NESSUNO TOCCHI CAINO
no alla pena di morte
1. LA STORIA DELLA
SETTIMANA : LETTERA ALL'UNIONE EUROPEA DELLE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI:
SALVIAMO AHMADREZA DJALALI 2. NEWS
FLASH: DRAMMA CARCERI, PROSEGUE IL SILENZIO DI MEDIA E POLITICA 3. NEWS FLASH: APPELLO DI NESSUNO TOCCHI CAINO
SUL RISCHIO DI AZIONI TERRORISTICHE CON COPERTURA DELLO STATO IRANIANO 4. NEWS FLASH: ONU: 67ESIMA RISOLUZIONE DI
CONDANNA PER LE VIOLAZIONI DEI DIRITTI UMANI IN IRAN 5. NEWS FLASH: SOMALIA: SEI GIUSTIZIATI IN
SOMALILAND PER OMICIDIO 6. I
SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA :
LETTERA ALL'UNIONE EUROPEA DELLE ORGANIZZAZIONI
INTERNAZIONALI: SALVIAMO AHMADREZA DJALALI In una lettera congiunta all'Alto
Rappresentante dell'Unione Europea per gli Affari Esteri, Josep Borrell, dieci
organizzazioni internazionali per i diritti umani chiedono un'azione immediata
per salvare la vita di Ahmadreza Djalali. Il testo completo della lettera e
l'elenco dei firmatari sono i seguenti:
H. E. Josep Borrell
Alto Rappresentante dell'Unione per gli Affari Esteri e
la Politica di Sicurezza, Vicepresidente della Commissione Europea Rue de la
Loi / Wetstraat 200-1049 Bruxelles
Roma, 25/11/2020
Gentile HR / VP Josep Borrell,
Le scriviamo per esprimere la nostra profonda
preoccupazione per il caso di Ahmadreza Djalali.
Abbiamo appena appreso che il dottor Ahmadreza Djalali è
stato messo in isolamento e sarà presto trasferito nella prigione di Rajai
Shahr dove verrà eseguita la sua condanna a morte.
Il dottor Djalali è un ricercatore iraniano-svedese
affiliato all'istituto svedese Karolinska di Stoccolma e all'Università
italiana del Piemonte Orientale a Novara, dove ha svolto ricerche sul
miglioramento delle risposte di emergenza degli ospedali al terrorismo armato e
alle minacce radiologiche, chimiche e biologiche. È stimato a livello
internazionale e collabora regolarmente con i principali istituti di ricerca
europei. Il contributo del Dr. Djalali è innegabile in questo campo di ricerca.
La sua ricerca innovativa è stata condotta in ambienti multiculturali e in
collaborazione con colleghi e istituzioni in diversi paesi. I suoi studi hanno
portato alla pubblicazione di più di quaranta articoli scientifici con lo scopo
di migliorare la risposta all'emergenza non solo nel suo paese, l'Iran, ma
anche in Europa.
Il dottor Djalali è stato arrestato in Iran nell'aprile
2016 e successivamente condannato per spionaggio, senza che venissero fornite
prove materiali, a seguito di un processo affrettato e segreto, guidato dal
tribunale rivoluzionario iraniano, e senza dare spazio alla difesa.
Il dottor Djalali ha trascorso un lungo periodo di
detenzione, con isolamento inizialmente totale e poi parziale nella prigione di
Evin. Per tutto il periodo di prigionia è stato sottoposto a torture
psicologiche così pesanti, che è stato costretto, in due occasioni, a
registrare false confessioni, leggendo testi preparati dai suoi inquisitori. A
seguito di un processo svoltosi a porte chiuse e in violazione di ogni minimo
standard di legalità, il 21 ottobre 2017 è stato condannato a morte per
“corruzione sulla terra” (Efsad-e fel-arz).
Secondo quanto riportato dal settimanale scientifico
internazionale Nature (23 ottobre 2017), una fonte vicina a Djalali ha
rivelato, attraverso un documento presentato come trascrizione letterale di un
testo manoscritto prodotto da Djalali all'interno del carcere di Evin, che nel
2014 è stato avvicinato da agenti dell'intelligence militare iraniana che gli
hanno chiesto di raccogliere informazioni sui siti chimici, biologici,
radiologici e nucleari occidentali, nonché sulle infrastrutture critiche e sui
piani operativi antiterrorismo. Il documento afferma che Djalali crede di essere
stato arrestato per essersi rifiutato di spiare per conto dei servizi segreti
iraniani.
