BASILICA DELLA SS ANNUNZIATA
FIRENZE
La chiesa della SS. Annunziata fu in origine un oratorio, con annesso ospizio, eretto nel luogo detto “Cafaggio”, in cui i Padri Serviti del Monte Senario abitavano quando venivano in città. La sua costruzione si fa risalire ad un evento miracoloso narrato in un celebre aneddoto che di seguito riporto.
Si narra che nel 1252 i Padri Serviti incaricarono un pittore, tale Frà Bartolomeo, di dipingere in una parete dell’ Oratorio, una rappresentazione dell’ Annunciazione di Maria. Secondo la tradizione, arrivato vicino al compimento dell’ opera, e rimanendo da dipingere soltanto il volto, il pittore rimase perplesso su come rappresentare un viso adeguato alla Vergine Maria. In queste ambasce si addormentò e, al suo risveglio, il dipinto era miracolosamente completo, dipinto “da mano angelica”.
L’ immagine miracolosa richiamò un così grande concorso di popolo, venuto per venerarla, che i Padri Serviti decisero che l’ Oratorio fosse ormai troppo angusto, e vollero l’ edificazione della nuova magnifica chiesa che si osserva al presente.
Un altro aneddoto, a metà fra storia e leggenda, spiega il motivo per cui fu fondato l’ Oratorio di Santa Maria di Cafaggio. Secondo la tradizione, è in questo luogo detto Cafaggio che si sarebbe accampato inutilmente l’ imperatore Arrigo IV nel corso dell’ assedio portato contro la città di Firenze nel 1082. Pare che in seguito, a memoria della battaglia vinta, i fiorentini avessero deciso di edificare un Oratorio proprio in quel Cafaggio dove sorgerà successivamente la famosa Basilica.
L’ Oratorio su cui sorse la Basilica si chiamava in origine Santa Maria di Cafaggio, dal toponimo del luogo sul quale sorgeva. Sembra che il nome abbia due possibili etimologie.
In primis, sembra derivare da “Campo del Faggio” (Campus Fagi – che si contrae in Cafagi), ad imitazione della crasi che avviene del caso di Careggi, che deriverebbe da Campus Regis, o nel caso di Camaiore, che deriva da Campus Maior. In quest’ ultimo caso è documentato in maniera incontrovertibile come il nome derivi effettivamente dalla presenza, nel luogo in cui si trova oggi il centro-città, dell’ accampamento romano di forma qaudrangolare suddiviso da un cardo e da un decumano. In questo contesto, cafagi o cafagium è la dicitura appropriata, in latino, per un campo o appezzamento di terreno la cui delimitazione avviene grazie a filari di faggi che corrono lungo i confini.
In secondo luogo, il toponimo si è fatto risalire da un termine longobardo: la parola gahagi, che significa “terreno riservato, bandito”. Sulla sussistenza di un termine siffato non ci possono essere dubbi, visto che esiste ancora oggi, nella lingua tedesca, il termine gehege (praticamente identico alla forma in oggetto), con lo stesso significato di “recinto, steccato”. Questo termine è documentato in diverse varianti nel tempo: appare infatti come gahagium nell’ editto di Rotari, ma sono presenti, in documenti della stessa epoca, anche kahagi e cahagio. Mi risulta peraltro (Toponomastica italiana di Giovan Battista Pellegrini) che la forma che inizia in “k” o in “c”, è proprio quella tipica della Toscana, in cui il termine germanico, pronunciato con un’ “h” fortemente aspirata che si trasforma in “f”, diviene per l’ appunto cafagio.
Interessante notare, al proposito, che la toponomastica toscana e non solo, è piena di luoghi che si chiamano “cafaggio” oppure con una delle sue varianti. Nella sola valle dell’ Arno sono censiti ben 60 tra Cafaggio, Caggio e Cafaggiolo. Altrettanti sono presenti nelle valli del Serchio e della Lima. Gaggio è presente sull’ Appennino Tosco-Emiliano, mentre le forme Gaggia, Cafaio e Gazzo sono solo alcune delle varianti che si trovano sparse nel resto della penisola.
Ora, visto che la larga presenza di questo toponimo nella penisola, mi sembra tuttavia limitato alle zone di influenza longobarde (significativo il fatto che la sua diffusione in Campania sia limitata al beneventano, dove i Longobradi avevano un importante ducato), propenderei per la seconda ipotesi: il termine sembra derivare direttamente dall’ ingresso del termine germanico nel volgare italiano.
Vista però la somiglianza strutturale dei due termini e l’ identico ambito semantico, la cosa più verosimile è che, in realtà, l’ una cosa derivi dall’ altra, ragion per cui le ipotesi sono vere entrambi. Per la precisione, sarei propenso a dire che il termine germanico, che è antecedente diretto della volgarizzazione italica, derivi a sua volta della tradizione latina “Ca-fagi“: in questo caso, la “f” mediana sarebbe divenuta prima una “h” aspirata, e poi di nuovo un “f”, seguendo le successive ondate di dominazione, che vedono prima i Romani raggiungere le terre germaniche fino al Reno, e solo successivamente i popoli di lingua germanica occupare la penisola.
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