NO ALLA PENA DI MORTE.........
1. LA STORIA DELLA
SETTIMANA : PENA DI MORTE: IL RAPPORTO DI AMNESTY INTERNATIONAL 2. NEWS FLASH: COSTA D’AVORIO: CONGRESSO
REGIONALE AFRICANO CONTRO LA PENA DI MORTE 3.
NEWS FLASH: PAKISTAN: LIBERATA DOPO 20 ANNI NEL BRACCIO DELLA MORTE
4. NEWS FLASH: USA: STUDIO SUL CALO
DELLE CONDANNE A MORTE 5. NEWS FLASH:
IRAQ: SETTE LEADER DELLO STATO ISLAMICO CONDANNATI A MORTE PER GENOCIDIO 6. I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA :
PENA DI MORTE: IL RAPPORTO DI AMNESTY INTERNATIONAL
12 aprile 2018: La Cina resta il primo Paese al mondo per
esecuzioni capitali, in un quadro di declino globale delle esecuzioni, secondo
il Rapporto annuale di Amnesty International sulla pena capitale.
Amnesty ha registrato almeno 993 esecuzioni in 23 paesi
nel 2017, in calo del 4% rispetto al 2016 (1.032 esecuzioni) e del 39% a
partire dal 2015, quando l'organizzazione con sede a Londra registrò 1.634
esecuzioni, il numero più alto dal 1989.
Oltre alla Cina, l'84 per cento di tutte le esecuzioni
registrate sono avvenute in soli quattro paesi: Iran, Arabia Saudita, Iraq e
Pakistan.
Bahrain, Giordania, Kuwait e Emirati Arabi Uniti (EAU)
hanno ripreso le esecuzioni nel 2017, secondo il rapporto.
Le esecuzioni sono diminuite sensibilmente in Bielorussia
(del 50 percento) e in Egitto (20 percento). Tuttavia, sono aumentate
nell’Autorità Palestinese da tre nel 2016 a sei nel 2017; a Singapore dalle
quattro alle otto, e in Somalia da 14 a 24.
Nel 2017, la Guinea e la Mongolia hanno abolito la pena
di morte per tutti i reati.
Mentre il Kenya ha abolito la pena di morte obbligatoria
per l'omicidio, il Burkina Faso e il Ciad hanno anche preso provvedimenti per
abrogare questa punizione con nuove leggi o proposte.
"I progressi nell'Africa sub-sahariana hanno
rafforzato la posizione di questa regione come faro di speranza per
l'abolizione ... È giunto il momento che il resto del mondo segua il loro
esempio e consegni questa pena aberrante ai libri di storia", ha detto il
segretario generale di Amnesty Salil Shetty.
Il rapporto registra anche commutazioni o condoni totali
di condanne a morte in 21 paesi, tra cui India, Sri Lanka, Bangladesh e Stati
Uniti.
L'organizzazione ha registrato almeno 2.591 condanne a
morte in 53 paesi nel 2017, una diminuzione significativa rispetto al record di
3.117 registrato nel 2016. Almeno 21.919 persone erano nel braccio della morte
alla fine del 2017.
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NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH
COSTA D’AVORIO: CONGRESSO REGIONALE AFRICANO CONTRO LA
PENA DI MORTE
10 aprile 2018: Il Congresso regionale africano contro la
pena di morte, svoltosi ad Abidjan in Costa d’Avorio il 9 e il 10 aprile, si è
concluso con una Dichiarazione adottata per acclamazione dai circa trecento
partecipanti nella sessione solenne di chiusura.
Intervenendo in Congresso, Antonio Stango, membro del
Consiglio Direttivo di Nessuno tocchi Caino e già coordinatore del Congresso
mondiale contro la pena di morte svoltosi ad Oslo nel 2016, ha ricordato
l’impegno dell’associazione sia per ampliare il numero di Stati che votino a
favore della prossima Risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite
per la moratoria universale delle esecuzioni (con missioni previste in quattro
Stati africani), sia nel progetto in corso contro la pena di morte anche
nell’ambito della ‘guerra al terrorismo’, che ci vede impegnati in partenariato
con organizzazioni locali in Tunisia, Egitto e Somalia. Stango ha inoltre
espresso la volontà di collaborare alle iniziative della Coalizione mondiale
per l’abolizione dell’obbligatorietà della pena di morte come unica sentenza
possibile per alcuni reati, norma che è ancora in vigore in alcuni Stati, ed ha
aggiunto che Nessuno tocchi Caino ritiene importante giungere anche al superamento della pena del carcere a vita.
