sabato 6 dicembre 2014
SAGGEZZA
Il Budda è rappresentato come un essere umano dotato di profonda saggezza e l’idea di saggezza
è centrale nel Buddismo. Ma allo stesso tempo il concetto stesso di saggezza può risultare vago e
inafferrabile. Come si diventa saggi? La saggezza è qualcosa che si può sviluppare attivamente,
o si deve solo aspettare di acquisirla man mano che si va avanti con l'esperienza e con l’età? E
ancora: “conoscere” significa avere “saggezza”?
Josei Toda, il secondo presidente della Soka Gakkai, affermò che la confusione tra conoscenza e
saggezza è uno degli errori più grandi della società moderna. Egli paragonava il rapporto tra
conoscenza e saggezza a quello tra una pompa e l’acqua. Una pompa che non tiri fuori acqua
(cioè conoscenza senza saggezza) serve a ben poco. Con ciò non voleva negare l’importanza
della conoscenza, ma chiarire che la conoscenza può essere utilizzata per generare sia un’enorme
distruzione sia un profondo bene. Quando la saggezza agisce nella nostra vita ci mette in grado
di superare il limite del nostro pensiero abituale per farci approdare a una prospettiva inedita e
olistica di ogni situazione. Diventiamo capaci di dare una valutazione ampia dei fatti e di
percepire l’essenza di una questione prendendo così una direzione sicura verso la felicità. Il
Buddismo, inoltre, paragona la saggezza a uno specchio limpido che riflette perfettamente la
realtà così com’è. Ciò che viene riflesso nello specchio della saggezza è il legame e
l’interdipendenza della nostra vita con il tutto. Questa saggezza disperde le illusioni che
provocano separazione e ci risveglia a un senso di empatia con tutti gli esseri viventi.
Ciò che fa emergere la saggezza nella vita individuale è la compassione: secondo il Buddismo
infatti l’universo e la vita stessa sono manifestazioni della compassione che, intrecciando i fili di
tutti i fenomeni interdipendenti, favorisce e nutre la vita in ogni sua diversa, prodigiosa
manifestazione. Lo scopo della vita umana, dunque, è quello di partecipare attivamente al
compassionevole funzionamento dell’universo, arricchendo e intensificando il dinamismo
creativo della vita. Agendo con compassione, l’esistenza individuale si accorda con la forza
vitale universale e così riusciamo a manifestare la nostra inerente saggezza. L’azione di
incoraggiare e sostenere gli altri ci risveglia a un’identità più grande e libera, che supera i
ristretti confini dell’ego. Saggezza e compassione sono quindi inseparabili.
Centrale alla pratica buddista è il dominio di sé, lo sforzo di “diventare padroni della propria
mente”. Quest’idea significa che più profondamente lottiamo per sviluppare uno spirito
altruistico, più emerge in noi la saggezza del Budda e più facilmente possiamo quindi guidare
ogni aspetto della vita (il nostro sapere, i nostri talenti e le nostre peculiarità caratteriali) verso il
fine di creare felicità per noi stessi e per gli altri. Parlando all’Università di Tribhuvan in Nepal
nel 1995, Daisaku Ikeda, ha affermato: «Essere padroni della propria mente significa coltivare la
saggezza che abbiamo nei più intimi recessi delle nostre vite, che emerge copiosamente solo
quando siamo mossi da una compassionevole determinazione al servizio dell’umanità». È
l’essere umano stesso che deve cambiare per far sì che la storia di noi umani e di quanto ci
circonda, invece di essere dominata dalla separazione e dal conflitto, sia re-indirizzata verso la
pace, seguendo l’implicita etica del rispetto per la sacralità di ogni forma di vita. La
comprensione buddista della saggezza compassionevole può fornire una forte base per tale
trasformazione.
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