no alla pena di morte
1. LA STORIA DELLA
SETTIMANA : ARABIA SAUDITA: GRAZIATI DUE INDONESIANI NEL BRACCIO DELLA MORTE
2. NEWS FLASH: THAILANDIA: VERSO
L’ABOLIZIONE DELLA PENA CAPITALE 3. NEWS
FLASH: INDIA: COMMUTATA IN ERGASTOLO LA CONDANNA CAPITALE DI ‘CIANURO’ MOHAN
KUMAR 4. NEWS FLASH: ARKANSAS (USA):
RICKEY DALE NEWMAN SCARCERATO DOPO 16 ANNI E MEZZO DI DETENZIONE 5. NEWS FLASH: ALABAMA (USA): TORREY MCNABB
GIUSTIZIATO 6. I SUGGERIMENTI DELLA
SETTIMANA :
ARABIA SAUDITA: GRAZIATI DUE INDONESIANI NEL BRACCIO
DELLA MORTE
14 ottobre 2017: Il governo indonesiano è riuscito ad
ottenere la liberazione ed il rimpatrio di due suoi cittadini che si trovavano
nel braccio della morte in Arabia Saudita.
"I due cittadini indonesiani, identificati con le
loro iniziali come DT e AHB, sono arrivati oggi 14 ottobre in Indonesia
attraverso l'aeroporto di Soekarno-Hatta", ha dichiarato il Direttore
della Protezione dei cittadini indonesiani del Ministero degli Affari Esteri,
Lalu Muhammad Iqbal.
I due indonesiani sono stati liberati dopo aver scontato
una pena detentiva e la fustigazione presso il penitenziario femminile di Jeddah,
in Arabia Saudita.
Iqbal ha reso noto che DT e AHB erano giunte in Arabia
Saudita prima del 2002 come lavoratrici migranti illegali a Jeddah.
Entrambe avevano vissuto in un insediamento illegale a
Jeddah insieme ad altri lavoratori migranti illegali.
Il caso ebbe inizio nel maggio 2002 quando il corpo di
una donna indonesiana identificata come AA fu trovato smembrato in due punti
dell'insediamento.
Un tailandese, il marito della vittima, fu presto
scagionato dalle accuse mentre DT e AHB furono considerate sospette essendo
scappate all'insediamento.
Il governo indonesiano aveva fornito assistenza legale
alle due indonesiane dall'inizio del caso nominando un avvocato, Al Zahrani.
Un ricorso presentato da Al Zahrani è stato approvato
dalla Corte Suprema dell'Arabia Saudita e il 24 agosto 2014 il tribunale ha
modificato la sentenza di morte in cinque anni di prigione e 300 frustate.
Nel periodo compreso tra il 2015 e il 2017, il governo
indonesiano ha assicurato il rilascio di 144 indonesiani nei bracci della morte
all'estero, di cui 21 in Arabia Saudita.
Nel frattempo, ha dichiarato Iqbal, c'erano ancora 175
indonesiani che affrontano la pena di morte all'estero, di cui 19 in Arabia
Saudita.
"Il governo continua a fornire assistenza legale
agli indonesiani che affrontano la pena di morte, nel rispetto delle leggi
locali", ha dichiarato Iqbal.
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NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH
THAILANDIA: VERSO L’ABOLIZIONE DELLA PENA CAPITALE
17 ottobre 2017: Fino a 447 detenuti si trovano
attualmente nel braccio della morte in Thailandia, Paese che sta rivedendo
l'uso della pena di morte.
"Abbiamo cominciato consentendo ai giudici di
decidere se un condannato debba essere condannato a morte o all’ergastolo -
invece di prescrivere la pena di morte come l'unica sanzione per certi
reati", ha detto il direttore generale del Dipartimento per la Protezione
dei diritti e delle libertà, Pitikan Sithidej.
Pitikan ha aggiunto che, in una fase successiva, il Paese
potrebbe considerare l'abolizione della pena di morte per i crimini che non
incidono sulla vita degli altri.
Pitikan stava parlando ad un evento tenuto per celebrare
la Giornata Mondiale contro la pena di morte, osservata il 10 ottobre.
Le leggi tailandesi attualmente prevedono la condanna a
morte per 63 reati, inclusi reati di droga.
Dei 447 detenuti nel braccio della morte, 157 sono stati
condannati in via definitiva. Di questi, 68 sono stati trovati colpevoli di
reati legati alle droghe.
