GIOVANNI MICHELUCCI-SAN GIOVANNI BATTISTA
CHIESA SULL'AUTOSTRADA-CAMPI BISENZIO
(FIRENZE)
La chiesa di San Giovanni Battista alle porte di Firenze è chiamata anche chiesa dell'Autostrada del Sole per la sua collocazione all'incrocio fra l'[[Autostrada A1 (Italia). |autostrada del Sole]] e la A11 Firenze-Mare. Si estende in un'oasi di seimila metri quadrati (metà dei quali coperti), appena fuori dal casello di Firenze Nord. Si trova amministrativamente nel comune di Campi Bisenzio, nella frazione di Limite; dal punto di vista ecclesiastico, la chiesa è una rettoria dipendente dalla Pieve di Santo Stefano a Campi e fa parte del Vicariato di Campi Bisenzio.
La chiesa venne costruita per ricordare i numerosi caduti sul lavoro causati della costruzione dell'Autostrada del Sole. Il luogo venne scelto simbolicamente in quanto posto esattamente a metà strada tra Milano e Roma, le due città collegate dall'imponente infrastruttura. L'incarico per la realizzazione della chiesa di San Giovanni Battista viene affidato a Giovanni Michelucci nel settembre del 1960, dopo che il precedente progetto dell'ingegnere Lamberto Stoppa era stato accantonato a causa dei giudizi negativi della Soprintendenza ai monumenti e dell'Istituto internazionale di arte liturgica, del quale all'epoca faceva parte l'architetto fiorentino Raffaello Fagnoni, che spinse per l'incarico a Michelucci.
Del primitivo progetto, l'architetto pistoiese eredita l'impianto - a pianta longitudinale con battistero distaccato - e parte delle fondazioni, all'epoca già realizzate (la posa della prima pietra era stata effettuata il 13 giugno del 1960), nonché il ricco corredo iconografico definito dall'Istituto di arte liturgica ed in buona parte già commissionato agli artisti. A tal fine Michelucci ipotizza la creazione di un ampio nartece, avente da una parte la funzione di introibo alla chiesa e dall'altra quella di galleria atta ad ospitare i grandi bassorilievi raffiguranti tutte le città italiane collegate dalla nuova autostrada.
Nel dicembre del 1960, l'impianto della chiesa è già completamente definito: all'aula a croce latina si giustappongono gli assi longitudinali del nartece galleria e del percorso di accesso al battistero. Il progetto di massima di Michelucci è pronto nella primavera del 1961: in questa fase alcuni punti sono già compiutamente definiti (rapporto tra tessitura muraria in pietra e copertura in rame, connessione battistero - nartece, campanile - traliccio a sviluppo orizzontale) mentre altri necessitano di un ulteriore approfondimento, come ad esempio i pilastri di sostegno e la struttura della copertura. Relativamente ai primi, Michelucci immagina pilastri molto più esili di quelli poi realizzati (complice l'ipotesi di una copertura a struttura metallica), riguardo al tetto, invece, numerose sono le varianti proposte: per la chiesa ad esempio un insieme di cupole dal sapore orientale, per la galleria una copertura a carena di nave, per il battistero il tetto coclide.
Per giungere alla definizione volumetrica del modello definitivo di copertura, Michelucci ricorre all'ausilio di plastici in creta e bronzo: si fa progressivamente strada la soluzione della copertura - tenda a sezione iperbolica, con apice in corrispondenza dell'altare maggiore, sul cui dorso si articola un percorso ascensionale verso la croce, evidente richiamo al Golgota. Più difficile risulta la scelta del materiale e delle tecniche costruttive: in un primo momento l'architetto ipotizza, in collaborazione con l'ingegnere Giacomo Spotti, una copertura con struttura in ferro, presto abbandonata a vantaggio del cemento armato.
I lavori, affidati alla ditta Lambertini, iniziano nel luglio del 1961 e la necessità di palificazioni rende impossibile il riutilizzo delle preesistenti fondazioni: sin dall'inizio si verificano ritardi nei tempi, dovuti in parte alla complessità dell'opera, e contrasti tra Michelucci e l'ingegnere Tagliaventi, sostituito per il calcolo delle fondazioni dall'ingegnere Baulina.
È soltanto con l'affidamento del calcolo delle strutture in alzato all'architetto Enzo Vannucci (gennaio 1962) che l'edificio trova finalmente il suo volto definitivo: le murature di pietrame divengono portanti, alla stessa stregua dei pilastri che si ingrossano notevolmente sino ad assumere le fattezze di alberi, mentre la copertura in conglomerato precompresso assume l'aspetto di una vela adagiata sulle strutture portanti. Se si escludono tali varianti per i pilastri e la copertura, i disegni esecutivi sono assai vicini al progetto di massima: uniche differenze rilevanti la collocazione del traliccio orizzontale per le campane e l'eliminazione del percorso sulla copertura.
Nei primi mesi del 1962 si alzano i muri dell'edificio; durante l'estate è completata la struttura al rustico del battistero ed i muri della chiesa raggiungono l'altezza di una decina di metri. L'involucro murario è finalmente completato nella primavera del 1963. Le finiture e la sistemazione interna richiedono più tempo del previsto, fatto che comporta un'inevitabile lievitazione dei prezzi; la chiesa è finalmente inaugurata nell'aprile del 1964. Assai complessa risulta per Michelucci, che rifiuta ogni messaggio di monumentalità, la sintesi tra apparato decorativo e organismo architettonico: grazie alla mobilitazione di un gruppo di artisti ed intellettuali capeggiati da Bruno Zevi, la commissione liturgica accetta l'eliminazione di nove tele di Sciltian, che avrebbero irrevocabilmente alterato la nuda plasticità dei muri in pietra.
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