lunedì 23 ottobre 2017

       nessuno   tocchi    CAINO          
  no   alla   pena   di  morte                       




1.  LA STORIA DELLA SETTIMANA : ARABIA SAUDITA: GRAZIATI DUE INDONESIANI NEL BRACCIO DELLA MORTE 2.  NEWS FLASH: THAILANDIA: VERSO L’ABOLIZIONE DELLA PENA CAPITALE 3.  NEWS FLASH: INDIA: COMMUTATA IN ERGASTOLO LA CONDANNA CAPITALE DI ‘CIANURO’ MOHAN KUMAR 4.  NEWS FLASH: ARKANSAS (USA): RICKEY DALE NEWMAN SCARCERATO DOPO 16 ANNI E MEZZO DI DETENZIONE 5.  NEWS FLASH: ALABAMA (USA): TORREY MCNABB GIUSTIZIATO 6.  I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA :


ARABIA SAUDITA: GRAZIATI DUE INDONESIANI NEL BRACCIO DELLA MORTE
14 ottobre 2017: Il governo indonesiano è riuscito ad ottenere la liberazione ed il rimpatrio di due suoi cittadini che si trovavano nel braccio della morte in Arabia Saudita.

"I due cittadini indonesiani, identificati con le loro iniziali come DT e AHB, sono arrivati oggi 14 ottobre in Indonesia attraverso l'aeroporto di Soekarno-Hatta", ha dichiarato il Direttore della Protezione dei cittadini indonesiani del Ministero degli Affari Esteri, Lalu Muhammad Iqbal.
I due indonesiani sono stati liberati dopo aver scontato una pena detentiva e la fustigazione presso il penitenziario femminile di Jeddah, in Arabia Saudita.
Iqbal ha reso noto che DT e AHB erano giunte in Arabia Saudita prima del 2002 come lavoratrici migranti illegali a Jeddah.
Entrambe avevano vissuto in un insediamento illegale a Jeddah insieme ad altri lavoratori migranti illegali.
Il caso ebbe inizio nel maggio 2002 quando il corpo di una donna indonesiana identificata come AA fu trovato smembrato in due punti dell'insediamento.
Un tailandese, il marito della vittima, fu presto scagionato dalle accuse mentre DT e AHB furono considerate sospette essendo scappate all'insediamento.
Il governo indonesiano aveva fornito assistenza legale alle due indonesiane dall'inizio del caso nominando un avvocato, Al Zahrani.
Un ricorso presentato da Al Zahrani è stato approvato dalla Corte Suprema dell'Arabia Saudita e il 24 agosto 2014 il tribunale ha modificato la sentenza di morte in cinque anni di prigione e 300 frustate.
Nel periodo compreso tra il 2015 e il 2017, il governo indonesiano ha assicurato il rilascio di 144 indonesiani nei bracci della morte all'estero, di cui 21 in Arabia Saudita.
Nel frattempo, ha dichiarato Iqbal, c'erano ancora 175 indonesiani che affrontano la pena di morte all'estero, di cui 19 in Arabia Saudita.
"Il governo continua a fornire assistenza legale agli indonesiani che affrontano la pena di morte, nel rispetto delle leggi locali", ha dichiarato Iqbal.


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NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH

