no alla pena di morte
1. LA STORIA DELLA
SETTIMANA : RAPPORTO SULLA PENA DI MORTE 2016-17 DI AMNESTY INTERNATIONAL
2. NEWS FLASH: ARKANSAS (USA): CASE
FARMACEUTICHE CONTRARIE ALL’USO DEI LORO FARMACI NELLE INIEZIONI LETALI 3. NEWS FLASH: BANGLADESH: TRE ISLAMISTI
IMPICCATI PER TERRORISMO 4. NEWS FLASH:
PUNTLAND: GIUSTIZIATI CINQUE MEMBRI DI AL SHABAAB 5. NEWS FLASH: GIAPPONE: CONDANNA A MORTE
CONFERMATA PER LA ‘VEDOVA NERA’
6. I SUGGERIMENTI
DELLA SETTIMANA : PROIEZIONE DI ‘SPES CONTRA SPEM’ IN SICILIA
RAPPORTO SULLA PENA DI MORTE 2016-17 DI AMNESTY
INTERNATIONAL
11 aprile 2017: Nel 2016, il nuovo Rapporto sulla pena di
morte registra almeno 1.032 persone che sono state messe a morte in 23 paesi.
La maggior parte delle esecuzioni è avvenuta in Cina, Iran, Vietnam, Pakistan e
Arabia Saudita.
La Cina rimane il maggior esecutore mondiale, ma la reale
entità dell’uso della pena di morte in Cina è sconosciuto, perché i dati sono
classificati come segreto di stato.
In Cina centinaia di casi documentati di pena di morte
non sono presenti nel registro giudiziario online, da subito pubblicizzato come
un “passo avanti decisivo verso l’apertura” e regolarmente citato come prova
che il sistema giudiziario cinese non ha nulla da nascondere.
Il registro in realtà contiene solo una piccola parte
delle migliaia di condanne a morte che riteniamo siano emesse ogni anno in
Cina. Sulla base di fonti pubbliche cinesi tra il 2014 e il 2016 sono state
eseguite almeno 931 condanne a morte, solo 85 delle quali sono riportate nel
registro.
Il registro, inoltre, non contiene i nomi dei cittadini
stranieri condannati a morte per reati di droga, sebbene i mezzi d’informazione
locali abbiano dato notizia di almeno 11 esecuzioni. Sono assenti anche
numerosi casi relativi a “reati di terrorismo“.
Negli ultimi anni il rischio di essere messi a morte per
reati non commessi ha suscitato allarme nell’opinione pubblica cinese. Nel
dicembre 2016 la Corte suprema del popolo ha riconosciuto l’errore giudiziario
in uno dei casi più noti, l’esecuzione di Nie Shubin, messo a morte 21 anni
prima all’età di 20 anni. Sempre lo scorso anno i tribunali cinesi hanno
riconosciuto l’innocenza di quattro condannati a morte annullandone la
sentenza.
“Il governo cinese utilizza dati parziali e fa
affermazioni non verificabili per rivendicare progressi nella riduzione del
numero delle esecuzioni e al tempo stesso mantiene un segreto quasi totale. È
un atteggiamento volutamente ingannevole”, ha commentato Salil Shetty, segretario
generale di Amnesty International nel comunicato ufficiale che commenta i
numeri del rapporto. “La Cina è una completa anomalia nel panorama mondiale
della pena di morte, non in linea con gli standard internazionali e in
contrasto con le ripetute richieste delle Nazioni Unite di conoscere il numero
delle persone messe a morte”.
Per la prima volta dal 2006, gli Usa non sono nella lista
dei primi cinque paesi al mondo per numero di esecuzioni.
Il numero di esecuzioni nel 2016, 20, rappresenta il più
basso dal 1991 ed è inferiore della metà rispetto al 1996 e di cinque volte
rispetto al 1999. Con l’eccezione del 2012, quando è rimasto uguale, il numero
delle esecuzioni continua a diminuire di anno in anno dal 2009.
