NO ALLA PENA DI MORTE
1. LA STORIA DELLA
SETTIMANA : NESSUNO TOCCHI CAINO CHIEDE INTERVENTO DEL GOVERNO ITALIANO SU CASO
DJALALI 2. NEWS FLASH: IRAN: COMMUTATE
CONDANNE CAPITALI DI SEI MINORI 3. NEWS
FLASH: SIRIA: AMNESTY, ‘IN 5 ANNI 13MILA IMPICCAGIONI SEGRETE IN PRIGIONE’
4. NEWS FLASH:
MAROCCO: NIENTE PIÙ PENA DI MORTE PER GLI APOSTATI 5. NEWS FLASH: VIETNAM: PRESTO 5 NUOVE STRUTTURE
PER LE INIEZIONI LETALI 6. I
SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA :
NESSUNO TOCCHI CAINO CHIEDE INTERVENTO DEL GOVERNO
ITALIANO SU CASO DJALALI
6 febbraio 2017: In una lettera aperta rivolta al
Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e al Ministro degli Esteri Angelino
Alfano, i dirigenti dell’associazione Nessuno tocchi Caino Sergio D’Elia ed
Elisabetta Zamparutti (Segretario e Tesoriere) chiedono al Governo italiano di
intervenire sul caso del ricercatore iraniano Ahmadreza Djalai.
Nella lettera, i dirigenti radicali ricordano di avere,
in questi anni di rafforzamento delle relazioni tra il nostro Paese e quel
regime, sempre portato a conoscenza del Governo i dati sul numero delle
esecuzioni e richiamano il terrificante ritmo a cui ha ripreso a lavorare, dopo
il rallentamento del 2016, il boia in Iran con almeno 87 persone giustiziate,
minorenni al momento del fatto compresi, in questo primo mese di gennaio del
2017.
Nel chiedere l’intervento del Governo italiano sul caso
di Ahmadreza Djalali, un medico ricercatore 45enne iraniano che è a rischio di
imminente esecuzione in Iran, con l’accusa di collaborazione con Paesi nemici e
che ha lavorato anche nel nostro Paese, D’Elia e Zamparutti scrivono: “Noi
pensiamo, con il Partito Radicale Nonviolento, Transnazionale e Transpartito,
impegnato oggi per una comune transizione verso la piena affermazione dello
Stato di Diritto, che casi come quello di Ahmadreza Djalali, che non è un caso
isolato, sia di grande attualità politica perché riguarda i diritti umani
fondamentali, riguarda il diritto alla libertà della e nella cultura, riguarda
insomma gli antidoti ai totalitarismi nelle loro forme contemporanee ed i loro
continui e sempre più oppressivi tentativi egemonici.”
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NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH
IRAN: COMMUTATE CONDANNE CAPITALI DI SEI MINORI
9 febbraio 2017: l'Iran ha commutato le condanne a morte
di sei minorenni, dopo le critiche ricevute dall’Onu per le esecuzioni a
"un ritmo senza precedenti" di prigionieri che avevano commesso il
crimine da minorenni.
I pubblici ministeri avevano chiesto alla magistratura di
riconsiderare 10 casi, ha detto il procuratore capo di Teheran, Abbas Jafari
Dolatabadi, riportato dal giornale Shahrvand.
"Sei richieste sono state accettate e le relative
condanne a morte commutate", ha detto.
Le convenzioni internazionali vietano la pena di morte
per reati commessi da minori, tuttavia la legge iraniana consente esecuzioni di
questi detenuti una volta raggiunta l’età di 18 anni.
La legge iraniana permette anche la commutazione di
condanne a morte in risarcimento alle famiglie delle vittime qualora sia
accertato che i giovani rei non abbiano capito appieno la gravità delle loro
azioni.
Lo Shahrvand non ha specificato cosa la magistratura
abbia deciso negli altri quattro casi.
La scorsa settimana, esperti di diritti umani delle
Nazioni Unite hanno rivolto un appello all'Iran per annullare l’incombente
esecuzione di Hamid Ahmadi, che aveva 17 anni quando fu condannato a morte nel
2009 per aver accoltellato a morte un giovane durante una lite.
Hanno aggiunto che il mese scorso sono intervenuti per
fermare l'esecuzione di un altro minorenne, e di aver appreso troppo tardi che
altri due minori erano stati impiccati il 15 e 18 gennaio.
SIRIA: AMNESTY, ‘IN 5 ANNI 13MILA IMPICCAGIONI SEGRETE IN
PRIGIONE’
7 febbraio 2017: In cinque anni sono state circa 13mila
le persone impiccate, in segreto, in un carcere militare siriano. A denunciare
la 'politica di sterminio' del regime di Assad è Amnesty International, secondo
cui tra il 2011 e il 2015, in un istituto del governo vicino Damasco, è stata
portata avanti una 'campagna mostruosa di atrocità'.
In un rapporto pubblicato oggi, in cui si riporta l'esito
di interviste a 84 testimoni, tra cui guardie, prigionieri e giudici, Amnesty
segnala che almeno una volta alla settimana tra il 2011 e il 2015 gruppi fino a
50 persone sono stati presi dalle loro celle per processi arbitrari, picchiati
e poi impiccati "nella notte, in totale segretezza." "Durante
tutto questo processo, i prigionieri vengono bendati. Non sanno quando e come
moriranno fino a quando la corda sarà infilata attorno al loro collo", ha
denunciato l'ong.