Le condizioni dei detenuti nei bracci della morte, anche
nel caso di commutazione delle loro sentenze, sono state oggetto di un
dibattito specifico e saranno il tema della Giornata mondiale contro la pena di
morte del prossimo 10 ottobre.
Il Congresso regionale è stato propedeutico al 7 °
Congresso mondiale contro la pena di morte, che si terrà a Bruxelles nel
febbraio 2019.
Dichiarazione finale del Congresso regionale africano
contro la pena di morte
"Noi, partecipanti al congresso regionale africano
di Abidjan (Costa d'Avorio) dal 9 al 10 aprile 2018, organizzato da ECPM -
Insieme contro la pena di morte, in collaborazione con la Coalizione mondiale
contro la pena di morte, FIACAT e la Commissione Nazionale per i Diritti Umani
della Costa d’Avorio, ADOTTIAMO questa Dichiarazione dopo due giorni di intenso
dibattito, scambio di esperienze, testimonianze e dichiarazioni ufficiali;
SALUTANDO CON FAVORE:
- che il movimento abolizionista si sta sviluppando, in
un mondo in cui quasi 3/4 Stati hanno rinunciato, di diritto o di fatto,
all'applicazione della pena capitale;
- che dei 55 Stati africani 4/5 sono abolizionisti: 20
hanno abolito la pena di morte per tutti i reati e 22 osservano una moratoria
sulle esecuzioni;
- che negli ultimi 10 anni 7 stati africani hanno abolito
la pena di morte: Benin, Burundi, Congo, Gabon, Guinea, Madagascar, Togo.
RICORDIAMO:
- che il diritto alla vita è protetto da tutti gli
strumenti internazionali e regionali in materia di diritti umani, in
particolare dall'articolo 6 del Patto internazionale sui diritti civili e
politici e dall'articolo 4 della Carta africana dei diritti umani e dei popoli;
- che l'abolizione della pena di morte è essenziale per
l'effettiva tutela del diritto alla vita e il pieno riconoscimento della
dignità intrinseca di tutti gli esseri umani;
- che nessuna disposizione di diritto internazionale
prevede la pena di morte per i reati più gravi (genocidio, crimini contro
l'umanità e crimini di guerra).
MA CONSTATANDO:
- che la lotta al terrorismo viene deviata da alcuni
governi per estendere la portata della pena di morte e riprendere le
esecuzioni;
- che la pena di morte è praticata in modo
discriminatorio, in particolare in base allo stato socioeconomico e
all'orientamento sessuale;
- che le persone condannate a morte soffrono, in ragione
del loro status, di condizioni di detenzione che costituiscono un trattamento
crudele, inumano e degradante;
- che ci sono ancora 13 Paesi in Africa che mantengono la
pena di morte e spesso la applicano in modo arbitrario; SOTTOLINEANDO LA
NECESSITÀ DI COMPIERE NUOVI SIGNIFICATIVI PASSI VERSO L'ABOLIZIONE TOTALE DELLA
PENA CAPITALE IN AFRICA,
CHIEDIAMO:
alle Organizzazioni intergovernative internazionali e
regionali
- di continuare e intensificare la cooperazione con gli
Stati e la società civile per promuovere l'abolizione della pena di morte in
Africa;
- di adottare quanto prima possibile il progetto di
Protocollo aggiuntivo alla Carta africana dei diritti umani e dei popoli
sull'abolizione della pena di morte in Africa; agli Stati presenti al Congresso
di Abidjan:
- a Costa d'Avorio e Guinea di ratificare il Secondo
Protocollo facoltativo al patto internazionale relativo ai diritti civili e
politici;
- al Burkina Faso di adottare il progetto di Costituzione
che prevede l'abolizione della pena di morte;
- al Ciad di abrogare la legge sul terrorismo del luglio
2015;
- alla Repubblica Democratica del Congo di votare a
favore della Risoluzione delle Nazioni Unite che chiede una moratoria sulle
