LEONARDO DA VINCI MORTO AD AMBOISE FRANCIA
IL
2 MAGGIO 1519-ADORAZIONE DEI MAGI
GALLERIA DEGLI UFFIZI FIRENZE
L'Adorazione dei Magi è un dipinto a olio su tavola e tempera grassa (246x243 cm) di Leonardo da Vinci, realizzato tra il 1481 e il 1482. Viene conservato nella Galleria degli Uffizi a Firenze.
Nel 1481 i monaci di San Donato a Scopeto commissionarono a Leonardo un'Adorazione dei Magi da completare nel giro di due anni. Leonardo studiò approfonditamente la composizione, lasciando vari disegni preparatori: uno della composizione generale, dove compare anche la capannuccia, conservato nel Cabinet des Dessins del Louvre, uno dello sfondo, al gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi e vari studi riconducibili alla zuffa di cavalli o alla posizione della Madonna e del Bambino.
Il pittore però, nell'estate del 1482, partiva per Milano, lasciando l'opera incompiuta. Quindici anni dopo, certi ormai dell'inadempienza di Leonardo, i religiosi si rivolsero a Filippino Lippi per ottenere una pala di analogo soggetto, pure agli Uffizi.
L'Adorazione di Leonardo nel frattempo era rimasta allo stato di abbozzo in casa Amerigo de' Benci, il padre di Ginevra de' Benci della quale Leonardo dipinse un famoso ritratto; qui la vide Vasari. Nel 1601 si trovava nelle raccolte di don Antonio de' Medici e, dopo la morte di suo figlio Giulio, nel 1670 approdò alle Gallerie fiorentine. Nel 1681 andò perduta la cornice cinquecentesca con dorature, probabilmente in occasione dello spostamento della tavola alla villa di Castello. Dal 1794 tornò definitivamente al museo.
Nella critica ottocentesca sorse qualche dubbio circa l'attribuzione dell'opera a una fase giovanile (Müntz) o a Leonardo stesso (Rumhor), ma si tratta di ipotesi oggi scartate.
Del dipinto esistono alcune radiografie realizzate da A. Vermehren, pubblicate nel 1954 da P. Sampaolesi e oggi appartenenti agli eredi Vermehren. Dalla fine del 2011 la pala è in restauro.
Il tema dell'Adorazione dei Magi fu uno dei più frequenti nell'arte fiorentina del XV secolo, poiché permetteva di inserire episodi marginali e personaggi che celebravano il fasto dei committenti; inoltre ogni anno, per l'Epifania, si svolgeva un corteo che rievocava la Cavalcata evangelica nelle strade cittadine.
Leonardo riuscì a rivoluzionare il tema tradizionale sia nell'iconografia che nell'impostazione compositiva. Innanzitutto, come in altre sue famose opere, decise di centrare l'episodio in un momento ben preciso, ricercandone il più profondo senso religioso, cioè nel momento in cui il Bambino, facendo un gesto di benedizione, rivela la sua natura divina agli astanti quale portatore di Salvezza, secondo il significato originario del termine "epifania" ("manifestazione"). Ciò è chiaro nella reazione degli astanti, presi in un vorticoso rutilare di gesti, attitudini ed espressioni di sorpresa e turbamento, al posto della tradizionale compostezza del corteo dove i pittori erano soliti sfoggiare dettagli ricchi ed esotici. L'effetto è quello di uno sconvolgimento interiore di fronte al manifestarsi della divinità.
Studio per lo sfondo dell'Adorazione dei Magi, Gabinetto dei Disegni e delle Stampe UFFIZI FIRENZE
Da un punto di vista compositivo Leonardo fece sue le innovazioni impostate da Sandro Botticelli nell'Adorazione dei Magi di Santa Maria Novella (1475 circa), ponendo la Sacra Famiglia al centro e i Magi alla base di un'ideale piramide che ha come vertice la figura di Maria. La forma pressoché quadrata della tavola gli permise infatti di organizzare la composizione lungo le direttrici diagonali, con il centro nel punto di incontro, dove si trova la testa della Vergine. La figura di Maria, collocata in posizione leggermente arretrata, accenna un movimento rotatorio, con le gambe orientate a sinistra e il busto, nonché il volto, verso il Bambino a destra.
