BASILICA DI SANTA MARIA NOVELLA
FIRENZE, PIAZZA DI SANTA MARIA NOVELLA 18
Basilica di Santa Maria Novella, Firenze, facciata.
DESCRIZIONE:
La basilica di Santa Maria Novella è una delle più importanti chiese di Firenze e sorge sull'omonima piazza. Se Santa Croce era ed è un centro antichissimo di cultura francescana e Santo Spirito ospitava l'ordine agostiniano, Santa Maria Novella era per Firenze il punto di riferimento per un altro importante ordine mendicante, i domenicani.
I domenicani arrivarono a Firenze da Bologna, guidati da Fra' Giovanni da Salerno, nel 1219. Nel 1221, ottennero la piccola chiesa di Santa Maria delle Vigne, così chiamata per i terreni agricoli che la circondavano (all'epoca fuori dalle mura). Questa chiesetta era stata consacrata nel 1049 o, secondo altre fonti, nel 1094, anche se questa seconda ipotesi è più probabile, poiché nell'Archivio Capitolare della cattedrale fiorentina è conservato un documento che menziona questa data. Ad ogni modo, della chiesetta antica sono stati trovati alcuni resti sotto l'attuale sagrestia, in particolare le basi di alcuni pilastri romanici.
La prima pietra di un nuovo e più ampio edificio fu posta il 18 ottobre 1279, durante la festa di San Luca, con la benedizione del cardinale Latino Malabranca Orsini, mutando l'orientamento con la facciata verso sud, e fu completata alla metà del XIV secolo. Il progetto, secondo fonti documentarie molto controverse, si deve a due frati domenicani, fra' Sisto da Firenze e fra' Ristoro da Campi, ma partecipò all'edificazione anche fra' Jacopo Passavanti, mentre il campanile e buona parte del convento si deve all'intervento immediatamente successivo di fra' Jacopo Talenti. La chiesa, sebbene già conclusa verso la metà del Trecento con la costruzione dell'adiacente convento, fu tuttavia ufficialmente consacrata solo nel 1420 da papa Martino V che risiedeva in città.
Su commissione della famiglia Rucellai, Leon Battista Alberti disegnò il grande portale centrale, la trabeazione e il completamento superiore della facciata, in marmo bianco e verde scuro, terminata nel 1470. Tra il 1565 e il 1571 la chiesa fu rimaneggiata ad opera di Giorgio Vasari, con la rimozione del recinto del coro e la ricostruzione degli altari laterali, che comportò l'accorciamento delle finestre gotiche. Tra il 1575 e il 1577 fu costruita da Giovanni Dosio la cappella Gaddi. Un ulteriore rimaneggiamento si ebbe tra il 1858 e il 1860 ad opera dell'architetto Enrico Romoli.
Un importante restauro è stato effettuato nel 1999 con i fondi del giubileo, in seguito al quale per l'accesso alla chiesa è stato istituito un biglietto d'ingresso. Dall'aprile 2006 al marzo 2008 la facciata è stata di nuovo restaurata.
La facciata marmorea di Santa Maria Novella è fra le opere più importanti del Rinascimento fiorentino, pur essendo stata iniziata in periodi precedenti. Venne completata definitivamente solo nel 1920.
Il primo intervento si ebbe verso il 1350, quando il registro inferiore fu ricoperto di marmi bianchi e verdi grazie ai fondi da un tale Turino del Baldese deceduto un anno prima. In quella circostanza furono fatti i sei avelli o arche tombali, i due portali laterali gotici e, forse, anche l'ornamentazione marmorea a riquadri e archetti ciechi a tutto sesto fino al primo cornicione, che assomigliano a quelli del Battistero di San Giovanni.
L'oculo risulta aperto dal 1367.
I lavori in seguito si interruppero e durante il Concilio di Firenze, che si tenne anche nel convento dal 1439, venne ribadita la necessità di provvedere al completamento della facciata. Solo un ventennio dopo si offrì il ricco mercante Giovanni Rucellai, che ne affidò il progetto al suo architetto di fiducia, Leon Battista Alberti.