La maggior parte delle vittime è composta da civili,
percepiti come oppositori del governo del presidente Bashar al Assad. "Li
lasciano appesi da 10 a 15 minuti", ha testimoniato un ex giudice che ha
assistito alle esecuzioni. "Per quanto riguarda i più giovani, quando il
loro peso non è sufficiente per farli morire, intervengono gli assistenti del
boia che li tirano verso il basso finché non gli si spezza il collo".
Per Amnesty si tratta di crimini di guerra e crimini
contro l'umanità che, con ogni probabilità, sono ancora attuali. Migliaia di
prigionieri sono detenuti nella prigione militare di Saydnaya, una delle
prigioni più importanti del Paese, situata a 30 chilometri a nord da Damasco.
L'ong accusa il governo siriano di condurre una
"politica di sterminio", torturando regolarmente i detenuti e
privandoli di acqua, cibo e medicine. I prigionieri, secondo Amnesty, sono
stati abusati o costretti a violenze reciproche. Nel carcere, inoltre, sarebbero
state applicate delle 'regole speciali': ai detenuti non era permesso parlare e
dovevano assumere posizioni particolari quando le guardie entravano nella loro
cella.
Un ex soldato ha raccontato che era possibile sentire il
'gorgoglio' dei prigionieri in punto di morte nella camera di esecuzione al
piano di sotto. "Se tenevamo le orecchie incollate a terra, sentivamo una
specie di gorgoglio", ha confermato Hamid, arrestato nel 2011.
"Abbiamo dormito con il rumore delle persone che morivano d'asfissia sullo
sfondo. Era normale per me in quel periodo".
MAROCCO: NIENTE PIÙ PENA DI MORTE PER GLI APOSTATI
6 febbraio 2017: il Consiglio religioso degli Ulema ha
riscritto in Marocco le norme sull'apostasia stabilendo che non rischia più la
pena di morte chi vuole abbandonare l’Islam, ha riportato il sito Morocco World
News.
Il sito ha reso noto il contenuto del documento dal
titolo 'La Via degli Eruditi', firmato dai saggi dell'alto comitato religioso.
Secondo le regole in vigore nei paesi musulmani, l'apostata è condannato a
morte. È vietato anche fare proseliti tra i fedeli di Maometto, se si è di
altre confessioni.
Il documento degli Ulema marocchini supera uno dei nodi
cruciali dell'Islam, in linea con un paese che rispetta da sempre il pluralismo
religioso e che, per volere del sovrano, il re Mohammed VI, ha deciso di
muovere guerra all'estremismo.
Nel Corano non si parla di conversione, tanto meno di
apostasia. C'è soltanto un racconto della vita del Profeta, uno dei numerosi su
cui si basa la Sunna, seconda fonte della legge islamica, dopo il Corano, che
attribuirebbe a Maometto la frase: "Chi cambia religione,
uccidetelo".
Nel 2012, per rispondere ad una questione giuridica
sollevata sul tema, il Consiglio degli Ulema aveva dato una risposta, una
fatwa, in linea con gli altri paesi musulmani. Ai tempi, quella decisione aveva
suscitato perplessità. Il Marocco per ragioni storiche è un paese
multiculturale, aperto anche alle altre religioni. Ma s'era dovuto adeguare,
almeno dal punto di vista religioso. La giustizia penale non si è allineata,
anche se in Marocco vige la pena di morte. Chi tra i marocchini voleva
convertirsi, doveva uscire dal paese per non rischiare.
Oggi gli Ulema tornano sulla questione e in punta di
diritto rinnegano quella loro precedente fatwa per ritrovare la strada di un
Islam aperto e più fedele al Corano, in linea con una lettura storica dei testi
sacri. "La comprensione più accurata, e la più coerente con la
legislazione islamica e la Sunna del Profeta, è che l'uccisione dell'apostata
significava l'uccisione del traditore del gruppo, l'equivalente di tradimento
nel diritto internazionale, gli apostati in quell'epoca rappresentavano i
nemici della Umma (Comunità) proprio perché potevano rivelare segreti agli
avversari".
VIETNAM: PRESTO 5 NUOVE STRUTTURE PER LE INIEZIONI LETALI
9 febbraio 2017: altre cinque strutture per praticare le
iniezioni letali saranno presto costruite in Vietnam, ha annunciato il
Ministero della Pubblica Sicurezza.
Un rapporto del Ministero ha reso noto che a partire
dalla prima iniezione letale nell’agosto 2013, 429 prigionieri sono stati
giustiziati con questo metodo fino a luglio 2016 in cinque impianti ad Hanoi,
Ho Chi Minh City, Nghe An, Son La, e Dak Lak.
L'Assemblea Nazionale vietnamita ha modificato il codice
penale nel 1999 e nel 2009 riducendo il numero di reati punibili con la morte
da 44 a 22. Tuttavia, il numero di condanne a morte, in particolare per reati
di droga, omicidio e stupro, non è diminuito per diverse ragioni, dice la nota.
Ci sono stati 1.134 criminali condannati a morte in
cinque anni, tra il 1°luglio 2011 e il 30 giugno 2016.
Secondo il Ministero, ci sono state molte difficoltà nel
praticare iniezioni letali al posto della fucilazione in questo periodo di
prova, soprattutto per ottenere i farmaci letali e mantenere in carcere centinaia
di condannati a morte.
"Si tratta certamente di un metodo più umano di
esecuzione che provoca meno dolore al condannato e alla sua famiglia, e allevia
la pressione sul boia, ha sostenuto il Ministero.
L'iniezione conterrà tre sostanze – sodio tiopentale, un
anestetico; bromuro di pancuronio, un rilassante muscolare; e cloruro di
potassio, per fermare il cuore.
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