Noi firmatari di questo appello chiediamo all'UE di intervenire immediatamente per ottenere la sospensione della condanna a morte che, a tempi brevi, può porre fine alla vita di un innocente, e per garantire che Ahmadreza Djalali possa ottenere accesso a cure mediche tempestive e adeguate
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NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH
DRAMMA CARCERI, PROSEGUE IL SILENZIO DI MEDIA E POLITICA
Articolo di Rita Bernardini pubblicato su Il Riformista del 27 novembre 2020
Due lettere che mi arrivano dal carcere. La prima è di un
familiare di un detenuto della Casa di reclusione di Milano-Opera che racconta,
dopo una telefonata, della diffusione del Covid nelle sezioni dell’Alta
sicurezza, AS1 e AS3. Mi colpisce quando riferisce dei detenuti dell’AS3 dove
si trovano – afferma – i più anziani, i più fragili, coloro che spesso non
escono dalla stanza o non si alzano dal letto e li penso mentre vivono minuto
dopo minuto la loro straziante solitudine.
«Buongiorno Rita, le scrivo per metterla al corrente
della situazione Covid a Opera nella sezione degli AS. Nella casa di reclusione
di Opera le restrizioni sono partite subito alla fine di ottobre quando sono
state bloccate le uscite dei permessanti i quali, da mesi isolati nel centro
clinico perché potessero usufruire dei permessi senza mettere a rischio i
compagni di sezione, sono stati riportati nelle loro celle, dopo essere stati
sottoposti a tampone.
Dopo un primo periodo, dove pareva che anche la seconda
ondata di contagi avesse risparmiato Opera, l’11 novembre, da una telefonata
con il mio familiare ivi ristretto, vengo a conoscenza di numerosi positivi nel
corridoio dell’AS3, posto sullo stesso piano della AS1. È una parte della AS3
dove sono collocati i più anziani, i più fragili, coloro che spesso non escono
dalla stanza o non si alzano dal letto. Ancora gli AS1 risultavano indenni al
virus. Nel giro di poche ore però il tam tam dei familiari e dei volontari alza
il numero dei positivi oltre la ventina. Di questi alcuni sono della sezione
degli AS1, per la precisione 3. Nei giorni a seguire risultano positivi altri
AS1, tra questi c’è anche un detenuto sempre presente ai laboratori di Nessuno
Tocchi Caino Spes contra Spem.
I familiari apprendono del trasferimento del proprio caro
attraverso di me e rimangono alcuni giorni senza sue notizie. Quando la
comunicazione riprende regolarmente apprendono che verrà trasferito a San
Vittore. Ancora oggi si trova in quel carcere, nel reparto destinato ai
positivi al virus. Dice di trovarsi bene e di avere i sintomi di una lieve
influenza. Lunedì 23 novembre ha effettuato il tampone che è risultato ancora
positivo, pertanto dovrà attender per rientrare a Opera. Degli altri non so
nulla, ma pare siano in maggioranza asintomatici o con sintomi lievi. Oggi ho
avuto un ulteriore aggiornamento, altri 8 positivi nella sezione AS3 e 5 in uno
dei due corridoi degli AS1, per l’altro corridoio i risultati arriveranno
presumibilmente nella giornata di domani. Sommando tutti i casi si arriva a un
considerevole numero che oltrepassa il 40.
In tutto questo tempo l’intero piano è rimasto in
quarantena, chiusi gli spazi comuni, le salette hobby e i passeggi sono con i
compagni del proprio corridoio. Inoltre, sono state cancellate tutte le
videochiamate Skype in quanto si svolgono nell’area colloqui, non più
accessibile a coloro che risultano in quarantena. I colloqui sono stati
interrotti da metà novembre. Nel frattempo è partita la fornitura regolare di
mascherine e sono stati posti igienizzanti nei corridoi. Vi scrivo questo
poiché i detenuti sono dispiaciuti del fatto che la notizia non è ancora giunta
ai media, in particolare, alla voce di radio radicale».
La seconda è una lettera di solidarietà allo sciopero
della fame in corso che mi giunge dal carcere di Velletri. Un messaggio pieno
d’affetto che centra due problemi: il silenzio dei mezzi di informazione sul
carcere e il cinismo della politica: noi e gli immigrati – afferma questo
recluso – siamo il terreno fertile dove piantare il seme dell’odio e della
demagogia per poi raccogliere consenso.
