NESSUNO TOCCHI CAINO
no alla pena di morte .........................
1. LA STORIA DELLA
SETTIMANA : NESSUNO TOCCHI CAINO DEDICA LA GIORNATA MONDIALE CONTRO LA PENA DI
MORTE ALL’IRAN 2. NEWS FLASH: ONU: NON
C’È POSTO PER LA PENA DI MORTE NEL 21° SECOLO 3. NEWS FLASH: PAPA FRANCESCO: ‘LA PENA DI MORTE
È CONTRARIA AL VANGELO’
4. NEWS FLASH:
INDIA: 11 CONDANNE A MORTE COMMUTATE NEL GUJARAT 5. NEWS FLASH: SIERRA LEONE: SEI CONDANNATI A
MORTE PER COSPIRAZIONE E RAPINA A MANO ARMATA 6. I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA :
NESSUNO TOCCHI CAINO DEDICA LA GIORNATA MONDIALE CONTRO
LA PENA DI MORTE ALL’IRAN Il 10 ottobre ricorre la giornata mondiale contro la
pena di morte e Nessuno tocchi Caino l’ha dedicata all’Iran, il Paese che
continua a registrare il maggior numero di esecuzioni pro-capite al mondo.
Secondo Human Rights Monitor, sono state almeno 456 le
esecuzioni compiute nel 2017, tra cui quelle di 12 donne e di 4 persone
minorenni al momento del fatto, mentre il totale delle esecuzioni compiute
sotto la Presidenza Rouhani, dall’agosto 2013 al settembre 2017, ha raggiunto
l’impressionante cifra di 3.111 esecuzioni. Per Rouhani queste esecuzioni “si
basano su leggi divine o su norme approvate dal Parlamento”, di cui si sente
mero attuatore.
Le persone sono mandate al patibolo soprattutto per reati
legati alla droga: sono state ben 238 le esecuzioni del 2017 compiute per reati
nonviolenti legati alla droga e nonostante il Parlamento abbia deciso di
abolirla per gran parte di questi casi, la legge è ancora al vaglio del Consiglio
dei Guardiani da cui dipende l’entrata in vigore.
L’impiccagione è il metodo preferito con cui è applicata
la Sharia in Iran, e le esecuzioni pubbliche sono continuate nel 2017 con
almeno 25 persone che sono state impiccate sulla pubblica piazza.
Ma in Iran è l’intero sistema di promozione e tutela dei
diritti umani ad essere disatteso dal regime teocratico: secondo i dettami
della Sharia iraniana, ci sono anche torture, amputazioni degli arti,
fustigazioni e altre punizioni crudeli, disumane e degradanti. Non si tratta di
casi isolati e avvengono in aperto contrasto con il Patto Internazionale sui
Diritti Civili e Politici che l’Iran ha ratificato e queste pratiche vieta.
Per comprendere la natura di questo regime sanguinario è
importante conoscere la linea di continuità che lega figure di primo piano
istituzionale dell’attuale Governo con la messa a morte di 30.000 prigionieri
politici nel 1988, un massacro a cui fa riferimento il recente rapporto
dell'Inviato Speciale delle Nazioni Unite sulla Situazione dei Diritti Umani in
Iran e che lo stesso regime ha recentemente ammesso di aver compiuto. Infatti,
Rouhani ha voluto come Ministro della Giustizia nel suo primo mandato proprio
Mostafa Pour-Mohammadi, un membro della Commissione della Morte di Teheran ed
ora, nel suo secondo mandato, Alireza Avaie, un altro responsabile di quel
massacro nella provincia del Khuzestan e sottoposto dall'Unione Europea a
sanzioni per le violazioni dei diritti umani di cui si è reso responsabile.
“Il silenzio da parte della Comunità internazionale su
tutto questo incoraggia il regime iraniano a proseguire nelle esecuzioni come
nella violazione degli standard internazionali sui diritti umani”, hanno detto
Sergio D’Elia ed Elisabetta Zamparutti, rispettivamente Segretario e Tesoriere
di Nessuno tocchi Caino. “Per questo è importante che l'Assemblea Generale
dell'ONU, in corso a New York, istituisca una commissione internazionale
d'inchiesta sul massacro del 1988 e che ribadisca nei confronti dell’Iran la
richiesta di moratoria in vista dell’abolizione della pena di morte. La
questione della pena di morte e più in generale del rispetto dei Diritti Umani
sia al centro di ogni intesa ed incontro tanto in sede multilaterale che
bilaterale con rappresentanti della Repubblica Islamica dell’Iran, a partire
dal suo Presidente Rouhani.”
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NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH
ONU: NON C’È POSTO PER LA PENA DI MORTE NEL 21° SECOLO
10 ottobre 2017: La pena di morte fa poco per dissuadere
dai crimini e non serve alle vittime, ha detto il Segretario generale delle
Nazioni Unite, António Guterres, invitando tutti i Paesi che non hanno ancora
proibito la pratica estrema a fermare urgentemente le esecuzioni.
