sabato 14 aprile 2018

              nessuno     tocchi        caino              
     NO   ALLA    PENA    DI    MORTE.........




1.  LA STORIA DELLA SETTIMANA : PENA DI MORTE: IL RAPPORTO DI AMNESTY INTERNATIONAL 2.  NEWS FLASH: COSTA D’AVORIO: CONGRESSO REGIONALE AFRICANO CONTRO LA PENA DI MORTE 3.  NEWS FLASH: PAKISTAN: LIBERATA DOPO 20 ANNI NEL BRACCIO DELLA MORTE 4.  NEWS FLASH: USA: STUDIO SUL CALO DELLE CONDANNE A MORTE 5.  NEWS FLASH: IRAQ: SETTE LEADER DELLO STATO ISLAMICO CONDANNATI A MORTE PER GENOCIDIO 6.  I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA :


PENA DI MORTE: IL RAPPORTO DI AMNESTY INTERNATIONAL
12 aprile 2018: La Cina resta il primo Paese al mondo per esecuzioni capitali, in un quadro di declino globale delle esecuzioni, secondo il Rapporto annuale di Amnesty International sulla pena capitale.

Amnesty ha registrato almeno 993 esecuzioni in 23 paesi nel 2017, in calo del 4% rispetto al 2016 (1.032 esecuzioni) e del 39% a partire dal 2015, quando l'organizzazione con sede a Londra registrò 1.634 esecuzioni, il numero più alto dal 1989.
Oltre alla Cina, l'84 per cento di tutte le esecuzioni registrate sono avvenute in soli quattro paesi: Iran, Arabia Saudita, Iraq e Pakistan.
Bahrain, Giordania, Kuwait e Emirati Arabi Uniti (EAU) hanno ripreso le esecuzioni nel 2017, secondo il rapporto.
Le esecuzioni sono diminuite sensibilmente in Bielorussia (del 50 percento) e in Egitto (20 percento). Tuttavia, sono aumentate nell’Autorità Palestinese da tre nel 2016 a sei nel 2017; a Singapore dalle quattro alle otto, e in Somalia da 14 a 24.
Nel 2017, la Guinea e la Mongolia hanno abolito la pena di morte per tutti i reati.
Mentre il Kenya ha abolito la pena di morte obbligatoria per l'omicidio, il Burkina Faso e il Ciad hanno anche preso provvedimenti per abrogare questa punizione con nuove leggi o proposte.
"I progressi nell'Africa sub-sahariana hanno rafforzato la posizione di questa regione come faro di speranza per l'abolizione ... È giunto il momento che il resto del mondo segua il loro esempio e consegni questa pena aberrante ai libri di storia", ha detto il segretario generale di Amnesty Salil Shetty.
Il rapporto registra anche commutazioni o condoni totali di condanne a morte in 21 paesi, tra cui India, Sri Lanka, Bangladesh e Stati Uniti.
L'organizzazione ha registrato almeno 2.591 condanne a morte in 53 paesi nel 2017, una diminuzione significativa rispetto al record di 3.117 registrato nel 2016. Almeno 21.919 persone erano nel braccio della morte alla fine del 2017.


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NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH

COSTA D’AVORIO: CONGRESSO REGIONALE AFRICANO CONTRO LA PENA DI MORTE
10 aprile 2018: Il Congresso regionale africano contro la pena di morte, svoltosi ad Abidjan in Costa d’Avorio il 9 e il 10 aprile, si è concluso con una Dichiarazione adottata per acclamazione dai circa trecento partecipanti nella sessione solenne di chiusura.
Intervenendo in Congresso, Antonio Stango, membro del Consiglio Direttivo di Nessuno tocchi Caino e già coordinatore del Congresso mondiale contro la pena di morte svoltosi ad Oslo nel 2016, ha ricordato l’impegno dell’associazione sia per ampliare il numero di Stati che votino a favore della prossima Risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per la moratoria universale delle esecuzioni (con missioni previste in quattro Stati africani), sia nel progetto in corso contro la pena di morte anche nell’ambito della ‘guerra al terrorismo’, che ci vede impegnati in partenariato con organizzazioni locali in Tunisia, Egitto e Somalia. Stango ha inoltre espresso la volontà di collaborare alle iniziative della Coalizione mondiale per l’abolizione dell’obbligatorietà della pena di morte come unica sentenza possibile per alcuni reati, norma che è ancora in vigore in alcuni Stati, ed ha aggiunto che Nessuno tocchi Caino ritiene importante giungere anche al  superamento della pena del carcere a vita.
Le condizioni dei detenuti nei bracci della morte, anche nel caso di commutazione delle loro sentenze, sono state oggetto di un dibattito specifico e saranno il tema della Giornata mondiale contro la pena di morte del prossimo 10 ottobre.
Il Congresso regionale è stato propedeutico al 7 ° Congresso mondiale contro la pena di morte, che si terrà a Bruxelles nel febbraio 2019.