«Ciao Rita, mi chiamo F.M., sono detenuto presso il
carcere di Velletri.
Prima di tutto vorrei chiederti: come stai? In secondo
luogo vorrei ringraziarti a nome di tutti gli altri 500 detenuti – o “compagni
di avventura”, come amo chiamarli io – per tutto quello che fai per noi. In
modo particolare per quello che stai facendo in questo momento. E vorrei
sottolineare l’assordante e vergognoso silenzio da parte di quasi tutti i media
sul tuo sciopero della fame per richiamare l’attenzione delle istituzioni
politiche e parlamentari affinché si accenda un faro sulla drammatica
situazione nelle carceri e sulla mala-giustizia italiana.
Al momento qui nel carcere di Velletri la situazione
sembra essere sotto controllo, ovviamente per quel che ci è dato sapere. Ma
trovo assolutamente vergognoso e non degno di una società che si ritiene civile
il comportamento e le misure che ci vengono riservate dalla politica. Se
possibile, siamo considerati peggio di una discarica sociale. Peggio, perché
viene sfruttata la nostra disperazione e quella dei nostri familiari per meri
scopi politici o, peggio, di propaganda. Certa informazione e certi esponenti
politici hanno bisogno di noi, poveri detenuti, come il formaggio per il topo.
Noi e gli immigrati siamo il terreno fertile dove piantare il seme dell’odio e
della demagogia per poi raccogliere consenso.
Avrei molto altro da scrivere, ma non ti voglio tediare.
Ti invio 500 abbracci virtuali.
Un caro saluto, F.M.».
Per saperne di piu' : https://www.ilriformista.it/dramma-carceri-prosegue-il-silenzio-di-media-e-politica-178878/
APPELLO DI NESSUNO TOCCHI CAINO SUL RISCHIO DI AZIONI
TERRORISTICHE CON COPERTURA DELLO STATO IRANIANO Al Ministro degli Esteri Luigi
di Maio
L’associazione Nessuno tocchi Caino Le esprime grande
preoccupazione per la continua violazione dei diritti umani in Iran e per le
impiccagioni degli arrestati nelle manifestazioni antigovernative che esplosero
un anno fa e che costantemente monitoriamo.
La preoccupazione riguarda anche l’estensione all’Europa
della violenza repressiva, brutale di un regime che se vede un militante dei
diritti umani, un oppositore politico, insomma una voce dissenziente, ad esso
si relaziona con la pulsione e l’atto della soppressione, dell’annientamento,
del mettere a tacere. Fino a giungere a concepire e realizzare azioni
terroristiche anche nel nostro continente.
Esponenti della nostra associazione ne hanno fatto
l’esperienza diretta quando, il 30 giugno 2018, parteciparono al raduno annuale
del Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana a Parigi, un movimento di
opposizione, fatto per lo più di esuli, guidato da Maryam Rajavi che vuole un
Iran libero e democratico. Il suo è un programma improntato al rispetto dei
diritti umani e allo Stato di Diritto. Il solo fatto che una donna iraniana
presieda questa organizzazione spiega la forza alternativa che incarna e dunque
la furia annientatrice, cieca e mortifera, che provoca in un Iran teocratico e
misogino.
Maryam Rajavi è stata infatti l’obiettivo dell’attentato
terroristico ordito per far saltare in aria, oltre che lei, molti partecipanti
alla manifestazione del 30 giugno 2018. Persone come le centinaia di
personalità del mondo libero e democratico: Ingrid Betancourt, Patrick Kennedy,
Gilbert Mitterand solo per citarne alcuni. L’attentato è stato sventato e il 27
novembre si aprirà un processo a carico di quattro persone iraniane, tra cui un
diplomatico iraniano, in carcere in Belgio.
Nell’ultima relazione annuale dell’Intelligence Service
federale tedesco, del luglio 2020, è scritto: “Un diplomatico in servizio
all’ambasciata iraniana a Vienna, il terzo segretario Assadollah Assadi, è
stato arrestato, il 1° luglio 2018, in Germania in seguito a un mandato
d’arresto europeo spiccato dalle autorità giudiziarie belghe. Assadi, in pieno
servizio presso il Ministero delle Informazioni, è accusato di essere stato il
coordinatore di un tentativo di attacco con esplosivi al raduno annuale dei
Mojahedin del Popolo a Parigi che ha avuto luogo il 30 giugno 2018”.