Il numero delle nuove condanne a morte, 32, è stato il
più basso dal 1973: un chiaro segnale che i giudici, i procuratori e le giurie
stanno cambiando idea sulla pena di morte come strumento di giustizia.
Tuttavia, alla fine del 2016, nei bracci della morte si trovavano ancora 2832
detenuti in attesa dell’esecuzione.
Se da un lato il dibattito sulla pena di morte sta
chiaramente cambiando direzione, la diminuzione delle esecuzioni si deve anche
alle dispute legali sui protocolli d’esecuzione e ai ricorsi sull’origine delle
sostanze usate nell’iniezione letale. L’esito di questi ricorsi potrebbe però
produrre un nuovo picco di esecuzioni, a partire dall’Arkansas nel mese di
aprile, con sette esecuzioni previste in 10 giorni.
Nel 2016 solo cinque stati degli Usa hanno eseguito
condanne a morte: Alabama (2), Florida (1), Georgia (9), Missouri (1) e Texas
(7). L’80 per cento delle esecuzioni ha dunque avuto luogo in due soli stati,
Georgia e Texas. Sono 12 invece, compreso l’Arkansas, gli stati degli Usa che
mantengono la pena capitale ma che da almeno 10 anni non eseguono condanne a
morte.
“L’uso della pena di morte negli Usa è sceso ai minimi
livelli dell’inizio degli anni Novanta. Ma non dobbiamo fermarci. Le esecuzioni
potrebbero nuovamente aumentare nel corso del 2017. L’incredibile numero di
esecuzioni fissate in Arkansas nel giro di una decina di giorni ad aprile sono
un chiaro esempio di come il quadro possa cambiare”, ha commentato Shetty.
“I cinque stati degli Usa che hanno eseguito condanne a
morte lo scorso anno sono casi isolati e non sono al passo coi tempi. Sono in
contrasto non solo con la tendenza nazionale ma anche con quella del continente
americano. Da otto anni gli Usa hanno il vergognoso tratto distintivo di essere
l’unico paese nelle Americhe in cui si verificano esecuzioni“, ha concluso
Shetty.
Analizzando informazioni pubblicate dalla stampa
vietnamita per la prima volta nel febbraio 2017, negli ultimi tre anni il
Vietnam è stato il terzo paese al mondo, dopo Cina e Iran, per numero di
esecuzioni: 429 dal 6 agosto 2013 al 30 giugno 2016. Il ministero per la
Pubblica sicurezza non ha reso note le cifre relative all’anno solare 2016.
“La dimensione dell’uso della pena di morte in Vietnam è
terrificante e mette completamente in discussione le riforme approvate di
recente. Quante altre persone saranno state messe a morte nel mondo senza che
il mondo lo sapesse?”, si è chiesto Shetty.
Una segretezza del genere si riscontra in Malesia. Le
pressioni del parlamento hanno consentito di sapere che nei bracci della morte
del paese sono in attesa dell’esecuzione oltre 1000 prigionieri. Nel 2016 sono
state eseguite nove condanne a morte, più di quante si ritenesse.
Nel frattempo, l’idea che il crimine vada punito con la
pena di morte continua a mettere radici nel continente asiatico: le Filippine
stanno cercando di reintrodurla, dopo averla abolita nel 2006, e le Maldive
minacciano di riprendere le esecuzioni dopo 60 anni.
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NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH
ARKANSAS (USA): CASE FARMACEUTICHE CONTRARIE ALL’USO DEI
LORO FARMACI NELLE INIEZIONI LETALI
14 aprile 2017: Le case farmaceutiche si uniscono
all’azione legale dei condannati a morte per cercare di fermare le 7 esecuzioni
previste in Arkansas tra il 17 e il 27 aprile.
Fresenius Kabi USA, West-Ward Pharmaceuticals Corp, e
Pfizer Inc. hanno ribadito oggi di essere contrarie a che i farmaci da loro
prodotti vengano utilizzati per le iniezioni letali.
