no alla pena di morte...........................
ARABIA SAUDITA: 55 ESECUZIONI DA INIZIO ANNO
28 gennaio 2016: un uomo è stato giustiziato per omicidio
in Arabia Saudita, giunge così a 55 il numero dei detenuti messi a morte nel
Regno da inizio anno, sulla base di un conteggio tenuto dalla Afp.
In una nota, il Ministero degli Interni ha identificato
l’uomo come Owaidhah al-Saadi, di nazionalità saudita, la cui decapitazione è
avvenuta nella regione sud-occidentale di Aseer.
Era stato riconosciuto colpevole dell’omicidio di un
connazionale, commesso con arma da fuoco a seguito di una lite.
Sempre secondo la Afp, lo scorso anno 153 persone sono
state giustiziate in Arabia Saudita, sopratutto per traffico di droga e
omicidio.
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NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH
LIBERIA: TRE CONDANNATI ALL’IMPICCAGIONE PER OMICIDIO
27 gennaio 2016: il Tribunale del secondo circuito
giudiziario della contea di Grand Bassa, in Liberia, ha condannato tre persone
all’impiccagione in relazione all’omicidio di Nimely Tarr, commesso ad agosto
2014 per scopo rituale. Secondo il tribunale, Samuel Targbehn, Emmanuel Juludoe
e James Reeves avrebbero asportato parti del corpo della vittima, compresi
organi interni.
I tre sono residenti nella città di Paytoe, nel distretto
1 della contea di Grand Bassa.
Erano stati incriminati per il reato di omicidio dal Gran
Jury il 2 marzo 2015 ai sensi del Titolo 26, Capitolo 14, Sezione 14.1 del
Codice Penale della Liberia.
Gli imputati avrebbero ricevuto 200 dollari da una
persona non identificata in cambio delle parti umane.
Secondo l'accusa, il 9 agosto 2014, Nimely Tarr lasciò la
sua residenza di Woe Town per Paytoe Town, dove incontrò i tre uomini, che lo
attirarono in una vicina fattoria di canna da zucchero e lo uccisero a sangue
freddo.
La sentenza dice che gli imputati hanno ammesso di aver
ricevuto 200 dollari in cambio di parti umane da usare in un rito e che saranno
impiccati nel cimitero di Upper Buchanan tra le 6 di mattina e le 18.
Lo Stato era rappresentato da Samuel K. Jacob mentre gli
imputati erano difesi da Paul P. Jarvan, che ha già annunciato di voler
presentare appello alla Corte Suprema.
EMIRATI ARABI: CONDANNATO A MORTE NONOSTANTE IL PERDONO
DEI FAMILIARI
28 gennaio 2016: una corte di appello di Ras Al Khaimah,
negli Emirati Arabi Uniti, ha condannato a morte un uomo di origine araba per l’omicidio della moglie, nonostante il
perdono ottenuto dai figli.
La corte ha confermato la condanna a morte pronunciata da
un tribunale di primo grado, secondo cui l’uomo avrebbe ucciso la moglie a
colpi di accetta, mentre i loro tre figli erano a scuola.
Lo stesso omicida avrebbe confessato alla polizia di aver
aggredito la donna, dopo un'accesa discussione a casa.
I giornali hanno riportato che mentre i tre figli hanno
offerto il proprio perdono al padre, così come i parenti più stretti della
vittima, il giudice ha invece respinto il perdono trattandosi di omicidio
premeditato.
Dopo aver commesso l’omicidio, l’uomo fuggì ad Abu Dhabi,
dove si è consegnato alla polizia.
ZAMBIA: CONSIGLIO DELLE CHIESE CONTRARIO ALLA PENA DI
MORTE
21 gennaio 2016: la direttrice esecutiva del Consiglio
delle Chiese dello Zambia (CCZ) Rev Susan Matale, in occasione di un’audizione
alla Commissione parlamentare sulla giustizia, ha detto che il consiglio delle
chiese deplora il fatto che la pena di morte sia stata mantenuta nelle leggi
successive all’indipendenza e nella Costituzione appena modificata.
