giovedì 24 settembre 2015

maieutica


maieutica Dal gr. μαιευτική [τέχνη] «[arte] ostetrica», «ostetricia» (deriv. da μαῖα «mamma, levatrice»). Espressione con la quale Platone indica nel Teeteto (➔) quella che si potrebbe considerare la pars construens del metodo socratico fondato sul dialogo. Se la confutazione (ἔλεγχος) costituisce il procedimento attraverso il quale Socrate conduce il suo interlocutore alla consapevolezza dell’ignoranza o della fallacia delle sue opinioni, l’arte m. è quella che porta Socrate – sterile quanto alla possibilità di generare sapienza, esattamente come sterili sono le levatrici che aiutano le partorienti a dare alla luce i loro figli («il dio mi costringe a fare da levatrice, ma mi ha proibito di generare», 

Teeteto, 150 c) – a suscitare dagli animi quelle verità che essi stessi non erano consapevoli di possedere («da me non hanno imparato mai nulla, ma da loro stessi scoprono e generano molte cose belle»). Ricordando come sua madre Fenarete fosse un’abile e stimata levatrice, Socrate rivendica l’ascendenza divina dell’arte di entrambi, «ricevuta in dono da un dio: lei per le donne, io per i giovani nobili e per quanti sono virtuosi» (210 c-d). Naturalmente l’arte di Socrate si applica non ai corpi ma alle anime, che tra dubbi e perplessità simili alle sofferenze del parto, danno vita a pensieri e, in alcuni casi, a verità. L’arte di Socrate è in questo più nobile di quella delle levatrici, perché deve poter distinguere se il pensiero partorito dal suo interlocutore sia «un fantasma e una falsità, oppure qualcosa di vitale e di vero» (150 c). Alcuni interpreti hanno posto in relazione la dottrina dell’anamnesi formulata 

nel Menone (➔) con l’arte maieutica descritta nel Teetetocome la capacità di liberare i pensieri sulla scienza già posseduti dall’interlocutore del dialogo e fatti riemergere sotto lo stimolo del διαλέγεσθαι. In età moderna il concetto di m., insieme a quello di ironia, è tornato a svolgere un ruolo centrale nel pensiero di Kierkegaard e mantiene la sua vitalità negli indirizzi psicopedagogici che privilegiano l’aspetto del confronto e dello stimolo creativo in luogo di proposte educative cristallizzate in forme di sapere rigidamente predefinite.

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