La posizione non è nuova, ma torna di attualità oggi,
dopo che Fresenius Kabi e West-Ward hanno sottoscritto una dichiarazione
formale che è stata acclusa all’azione giudiziaria dei 7 condannati a morte che
il governatore dell’Arkansas, Hutchinson, vorrebbe far giustiziare prima della
scadenza, a fine aprile, del lotto di Midazolam in possesso
dell’Amministrazione Penitenziaria.
La Pfizer invece, indicata da un articolo della
prestigiosa testata New Yorker come la produttrice del vecuronium bromide (in
italiano bromuro di vecuronio o Norcuron) che l’Arkansas prevede di usare come
secondo farmaco, interpellata dalla stampa ha detto di aver preso in
considerazione l’ipotesi di azioni legali per obbligare lo stato a riconsegnare
il farmaco acquisito irregolarmente, ma di ritenere che le azioni legali
probabilmente non raggiungerebbero l’obiettivo in tempo.
Pfizer ritiene di aver individuato nella McKesson Corp.
(uno dei maggiori distributor di farmaci degli Usa, con base a San Francisco)
l’intermediario che ha fornito il farmaco all’Arkansas, contravvenendo alle
linee guida emanate da tempo dalla casa madre.
McKesson, interpellata a sua volta dalla stampa, ha detto
di essere stata tratta in inganno dall’Amministrazione Penitenziaria, che nella
richiesta di acquisto non ha fatto cenno alle esecuzioni ed anzi ha mentito
intenzionalmente dicendo che sarebbe stato utilizzato “per uso medico”.
Sia Pfizer che McKesson hanno detto alla stampa di aver
già chiesto la restituzione del farmaco, ma finora senza risposta, e di stare
considerando a largo spettro azioni legali contro l’amministrazione
penitenziaria dell’Arkansas.
Nell’azione legale intentata dai condannati a morte
davanti a un giudice federale invece, Fresenius Kabi USA, che si ritiene sia la
produttrice del Cloruro di Potassio acquistato dall’Arkansas (il 3° farmaco)
sostiene che dopo accurate controlli può escludere che il farmaco sia stato
acquistate seguendo vie legali. Il portavoce della società, Matt Kuhn, ha detto
che sicuramente il farmaco è passato attraverso un intermediatore non
autorizzato, e che quando i farmaci prendono strade del genere non può esserci
garanzia del loro buon funzionamento perché magari sono stati trasportati o
immagazzinati senza rispettare le procedure, o per altri problemi. Un portavoce
di Hikma, la casa madre della West-Ward che avrebbe prodotto ilo Midazolam in
possesso dell’Arkansas, ha detto di aver chiesto più volte, sempre senza
successo, chiarimenti all’amministrazione penitenziaria, e anche la restituzione
del farmaco. La prossima udienza davanti al giudice federale è fissata p er venerdì 14 aprile.
BANGLADESH: TRE ISLAMISTI IMPICCATI PER TERRORISMO
12 aprile 2017: Il governo del Bangladesh ha impiccato il
leader islamista Mufti Mohammad Abdul Hannan in relazione a crimini di
terrorismo.
Hannan è stato impiccato insieme al suo collaboratore
Sharif Shahedul alias Bipul a Kashimpur, Gazipur, alle 22:01 ora locale, ha
detto ai giornalisti il ministro dell'Interno Asaduzzaman Khan.
Delwar Hossain Ripon, un altro complice del Mufti, è
stato giustiziato alla stessa ora nel carcere di Sylhet, ha aggiunto il
Ministro.
I tre erano stati condannati a morte per l'uccisione di
tre persone in un attacco bomba contro l’allora Alto Commissario britannico
Anwar Choudhury a Sylhet, nel 2004.
Due poliziotti erano morti nell’attacco coordinato da
Mufti Hannn, e l'inviato britannico era stato ferito insieme a quasi 40
dipendenti dell’amministrazione del distretto di Sylhet.