Secondo la Matale non vi è alcun sostegno alla pena di
morte nelle sacre scritture, né nel vecchio né nel nuovo testamento. "La
vita umana è sacra e non può essere presa da nessuno, neppure dallo Stato. Chi
toglie la vita commette un omicidio, compreso lo Stato", ha detto.
Ha così espresso una posizione diversa da quella di
Pukuta Mwanza, direttore esecutivo della Evangelical Fellowship of Zambia (EFZ)
che, il giorno prima, sempre di fronte al Comitato parlamentare per la
giustizia aveva chiesto di non abolire la pena di morte perché è biblica.
Secondo lui, il sesto comandamento della Bibbia 'non
uccidere' non si riferisce alla pena di morte, ma all’omicidio inteso come la
cessazione volontaria della vita di un altro uomo. "E 'quindi errato
utilizzare questo riferimento biblico per opporsi pena di morte in quanto non
si riferisce alle funzioni dello Stato", ha detto.
Secondo Mwanza la pena di morte è necessaria per
proteggere la popolazione, mentre gli avversari della pena di morte sostengono
che non è un deterrente. "Quando non c'è la paura della punizione, il
crimine dilaga", ha detto don Mwanza per il quale l'applicazione della
pena di morte in Zambia è stata indebolita dalla riluttanza da parte dei
presidenti di firmare i decreti di esecuzione. "Le mancate esecuzioni
hanno indebolito la lezione che viene dalla paura della punizione", ha
concluso Mwanza. (
CONNECTICUT (USA): FIGLIA DI UNA VITTIMA CONTRARIA ALLA
PENA CAPITALE
21 gennaio 2016: Dawn Mancarella, la cui madre venne
uccisa 20 anni fa, ha ribadito la sua contrarietà alla pena di morte.
Maccarella aveva già testimoniato in Parlamento contro la pena di morte nel
2012 (in quell’anno lo stato la abolì). Nel gennaio 2015 aveva rilasciato una
testimonianza scritta in cui ribadiva la sua posizione, testimonianza che è
stata acclusa agli atti giudiziari relativi alla causa in cui si discuteva il
destino delle 11 persone presenti nel braccio della morte al momento
dell’abolizione. Il 13 agosto 2015 la Corte Suprema di stato aveva dichiarato
incostituzionale tenere nel braccio della morte i detenuti ora che non era più
in vigore la pena di morte. Quella sentenza è stata impugnata dalla pubblica
accusa, e attualmente è in fase di revisione da parte della stessa Corte
Suprema di stato.
È raro che a distanza di poco tempo una Corte Suprema
contraddica se stessa, ma siccome il voto nel 2015 era stato a stretta
maggioranza (4-3), alcuni osservatori non considerano impossibile una modifica
della sentenza. In questo contesto, la giovane Mancarella è stata intervistata
dal quotidiano “The Register Citizen”. Tra le altre cose la Mancarella ha
detto: “la pena di morte è uno spreco di energia e di denaro, che non fa
giustizia, e non porta nessun sollievo alle vittime”.
“Sono d’accordo con la sentenza del 2015 che dichiarava
la pena di morte incompatibile con gli standard attuali di moralità del
Connecticut. È deludente vedere che la Corte ha accettato di riesaminare il
caso, ma spero che riconfermino la decisione originale, e che lascino la pena
di morte definitivamente alle nostre spalle”.
“La pena di morte, a causa della lunghezza delle
procedure processuali, a alla loro ripetitività, costringe i parenti delle
vittime a rivivere più volte, nel corso degli anni, l’uccisione dei loro cari,
questo è l’opposto del concetto di giustizia, e non è in grado di restituire
serenità ai parenti delle vittime, nemmeno se il condannato viene messo a morte
in un anno, 10 anni o 20 anni. L’angoscia per la perdita dei tuoi cari non
passa mai, e le esecuzioni ordinate dallo stato non ti fanno sentire meglio
neanche un po’”.
Mancarella contesta anche l’uso dei fondi statali: “È
frustrante vedere quanti milioni di dollari costa un singolo processo capitale,
per poi sentirsi dire che invece non ci sono fondi per i progetti di assistenza
ai parenti delle vittime” e conclude: “è ora di restituire il tempo e l’energia
male utilizzata alle vittime, perché possa guarire l’anima dei loro parenti, e
rendere veramente onore al loro sacrificio”.
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