GHERARDO SILVANI-PALAZZO SAN CLEMENTE VIA
MICHELI
FIRENZE
Il palazzo di San Clemente o Casino Guadagni o anche palazzo del Pretendente.
Il palazzo appare nell'elenco redatto nel 1901 dalla Direzione Generale delle Antichità e Belle Arti, quale edificio monumentale da considerare patrimonio artistico nazionale.
Era qui nel Cinquecento il casino di don Luigi di Toledo, fratello della granduchessa Eleonora, ricco di un grande spazio verde sistemato a giardino (oggi pressoché scomparso), con grandi fontane e statue dovute, secondo quanto testimonia Giorgio Vasari (nella vita di Jacopo Sansovino), allo scultore Francesco Camilliani, allievo di Baccio Bandinelli (per questo spazio era tra l'altro stata realizzata la grandiosa fontana venduta nel 1574 al senato palermitano e oggi collocata in piazza Pretoria). Di tale sistemazione testimonia la pianta di Firenze di Stefano Buonsignori, del 1584.
L'attuale palazzo è invece un grandioso complesso del Seicento, sorto come casino sulla più antica costruzione, radicalmente trasformata con i suoi spazi di pertinenza ad opera di Felice Gamberai su progetto di Gherardo Silvani attorno alla metà del secolo (e a partire dal 1644 circa) su commissione della famiglia Guadagni, alla quale la proprietà era pervenuta nel 1634 tramite Ortensia Guadagni, vedova Salviati. L'edificio aveva dunque le caratteristiche sia di palazzo cittadino, sia di villa suburbana, in una nuova tipologia edilizia allora di gran moda chiamata dei "casini". Un casino era di fatto una villa in città: non disponeva di un piano nobile come i palazzi, ma la vita familiare si svolgeva prevalentemente al pian terreno, in stretto contatto con il giardino, che divenne un elemento essenziale di queste abitazioni. Il Silvani caratterizzò in particolar modo il lato sud dell'edificio, che presenta una sequenza prospettica di volumi, con una terrazza in rientranza assolutamente singolare e il prolungamento di un piano del corpo centrale, quasi a formare una torretta, e l'insieme crea un gioco scenografico di sipari (la soluzione si riproduce in minor scala anche sul lato nord verso il giardino). Sul lato ovest del parco esiste ancora una grande loggia realizzata in quegli anni, che "filtrava" il passaggio dall'edificio al giardino.
Nel 1777 la proprietà passò al principe Carlo Edoardo Stuart conte d'Albany, pretendente al trono d'Inghilterra (da questo una delle denominazioni dell'edificio), e alla sua consorte Luisa von Stolberg, cantata e amata da Vittorio Alfieri. Lo Stuart, dopo essere stato sconfitto nella battaglia di Culloden (1746), si recò in Francia e poi in Italia, dove si fermò a Roma prima di approdare a Firenze. Qui ebbe come avversario il console inglese Horace Mann, che teneva una ritrovo intellettuale nel palazzo affittato in via Santo Spirito.
Alla sua morte a Simone Velluti Zati duca di San Clemente. Nel periodo di questa proprietà fu saltuariamente affittato e vi ebbero provvisoria dimora nel 1822 il principe Nicola Demidoff e, più tardi, il marchese di Normanby, diplomatico inglese presso la corte.
Attorno al 1865 il complesso subì una significativa trasformazione in relazione all'apertura della nuova via Pier Antonio Micheli che necessariamente comportò la riconfigurazione del fianco sud che guardava in direzione dell'Annunziata, come documentato da vari disegni conservati presso l'Archivio storico del Comune di Firenze firmati dall'architetto Felice Francolini.
Venduto nel 1962 dai Velluti Zati di San Clemente a una società privata, il complesso fu oggetto di un progetto che lo avrebbe voluto adattato ad albergo di lusso, poi di un intervento sul giardino per una sua trasformazione in parcheggio pubblico, con conseguente abbattimento delle alberature fortunatamente sospeso per le segnalazioni dei cittadini e il conseguente intervento del soprintendente ai Monumenti Guido Morozzi.
Così Mazzino Fossi riassume le caratteristiche salienti del palazzo e gli interventi novecenteschi che lo hanno interessato a più riprese: "L'affacciamento a via Micheli appare più tardo, del XVIII secolo almeno, ed è assai restaurato. Sul retro della via Capponi è una maestosa facciata, con ricco loggiato, che si affaccia su di un grande giardino limitato dalle vie Micheli e Venezia: è ricchissimo di piante anche di alto fusto. Nel 1926 risulta la ripulitura e la coloritura della facciata; nel 1928 ingrandimento delle finestre del sottosuolo su via Capponi; alla fine del 1928 furono divisi due saloni per ricavarci un quartiere; nel 1929 apertura di tre finestre di mezzanino uguali alle altre esistenti (come quelle centrali nello spazio fra le due porte)". Non risulta invece la data nel quale il portone su via Micheli, tamponato e ancora murato nella fotografia proposta da Gino Chierici, fu riaperto per recuperare l'originario ingresso agli ambienti.
Gli ambienti che guardavano su via Capponi (forse costruiti proprio come studi d'artista) precedentemente all'erezione del nuovo palazzo avevano ospitato gli studi dei pittori Girolamo Macchietti, Gregorio Pagani e Lodovico Cardi detto il Cigoli.
Attualmente l'edificio ospita la sede di Architettura della Biblioteca di Scienze Tecnologiche dell'Università di Firenze. La carenza di manutenzione non rende giustizia alla ricchezza, alla storia e all'unicità di questo palazzo fiorentino.
Il lato su via Micheli presenta l'entrata oggi principale del palazzo, un tempo riservata alle carrozze. Al piano terra l'edificio ha un andamento allineato con la strada, poi al primo piano si divide in due avancorpi laterali intervallati da una terrazza; il corpo centrale si alza per un ulteriore piano, creando un singolare effetto di pieni e vuoti.
In facciata il portone centrale presenta un profilo delimitato da bugnato e un timpano semicorcolare; è affiancato da due finestre inginocchiate con frontone spezzato, dello stesso tipo che si incontra su via Gino Capponi; su quest'ultima strada, dove si apre un portone con un vano scale secondario, il palazzo presenta un prospetto più lungo ma di struttura e decorazione più semplice. Ai piani superiori e ai mezzanini sono allineate finestre con cornici, mentre il balcone presenta un balaustra decorata da due urne scolpite con teste leonine.
Verso il giardino si apre la loggetta con tre arcate a tutto sesto su pilastri, sulla quale si doveva aprire il belvedere, decorato da lesene, finestre centinate e una finestra centrale a serliana.
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