de' Tosinghi dal 1893.
Villa Villoresi, già Prato Della Tosa si trova nel comune di Sesto Fiorentino
Anticamente si trovava in questo luogo una fortezza duecentesca con una
grande prato antistante, di proprietà dei potenti Della Tosa di Firenze, dei quali resta uno stemma sull'antica torretta
trecentesca oggi inglobata nel corpo della villa. I Della Tosa, come già
detto. avevano numerosi possedimenti tra
Sesto, Quinto, Colonnata e Querceto.
Nel 1322 il cronista Simone della Tosa annotò
come d'agosto io Simone feci alzare e merlare la torre di Colonnata.
Dopo più di tre secoli la famiglia cedette il possedimento con tutti gli
annessi ai Fiorelli (1546) e nel 1592 la
villa andò in dote ai Manieri. Nel 1639 invece
fu la volta dei Capponi, ai quali seguirono altri passaggi
di proprietà, finché nel 1911 venne
comprata da Arturo Villoresi, i cui discendenti posseggono ancora il complesso,
che è stato adattato ad uso alberghiero negli anni '60 del Novecento.
La villa all'esterno mantiene ancora l'aspetto tardo medievale, con i
possenti muri perimetrali e la torretta, "scapitozzata" in antico. Il
cortile presenta ancora un muro merlato e una ballatoio sporgente, sostenuto da
volte su mensoloni in pietra digradanti, tipico dell'architettura fiorentina a
cavallo fra Tre e Quattrocento.
Notevolissima è la loggia al primo piano che guarda a Mezzogiorno verso
il giardino all'italiana, tra le più
lunghe dell'intera regione, ben trentacinque metri, sostenuta da sette colonne
in pietra.
L'interno della villa possiede numerosi ambienti di pregio. Tra questi
spicca la galleria al pian terreno, che collega l'ingresso principale con il
giardino e le altre stanze, dove sono stati affrescati elementi vegetali,
fiori, uccelli, rovine egizie ed altro, racchiusi entro un pergolato in trompe-l'œil. Al primo piano una sala è
stata affrescata dal pittore romano Bartolomeo Pinelli, che vi
raffigurò le sue tipiche figure pittoresche di popolani e contadini.
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