"Non c’è posto per la pena di morte nel 21°
secolo", ha dichiarato Guterres, parlando a fianco di Andrew Gilmour,
Assistente del Segretario generale per i diritti umani, in occasione di un
evento presso la sede dell'ONU a New York.
Sottolineando che circa 170 Stati in tutto il mondo hanno
abolito la pena di morte e hanno posto una moratoria sul suo uso -
recentemente, Gambia e Madagascar - e che le esecuzioni nel 2016 sono diminuite
del 37% rispetto al 2015, il capo dell'ONU ha aggiunto che attualmente solo quattro
Paesi rappresentano l'87 per cento di tutte le esecuzioni registrate.
Ha anche espresso preoccupazione perché i Paesi che
continuano le esecuzioni non riescono a rispettare i loro obblighi
internazionali, in particolare per quanto riguarda la trasparenza e il rispetto
degli standard internazionali in materia di diritti umani.
"Alcuni governi nascondono le esecuzioni e applicano
un sistema di segretezza per nascondere chi è nel braccio della morte e
perché", ha detto Guterres, sottolineando che la mancanza di trasparenza
ha mostrato una mancanza di rispetto per i diritti umani dei condannati a morte
e delle loro famiglie, oltre a danneggiare in modo più generale
l’amministrazione della giustizia.
Concludendo le sue osservazioni, il Segretario generale
ha invitato tutti gli Stati che hanno abolito la pena di morte ad unirsi
all'invito ai leader di quei Paesi che la mantengono "per stabilire una
moratoria ufficiale, in vista dell’abolizione non appena possibile."
Sempre oggi l'Ufficio dell'Alto Commissario delle Nazioni
Unite per i diritti umani (OHCHR) ha invitato tutti i Paesi a rafforzare gli
sforzi per abolire la pena di morte.
"Noi [...] invitiamo tutti gli Stati a ratificare il
Secondo Protocollo opzionale al Patto internazionale sui diritti civili e
politici", ha dichiarato Rupert Colville, portavoce dell'OHCHR, a
giornalisti in un briefing periodico a Ginevra.
Il Secondo Protocollo Opzionale alla Convenzione
internazionale sui diritti civili e politici (ICCPR), ad oggi ratificato da 85
Stati in tutto il mondo, richiede alle parti l'abolizione della pena di morte.
È l'unico strumento giuridico internazionale universale che mira a porre fine
alla pratica.
"[OHCHR] è pronta a continuare a sostenere tutti gli
sforzi in questa direzione", ha concluso Colville.
PAPA FRANCESCO: ‘LA PENA DI MORTE È CONTRARIA AL VANGELO’
11 ottobre 2017: "Si deve affermare con forza che la
condanna alla pena di morte è una misura disumana che umilia, in qualsiasi modo
venga perseguita, la dignità personale. È in sé stessa contraria al Vangelo
perché viene deciso volontariamente di sopprimere una vita umana che è sempre
sacra agli occhi del Creatore". Così papa Francesco, secondo cui "è
necessario ribadire che, per quanto grave possa essere stato il reato commesso,
la pena di morte è inammissibile perché attenta all'inviolabilità e dignità della
persona".
Intervenendo nell'Aula nuova del Sinodo, in Vaticano,
all'incontro promosso dal Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione
per il 25/o anniversario della firma della costituzione apostolica Fidei
Depositum da parte di San Giovanni Paolo II, testo che accompagnava l'uscita
del Catechismo della Chiesa Cattolica, il Papa ha voluto fare riferimento nel
suo discorso "a un tema che dovrebbe trovare nel Catechismo della Chiesa
cattolica uno spazio più adeguato e coerente. Penso, infatti, alla pena di
morte", ha detto, una problematica che "non può essere ridotta a un
mero ricordo di insegnamento storico senza far emergere non solo il progresso
nella dottrina ad opera degli ultimi Pontefici, ma anche la mutata
consapevolezza del popolo cristiano, che rifiuta un atteggiamento consenziente
nei confronti di una pena che lede pesantemente la dignità umana".
"Si deve affermare con forza che la condanna alla
pena di morte è una misura disumana che umilia, in qualsiasi modo venga
perseguita, la dignità personale - ha proseguito -. È in sé stessa contraria al
Vangelo perché viene deciso volontariamente di sopprimere una vita umana che è
sempre sacra agli occhi del Creatore e di cui Dio solo in ultima analisi è vero
giudice e garante".