esecuzioni; agli Stati africani mantenitori della pena di morte:
- di abolire la pena di morte per tutti i reati;
- di stabilire una moratoria sulle condanne a morte e
sulle esecuzioni, in conformità con le Risoluzioni delle Nazioni Unite e della
Commissione africana sui diritti umani e dei popoli;
- di abolire la pena di morte obbligatoria;
- di raccogliere e pubblicare informazioni regolari,
scientificamente affidabili e indipendenti sull'applicazione della pena di
morte; agli Stati africani abolizionisti di diritto o di fatto:
- di abolire la pena di morte per tutti i reati;
- di ratificare il Secondo Protocollo facoltativo al
Patto internazionale sui diritti civili e politici;
- di sostenere l'adozione del progetto di Protocollo
aggiuntivo alla Carta africana dei diritti umani e dei popoli concernente
l'abolizione della pena di morte in Africa;
- di votare a favore della risoluzione dell'UNGA che
chiede una moratoria universale delle esecuzioni nel 2018 e diventare
co-sponsor di questa risoluzione;
- di sostenere gli attori della società civile che
lavorano per l'abolizione della pena di morte; ai parlamentari africani:
- di unirsi in reti nazionali, regionali e internazionali
e portare il dibattito sull'abolizione al centro dei loro parlamenti; alle
Istituzioni Nazionali per i Diritti Umani:
- di integrare sistematicamente le questioni relative
alla pena di morte nei loro piani d'azione e sollecitare i loro Stati ad
abolire la pena di morte e votare a favore della Risoluzione per la moratoria;
alla società civile abolizionista:
- di aderire alla World Coalition Against the Death
Penalty;
- di formare coalizioni nazionali contro la pena di morte
o aderirvi;
- di impegnarsi nella sensibilizzazione e nell'educazione
all'abolizione tra il pubblico, i responsabili politici, i media, gli
opinionisti e la professione legale.
PAKISTAN: LIBERATA DOPO 20 ANNI NEL BRACCIO DELLA MORTE
6 aprile 2018: Una donna pakistana rinchiusa nel braccio
della morte per aver ucciso la sua famiglia nel 1998, è stata prosciolta e
liberata dopo 20 anni di prigione, ha detto il suo avvocato.
Asma Nawab aveva solo 16 anni quando i suoi genitori e
suo fratello furono assassinati nel 1998, apparentemente durante un tentativo
di rapina, a Karachi.
Nawab, il suo fidanzato di allora Farhan Ahmed e altri
due furono arrestati e condannati a morte, accusati di aver ucciso la famiglia
poiché non aveva dato il permesso alla coppia di sposarsi.
Gli appelli da allora si sono mossi lentamente attraverso
il sistema giudiziario del Pakistan. Nel 2015 i suoi avvocati hanno presentato
una petizione alla Corte Suprema, che - dopo un procedimento di tre anni - ha
ordinato il rilascio di Nawab e degli altri.
"La Corte Suprema ha stabilito che non ci fossero
prove sufficienti contro la mia cliente e quindi è stata liberata", ha
detto all'AFP Javed Chatari, che è l'avvocato di Nawab dal 1998.
La donna ha lasciato la prigione il 5 aprile.
Chatari l'ha portata sul lungomare di Karachi sperando
che la brezza e la vista del Mar Arabico le facessero capire che il suo
calvario ventennale era finito.
"L'abbiamo fatta montare a cavallo sulla Clifton
Beach e poi abbiamo cenato, e poi ha iniziato a rendersi conto che era
libera", ha detto Chatari.
Nawab - che dovrebbe visitare la sua casa di famiglia
domani, per la prima volta dopo gli omicidi - potrebbe presentare un ricorso
contro lo Stato, ha detto l’avvocato.
Tuttavia, descrivendola come una donna povera e sola,
pensa che molto probabilmente non lo farà.
"Sarebbe una dura prova per lei", ha aggiunto.
