NO ALLA PENA DI MORTE
nel civile Giappone
Le tante anomalie della pena di morte in Giappone
Eppure una serie di gravi anomalie sono sotto gli occhi di tutti: le esecuzioni, rigorosamente per impiccagione, avvengono in segreto; i prigionieri ne sono informati soltanto poche ora prima e i loro familiari e avvocati vengono avvisati dopo che i condannati sono stati uccisi; spesso avvengono durante il periodo di sospensione del parlamento, nel tentativo di evitare il dibattito pubblico o le critiche dell’opinione pubblica internazionale.
A questo proposito, oltre ad esprimere le proprie preoccupazioni circa l’aumento delle condanne a morte emesse ed eseguite in Giappone e a richiedere il rispetto della risoluzione sulla moratoria delle esecuzioni approvata lo scorso dicembre all’Onu, Amnesty International ha denunciato che, se la pena di morte rispecchiasse veramente il desiderio dell’opinione pubblica in materia, la sua applicazione dovrebbe essere più trasparente e non avvenire in segreto.
Il sistema giudiziario giapponese è oggetto di forti critiche. Le cause e gli appelli durano anni o addirittura decenni. Okunishi Masaru è stato condannato a morte nel 1961 e oggi, all’età di 82 anni, è ancora nel braccio della morte aspettando di presentare nuove prove che potrebbero dimostrare la sua innocenza rispetto al reato per il quale è stato condannato in primo grado.
Fonti attendibili dimostrano, inoltre, che circa il 10% dei reclusi in Giappone sarebbe vittima di errori giudiziari. Ad agosto del 2004, la Corte suprema di Tokyo ha respinto la richiesta di apertura di un nuovo processo presentata da Hakamada Iwao, detenuto da oltre 38 anni e dichiaratosi sempre innocente.
Neppure le persone affette da gravi forme di malattia mentale sono risparmiate dal sistema giudiziario giapponese: il 23 agosto 2007 è stato messo a morte Takezawa Hifumi, divenuto paranoico e aggressivo in seguito a un infarto. Secondo gli articoli 30 e 39 del Codice penale giapponese, una persona affetta da infermità mentale non dovrebbe essere punita, mentre nel caso di semi infermità mentale la pena di morte andrebbe commutata.
Anche le condizioni dei detenuti nel braccio della morte sono anomale: i condannati sono tenuti in isolamento e hanno limitate possibilità di comunicazione con il mondo esterno; le celle hanno dimensioni di circa 5 metri quadri, spesso non hanno né impianto di riscaldamento, né sistema di aerazione o condizionamento, per cui d’inverno molti detenuti soffrono di geloni e d’estate di eritemi da sudorazione; per prevenire il rischio di suicidio i detenuti sono sotto stretta sorveglianza
poiché le telecamere sono puntate su di loro 24 ore su 24, con la luce accesa anche durante la notte; tra la finestra e l’inferriata vi è una lastra di ferro perforata, con il risultato che la cella anti-suicidio ha l’aerazione ridotta di oltre 200 volte e una luminosità inferiore del 30% rispetto a una cella normale.
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