THAILANDIA: VERSO L’ABOLIZIONE DELLA PENA CAPITALE
17 ottobre 2017: Fino a 447 detenuti si trovano attualmente nel braccio della morte in Thailandia, Paese che sta rivedendo l'uso della pena di morte.
"Abbiamo cominciato consentendo ai giudici di decidere se un condannato debba essere condannato a morte o all’ergastolo - invece di prescrivere la pena di morte come l'unica sanzione per certi reati", ha detto il direttore generale del Dipartimento per la Protezione dei diritti e delle libertà, Pitikan Sithidej.
Pitikan ha aggiunto che, in una fase successiva, il Paese potrebbe considerare l'abolizione della pena di morte per i crimini che non incidono sulla vita degli altri.
Pitikan stava parlando ad un evento tenuto per celebrare la Giornata Mondiale contro la pena di morte, osservata il 10 ottobre.
Le leggi tailandesi attualmente prevedono la condanna a morte per 63 reati, inclusi reati di droga.
Dei 447 detenuti nel braccio della morte, 157 sono stati condannati in via definitiva. Di questi, 68 sono stati trovati colpevoli di reati legati alle droghe.
Un oratore straniero nello stesso evento ha dichiarato che non c'è alcun consenso internazionale sui reati di droga come reati contro le vite umane. "Va anche notato che c'è una differenza tra l'applicazione seria delle norme e l'impiego di pene dure", ha spiegato.
Sia Pitikan che Colin Josef Steinbach, primo consigliere della delegazione dell'Unione europea in Thailandia, hanno affermato nello stesso forum che non esistono prove evidenti che la pena di morte possa ridurre i delitti.
"La fine della pena di morte non riguarda l’incoraggiare i crimini, piuttosto è di annullare tipi irragionevoli di punizione", ha detto Pitikan.
Di 198 Paesi, 141 hanno già abbandonato l'uso della pena di morte. Secondo Pitikan, la Thailandia ha avviato l'applicazione della pena di morte nel 1935. Da quell’anno fino al 2009 sono stati giustiziati 325 condannati.
Inizialmente i condannati a morte venivano fucilati, ma in questi ultimi tempi sono state utilizzate iniezioni letali.
Tuttavia, in linea con i trend internazionali, la Thailandia non ha effettuato alcuna esecuzione dall'agosto 2009.
Ci si aspetta che il Paese alla fine abbandoni definitivamente la pena di morte. Un oratore straniero all'evento crede che migliori tecnologie e maggiori investimenti sarebbero meglio in grado di dissuadere dal commettere reati piuttosto che la pena di morte o l’ergastolo.


INDIA: COMMUTATA IN ERGASTOLO LA CONDANNA CAPITALE DI ‘CIANURO’ MOHAN KUMAR
12 ottobre 2017: L'Alta Corte di Karnataka ha ridotto la pena di morte di "Cianuro” Mohan Kumar in ergastolo nel caso dello stupro e omicidio di Anita di Kolimane, avvenuto nel 2009.
Mohan Kumar aveva promesso di sposare Anita, l’aveva portata nella città di Hassan da Bantwal, dove l’avrebbe stuprata. La portò ad una fermata di autobus ad Hassan chiedendole di prendere una pillola anticoncezionale. Non sapendo che la pillola conteneva cianuro, Anita la prese e fu trovata morta in un gabinetto della fermata degli autobus.
I giudici Ravi Malimath e John Michael Cunha hanno modificato la sentenza di morte pronunciata dal tribunale di primo grado. Hanno ordinato alle autorità del carcere di non rilasciare Mohan Kumar fino alla morte stabilendo che non ha diritto alla remissione.
Nei 20 crimini simili perpetrati da Mohan tra il 2003 e il 2009, l’assassino seriale è stato condannato all’ergastolo in quattro casi e alla pena di morte in tre casi.
Nel caso di Anita, Mohan aveva presentato un ricorso presso l’Alta Corte contro la pena di morte e aveva chiesto l’ergastolo. L'accusa ha insistito per la pena di morte, tuttavia il tribunale ha assolto Mohan dalle accuse di stupro e rapimento.