Dichiarazione finale del Congresso regionale africano contro la pena di morte

"Noi, partecipanti al congresso regionale africano di Abidjan (Costa d'Avorio) dal 9 al 10 aprile 2018, organizzato da ECPM - Insieme contro la pena di morte, in collaborazione con la Coalizione mondiale contro la pena di morte, FIACAT e la Commissione Nazionale per i Diritti Umani della Costa d’Avorio, ADOTTIAMO questa Dichiarazione dopo due giorni di intenso dibattito, scambio di esperienze, testimonianze e dichiarazioni ufficiali; SALUTANDO CON FAVORE:
- che il movimento abolizionista si sta sviluppando, in un mondo in cui quasi 3/4 Stati hanno rinunciato, di diritto o di fatto, all'applicazione della pena capitale;
- che dei 55 Stati africani 4/5 sono abolizionisti: 20 hanno abolito la pena di morte per tutti i reati e 22 osservano una moratoria sulle esecuzioni;
- che negli ultimi 10 anni 7 stati africani hanno abolito la pena di morte: Benin, Burundi, Congo, Gabon, Guinea, Madagascar, Togo.
RICORDIAMO:
- che il diritto alla vita è protetto da tutti gli strumenti internazionali e regionali in materia di diritti umani, in particolare dall'articolo 6 del Patto internazionale sui diritti civili e politici e dall'articolo 4 della Carta africana dei diritti umani e dei popoli;
- che l'abolizione della pena di morte è essenziale per l'effettiva tutela del diritto alla vita e il pieno riconoscimento della dignità intrinseca di tutti gli esseri umani;
- che nessuna disposizione di diritto internazionale prevede la pena di morte per i reati più gravi (genocidio, crimini contro l'umanità e crimini di guerra).
MA CONSTATANDO:
- che la lotta al terrorismo viene deviata da alcuni governi per estendere la portata della pena di morte e riprendere le esecuzioni;
- che la pena di morte è praticata in modo discriminatorio, in particolare in base allo stato socioeconomico e all'orientamento sessuale;
- che le persone condannate a morte soffrono, in ragione del loro status, di condizioni di detenzione che costituiscono un trattamento crudele, inumano e degradante;
- che ci sono ancora 13 Paesi in Africa che mantengono la pena di morte e spesso la applicano in modo arbitrario; SOTTOLINEANDO LA NECESSITÀ DI COMPIERE NUOVI SIGNIFICATIVI PASSI VERSO L'ABOLIZIONE TOTALE DELLA PENA CAPITALE IN AFRICA,
CHIEDIAMO:
alle Organizzazioni intergovernative internazionali e regionali
- di continuare e intensificare la cooperazione con gli Stati e la società civile per promuovere l'abolizione della pena di morte in Africa;
- di adottare quanto prima possibile il progetto di Protocollo aggiuntivo alla Carta africana dei diritti umani e dei popoli sull'abolizione della pena di morte in Africa; agli Stati presenti al Congresso di Abidjan:
- a Costa d'Avorio e Guinea di ratificare il Secondo Protocollo facoltativo al patto internazionale relativo ai diritti civili e politici;
- al Burkina Faso di adottare il progetto di Costituzione che prevede l'abolizione della pena di morte;
- al Ciad di abrogare la legge sul terrorismo del luglio 2015;
- alla Repubblica Democratica del Congo di votare a favore della Risoluzione delle Nazioni Unite che chiede una moratoria sulle esecuzioni; agli Stati africani mantenitori della pena di morte:
- di abolire la pena di morte per tutti i reati;
- di stabilire una moratoria sulle condanne a morte e sulle esecuzioni, in conformità con le Risoluzioni delle Nazioni Unite e della Commissione africana sui diritti umani e dei popoli;
- di abolire la pena di morte obbligatoria;
- di raccogliere e pubblicare informazioni regolari, scientificamente affidabili e indipendenti sull'applicazione della pena di morte; agli Stati africani abolizionisti di diritto o di fatto:
- di abolire la pena di morte per tutti i reati;
- di ratificare il Secondo Protocollo facoltativo al Patto internazionale sui diritti civili e politici;
- di sostenere l'adozione del progetto di Protocollo aggiuntivo alla Carta africana dei diritti umani e dei popoli concernente l'abolizione della pena di morte in Africa;
- di votare a favore della risoluzione dell'UNGA che chiede una moratoria universale delle esecuzioni nel 2018 e diventare co-sponsor di questa risoluzione;
- di sostenere gli attori della società civile che lavorano per l'abolizione della pena di morte; ai parlamentari africani:
- di unirsi in reti nazionali, regionali e internazionali e portare il dibattito sull'abolizione al centro dei loro parlamenti; alle Istituzioni Nazionali per i Diritti Umani:
- di integrare sistematicamente le questioni relative alla pena di morte nei loro piani d'azione e sollecitare i loro Stati ad abolire la pena di morte e votare a favore della Risoluzione per la moratoria; alla società civile abolizionista:
- di aderire alla World Coalition Against the Death Penalty;
- di formare coalizioni nazionali contro la pena di morte o aderirvi;
- di impegnarsi nella sensibilizzazione e nell'educazione all'abolizione tra il pubblico, i responsabili politici, i media, gli opinionisti e la professione legale.