Un oratore straniero nello stesso evento ha dichiarato
che non c'è alcun consenso internazionale sui reati di droga come reati contro
le vite umane. "Va anche notato che c'è una differenza tra l'applicazione
seria delle norme e l'impiego di pene dure", ha spiegato.
Sia Pitikan che Colin Josef Steinbach, primo consigliere
della delegazione dell'Unione europea in Thailandia, hanno affermato nello
stesso forum che non esistono prove evidenti che la pena di morte possa ridurre
i delitti.
"La fine della pena di morte non riguarda
l’incoraggiare i crimini, piuttosto è di annullare tipi irragionevoli di
punizione", ha detto Pitikan.
Di 198 Paesi, 141 hanno già abbandonato l'uso della pena
di morte. Secondo Pitikan, la Thailandia ha avviato l'applicazione della pena
di morte nel 1935. Da quell’anno fino al 2009 sono stati giustiziati 325
condannati.
Inizialmente i condannati a morte venivano fucilati, ma
in questi ultimi tempi sono state utilizzate iniezioni letali.
Tuttavia, in linea con i trend internazionali, la
Thailandia non ha effettuato alcuna esecuzione dall'agosto 2009.
Ci si aspetta che il Paese alla fine abbandoni
definitivamente la pena di morte. Un oratore straniero all'evento crede che
migliori tecnologie e maggiori investimenti sarebbero meglio in grado di
dissuadere dal commettere reati piuttosto che la pena di morte o l’ergastolo.
INDIA: COMMUTATA IN ERGASTOLO LA CONDANNA CAPITALE DI
‘CIANURO’ MOHAN KUMAR
12 ottobre 2017: L'Alta Corte di Karnataka ha ridotto la
pena di morte di "Cianuro” Mohan Kumar in ergastolo nel caso dello stupro
e omicidio di Anita di Kolimane, avvenuto nel 2009.
Mohan Kumar aveva promesso di sposare Anita, l’aveva
portata nella città di Hassan da Bantwal, dove l’avrebbe stuprata. La portò ad
una fermata di autobus ad Hassan chiedendole di prendere una pillola
anticoncezionale. Non sapendo che la pillola conteneva cianuro, Anita la prese
e fu trovata morta in un gabinetto della fermata degli autobus.
I giudici Ravi Malimath e John Michael Cunha hanno
modificato la sentenza di morte pronunciata dal tribunale di primo grado. Hanno
ordinato alle autorità del carcere di non rilasciare Mohan Kumar fino alla
morte stabilendo che non ha diritto alla remissione.
Nei 20 crimini simili perpetrati da Mohan tra il 2003 e
il 2009, l’assassino seriale è stato condannato all’ergastolo in quattro casi e
alla pena di morte in tre casi.
Nel caso di Anita, Mohan aveva presentato un ricorso
presso l’Alta Corte contro la pena di morte e aveva chiesto l’ergastolo.
L'accusa ha insistito per la pena di morte, tuttavia il tribunale ha assolto
Mohan dalle accuse di stupro e rapimento.
ARKANSAS (USA): RICKEY DALE NEWMAN SCARCERATO DOPO 16
ANNI E MEZZO DI DETENZIONE
11 ottobre 2017: Rickey Dale Newman è stato scarcerato
oggi dopo 16 anni e mezzo di detenzione, 12 dei quali nel braccio della morte.
Newman, 59 anni, bianco, è stato inserito con il n° 160
nella lista “innocence List” del Death Penalty Information Center, ossia la
160° persona prosciolta dal 1973 ad oggi dopo aver ricevuto una condanna a
morte.
Newman nel 2002 aveva licenziato il difensore di ufficio,
aveva chiesto e ottenuto di difendersi da solo, aveva confessato di aver
ucciso, il 7 febbraio 2001, Marie Cholette, 46 anni, e aveva chiesto ai giurati
popolari della Crawford County di essere condannato a morte.
Sia l’imputato che la vittima all’epoca erano dei senza
fissa dimora. L’imputato in passato era stato un Marine, ma in seguito gli era
stata diagnosticata depressione grave, disordine da stress post traumatico a
seguito di abusi subiti da bambino, e quoziente intellettivo nella fascia della
disabilità intellettiva.
All’epoca del processo la pubblica accusa presentò un
test di laboratorio (in seguito rivelatosi falsificato) che indicava come
appartenente alla vittima un capello trovato sugli abiti di Newman. In seguitò
si scoprì che la stessa pubblica accusa aveva tenuto nascosti alcuni elementi
che contraddicevano la confessione di Newman, e più accurati test del Dna sul
capello usato per condannare Newman esclusero che appartenesse alla vittima.
