sabato 25 febbraio 2017

         nessuno  tocchi   Caino                
  NO  ALLA  PENA  DI  MORTE   

1.  LA STORIA DELLA SETTIMANA : NESSUNO TOCCHI CAINO CON IL PARTITO RADICALE TRANSAZIONALE RICORDANO PASQUALE SQUITIERI 2.  NEWS FLASH: GAZA: SEI CONDANNE ALL’IMPICCAGIONE PER SPIONAGGIO 3.  NEWS FLASH: SINGAPORE: DUE PAKISTANI CONDANNATI ALL’IMPICCAGIONE PER OMICIDIO 4.  NEWS FLASH: USA: CORTE SUPREMA ANNULLA CONDANNA A MORTE DI DUANE BUCK PER DIFESA INADEGUATA 5.  NEWS FLASH: MALESIA: CONDANNATO A MORTE PER TRAFFICO DI CANNABIS 6.  I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA :


NESSUNO TOCCHI CAINO CON IL PARTITO RADICALE TRANSAZIONALE RICORDANO PASQUALE SQUITIERI


19 febbraio 2017: Pasquale Squitieri ha accompagnato Nessuno tocchi Caino e il Partito Radicale Transnazionale nella campagna “Nessuno tocchi Saddam”, elaborando un concetto semplice e geniale: “I grandi testimoni della storia non devono essere uccisi. Devono essere protetti, e attendere che raccontino”.
Nella conferenza stampa nella sede del Partito Radicale disse una cosa in più: “Chi ha interesse a uccidere i testimoni? Il mafioso, il malavitoso...”. Questa era la parte “radicale” di Pasquale, quella coraggiosa, controcorrente, a suo agio negli interstizi della storia e non all’interno del main stream, della grande corrente dove nuotano tutti, e dove tutto viene semplificato, addolcito.
Pasquale, con il suo impegno a contrastare, attraverso il racconto e l’arte, la continua riscrittura della storia che fanno i vincitori, ma anche i perdenti quando ne hanno l’occasione, è stato un prezioso compagno di viaggio per il Partito Radicale, un “doppia tessera” naturale, istintivo, con una generosità al limite della prodigalità che lo portava a condividere quel poco che gli interessava avere: il senso morale della storia e del modo che ha un uomo di attraversarla e lasciarsene attraversare.


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NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH

GAZA: SEI CONDANNE ALL’IMPICCAGIONE PER SPIONAGGIO
19 febbraio 2017: sei residenti di Gaza sono stati condannati all'impiccagione per aver passato informazioni a Israele, hanno stabilito due tribunali militari di Hamas.
Tre uomini sono stati condannati a morte dal tribunale militare permanente, mentre le condanne capitali degli altri tre sono state confermate dalla Corte Suprema militare, si apprende da un comunicato comparso sul sito web del Ministero degli Interni di Gaza.
Questi verdetti portano il numero dei prigionieri nel braccio della morte a 10.
Sempre il 19 febbraio, altre sette persone hanno ricevuto pene detentive che vanno da 12 a 17 anni, sempre per spionaggio a favore di Israele.
Inoltre, la Corte Suprema militare ha accolto l’appello di un 24enne che era stato condannato a morte per spionaggio, condannandolo a un periodo imprecisato di lavori forzati in prigione.
(Fonti: timesofisrael.com, AP, AFP, 19/02/2017) Per saperne di piu' :