ARKANSAS (USA): RICKEY DALE NEWMAN SCARCERATO DOPO 16 ANNI E MEZZO DI DETENZIONE
11 ottobre 2017: Rickey Dale Newman è stato scarcerato oggi dopo 16 anni e mezzo di detenzione, 12 dei quali nel braccio della morte.
Newman, 59 anni, bianco, è stato inserito con il n° 160 nella lista “innocence List” del Death Penalty Information Center, ossia la 160° persona prosciolta dal 1973 ad oggi dopo aver ricevuto una condanna a morte.
Newman nel 2002 aveva licenziato il difensore di ufficio, aveva chiesto e ottenuto di difendersi da solo, aveva confessato di aver ucciso, il 7 febbraio 2001, Marie Cholette, 46 anni, e aveva chiesto ai giurati popolari della Crawford County di essere condannato a morte.
Sia l’imputato che la vittima all’epoca erano dei senza fissa dimora. L’imputato in passato era stato un Marine, ma in seguito gli era stata diagnosticata depressione grave, disordine da stress post traumatico a seguito di abusi subiti da bambino, e quoziente intellettivo nella fascia della disabilità intellettiva.
All’epoca del processo la pubblica accusa presentò un test di laboratorio (in seguito rivelatosi falsificato) che indicava come appartenente alla vittima un capello trovato sugli abiti di Newman. In seguitò si scoprì che la stessa pubblica accusa aveva tenuto nascosti alcuni elementi che contraddicevano la confessione di Newman, e più accurati test del Dna sul capello usato per condannare Newman esclusero che appartenesse alla vittima. Inoltre fu appurato che la valutazione psicologica (indispensabile per consentire ad un imputato di difendersi da solo) conteneva “errori significativi”.
Nel 2005, 4 giorni prima dell’esecuzione fissata per il 26 luglio, Newman aveva consentito ai suoi nuovi difensori d’ufficio (compresa Julie Brain che lo ha assistito fino ad oggi) di chiedere una sospensione, che fu concessa. I nuovi avvocati, dell’ufficio del Federal Defender, avevano iniziato una lunga serie di ricorsi basati sulle sue condizioni mentali dell’imputato, che non gli avevano permesso una adeguata difesa all’epoca del processo che aveva portato una giuria popolare, dopo un processo di un solo giorno, a condannarlo a morte il 10 giugno 2002, sentenza poi ratificata da un giudice nel novembre dello stesso anno.
Il 16 gennaio 2014 la Corte Suprema di stato riconobbe le compromesse condizioni mentali dell’imputato, e decise che la confessione del primo processo non era valida. Il processo doveva essere ripetuto, senza utilizzare la prima confessione. Lo scorso 21 settembre la Corte Suprema di stato respinse il ricorso della pubblica accusa e confermò l’inutilizzabilità della confessione.
Il rappresentante della pubblica accusa, Ron Fields, preso atto del cattivo stato di conservazione delle prove, e della mancanza di testimonianze decisive, ha ritirato l’imputazione di omicidio di 1° grado.
Contro l’imputato rimaneva praticamente solo la circostanza che, ripreso da una telecamera di sorveglianza, Newman era entrato in un negozio di liquori in compagnia della vittima il giorno stesso della scomparsa della donna, il cui corpo venne ritrovato pochi giorni dopo con gravissime mutilazioni agli organi genitali. Oggi il giudice Gary Cottrell ha ratificato il ritiro dell’imputazione. 

ALABAMA (USA): TORREY MCNABB GIUSTIZIATO
19 ottobre 2017: Torrey McNabb, 40 anni, nero, è stato giustiziato.
Secondo i testimoni, l’uomo ha sollevato il braccio destro, ed ha fatto diverse smorfie dopo l’introduzione dei farmaci letali. L’esecuzione è avvenuta con il protocollo a 3 farmaci, primo dei quali è il Midazolam.
McNabb è stato dichiarato morto 20 minuti dopo l’inizio della procedura, e dopo che un addetto ha effettuato un secondo “consciousness check”, un controllo che viene fatto per verificare se il detenuto ha perso conoscenza dopo l’immissione in vena dell’anestetico e prima dell’iniezione dei farmaci velenosi.
I familiari e gli avvocati di McNabb che assistevano all’esecuzione hanno espresso preoccupazione per come l’esecuzione si stesse svolgendo.
Jeff Dunn, Commissario dell’Amministrazione Penitenziaria dell’Alabama, subito dopo l’esecuzione ha detto alla stampa di aver assistito a diverse esecuzioni, e che i “movimenti involontari non sono rari”, e che comunque a quel punto dell’esecuzione McNabb era “più che perso conoscenza”, e che il protocollo è stato seguito scrupolosamente.
McNabb era stato condannato a morte nel 1999 dopo un voto 10-2 della giuria popolare. Era accusato, ed aveva ammesso, di aver ucciso un poliziotto, Anderson Gordon, il 24 settembre 1997. Quel giorno McNabb era stato individuato da un “cacciatore di taglie”, Sanford Sharpe, che lo cercava dopo che l’uomo, libero dopo che la nonna ne aveva pagato la cauzione, aveva saltato due udienze per ricettazione e possesso di sostanze illegali. Nella sparatoria erano rimasti feriti anche Sharpe e un altro poliziotto, William M. Perkins.
La tesi difensiva di MaNabb puntava sulla legittima difesa, e su uno stato di paranoia indotta da un forte consumo di cocaina.

McNabb diventa il 3° giustiziato di quest’anno in Alabama, il 61° da quando l’Alabama ha ripreso le esecuzioni nel 1983, il 21° dell’anno negli Usa, e il n° 1463 da quando gli Usa hanno ripreso le esecuzioni nel 1977.

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