Inoltre fu appurato che la valutazione psicologica (indispensabile per
consentire ad un imputato di difendersi da solo) conteneva “errori
significativi”.
Nel 2005, 4 giorni prima dell’esecuzione fissata per il
26 luglio, Newman aveva consentito ai suoi nuovi difensori d’ufficio (compresa Julie
Brain che lo ha assistito fino ad oggi) di chiedere una sospensione, che fu
concessa. I nuovi avvocati, dell’ufficio del Federal Defender, avevano iniziato
una lunga serie di ricorsi basati sulle sue condizioni mentali dell’imputato,
che non gli avevano permesso una adeguata difesa all’epoca del processo che
aveva portato una giuria popolare, dopo un processo di un solo giorno, a
condannarlo a morte il 10 giugno 2002, sentenza poi ratificata da un giudice
nel novembre dello stesso anno.
Il 16 gennaio 2014 la Corte Suprema di stato riconobbe le
compromesse condizioni mentali dell’imputato, e decise che la confessione del
primo processo non era valida. Il processo doveva essere ripetuto, senza
utilizzare la prima confessione. Lo scorso 21 settembre la Corte Suprema di
stato respinse il ricorso della pubblica accusa e confermò l’inutilizzabilità
della confessione.
Il rappresentante della pubblica accusa, Ron Fields,
preso atto del cattivo stato di conservazione delle prove, e della mancanza di
testimonianze decisive, ha ritirato l’imputazione di omicidio di 1° grado.
Contro l’imputato rimaneva praticamente solo la
circostanza che, ripreso da una telecamera di sorveglianza, Newman era entrato
in un negozio di liquori in compagnia della vittima il giorno stesso della
scomparsa della donna, il cui corpo venne ritrovato pochi giorni dopo con
gravissime mutilazioni agli organi genitali. Oggi il giudice Gary Cottrell ha
ratificato il ritiro dell’imputazione.
ALABAMA (USA): TORREY MCNABB GIUSTIZIATO
19 ottobre 2017: Torrey McNabb, 40 anni, nero, è stato
giustiziato.
Secondo i testimoni, l’uomo ha sollevato il braccio
destro, ed ha fatto diverse smorfie dopo l’introduzione dei farmaci letali.
L’esecuzione è avvenuta con il protocollo a 3 farmaci, primo dei quali è il
Midazolam.
McNabb è stato dichiarato morto 20 minuti dopo l’inizio
della procedura, e dopo che un addetto ha effettuato un secondo “consciousness
check”, un controllo che viene fatto per verificare se il detenuto ha perso
conoscenza dopo l’immissione in vena dell’anestetico e prima dell’iniezione dei
farmaci velenosi.
I familiari e gli avvocati di McNabb che assistevano
all’esecuzione hanno espresso preoccupazione per come l’esecuzione si stesse
svolgendo.
Jeff Dunn, Commissario dell’Amministrazione Penitenziaria
dell’Alabama, subito dopo l’esecuzione ha detto alla stampa di aver assistito a
diverse esecuzioni, e che i “movimenti involontari non sono rari”, e che
comunque a quel punto dell’esecuzione McNabb era “più che perso conoscenza”, e
che il protocollo è stato seguito scrupolosamente.
McNabb era stato condannato a morte nel 1999 dopo un voto
10-2 della giuria popolare. Era accusato, ed aveva ammesso, di aver ucciso un
poliziotto, Anderson Gordon, il 24 settembre 1997. Quel giorno McNabb era stato
individuato da un “cacciatore di taglie”, Sanford Sharpe, che lo cercava dopo
che l’uomo, libero dopo che la nonna ne aveva pagato la cauzione, aveva saltato
due udienze per ricettazione e possesso di sostanze illegali. Nella sparatoria
erano rimasti feriti anche Sharpe e un altro poliziotto, William M. Perkins.
La tesi difensiva di MaNabb puntava sulla legittima
difesa, e su uno stato di paranoia indotta da un forte consumo di cocaina.
McNabb diventa il 3° giustiziato di quest’anno in
Alabama, il 61° da quando l’Alabama ha ripreso le esecuzioni nel 1983, il 21°
dell’anno negli Usa, e il n° 1463 da quando gli Usa hanno ripreso le esecuzioni
nel 1977.
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