Sviluppò inoltre ulteriormente tale novità disponendo il corteo a semicerchio dietro alla Vergine, lasciando uno spazio vuoto, di forma più o meno circolare, nell'ideale centro dello spazio, dove si trova una roccia con un albero. Il leggero moto della Vergine sembra così propagarsi per cerchi concentrici, come un'onda generata dalla rivelazione divina. Il risultato è una scena estremamente moderna e dinamica, dove solo le figure in primo piano sono relativamente statiche, con uno studio intenso dei moti dell'animo e delle manifestazioni "corporee".
Lo sfondo è diviso in due parti dai due alberi, il primo un alloro simbolo di trionfo sulla morte (resurrezione) e il secondo una palma, simbolo della passione di Cristo, che dirigono lo sguardo dello spettatore in profondità. Qui si trovano alcune architetture in rovina (il Tempio di Gerusalemme), rimando tradizionale al declino dell'Ebraismo e del Paganesimo (quest'ultimo sottolineato pure dalla lotta convulsa dei cavalli in secondo piano, che non ha ancora ricevuto la lieta Novella) da cui si originò la religione cristiana[6]. L'edificio con le scale è stato paragonato al presbiterio della chiesa di San Miniato al Monte; su di esso si trovano alcuni arbusti, come si vedono talvolta su alcune costruzioni delle quali la natura ha avuto tutto il tempo di impadronirsi nuovamente. Secondo altri autori, invece, il modello fu la Villa medicea di Poggio a Caiano che allora doveva essere un cantiere in divenire con il solo piano porticato e la doppia scalinata parallela oggi non più esistente.
Studi per l'Adorazione dei Magi, Wallraf-Richartz Museum, Colonia
A destra si trova una zuffa di armati, uomini disarcionati e cavalli che s'impennano, come simbolo della follia degli uomini che non hanno ancora ricevuto il messaggio cristiano, e un abbozzo di rocce svettanti tipiche del paesaggio leonardesco.
A destra si trova una zuffa di armati, uomini disarcionati e cavalli che s'impennano, come simbolo della follia degli uomini che non hanno ancora ricevuto il messaggio cristiano, e un abbozzo di rocce svettanti tipiche del paesaggio leonardesco.
Secondo alcuni esperti inoltre, il fanciullo all'estrema destra del quadro, che guarda verso l'esterno, potrebbe essere un autoritratto giovanile di Leonardo; più probabilmente è da mettere in relazione con l'uomo che medita sul lato opposto, come invito a riflettere sul mistero dell'Incarnazione.
Nel complesso, la composizione ricchissima ma unitaria e grandiosa, la varietà delle interazioni tra le figure, la complessità luminosa, l'intensità delle espressioni e dei moti dell'animo, fanno del dipinto di Leonardo un caposaldo artistico, in anticipo di due decenni rispetto alla cultura figurativa vigente, modello per numerosi maestri, come ancora il Raffaello della Trasfigurazione (1518-1520)[6].
L'opera incompiuta si presenta oggi come un grandioso abbozzo a monocromo, che permette di conoscere approfonditamente la tecnica usata da Leonardo nella realizzazione delle opere. Secondo la tradizione fiorentina, il maestro preparava innanzitutto un disegno accurato, usando però il meno possibile linee nette per i contorni. Questo contrastava con la posizione allora dominante a Firenze del predominio della linea di contorno, come confine preciso dell'oggetto rappresentato: come si sa, infatti, Leonardo preferiva usare contorni sfumati, suggerendo una certa continuità tra gli oggetti e lo spazio che li circonda, attraverso la circolazione dell'aria che nella realtà impedisce una visione nitida delle cose.
A partire dal disegno, Leonardo procedeva poi "rinforzando gli scuri", stendendo una base scura, dove necessario, a base di bistro, di tinta marrone rossastra e di nero, lasciando invece visibile la preparazione chiara di fondo sui soggetti più illuminati. Una serie di velature e vernici, oggi molto ossidate, imprimevano la situazione luminosa e servivano ad amalgamare tutta la composizione. Su questa preparazione il pittore avrebbe poi steso i colori. Tra le figure più avanzate spiccano quelle di destra, alle quali manca solo il colore.
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