Secondo Francesco, "mai nessun uomo, 'neppure
l'omicida perde la sua dignità personale' (Lettera al Presidente della
Commissione Internazionale contro la pena di morte, 20 marzo 2015), perché Dio
è un Padre che sempre attende il ritorno del figlio il quale, sapendo di avere
sbagliato, chiede perdono e inizia una nuova vita. A nessuno, quindi, può
essere tolta non solo la vita, ma la stessa possibilità di un riscatto morale
ed esistenziale che torni a favore della comunità".
Il Papa ha ricordato che "nei secoli passati, quando
si era dinnanzi a una povertà degli strumenti di difesa e la maturità sociale
ancora non aveva conosciuto un suo positivo sviluppo, il ricorso alla pena di
morte appariva come la conseguenza logica dell'applicazione della giustizia a
cui doversi attenere".
"Purtroppo - ha riconosciuto -, anche nello Stato
Pontificio si è fatto ricorso a questo estremo e disumano rimedio, trascurando
il primato della misericordia sulla giustizia. Assumiamo le responsabilità del
passato, e riconosciamo che quei mezzi erano dettati da una mentalità più
legalistica che cristiana. La preoccupazione di conservare integri i poteri e
le ricchezze materiali aveva portato a sovrastimare il valore della legge,
impedendo di andare in profondità nella comprensione del Vangelo". Tuttavia,
ha aggiunto, "rimanere oggi neutrali dinanzi alle nuove esigenze per la
riaffermazione della dignità personale, ci renderebbe più colpevoli".
Per il Papa, "qui non siamo in presenza di
contraddizione alcuna con l'insegnamento del passato, perché la difesa della
dignità della vita umana dal primo istante del concepimento fino alla morte
naturale ha sempre trovato nell'insegnamento della Chiesa la sua voce coerente
e autorevole".
Lo sviluppo armonico della dottrina, tuttavia,
"richiede di tralasciare prese di posizione in difesa di argomenti che
appaiono ormai decisamente contrari alla nuova comprensione della verità
cristiana". "È necessario ribadire pertanto che, per quanto grave
possa essere stato il reato commesso, la pena di morte è inammissibile perché
attenta all'inviolabilità e dignità della persona", ha concluso.
INDIA: 11 CONDANNE A MORTE COMMUTATE NEL GUJARAT
9 ottobre 2017: L'Alta Corte dello Stato indiano di
Gujarat ha commutato in ergastolo le condanne a morte emesse da un tribunale di
grado inferiore nei confronti di 11 imputati nel caso dell’incendio del treno a
Godhra nel 2002.
L'Alta Corte ha confermato la colpevolezza di altre 20
persone che sono state condannate all’ergastolo da un tribunale speciale che
nel 2011 ha riconosciuto le 31 persone colpevoli di omicidio e cospirazione.
Un tribunale speciale ha assolto altri 63 imputati per
mancanza di prove, compreso il principale accusato Maulana Umarji.
Fino a 59 pellegrini che ritornavano da Ayodhya restarono
uccisi quando una folla attaccò un treno incendiando il vagone S6 nei pressi
della stazione ferroviaria di Godhra nel febbraio 2002. L'incidente scatenò
disordini nel Gujarat in cui restarono uccise più di 1.000 persone.
L'Alta Corte del Gujarat ha respinto un appello del
governo del Gujarat contro le 63 persone che sono state assolte.
SIERRA LEONE: SEI CONDANNATI A MORTE PER COSPIRAZIONE E
RAPINA A MANO ARMATA
6 ottobre 2017: Il giudice Monfred Momoh Sesay dell’Alta
Corte di Bo, in Sierra Leone, ha condannato a morte sei imputati per
cospirazione e rapina a mano armata.
I condannati sono stati identificati come Augustine
Omaska (noto come G-Father), Daniel George, Claude Nahas, Thomas Mando
(Love-T), Aruna Bangura (Akon) e Steven Joel Smart.
Sono stati condannati nel corso della sessione penale
speciale dell’Alta Corte avviata dalle autorità per concludere i casi
principali in tutto il Paese nel più breve tempo possibile per evitare la
congestione carceraria.
Secondo il team dell’accusa, guidato da Joseph A.K.
Sesay, gli imputati sono stati portati in tribunale per aver attaccato nel
marzo 2017 residenti nella città di Pujehun muniti di pistole e machete,
derubandoli dei loro oggetti di valore e contanti.
I giurati che hanno assistito al processo hanno
concordato all'unanimità sul verdetto che stabilisce la colpevolezza di tutti
gli accusati per entrambe le imputazioni e il giudice Monfred Momoh Sesay li ha
condannati alla fucilazione pubblica.
I detenuti hanno il diritto di impugnare la loro condanna
entro 21 giorni.
Da anni il Paese osserva una moratoria sull'uso della
pena di morte, malgrado la recente uscita del ministro degli Affari Interni,
Alfred Palo Conteh, a favore di una ripresa delle esecuzioni.
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