Tra 1458 e 1478 fu rivestita la parte restante di marmi policromi, armonizzando con la parte già esistente. La parte inferiore venne lasciata pressoché intatta nel suo assetto medievale, aggiungendo solo il portale classicheggiante, ispirato a quello del Pantheon, incorniciato dal motivo colonna-pilastro, che ricorre, seppure con un rapporto diverso, anche alle estremità sui lati. Oltre una trabeazione classicheggiante si trova un'ampia fascia decorata a tarsie quadrate, ispirata agli attici dell'architettura antica, che separa e raccorda la zona inferiore e qualla superiore.
La parte superiore venne influenzata dalla preesistenza del rosone, attorno al quale Alberti installò, in posizione sfasata, un grande rettangolo tripartito, legato da rapporti geometrici di multipli e sottomultipli con il resto degli elementi della facciata. Esso e sormontato da un timpano con al centro il volto di Gesù Bambino inserito nel disco solare fiammeggiante, emblema del Quartiere di Santa Maria Novella.
Sull'architrave superiore campeggia un'iscrizione che ricorda il benefattore e un simbolico anno di completamento, il 1470: IOHA(N)NES ORICELLARIUS PAV(LI) F(ILIUS) AN(NO) SAL(VTIS) MCCCCLXX (Giovanni Rucellai, figlio di Paolo, anno 1470). Le due volute capovolte ai lati, dalle tarsie finissime, hanno funzione di raccordo con la parte inferiore e mascherano il dislivello tra la navata centrale e quelle laterali, notevolmente più basse. Quella di destra fu rivestita di marmi solo nel 1920.
L'elegante fregio marmoreo centrale con le "vele con le sartie al vento" altro non è che l'emblema araldico di Giovanni di Paolo Rucellai. Lo stesso simbolo, che si può vedere sulla facciata del palazzo e della loggia Rucellai, nonché sul tempietto del Santo Sepolcro in San Pancrazio, compare anche sui pilastri angolari, che in alto portano anche lo stemma familiare Rucellai.
L'intervento dell'Alberti si innestò quindi sulle strutture gotiche precedenti, ma seppe unificare la parte nuova e quella antica tramite il ricorso alla tarsia marmorea, derivata dal Romanico fiorentino (Battistero di San Giovanni, San Miniato al Monte, Badia Fiesolana). Questo retaggio tradizionale venne rielaborato secondo la lezione classica e i principi della geometria modulare, valorizzando la storia dell'edificio e il contesto locale.
Lo schema è comunque mitigato da alcune leggere asimmetrie, forse programmate dall'Alberti, forse dovute alla manodopera locale. Lo schema preimpostato anteriormente non era infatti modulato su corrispondenze matematiche, per cui è probabile che Alberti dovette mascherare la mancata corrispondenza tra gli elementi verticali della parte inferiore e superiore, proprio con l'aggiunta della fascia-attico, le cui tarsie non sono allineate agli altri elementi.
Alcuni dei rapporti modulari principali:
La linea di base della chiesa è uguale all'altezza della facciata, con la quale forma un quadrato;
Se la parte inferiore è esattamente la metà della superficie di questo quadrato, quella superiore, riguardo al quadrato tra le volute, equivale a un quarto;
Dividendo ancora questa superficie in quattro si ottengono dei sedicesimi di superficie che inscrivono con precisione le volute laterali;
Il portale centrale è alto una volta e mezzo la sua larghezza (rapporto di 2/3);
L'altezza della fascia centrale a cerniera è uguale alla larghezza dei portali laterali e degli avelli, ed è sette volte l'altezza dell'ordine inferiore;
I lati dei quadrati intarsiati sulla fascia centrale sono un terzo dell'altezza della fascia stessa ed il doppio del diametro delle colonne della parte inferiore.