USA: STUDIO SUL CALO DELLE CONDANNE A MORTE
7 aprile 2018: Uno studio analizza il forte calo di
condanne a morte.
Lo studio, intitolato “Lethal Rejection” e pubblicato sul
numero 2017/2018 della Albany Law Review, è firmato dai professori David McCord
della Drake University e Talia Roitberg Harmon della Niagara University. Prende
in considerazione i casi in cui la pena di morte poteva essere chiesta tra il
1994 e il 2014, e cerca di determinare i fattori che hanno portato ad una
diminuzione del 75% delle condanne a morte nell’arco di 20 anni.
Secondo gli autori dello studio, metà della diminuzione
può essere attribuita alla diminuzione di omicidi caratterizzati da aggravanti
che rendevano possibile la pena di morte. Questa diminuzione degli omicidi
capitali a sua volta può essere considerata come il risultato di una
diminuzione in assoluto degli omicidi, della abolizione (in tale arco di tempo)
della pena di morte in 6 stati, e delle sentenze della Corte Suprema che hanno
dichiarato incostituzionale la pena di morte sia nei confronti dei disabili
mentali sia dei minorenni. La restante quota di diminuzione, dicono gli autori,
è attribuibile a decisioni soggettive sia dei pubblici accusatori, che delle
giurie popolari o dei giudici, un fattore che viene definito “cambiamento della
percezione di ciò che merita la morte”.
Gli omicidi nei 37 stati che autorizzavano la pena di
morte nel 1994 sono passati da 19.250 nel ’94 a 12.440 nel 2014, con un calo
del 35.4%.
Tuttavia, le condanne a morte sono scese di oltre il doppio
di quella percentuale, da 310 a 73, con un calo del 76,5%. McCord e Harmon
hanno anche tentato di identificare i fattori che hanno contribuito al
“cambiamento della percezione di ciò che merita la morte” dei pubblici
ministeri e delle giurie.
Secondo lo studio, l’introduzione nelle legislazioni
degli stati dell’ergastolo senza condizionale non ha avuto un ruolo preminente,
tranne che nel caso del Texas. Piuttosto, hanno scoperto che le condanne a
morte venivano ricercate e imposte a tassi più bassi in casi di omicidio meno
aggravati, in casi con più autori e con imputati sotto i 21 anni. Hanno trovato
anche due tipi di effetti geografici significativi: la condanna a morte sono
scese significativamente nelle contee a bassa popolazione in tutto il paese, e
in cinque delle contee che emettono più condanne a morte nella nazione (Harris
- Texas, Cook - Illinois, Pima - Arizona, Philadelphia - Pennsylvania e
Miami-Dade - Florida).
Mentre i ricercatori non hanno riportato quante meno
condanne a morte siano state imposte in queste contee nel 2014, hanno descritto
il declino come un effetto "fuori misura" sul totale nazionale.
Concludono: "Il declino della condanna a morte negli
Stati Uniti dal 1994 è stato relativamente rapido, piuttosto ripido, e sta
continuando. Tirando le somme dei nostri dati, le condanne a morte sono
diminuite da 73 nel 2014 a 49 nel 2015; e nel 2016 sono state imposte solo 31
condanne a morte.
IRAQ: SETTE LEADER DELLO STATO ISLAMICO CONDANNATI A
MORTE PER GENOCIDIO
9 aprile 2018: Un tribunale iracheno ha condannato a
morte sette leader dello Stato Islamico (IS), giudicati colpevoli di aver
ucciso decine di innocenti a Ninive.
Parlando al giornale ufficiale al-Sabah, il giudice
Mohamed al-Badrani della Corte Penale di Ninive ha dichiarato: "I sette
capi dell'IS sono stati condannati a morte in relazione all'uccisione di 200
civili a Ninive".
Il genocidio è avvenuto dopo che i militanti dell'Is
hanno preso il controllo della città di Mosul il 10 giugno 2014, secondo il
giudice.
Badrani ha sottolineato che la sua corte sta ancora
interrogando "400 militanti dell'Is, che sono stati recentemente arrestati
e messi sotto processo", aggiungendo che il tribunale emetterà presto
sentenze contro di loro.
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