giovedì 23 aprile 2020


I DELLA TOSA o TOSINGHI A SESTO FIORENTINO - (firenze) – VILLA VILLORESI





I  DELLA TOSA o TOSINGHI erano una famiglia molto antica di Firenze che aveva numerose proprietà nel territorio di Sesto Fiorentino. Era tanto antica che una matrona di nome GIULIANA TEXOTIA ( trasformato poi in Della Tosa ) donò un appezzamento di terra al di fuori delle mura romane di Firenze ove sarà realizzata la Chiesa dedicata a SAN LORENZO consacrata nel 393 D.C. da Sant’Ambrogio Arcivescovo di Milano e da San Zanobi Vescovo di Firenze.
I DELLA TOSA derivavano la loro ricchezza dalla pastorizia e in modo particolare dalla lana prodotta dagli ovini e questo lo si deduce dal loro cognome e dallo stemma gentilizio costituito da un paio di forbicioni adatti per la tosatura  delle pecore.
. La famiglia era di parte guelfa  alleata dei Donati e riuscì a scacciare prima la parte ghibellina e poi i guelfi bianchi, negli eventi altalenanti tra il 1260 e il 1302 che fanno da sfondo storico alla Divina Commedia di Dante. Nel 1301 per esempio era diventato vescovo di Firenze Lottieri Della Tosa. A loro si unirono in consorteria i Medici del ramo di Bonagiunta, attraverso il matrimonio di Ugo di Bonagiunta de' Medici con Dialta di Scolaio Della Tosa; grazie a questa unione i discendenti di Bonagiunta e Ugo divennero una della più potenti famiglie di parte nera nella Firenze del XIII secolo, raggiungendo più volte le più alte cariche pubbliche della Repubblica (Gonfalonierato di Giustizia e Priorato delle Arti). Finiti gli scontri coi bianchi la città sembrava a quel, punto pacificata, ma iniziarono a sorgere i contrasti tra i due capifazione, Rosso Della Tosa e Corso Donati. Il secondo in particolare si sentiva estromesso dal governo della città e si alleò coi Cavalcanti.
A causa di questa alleanza i Cavalcanti si ritrovarono le proprie case incendiate, provocando danni anche a molte abitazioni vicine. Nel 1310 Corso era ormai estromesso dal governo cittadino tanto che arrivò a cercare alleati tra i fuorusciti ghibellini, al che venne deciso di assassinarlo, come di fatto avvenne, e le sue case vennero saccheggiate e date alle fiamme (ne parla anche Dante nel PurgatorioCanto XXIV, v. 79-87).
A quel punto i  Della Tosa Tosinghi divennero i padroni assoluti della città e i conflitti si andarono stemperando, finché nuove famiglie non acquistarono importanza.
A partire dal 1349 i Della Tosa vennero coinvolti nei cosiddetti "processi di popolarità", che comportavano l'esclusione dalle liste magnatizie dei membri della famiglia su richiesta degli stessi e la concessione dello status di popolano, alla quale seguiva il cambiamento del nome e dello stemma dei richiedenti. Tale meccanismo era stato introdotto con gli Ordinamenti di giustizia e aveva lo scopo di indebolire politicamente il ceto magnatizio e le sue consorterie, cooptando all'interno della cittadinanza fiorentina esponenti di tale ceto che avessero manifestato fedeltà alle istituzioni comunali. Diversi esponenti dei Della Tosa assunsero il cognome Sassi, dando vita al ramo dei Sassi della Tosa. Altri esponenti dei Della Tosa seguirono il medesimo procedimento tra il 1365 e il 1370 assumendo il nuovo cognome di Biligiardi.
I Tosinghi avevano le proprie case nel cuore del ghetto del Mercato Vecchio, in piazza della Fonte, e vennero distrutte durante il Risanamento a partire dal 1888. A essi venne comunque intitolata via de' Tosinghi dal 1893.

Villa Villoresi, già Prato Della Tosa si trova nel comune di Sesto Fiorentino
Anticamente si trovava in questo luogo una fortezza duecentesca con una grande prato antistante, di proprietà dei potenti Della Tosa di Firenze, dei quali resta uno stemma sull'antica torretta trecentesca oggi inglobata nel corpo della villa. I Della Tosa, come già detto.  avevano numerosi possedimenti tra Sesto, Quinto, Colonnata e Querceto.
Nel 1322 il cronista Simone della Tosa annotò come d'agosto io Simone feci alzare e merlare la torre di Colonnata.
Dopo più di tre secoli la famiglia cedette il possedimento con tutti gli annessi ai Fiorelli (1546) e nel 1592 la villa andò in dote ai Manieri. Nel 1639 invece fu la volta dei Capponi, ai quali seguirono altri passaggi di proprietà, finché nel 1911 venne comprata da Arturo Villoresi, i cui discendenti posseggono ancora il complesso, che è stato adattato ad uso alberghiero negli anni '60 del Novecento.
La villa all'esterno mantiene ancora l'aspetto tardo medievale, con i possenti muri perimetrali e la torretta, "scapitozzata" in antico. Il cortile presenta ancora un muro merlato e una ballatoio sporgente, sostenuto da volte su mensoloni in pietra digradanti, tipico dell'architettura fiorentina a cavallo fra Tre e Quattrocento.
Notevolissima è la loggia al primo piano che guarda a Mezzogiorno verso il giardino all'italiana, tra le più lunghe dell'intera regione, ben trentacinque metri, sostenuta da sette colonne in pietra.
L'interno della villa possiede numerosi ambienti di pregio. Tra questi spicca la galleria al pian terreno, che collega l'ingresso principale con il giardino e le altre stanze, dove sono stati affrescati elementi vegetali, fiori, uccelli, rovine egizie ed altro, racchiusi entro un pergolato in trompe-l'œil. Al primo piano una sala è stata affrescata dal pittore romano Bartolomeo Pinelli, che vi raffigurò le sue tipiche figure pittoresche di popolani e contadini.





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