L’Intelligence Service federale tedesco nelle sue relazioni precedenti aveva
affermato che un importante centro di attività d’intelligence del regime
“incentrato sui Mojahedin del Popolo e sul Consiglio Nazionale della Resistenza
Iraniana” era “l’ambasciata iraniana a Berlino”.
La Francia ha espulso, il 2 ottobre 2018, un diplomatico
iraniano; tre ministri francesi hanno condannato l’azione terroristica iraniana
in Europa. Negli ultimi due anni sono stati espulsi sei diplomatici iraniani
dai Paesi Bassi e dall’Albania. Il primo ministro albanese Edi Rama ha svelato,
il 19 aprile 2018, un importante complotto terroristico del regime iraniano in
Albania, che doveva essere attuato nell’occasione della festa del capodanno
iraniano; questo ha causato l’espulsione dell’ambasciatore iraniano e capo
dell’intelligence iraniana di stanza a Tirana.
Queste azioni terroristiche condotte in Europa sono solo
l’altra faccia dell’intensificazione dell’oppressione all’interno del Paese;
come l’impiccagione del campione iraniano Navid Afkari, che ha scioccato
l’opinione pubblica mondiale.
Sappiamo che la Dichiarazione del Consiglio dell’Unione
Europea del 29 aprile 1997, prevede che gli agenti iraniani dell’intelligence
con copertura diplomatica, giornalistica, economica eccetera siano espulsi e i
centri con copertura religiosa o culturale in servizio al terrorismo che
diffondono l’integralismo siano chiusi.
Ci rivolgiamo dunque a Lei Ministro per informarla e per
chiederle, al di là del corso giudiziario sul tentato attacco terroristico a
Parigi, di occuparsi della minaccia che l’Iran costituisce.
Siamo profondamente convinti che il condizionamento al
rispetto dei diritti umani di ogni relazione con l’Iran, tanto in sede
bilaterale quanto in quella multilaterale, sia il miglior deterrente ad ogni
minaccia terroristica.
Pensiamo anche che, vista la comprovata copertura
diplomatica dello Stato iraniano a obiettivi terroristici in Paesi europei, si
debbano prendere tutte le misure necessarie a verificare la situazione rispetto
al nostro Paese, come in Europa e, se del caso, adottare i provvedimenti
conseguenti come previsto dalla Dichiarazione del Consiglio dell’Unione
Europea.
Per saperne di piu' :
ONU: 67ESIMA RISOLUZIONE DI CONDANNA PER LE VIOLAZIONI
DEI DIRITTI UMANI IN IRAN Il Terzo Comitato dell’Assemblea Generale delle
Nazioni Unite, competente in materia di diritti umani, il 18 novembre 2020 ha
approvato una Risoluzione che condanna le violazioni dei diritti umani in Iran.
Si tratta della 67a risoluzione di condanna da quando i
mullah hanno preso il potere nel 1979.
Il Terzo Comitato (Sociale, Umanitario e Culturale) ha
inviato all'Assemblea Generale sette bozze di risoluzione, cinque delle quali
incentrate su situazioni specifiche di singoli paesi, e oggetto di un acceso
dibattito.
Una bozza di risoluzione sui diritti umani in Iran -
approvata con un voto registrato di 79 a favore, 32 contrari e 64 astensioni -
esprime seria preoccupazione all'Assemblea Generale per la frequenza allarmante
con cui viene imposta la pena di morte, in particolare contro i minori. La Risoluzione
chiederebbe all'Iran di garantire che nessuno sia sottoposto a tortura - o
altri trattamenti crudeli, inumani o degradanti - e di porre fine all'uso
diffuso e sistematico di arresti e detenzioni arbitrarie, inclusa la pratica
della sparizione forzata.
Il rappresentante dell'Iran ha affermato che la
presentazione di una bozza di risoluzione politicamente motivata riflette il
comportamento distruttivo di coloro che manipolano le questioni relative ai
diritti umani. "Questi falsi predicatori" agiscono come complici
volontari del terrorismo economico intrapreso dagli Stati Uniti contro i civili
in Iran, ha detto, denunciando le misure coercitive unilaterali illegali
imposte al suo paese.
