IL CROCIFISSO DELLA PIEVE DI SAN MARTINO SESTO
FIORENTINO -firenze
Nella Pieve di San Martino a Sesto Fiorentino esiste
un capolavoro della pittura gotica, IL CROCIFISSO opera di Agnolo Gaddi ( Firenze 1350 circa-15 ottobre 1395 ),
pittore di scuola giottesca, figlio di Taddeo Gaddi altro celebre pittore
considerato il maggiore allievo di Giotto.
Tra le opere prodotte da Agnolo Gaddi va ricordato il
monumentale ciclo d’affreschi che impreziosiscono la CAPPELLA MAGGIORE della
Basilica di Santa Croce a Firenze che narrano la LEGGENDA DELLA VERA CROCE.
particolare affresco Cappella Maggiore Basilica di Santa Croce Firenze
“………………Come immagina le sembianze di Cristo crocifisso
AGNOLO GADDI? Ce lo mostra questa tavola che presenta un uomo magro dal viso
affilato, rappacificato nella morte e senza segni vistosi delle sofferenze
patite, tranne naturalmente le ferite sanguinanti.
Nell'eseguire la sua opera l'artista segue per vari aspetti la tipologia convenzionale propria delle raffigurazioni simili del periodo. La croce, ad esempio, invece che di color legno, è dipinta di blu scuro (un colore prezioso e a quel tempo anche costoso) e il corpo di Gesù si delinea contro il fondo oro, a simboleggiare la gloria di questa morte.
Alle estremità del braccio orizzontale della croce appaiono in mezza figura la Vergine dolente e San Giovanni, cioè "uno dei discepoli, quello che Gesù amava" (Gv. 13,23). Anche la loro presenza è molto frequente nei crocifissi del Due e Trecento, come pure la raffigurazione del teschio posato sulla roccia in basso. L'immagine vuole alludere, naturalmente, al nome del posto ("luogo detto del Cranio, in ebraico Golgota"; Gv.19,17) dove il Salvatore fu crocifisso, ma ricorda anche la leggenda molto diffusa nel Medioevo secondo cui la croce di Gesù fu eretta proprio sopra la sepoltura del primo Adamo, del quale Lui, il secondo Adamo, doveva redimere la colpa: in questo senso andrà interpretato il particolare, apparentemente secondario, del sangue che sgorgando abbondante dalle ferite, bagna questo teschio sotto la croce.
Nell'eseguire la sua opera l'artista segue per vari aspetti la tipologia convenzionale propria delle raffigurazioni simili del periodo. La croce, ad esempio, invece che di color legno, è dipinta di blu scuro (un colore prezioso e a quel tempo anche costoso) e il corpo di Gesù si delinea contro il fondo oro, a simboleggiare la gloria di questa morte.
Alle estremità del braccio orizzontale della croce appaiono in mezza figura la Vergine dolente e San Giovanni, cioè "uno dei discepoli, quello che Gesù amava" (Gv. 13,23). Anche la loro presenza è molto frequente nei crocifissi del Due e Trecento, come pure la raffigurazione del teschio posato sulla roccia in basso. L'immagine vuole alludere, naturalmente, al nome del posto ("luogo detto del Cranio, in ebraico Golgota"; Gv.19,17) dove il Salvatore fu crocifisso, ma ricorda anche la leggenda molto diffusa nel Medioevo secondo cui la croce di Gesù fu eretta proprio sopra la sepoltura del primo Adamo, del quale Lui, il secondo Adamo, doveva redimere la colpa: in questo senso andrà interpretato il particolare, apparentemente secondario, del sangue che sgorgando abbondante dalle ferite, bagna questo teschio sotto la croce.
In alto si legge la
targa con il testo che Pilato aveva fatto porre sopra il capo del Crocifisso :
"JESUS NAZARENUS REX JUDEORUM" (cioè Gesù di Nazaret, re dei giudei.
Gv. 19,19). La scritta non è fissata sulla croce bensì su un piccolo albero -
albero della vita - che spunta dalla croce e su cui si colloca il nido del
pellicano: un uccello fantastico che secondo una credenza medievale nutriva con
il proprio sangue i piccoli, ed era quindi considerato una prefigurazione del
sacrificio di Cristo.
Ma la Croce della
Pieve di San Martino non è soltanto una riedizione di un tipo di dipinto, mille
volte raffigurato in passato; è piuttosto un'opera che, come ogni creazione
artistica, ha un suo messaggio particolare da trasmetterci.
Nel dipingere la
Croce, il pittore segue la composizione dei grandi crocifissi giotteschi
fiorentini, quelli, per intenderci, di Santa Maria Novella o di San Felice in
Piazza, ma basta un confronto frettoloso per convincersi che egli volesse
proporre ai fedeli un'immagine molto diversa. Giotto dipingeva un corpo
possente, muscoloso, cercando di rendere l'idea di un Cristo eroico, vincitore
sulla morte, ma anche di sottolineare la straordinaria bellezza fisica
dell'uomo appeso alla croce che era il Figlio di Dio.........................................”.
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