SINGAPORE: DUE PAKISTANI CONDANNATI ALL’IMPICCAGIONE PER OMICIDIO
17 febbraio 2017: due cittadini pakistani sono stati condannati all’impiccagione a Singapore per aver ucciso un connazionale, smembrandone poi il corpo.
I venditori su strada di fazzolettini Rasheed Muhammad, 45 anni, e Ramzan Rizwan, 28 anni, sono stati condannati per aver soffocato il loro collega pakistano Muhammad Noor, 59 anni, nel loro alloggio nel 2014, facendo a pezzi il corpo con delle seghe per meglio nasconderlo.
Le condanne a morte sono state emesse dal giudice dell’Alta Corte Choo Han Teck.
Rasheed e Ramzan, che erano arrivati a Singapore nel maggio 2014, litigarono con la vittima quando tentarono di farsi ridare una somma di denaro che avevano perso giocando a carte.
I due accusati si sono addossati a vicenda la responsabilità dell’omicidio.
Sia Rasheed, padre di otto figli, che Ramzan, padre di tre figli, presenteranno appello, hanno detto alla AFP i loro avvocati.
Singapore ha giustiziato quattro persone nel 2015, una per omicidio e tre per reati di droga, secondo le statistiche dell’amministrazione carceraria.


USA: CORTE SUPREMA ANNULLA CONDANNA A MORTE DI DUANE BUCK PER DIFESA INADEGUATA
22 febbraio 2017: la Corte Suprema degli Stati Uniti ha annullato 6-2 la condanna a morte di Duane Buck, 53 anni, nero, a causa di una testimonianza “razzista”.
Buck venne condannato a morte nel 1997 con l’accusa di aver ucciso, nel 1995, la ex fidanzata Debra Gardner, e un amico della donna, Kenneth Butler.
La legge capitale del Texas prevede che per chiedere la pena di morte la pubblica accusa debba dimostrare che l’imputato rappresenta una minaccia anche futura per la società. Per contrastare la pubblica accusa, il difensore di Buck ritenne di utilizzare la testimonianza di uno psicologo, il dr. Walter Quijano, il quale però disse che l’imputato, in quanto appartenente alla razza nera, aveva più probabilità rispetto ad altri di compiere ancora atti di violenza.
I nuovi difensori di Buck avevano chiesto alla corte di annullare la condanna a morte (non il verdetto di colpevolezza) per via dell’inadeguata assistenza legale ricevuta all’epoca dall’imputato. Nell’opinione di maggioranza della Corte si legge: “Nessun avvocato competente introdurrebbe un argomento del genere a difesa del proprio cliente”.
La Corte ha poi stigmatizzato che una persona possa essere punita per quello che è, non per quello che ha fatto, e che irrogare punizioni in base ad un principio immutabile come l’appartenenza razziale contravviene ai principi cardine della giustizia.
Il caso è arrivato davanti alla Corte Suprema perché le corti precedenti avevano respinto i ricorsi sostenendo che c’era stato sì un riferimento alla razza dell’imputato, ma breve, non insistita, e senza effetti sul bilancio complessivo del processo. Questa impostazione è stata smentita dalla Corte, che così ha concluso: “Quando una giuria popolare ascolta la testimonianza di un esperto che mette in un collegamento diretto l’appartenenza di un imputato ad una razza in una questione di vita o di morte, l’impatto di quella testimonianza non può essere misurato nella sua durata in aula, o in quante pagine occupi nel fascicolo processuale. Alcune tossine possono essere mortali anche in piccole dosi”.


MALESIA: CONDANNATO A MORTE PER TRAFFICO DI CANNABIS
19 febbraio 2017: un uomo è stato condannato a morte dall’Alta Corte di Muar, in Malesia, per aver trafficato cannabis nel marzo dello scorso anno a Taman Puteri, nel distretto di Kluang.
La condanna a morte contro il 36enne R. Karuppu Samy è stata pronunciata dal giudice Muhammad Jamil Hussin, secondo cui l’imputato si è limitato a negare di conoscere il contenuto della scatola in cui furono trovati dalle autorità 657 g di cannabis.
La sentenza è stata emessa ai sensi della Legge sulle Sostanze Pericolose, Sezione 39B(1)(a), che comporta la pena capitale in caso di colpevolezza.

La pubblica accusa è stata condotta da Rasyidah Murni Adzmi mentre l’imputato era difeso dall’avvocato Salmi Hamdan Sabran. 

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