NO ALLA PENA DI MORTE
1. LA STORIA DELLA
SETTIMANA : NESSUNO TOCCHI CAINO CON IL PARTITO RADICALE TRANSAZIONALE
RICORDANO PASQUALE SQUITIERI 2. NEWS
FLASH: GAZA: SEI CONDANNE ALL’IMPICCAGIONE PER SPIONAGGIO 3. NEWS FLASH: SINGAPORE: DUE PAKISTANI
CONDANNATI ALL’IMPICCAGIONE PER OMICIDIO 4.
NEWS FLASH: USA: CORTE SUPREMA ANNULLA CONDANNA A MORTE DI DUANE BUCK
PER DIFESA INADEGUATA 5. NEWS FLASH:
MALESIA: CONDANNATO A MORTE PER TRAFFICO DI CANNABIS 6. I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA :
NESSUNO TOCCHI CAINO CON IL PARTITO RADICALE
TRANSAZIONALE RICORDANO PASQUALE SQUITIERI
19 febbraio 2017: Pasquale Squitieri ha accompagnato
Nessuno tocchi Caino e il Partito Radicale Transnazionale nella campagna
“Nessuno tocchi Saddam”, elaborando un concetto semplice e geniale: “I grandi testimoni
della storia non devono essere uccisi. Devono essere protetti, e attendere che
raccontino”.
Nella conferenza stampa nella sede del Partito Radicale
disse una cosa in più: “Chi ha interesse a uccidere i testimoni? Il mafioso, il
malavitoso...”. Questa era la parte “radicale” di Pasquale, quella coraggiosa,
controcorrente, a suo agio negli interstizi della storia e non all’interno del
main stream, della grande corrente dove nuotano tutti, e dove tutto viene
semplificato, addolcito.
Pasquale, con il suo impegno a contrastare, attraverso il
racconto e l’arte, la continua riscrittura della storia che fanno i vincitori,
ma anche i perdenti quando ne hanno l’occasione, è stato un prezioso compagno
di viaggio per il Partito Radicale, un “doppia tessera” naturale, istintivo,
con una generosità al limite della prodigalità che lo portava a condividere
quel poco che gli interessava avere: il senso morale della storia e del modo
che ha un uomo di attraversarla e lasciarsene attraversare.
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NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH
GAZA: SEI CONDANNE ALL’IMPICCAGIONE PER SPIONAGGIO
19 febbraio 2017: sei residenti di Gaza sono stati
condannati all'impiccagione per aver passato informazioni a Israele, hanno stabilito
due tribunali militari di Hamas.
Tre uomini sono stati condannati a morte dal tribunale
militare permanente, mentre le condanne capitali degli altri tre sono state
confermate dalla Corte Suprema militare, si apprende da un comunicato comparso
sul sito web del Ministero degli Interni di Gaza.
Questi verdetti portano il numero dei prigionieri nel
braccio della morte a 10.
Sempre il 19 febbraio, altre sette persone hanno ricevuto
pene detentive che vanno da 12 a 17 anni, sempre per spionaggio a favore di
Israele.
Inoltre, la Corte Suprema militare ha accolto l’appello
di un 24enne che era stato condannato a morte per spionaggio, condannandolo a
un periodo imprecisato di lavori forzati in prigione.
(Fonti: timesofisrael.com, AP, AFP, 19/02/2017) Per saperne
di piu' :
SINGAPORE: DUE PAKISTANI CONDANNATI ALL’IMPICCAGIONE PER
OMICIDIO
17 febbraio 2017: due cittadini pakistani sono stati
condannati all’impiccagione a Singapore per aver ucciso un connazionale,
smembrandone poi il corpo.
I venditori su strada di fazzolettini Rasheed Muhammad,
45 anni, e Ramzan Rizwan, 28 anni, sono stati condannati per aver soffocato il
loro collega pakistano Muhammad Noor, 59 anni, nel loro alloggio nel 2014,
facendo a pezzi il corpo con delle seghe per meglio nasconderlo.