Il Sol Invictus rappresentato sul timpano è lo stemma del quartiere di Santa Maria Novella, ma anche un simbolo di forza e ragione; il diametro del tondo del Sole è esattamente la metà del diametro del rosone (compresa la cornice) ed è uguale a quello dei cerchi nelle volute.
I domenicani arrivarono a Firenze da Bologna, guidati da Fra' Giovanni da Salerno, nel 1219. Nel 1221, ottennero la piccola chiesa di Santa Maria delle Vigne, così chiamata per i terreni agricoli che la circondavano (all'epoca fuori dalle mura). Questa chiesetta era stata consacrata nel 1049 o, secondo altre fonti, nel 1094, anche se questa seconda ipotesi è più probabile, poiché nell'Archivio Capitolare della cattedrale fiorentina è conservato un documento che menziona questa data. Ad ogni modo, della chiesetta antica sono stati trovati alcuni resti sotto l'attuale sagrestia, in particolare le basi di alcuni pilastri romanici.
La prima pietra di un nuovo e più ampio edificio fu posta il 18 ottobre 1279, durante la festa di San Luca, con la benedizione del cardinale Latino Malabranca Orsini, mutando l'orientamento con la facciata verso sud, e fu completata alla metà del XIV secolo. Il progetto, secondo fonti documentarie molto controverse, si deve a due frati domenicani, fra' Sisto da Firenze e fra' Ristoro da Campi, ma partecipò all'edificazione anche fra' Jacopo Passavanti, mentre il campanile e buona parte del convento si deve all'intervento immediatamente successivo di fra' Jacopo Talenti. La chiesa, sebbene già conclusa verso la metà del Trecento con la costruzione dell'adiacente convento, fu tuttavia ufficialmente consacrata solo nel 1420 da papa Martino V che risiedeva in città.
Su commissione della famiglia Rucellai, Leon Battista Alberti disegnò il grande portale centrale, la trabeazione e il completamento superiore della facciata, in marmo bianco e verde scuro, terminata nel 1470. Tra il 1565 e il 1571 la chiesa fu rimaneggiata ad opera di Giorgio Vasari, con la rimozione del recinto del coro e la ricostruzione degli altari laterali, che comportò l'accorciamento delle finestre gotiche. Tra il 1575 e il 1577 fu costruita da Giovanni Dosio la cappella Gaddi. Un ulteriore rimaneggiamento si ebbe tra il 1858 e il 1860 ad opera dell'architetto Enrico Romoli.
Un importante restauro è stato effettuato nel 1999 con i fondi del giubileo, in seguito al quale per l'accesso alla chiesa è stato istituito un biglietto d'ingresso. Dall'aprile 2006 al marzo 2008 la facciata è stata di nuovo restaurata.
La facciata marmorea di Santa Maria Novella è fra le opere più importanti del Rinascimento fiorentino, pur essendo stata iniziata in periodi precedenti. Venne completata definitivamente solo nel 1920.
Il primo intervento si ebbe verso il 1350, quando il registro inferiore fu ricoperto di marmi bianchi e verdi grazie ai fondi da un tale Turino del Baldese deceduto un anno prima. In quella circostanza furono fatti i sei avelli o arche tombali, i due portali laterali gotici e, forse, anche l'ornamentazione marmorea a riquadri e archetti ciechi a tutto sesto fino al primo cornicione, che assomigliano a quelli del Battistero di San Giovanni.
L'oculo risulta aperto dal 1367.
I lavori in seguito si interruppero e durante il Concilio di Firenze, che si tenne anche nel convento dal 1439, venne ribadita la necessità di provvedere al completamento della facciata. Solo un ventennio dopo si offrì il ricco mercante Giovanni Rucellai, che ne affidò il progetto al suo architetto di fiducia, Leon Battista Alberti.