PAKISTAN: LIBERATA DOPO 20 ANNI NEL BRACCIO DELLA MORTE
6 aprile 2018: Una donna pakistana rinchiusa nel braccio della morte per aver ucciso la sua famiglia nel 1998, è stata prosciolta e liberata dopo 20 anni di prigione, ha detto il suo avvocato.
Asma Nawab aveva solo 16 anni quando i suoi genitori e suo fratello furono assassinati nel 1998, apparentemente durante un tentativo di rapina, a Karachi.
Nawab, il suo fidanzato di allora Farhan Ahmed e altri due furono arrestati e condannati a morte, accusati di aver ucciso la famiglia poiché non aveva dato il permesso alla coppia di sposarsi.
Gli appelli da allora si sono mossi lentamente attraverso il sistema giudiziario del Pakistan. Nel 2015 i suoi avvocati hanno presentato una petizione alla Corte Suprema, che - dopo un procedimento di tre anni - ha ordinato il rilascio di Nawab e degli altri.
"La Corte Suprema ha stabilito che non ci fossero prove sufficienti contro la mia cliente e quindi è stata liberata", ha detto all'AFP Javed Chatari, che è l'avvocato di Nawab dal 1998.
La donna ha lasciato la prigione il 5 aprile.
Chatari l'ha portata sul lungomare di Karachi sperando che la brezza e la vista del Mar Arabico le facessero capire che il suo calvario ventennale era finito.
"L'abbiamo fatta montare a cavallo sulla Clifton Beach e poi abbiamo cenato, e poi ha iniziato a rendersi conto che era libera", ha detto Chatari.
Nawab - che dovrebbe visitare la sua casa di famiglia domani, per la prima volta dopo gli omicidi - potrebbe presentare un ricorso contro lo Stato, ha detto l’avvocato.
Tuttavia, descrivendola come una donna povera e sola, pensa che molto probabilmente non lo farà.
"Sarebbe una dura prova per lei", ha aggiunto.


