DOMENICO GHIRLANDAIO NELLA
PIEVE DI
SANT’ANDREA A CERCINA – SESTO FIORENTINO -
firenze
Nella Pieve di Sant’Andrea
a Cercina c’è un affresco che rappresenta I Santi Girolamo, Barbara
e Antonio Abate è un opera di Domenico Ghirlandaio, databile al 1471-1472 circa e conservato nell'abside della
pieve nel territorio di Sesto
Fiorentino.
L'opera è la prima riferita al giovane
Ghirlandaio, allora circa ventitreenne. Nel 1472 si era infatti
iscritto alla Compagnia di San Luca come pittore
indipendente. La presenza del pittore a Cercina si spiega col fatto che il
padre possedesse una casa e un podere nel popolo vicino di Santa Maria a
Cercina Vecchia.
Operò soprattutto in Firenze, divenendo
tra i protagonisti del Rinascimento al tempo d iLorenzo il Magnifico. Verso il 1480 in particolare
divenne di fatto il ritrattista ufficiale dell'alta società fiorentina, grazie
al suo stile preciso, piacevole e veloce. Capo di una nutrita ed efficiente
bottega, in cui mosse i primi passi nel campo dell'arte anche il
tredicenne Michelangelo Buonarroti, Leonardo Da Vinci,
Pietro Perugino ecc. è ricordato soprattutto per i grandi cicli affrescati,
quali alcune scene della Cappella Sistina a Roma, la Cappella Sassetti e la Cappella Tornabuoni l’Ultima Cena
nel cenacolo di Ognissanti, una analoga Ultima Cena nel Convento di San Marco
ecc. opere che si trovano a Firenze. Domenico fece parte della cosiddetta
"terza generazione" del Rinascimento fiorentino, assieme a maestri
quali Verrocchio, i fratelli del
Pollaiolo (Antonio e Piero) e il giovane Sandro Botticelli.
L'opera è ignorata da ogni fonte fino
all'Ottocento, poiché coperta da un altare ligneo, menzionato almeno nel XVIII
secolo. Il pievano Angelo Pasquale Ringressi, nel 1834, fece smontare l'altare
e lo riadeguò per ospitare una statua di san Giuseppe. Guido Carocci fu tra i primi a descrivere gli
affreschi correttamente, anche se dovevano essere scarsamente visibili per via
della sporcizia, riferendoli al XIV secolo. Solo cole restauro del 1923, voluto
al pievano Adolfo Nannini, il dipinto venne preso in considerazione dagli
studiosi, riferendolo da subito al Ghirlandaio, a partire da Elena Berti nel
1926. L'attribuzion è rimasta nel tempo concorde, così come la datazione
giovanile, basata sull'influenza ancora fresca del Verrocchio, come si evince dalla perfetta
sovrapponibilità del sant'Antonio con quello della Crocifissione di
Argiano del Verrocchio (opera trafugata nel 1970), mentre la santa
Barbara ricorda un'opera di quegli stessi anni di Cosimo Rosselli, già nella Santissima
Annunziata e oggi alla Galleria dell'Accademia[1]. Per il san Girolamo il modello più
vicino è il San Giovanni Battista di Domenico Veneziano a Santa Croce (1455).
La piccola abside della pieve ha forma
semicircolare, con una calotta a semicupola. Lo spazio venne scandito con una
finta intelaiatura architettonica di gusto classico, con una cornice a girali
su sfondo giallo-oro nel sottarco. In basso si trovano tre specchiature
quadrate che imitano i marmi colorati e nel registro mediano, al di sopra di
una cornice dipinta, spiccano tre nicchie con santi, intervallate da paraste scanalate con capitelli corinzi e
basi dorate. Le nicchie laterali sono dipinte con calotte a conchiglia, secondo
una tipologia ben radicata nell'arte fiorentina, mentre quella centrale ha la
forma di una scarsella a base
quadrangolare. Sulla trabeazione corre un fregio a palmette dorate e oltre la
cupola ha stelle dorate su sfondo rosso (forse dovuto ad alterazioni
cromatiche), con la colomba dello
Spirito Santo.
·
San Girolamo con la veste eremitica e la pietra
per percuotersi il petto in segno di penitenza nella mano destra.
·
Santa Barbara, che tiene in mano un modellino della
torre in cui fu rinchiusa, con le tre finestre che essa vi aprì facendone una
cappella, in omaggio alla Trinità; ai suoi piedi sta il crudele padre morto
fulminato, vestito di un'armatura; le sue mani sporgono illusionisticamente
dallo spazio dipinti, gettando realistiche ombre sui gradini della modanatura. La posizione centrale e i colori
vivaci della veste, armonizzati con quelli della nicchia, danno alla santa una
posizione preminente. Essa inoltre è l'unica a guardare direttamente lo
spettatore.
·
Sant'Antonio Abate, con la veste
da monaco, il libro e il
bastone a forma di "T". Con lo sguardo si rivolge all'uomo ai piedi
della santa Barbara trionfante.
Le ragioni della scelta dei tre santi
non sono state chiarite: Antonio era sicuramente un santo oggetto di grande
devozione nelle campagne, in quanto protettore degli animali domestici e
selvatici, e Girolamo può forse spiegarsi come santo eremita, e cui era
dedicato anche un eremo nel plebato di Cercina, e la cui presenza si può anche
mettere in relazione con la Tebaide affrescata qualche
decennio prima nel chiostro. Più problematica è la presenza di Barbara, forse
legata al nome di una committente, oppure al suo ruolo di protettrice contro le
guerre, in particolare contro gli ottomani, come farebbe pensare la particolare
armatura saracena del padre che essa schiaccia. Tra gli eventui plausibili ci
sarebbero quindi la fine della guerra tra Turchi e Veneziani (1479) o la morte
di Maometto II (1481), o ancora
alla pace tra Lorenzo il Magnifico e Sisto IV: si tratta di ipotesi interessanti, ma
che sposterebbero troppo avanti la data di esecuzione.
I santi sono caratterizzati da una linea
di contorno sottile e fluida e una colorazione vivace e armonica, derivata
dall'esempio di Domenico Veneziano. Nel San
Girolamo soprattutto balenano ricordi dell'attenzione anatomica e
della forza plastica di Andrea del Castagno, sebbene l'insieme
risulti morbido e con un movimento appena accennato, basato sulla regola del
"contrapposto" privo di drammaticità. Attento è lo studio della luce,
che getta ombre diverse sulle nicchie a seconda della loro posizione[2].
Interessante è poi la ricerca
illusionistica di alcuni dettagli che "escono" dalle nicchie, come i
piedi sporgenti dei santi laterali o le mani dell'uomo sotto santa Barbara.
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