La Corte Suprema il 19 marzo di quest'anno aveva
confermato le condanne a morte per i leader della Jihad Harkat-ul al-Islami e
più tardi aveva respinto le loro richieste di rivedere la decisione, dicendo
che non potevano essere assolti avendo commesso crimini premeditati.
Mufti Hannan è stato impiccato anche per l'uccisione di
10 persone e il ferimento di decine con un attentato esplosivo a capodanno
2001.
Mufti Hannan aveva abbracciato la militanza radicale
durante gli studi in una madrassa in Pakistan.
Era stato arrestato a Dacca il 1° ottobre 2005.
PUNTLAND: GIUSTIZIATI CINQUE MEMBRI DI AL SHABAAB
8 aprile 2017: Un tribunale militare della regione
semi-autonoma somala del Puntland ha giustiziato cinque presunti membri di Al
Shabaab a Bossaso, città portuale nel Golfo di Aden, ha riportato Garowe
Online.
Parlando a Radio Garowe (RG), il Giudice Capo dei
tribunali militari, Abdifatah Haji Adan, ha detto che un plotone ha fucilato i
cinque che erano stati condannati per aver partecipato agli omicidi di diversi
funzionari del governo, avvenuti a Bossaso.
Adan ha aggiunto che erano stati accusati di essere
legati al gruppo di Al Shabaab, affiliato ad Al Qaida.
Nel mese di febbraio, il tribunale militare aveva
condannato a morte 7 sospetti, ma la corte d'appello aveva stabilito la
commutazione in ergastolo per 2 imputati, secondo Adan.
Il giudice ha detto a RG che ci sono nelle carceri altri
sospetti di Al Shabaab condannati a morte, per lo più catturati nelle aree di
Suuj e Garmal negli scontri con le forze governative nel marzo 2016.
“Saranno giustiziati anche quei detenuti”, ha aggiunto
Adan.
Alla fine dello scorso anno, la città di Bossaso ha
assistito a un'ondata di attacchi terroristici contro i funzionari del
Puntland, commessi da uomini armati che hanno ucciso il terzo vice comandante
delle forze di polizia, il Direttore del Palazzo Presidenziale di Bossaso e il
Procuratore Generale dei tribunali militari del Puntland.
E’ la prima volta che l'attuale amministrazione del
Puntland mette a morte membri di Al Shabaab.
GIAPPONE: CONDANNA A MORTE CONFERMATA PER LA ‘VEDOVA
NERA’
14 aprile 2017: la Corte Suprema del Giappone ha
confermato la condanna a morte di una donna di 42 anni riconosciuta colpevole
degli omicidi di tre uomini conosciuti online nella zona di Tokyo nel 2009.
Sebbene Kanae Kijima si fosse dichiarata non colpevole
per gli omicidi, la Corte ha stabilito che ha ucciso tutti e tre gli uomini -
Takao Terada 53 anni, Kenzo Ando, 80, e Yoshiyuki Oide, 41 - tra gennaio e agosto
del 2009.
I tribunali di grado inferiore hanno riconosciuto Kijima,
che nel braccio della morte ha cambiato il suo cognome in Doi, come autrice
degli omicidi, principalmente sulla base di prove circostanziali, respingendo
la tesi del difensore secondo cui le vittime si potrebbero essere suicidate o
essere morte accidentalmente. La causa della morte nei tre casi è stata
avvelenamento da monossido di carbonio.
Nel marzo 2012, il Tribunale distrettuale di Saitama l’ha
riconosciuta colpevole di omicidio e l'ha condannata a morte, come richiesto
dalla pubblica accusa, dicendo che aveva acquistato tavolette di carbone e
sonniferi, predisposto stufe ed era rimasta con ogni uomo fino a poco prima che
morisse.
Nel marzo 2014, l'Alta Corte di Tokyo ha confermato la
condanna a morte, dicendo che la donna ha commesso i crimini per mantenere uno
stile di vita lussuoso.
Kijima è l'ultimo esempio in Giappone di donne coinvolte
nella morte di numerosi partner - definite “vedove nere” come il ragno femmina
che divora il maschio dopo l'accoppiamento.
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