USA: STUDIO SUL CALO DELLE CONDANNE A MORTE
7 aprile 2018: Uno studio analizza il forte calo di condanne a morte.
Lo studio, intitolato “Lethal Rejection” e pubblicato sul numero 2017/2018 della Albany Law Review, è firmato dai professori David McCord della Drake University e Talia Roitberg Harmon della Niagara University. Prende in considerazione i casi in cui la pena di morte poteva essere chiesta tra il 1994 e il 2014, e cerca di determinare i fattori che hanno portato ad una diminuzione del 75% delle condanne a morte nell’arco di 20 anni.
Secondo gli autori dello studio, metà della diminuzione può essere attribuita alla diminuzione di omicidi caratterizzati da aggravanti che rendevano possibile la pena di morte. Questa diminuzione degli omicidi capitali a sua volta può essere considerata come il risultato di una diminuzione in assoluto degli omicidi, della abolizione (in tale arco di tempo) della pena di morte in 6 stati, e delle sentenze della Corte Suprema che hanno dichiarato incostituzionale la pena di morte sia nei confronti dei disabili mentali sia dei minorenni. La restante quota di diminuzione, dicono gli autori, è attribuibile a decisioni soggettive sia dei pubblici accusatori, che delle giurie popolari o dei giudici, un fattore che viene definito “cambiamento della percezione di ciò che merita la morte”.
Gli omicidi nei 37 stati che autorizzavano la pena di morte nel 1994 sono passati da 19.250 nel ’94 a 12.440 nel 2014, con un calo del 35.4%.
Tuttavia, le condanne a morte sono scese di oltre il doppio di quella percentuale, da 310 a 73, con un calo del 76,5%. McCord e Harmon hanno anche tentato di identificare i fattori che hanno contribuito al “cambiamento della percezione di ciò che merita la morte” dei pubblici ministeri e delle giurie.
Secondo lo studio, l’introduzione nelle legislazioni degli stati dell’ergastolo senza condizionale non ha avuto un ruolo preminente, tranne che nel caso del Texas. Piuttosto, hanno scoperto che le condanne a morte venivano ricercate e imposte a tassi più bassi in casi di omicidio meno aggravati, in casi con più autori e con imputati sotto i 21 anni. Hanno trovato anche due tipi di effetti geografici significativi: la condanna a morte sono scese significativamente nelle contee a bassa popolazione in tutto il paese, e in cinque delle contee che emettono più condanne a morte nella nazione (Harris - Texas, Cook - Illinois, Pima - Arizona, Philadelphia - Pennsylvania e Miami-Dade - Florida).
Mentre i ricercatori non hanno riportato quante meno condanne a morte siano state imposte in queste contee nel 2014, hanno descritto il declino come un effetto "fuori misura" sul totale nazionale.
Concludono: "Il declino della condanna a morte negli Stati Uniti dal 1994 è stato relativamente rapido, piuttosto ripido, e sta continuando. Tirando le somme dei nostri dati, le condanne a morte sono diminuite da 73 nel 2014 a 49 nel 2015; e nel 2016 sono state imposte solo 31 condanne a morte.


IRAQ: SETTE LEADER DELLO STATO ISLAMICO CONDANNATI A MORTE PER GENOCIDIO
9 aprile 2018: Un tribunale iracheno ha condannato a morte sette leader dello Stato Islamico (IS), giudicati colpevoli di aver ucciso decine di innocenti a Ninive.
Parlando al giornale ufficiale al-Sabah, il giudice Mohamed al-Badrani della Corte Penale di Ninive ha dichiarato: "I sette capi dell'IS sono stati condannati a morte in relazione all'uccisione di 200 civili a Ninive".
Il genocidio è avvenuto dopo che i militanti dell'Is hanno preso il controllo della città di Mosul il 10 giugno 2014, secondo il giudice.
Badrani ha sottolineato che la sua corte sta ancora interrogando "400 militanti dell'Is, che sono stati recentemente arrestati e messi sotto processo", aggiungendo che il tribunale emetterà presto sentenze contro di loro.

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