Tra 1458 e 1478 fu rivestita la parte restante di marmi policromi, armonizzando con la parte già esistente. La parte inferiore venne lasciata pressoché intatta nel suo assetto medievale, aggiungendo solo il portale classicheggiante, ispirato a quello del Pantheon, incorniciato dal motivo colonna-pilastro, che ricorre, seppure con un rapporto diverso, anche alle estremità sui lati. Oltre una trabeazione classicheggiante si trova un'ampia fascia decorata a tarsie quadrate, ispirata agli attici dell'architettura antica, che separa e raccorda la zona inferiore e qualla superiore.
La parte superiore venne influenzata dalla preesistenza del rosone, attorno al quale Alberti installò, in posizione sfasata, un grande rettangolo tripartito, legato da rapporti geometrici di multipli e sottomultipli con il resto degli elementi della facciata. Esso e sormontato da un timpano con al centro il volto di Gesù Bambino inserito nel disco solare fiammeggiante, emblema del Quartiere di Santa Maria Novella.
Sull'architrave superiore campeggia un'iscrizione che ricorda il benefattore e un simbolico anno di completamento, il 1470: IOHA(N)NES ORICELLARIUS PAV(LI) F(ILIUS) AN(NO) SAL(VTIS) MCCCCLXX (Giovanni Rucellai, figlio di Paolo, anno 1470). Le due volute capovolte ai lati, dalle tarsie finissime, hanno funzione di raccordo con la parte inferiore e mascherano il dislivello tra la navata centrale e quelle laterali, notevolmente più basse. Quella di destra fu rivestita di marmi solo nel 1920.
L'elegante fregio marmoreo centrale con le "vele con le sartie al vento" altro non è che l'emblema araldico di Giovanni di Paolo Rucellai. Lo stesso simbolo, che si può vedere sulla facciata del palazzo e della loggia Rucellai, nonché sul tempietto del Santo Sepolcro in San Pancrazio, compare anche sui pilastri angolari, che in alto portano anche lo stemma familiare Rucellai.
L'intervento dell'Alberti si innestò quindi sulle strutture gotiche precedenti, ma seppe unificare la parte nuova e quella antica tramite il ricorso alla tarsia marmorea, derivata dal Romanico fiorentino (Battistero di San Giovanni, San Miniato al Monte, Badia Fiesolana). Questo retaggio tradizionale venne rielaborato secondo la lezione classica e i principi della geometria modulare, valorizzando la storia dell'edificio e il contesto locale.
Lo schema è comunque mitigato da alcune leggere asimmetrie, forse programmate dall'Alberti, forse dovute alla manodopera locale. Lo schema preimpostato anteriormente non era infatti modulato su corrispondenze matematiche, per cui è probabile che Alberti dovette mascherare la mancata corrispondenza tra gli elementi verticali della parte inferiore e superiore, proprio con l'aggiunta della fascia-attico, le cui tarsie non sono allineate agli altri elementi.
Alcuni dei rapporti modulari principali:
La linea di base della chiesa è uguale all'altezza della facciata, con la quale forma un quadrato;
Se la parte inferiore è esattamente la metà della superficie di questo quadrato, quella superiore, riguardo al quadrato tra le volute, equivale a un quarto;
Dividendo ancora questa superficie in quattro si ottengono dei sedicesimi di superficie che inscrivono con precisione le volute laterali;
Il portale centrale è alto una volta e mezzo la sua larghezza (rapporto di 2/3);
L'altezza della fascia centrale a cerniera è uguale alla larghezza dei portali laterali e degli avelli, ed è sette volte l'altezza dell'ordine inferiore;
I lati dei quadrati intarsiati sulla fascia centrale sono un terzo dell'altezza della fascia stessa ed il doppio del diametro delle colonne della parte inferiore.
Il Sol Invictus rappresentato sul timpano è lo stemma del quartiere di Santa Maria Novella, ma anche un simbolo di forza e ragione; il diametro del tondo del Sole è esattamente la metà del diametro del rosone (compresa la cornice) ed è uguale a quello dei cerchi nelle volute.
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