Le condanne a morte sono state emesse dal giudice
dell’Alta Corte Choo Han Teck.
Rasheed e Ramzan, che erano arrivati a Singapore nel
maggio 2014, litigarono con la vittima quando tentarono di farsi ridare una
somma di denaro che avevano perso giocando a carte.
I due accusati si sono addossati a vicenda la
responsabilità dell’omicidio.
Sia Rasheed, padre di otto figli, che Ramzan, padre di
tre figli, presenteranno appello, hanno detto alla AFP i loro avvocati.
Singapore ha giustiziato quattro persone nel 2015, una
per omicidio e tre per reati di droga, secondo le statistiche
dell’amministrazione carceraria.
USA: CORTE SUPREMA ANNULLA CONDANNA A MORTE DI DUANE BUCK
PER DIFESA INADEGUATA
22 febbraio 2017: la Corte Suprema degli Stati Uniti ha
annullato 6-2 la condanna a morte di Duane Buck, 53 anni, nero, a causa di una
testimonianza “razzista”.
Buck venne condannato a morte nel 1997 con l’accusa di
aver ucciso, nel 1995, la ex fidanzata Debra Gardner, e un amico della donna,
Kenneth Butler.
La legge capitale del Texas prevede che per chiedere la
pena di morte la pubblica accusa debba dimostrare che l’imputato rappresenta
una minaccia anche futura per la società. Per contrastare la pubblica accusa,
il difensore di Buck ritenne di utilizzare la testimonianza di uno psicologo,
il dr. Walter Quijano, il quale però disse che l’imputato, in quanto
appartenente alla razza nera, aveva più probabilità rispetto ad altri di
compiere ancora atti di violenza.
I nuovi difensori di Buck avevano chiesto alla corte di
annullare la condanna a morte (non il verdetto di colpevolezza) per via
dell’inadeguata assistenza legale ricevuta all’epoca dall’imputato.
Nell’opinione di maggioranza della Corte si legge: “Nessun avvocato competente
introdurrebbe un argomento del genere a difesa del proprio cliente”.
La Corte ha poi stigmatizzato che una persona possa
essere punita per quello che è, non per quello che ha fatto, e che irrogare
punizioni in base ad un principio immutabile come l’appartenenza razziale
contravviene ai principi cardine della giustizia.
Il caso è arrivato davanti alla Corte Suprema perché le
corti precedenti avevano respinto i ricorsi sostenendo che c’era stato sì un
riferimento alla razza dell’imputato, ma breve, non insistita, e senza effetti
sul bilancio complessivo del processo. Questa impostazione è stata smentita
dalla Corte, che così ha concluso: “Quando una giuria popolare ascolta la
testimonianza di un esperto che mette in un collegamento diretto l’appartenenza
di un imputato ad una razza in una questione di vita o di morte, l’impatto di
quella testimonianza non può essere misurato nella sua durata in aula, o in
quante pagine occupi nel fascicolo processuale. Alcune tossine possono essere
mortali anche in piccole dosi”.
MALESIA: CONDANNATO A MORTE PER TRAFFICO DI CANNABIS
19 febbraio 2017: un uomo è stato condannato a morte
dall’Alta Corte di Muar, in Malesia, per aver trafficato cannabis nel marzo
dello scorso anno a Taman Puteri, nel distretto di Kluang.
La condanna a morte contro il 36enne R. Karuppu Samy è
stata pronunciata dal giudice Muhammad Jamil Hussin, secondo cui l’imputato si
è limitato a negare di conoscere il contenuto della scatola in cui furono
trovati dalle autorità 657 g di cannabis.
La sentenza è stata emessa ai sensi della Legge sulle
Sostanze Pericolose, Sezione 39B(1)(a), che comporta la pena capitale in caso
di colpevolezza.
La pubblica accusa è stata condotta da Rasyidah Murni
Adzmi mentre l’imputato era difeso dall’avvocato Salmi Hamdan Sabran.
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