La bozza di Risoluzione esprime seria preoccupazione “per
la frequenza, alta in misura allarmante, con cui vengono emesse ed eseguite
condanne a morte, […] in violazione dei suoi obblighi internazionali, comprese
le esecuzioni compiute contro persone sulla base di confessioni forzate o per
reati che non si qualificano come i più gravi, compresi reati la cui
definizione è eccessivamente ampia o vaga, in violazione del Patto
Internazionale sui Diritti Civili e Politici […] la continua imposizione della
pena di morte contro i minori […] in violazione della Convenzione sui Diritti
dell’Infanzia”.
La bozza di Risoluzione esprime anche allarme per “l’uso
diffuso e sistematico di arresti e detenzioni arbitrari […] l’uso della tortura
per estorcere confessioni, come nei casi di Navid Afkari e di altri, e anche
per casi di morte sospetta in custodia”, come per le violazioni di lunga data
che coinvolgono la magistratura iraniana e le agenzie di sicurezza, comprese le
sparizioni forzate e le esecuzioni extragiudiziali, e la soppressione del
“diritto alla libertà di espressione e opinione, comprese le restrizioni
diffuse all’accesso a Internet e nei contesti digitali, e del diritto alla
libertà di associazione e riunione pacifica”, nonché per “molestie,
intimidazioni e persecuzioni di oppositori politici, difensori dei diritti
umani e tutte le forme di discriminazione e altre violazioni dei diritti umani
contro donne e ragazze nella legge e nella pratica”.
Le misure repressive del regime sono aumentate negli
ultimi mesi, mentre si avvicinava il primo anniversario della rivolta del
novembre 2019, quando imponenti manifestazioni contro il governo si tennero in
tutte le principali città del paese.
Il regime iraniano è furioso per la risoluzione. Il 16
novembre, Ali Bagheri-Kani, a capo dell'Alto Consiglio per i Diritti Umani
della magistratura iraniana, ha dichiarato all'agenzia di stampa ufficiale
IRNA: "Gli sforzi di alcuni paesi per approvare una risoluzione nel Terzo
Comitato dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite contro la Repubblica
islamica non hanno basi legali e non si basa sulle realtà dei diritti umani in
Iran".
Bagheri-Kani ha anche accusato il Canada, che ha
preparato la bozza di Risoluzione, di essere un violatore dei diritti umani.
La signora Maryam Rajavi, Presidente-eletta del Consiglio
Nazionale della Resistenza dell’Iran (CNRI), ha accolto con favore l’adozione
della 67a Risoluzione delle Nazioni Unite che condanna le gravi e sistematiche
violazioni dei diritti umani in Iran.
“I responsabili della maggior parte dei crimini ai quali
si riferisce la Risoluzione sono le stesse persone che hanno trasformato la
rivolta del novembre 2019 in un bagno di sangue, uccidendo almeno 1.500
persone, compresi molti giovani, ferendone 4.000 e arrestandone altre 12.000.
Sono gli stessi dirigenti del regime che hanno perpetrato continuamente crimini
contro l’umanità negli ultimi quattro decenni, in particolare il massacro di
prigionieri politici del 1988” – ha detto la signora Rajavi.
(Fonti: ncr-iran.org, UN, 18 /11/2020)
Per saperne di piu' :
SOMALIA: SEI GIUSTIZIATI IN SOMALILAND PER OMICIDIO Le
forze di sicurezza del Somaliland, regione autonoma della Somalia, il 26
novembre 2020 hanno fucilato sei detenuti che erano stati riconosciuti
colpevoli di omicidi deliberati.
Erano stati condannati a morte dai tribunali regionali di
Hargeisa e Buroa, che avevano anche respinto i loro appelli.
I sei prigionieri messi a morte sono stati identificati
come:
Yasiin Mohamed Yusuf, Sharmarke Sahal Ogle, Qulle Mohamed
Elmi, Khalid Abdi Haydar, Khadar Mohamed Warsame e Abdikariim Mohamed Mahdi.
La fucilazione è stata eseguita nel carcere di Mandhera,
circa 106 km a est della capitale Hargeisa, a circa due ore di macchina dalla
città.
È la seconda volta che detenuti riconosciuti colpevoli di
omicidi vengono giustiziati sotto l'attuale amministrazione guidata dal
presidente Musa Bihi Abdi.
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