giovedì 13 dicembre 2018



PIERO DEL POLLAIOLO-LA CARITA'-GALLERIA DEGLI UFFIZI FIRENZE

Carità è un dipinto a olio su tavola (167x88 cm) di Piero del Pollaiolo, databile al 1469.
Sette Virtù vennero commissionate con un contratto datato 18 agosto 1469 al Pollaiolo dal Tribunale della Mercanzia (l'organo che soprintendeva alle corporazioni di arti e mestieri di Firenze) per decorare le spalliere degli stalli nella sala delle Udienze della sede in piazza della Signoria. Si conosce anche una seconda delibera che confermò l'incarico, al quale dovette partecipare, ma non sappiamo esattamente in quale misura, anche il fratello di Piero, Antonio.
La Carità fu la prima tavola ad essere eseguita, tanto da essere consegnata già nel dicembre 1469. La bottega del Pollaiolo eseguì sei dei sette dipinti previsti; il settimo, la Fortezza venne eseguito dal giovane Sandro Botticelli.
Molto controversa è l'attribuzione a Piero o Antonio, con questioni che peraltro riguardano quasi l'intero catalogo dei dipinti dei due fratelli. Se alcuni (come Billi, Albertini e Cruttwell) basandosi sui documenti attribuiscono l'intero ciclo a Piero, altri (come Ullman) li riferiscono ad Antonio, sulla base di confronti stilistici con le poche opere firmate da lui (come alcune incisioni); altri infine riferiscono il disegno dei cartoni ad Antonio e l'esecuzione pittorica a Piero.
Le tavole arrivarono agli Uffizi nel 1717 dopo la soppressione dell'istituzione. Nel XIX secolo però versavano in uno stato di conservazione poco soddisfacente, tanto che delle sette solo la Prudenza veniva esposta.
Nel 2003, grazie ad una donazione della gioielleria Fratelli Piccini di Firenze, è stato possibile il restauro della tavola; questo per ricordare i 100 anni dell'apertura del negozio sul Ponte Vecchio ad opera di Pirro Piccini, nel lontano 1903.
Le Virtù erano collocate in posizione piuttosto alta (come cerca anche di ricreare l'attuale disposizione nella sala del museo) per questo le figure sono deformate per ottimizzare una visione dal basso, con le gambe e la parte inferiore possente e la testa e le spalle più esili, in modo da far sembrare le figure più slanciate e imponenti.
La Carità, intesa come amore disinteressato nei confronti degli altri, è raffigurata nell'atto di allattare un bambino ed ha nella mano destra il fuoco ardente che la contraddistingue solitamente. Estremamente complesso e vigoroso è il segno nel panneggio, che appare robusto e corposo, come in uno sbalzo metallico. Il trono è inquadrato entro tre transenne con specchiature marmoree ed è raffigurato con una prospettiva deformata detta "a grandangolo", in cui i lati divergono fortemente: l'arco superiore infatti è visto dal basso, rivelando i lacunari, mentre il gradino inferiore mostra l'intera sua superficie in una visione dall'alto.
L'attenzione ai dettagli decorativi, come il pavimento arabescato come i preziosi tessuti fiorentini, o la corona della Virtù tempestata di pietre preziose, denotano la lezione della pittura fiamminga della terza generazione, che in quegli anni a Firenze si faceva più viva che mai grazie all'arrivo diretto di opere dalle Fiandre e dal nord-Europa.

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