mercoledì 10 dicembre 2014

PAOLO UCCELLO


Figlio di Dono di Paolo, chirurgo e barbiere, e di Antonia di Giovanni del Beccuto, è un grande pittore, giustamente acclamato nei secoli, ma anche un artista singolarissimo e "fuori dal coro" nella Firenze che si sta aprendo al Rinascimento: non è un caso se le sue opere, frutto di un continuo sperimentalismo su strade empiriche e alternative, faranno ravvisare nel nostro secolo singolari analogie sia con il Cubismo che con il Surrealismo.
S.Giorgio e il drago
S.Giorgio e il drago
A soli 10 anni, nel 1407, Paolo figura insieme al giovane Donatello tra i garzoni di bottega del Ghiberti che lavorano alla rifinitura della prima porta del Battistero. Subito gli viene dato il soprannome di "Uccello" o "degli Uccelli", forse perchè si dedica in particolare a dipingere fregi ornamentali con uccelli e altri animali. Non è escluso che sia stato anche allievo di Gherardo Starnina (fiorentino, attivo in Spagna a cavallo fra '300 e '400, considerato uno degli "importatori" del gotico internazionale a Firenze), oltrechè vero autore dell'affascinante Tebaide degli Uffizi.
La sua formazione avviene comunque in quei primi due decenni del Quattrocento che vedono il linguaggio e la cultura figurativa gotica sottoposti a un incessante sperimentalismo teso alla ricerca di un'unità prospettica. Purtroppo Paolo Uccello, iscritto alla Compagnia dei Pittori di San Luca nel 1424, già nel '25 lascia Firenze, chiamato a Venezia per eseguire mosaici (oggi perduti) in San Marco. Per giudicare questa sua prima fase creativa ci resta solo l'Annunciazione (1425) della Cappella Carnesecchi in Santa Maria Maggiore, un'opera dalla prospettiva piuttosto complicata. Tornerà dopo cinque anni, del tutto ignaro di quella che nel frattempo è stata la rivoluzione di Masaccio al Carmine e poco informato anche sul progetto (segretissimo) del Brunelleschi per realizzare la Cupola di Santa Maria del Fiore, la cui esecuzione era iniziata nel 1423.
È quindi un maestro poco aggiornato sulle strabilianti novità fiorentine quando, nel 1431, torna in patria.
Monumento equestre
Monumento equestre
di John Hawkwood
Lavora in Santa Maria Novella (Storie della Vergine nel Chiostro Verde, 1431 ca.) e in Duomo, dove nel 1436 realizza a fresco, in soli tre mesi, quel monumento equestre al condottiero Giovanni Acuto che lo rende famoso: la posa del cavallo ricorda quelli di San Marco ma la naturalezza è per l'autore meno interessante delle forme geometriche e tutto l'insieme ha di conseguenza un sapore molto vicino all'astrazione. Per Santa Maria del Fiore realizza anche la decorazione del grande orologio (1443) con quattro potenti teste di profeti agli angoli e i cartoni per due delle vetrate tonde della Cupola (i cosiddetti "occhi") con la Resurrezione e la Natività (1443-45). Parallelamente, realizza affreschi nel Duomo di Prato, in San Miniato al Monte (Storie di Santi monaci) ed esegue per committenti privati una serie di piccole tavole di gusto ancora gotico e favolistico, come quelle con il San Giorgio e il drago conservate a Parigi e Londra (1456 ca.).
Nel '45 è chiamato a Padova da Donatello, e in casa Vitaliani dipinge dei Giganti (perduti) che avranno probabilmente influenza sul giovane Mantegna. Nel '47 è di nuovo a Firenze, e affronta le Storie di Noè nel Chiostro Verde di Santa Maria Novella: straordinaria fra queste la lunetta col Diluvio Universale (1446-48), dove il maestro sembra voler sperimentare tutte le prospettive possibili: la scena è costruita con un doppio punto di vista (quello della prospettiva geometrica è invece unico) e di conseguenza le linee sembrano sfasarsi non avendo un unico punto di fuga; gli effetti ottici si moltiplicano, a volte deformando le figure a volte realizzando scorci audacissimi.
La battaglia di S.Romano
La battaglia di S.Romano
L'opera è un vero pezzo di bravura che esce da tutti gli schemi.
La testimonianza maggiore dell'arte di Paolo Uccello viene poco dopo, fra il 1456 e il '60, con la realizzazione dei tre dipinti che celebrano la Battaglia di San Romano, in cui nel 1432 i fiorentini, guidati da Niccolò da Tolentino, avevano assalito e sconfitto i senesi alleati dei Visconti di Milano. Si tratta di tre pannelli fatti per una camera del Palazzo Medici di via Larga (uno si trova oggi agli Uffizi, gli altri due rispettivamente al Louvre e alla National Gallery di Londra) e riassumono con grande potenza tutto il fascino di questo genio pittorico. Esaminiamo il pannello degli Uffizi: sullo sfondo di un paesaggio ancora medievale si svolge una composizione affollatissima che raffigura il disarcionamento di Bernardino della Ciarda mentre in primo piano si collocano guerrieri armati di lance e balestre e cavalli nelle pose più svariate. Ma le masse in urto dei combattenti sono bloccate nella prospettiva, i guerrieri corazzati sono simili ad automi, le lance creano delle palizzate, i cimieri quasi dei cespugli, l'atmosfera è rarefatta, i colori fantastici creano un effetto di intarsio policromo, tutto l'insieme sembra un gioco irreale e come tale incanterà, nel nostro secolo, i Surrealisti.
L'artista realizzerà ancora alcune predelle (il Miracolo dell'ostia, 1469, Urbino), piccole tavole con soggetti profani e una serie di ritratti, alcuni sul modello masaccesco altri più vicini all'eleganza cortigiana di Pisanello, ma la sua fortuna è ormai scarsa. Nel 1469 è di nuovo a Firenze dopo il soggiorno urbinate alla corte dei Montefeltro, e qui, "più povero che famoso", oppresso da malanni e preoccupazioni economiche, morirà sei anni più tardi.

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