sabato 28 novembre 2020

     MICHELANGELO BUONARROTI   

       poeta      





Tanto sopra me stesso
mi fai, donna, salire, che non ch'i' 'l possa dire, nol so pensar, perch'io non son più desso. Dunche, perché più spesso, se l'alie tuo mi presti, non m'alzo e volo al tuo leggiadro viso, e che con teco resti, se dal ciel n'è concesso ascender col mortale in paradiso? Se non ch'i' sia diviso dall'alma per tuo grazia, e che quest'una fugga teco suo morte, è mie fortuna.

 

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Enews 669, mercoledì 25 novembre 2020        

Mentre finalmente il contagio inizia a rallentare, trovo doveroso esprimere tre concetti semplici.

1. Ci salverà il VACCINO. Ma sul vaccino non si possono fare gli stessi errori compiuti su tamponi e banchi a rotelle. Per questo, a mio avviso, bisogna chiamare e coinvolgere l’ESERCITO nella distribuzione e nella logistica come fanno altri paesi nostri alleati.

2. Prima di discutere del cenone o delle vacanze di Natale, bisogna riaprire le SCUOLE. Una generazione di italiani ha perso un anno rispetto ai tedeschi e francesi. La didattica a distanza non basta. E, se c’è un problema di trasporto pubblico, si coinvolgano subito i privati. Tenere le scuole chiuse è un errore tragico di prospettiva.  

3. Bisogna spendere subito i soldi europei. Altrimenti questi 200 miliardi dovremo restituirli e verranno spesi dagli ungheresi o dai polacchi. Niente contro ungheresi e polacchi, sia chiaro. Ma i soldi che servono a far ripartire l’Italia vanno spesi bene e vanno spesi subito.

Su questi temi ho parlato a lungo in due interviste:
A) ieri sera al Tg2 Post;
B) domenica pomeriggio a "Mezz’ora in più".

Ho, inoltre, scritto un articolo sulla vittoria di Joe Biden e gli spazi politici che apre nel fronte democratico e liberale. Qui trovate il video della mia deposizione in commissione di inchiesta sul caso Regeni (guardate il mio intervento, non fidatevi delle sintesi frettolose di chi neanche l’ha sentito).
E, rispetto alla vicenda di Open, per noi valgono gli articoli della Costituzione, non gli articoli scandalistici. Credete nella giustizia, amici, credeteci sempre




Pensierino della sera. Oggi è una giornata importante. Le storie di violenza sulle donne continuano purtroppo a essere quotidiane. E le violenze sono tante, non solo quelle fisiche. Lo abbiamo visto anche nelle scorse settimane, anche oggi stesso. Così come drammatici continuano a essere i numeri sul femminicidio. È una battaglia culturale, sociale, politica che ci riguarda tutti, primi fra tutti noi uomini. E che deve vederci tutti in prima linea. Imparando innanzitutto ad ascoltare le parole giuste, le loro. Di quelle donne che di queste violenze sono state e sono vittime. Parole di dolore, ma anche di forza e di coraggio. Questi mesi, mentre siamo costretti a casa, per molte donne sono stati difficilissimi e drammatici, perché la casa spesso è tutt'altro che un luogo sicuro. Ed è anche per questo che nessuna deve mai sentirsi sola: #liberapuoi.

Un sorriso,

P.S. Da mesi, evidenzio la necessità di preoccuparsi dei non garantiti, di quelli cioè cui il Covid sta portando via tutto. L’idea che i dipendenti statali annuncino uno sciopero il 9 dicembre, casualmente il giorno dopo l’Immacolata per allungare il ponte, sinceramente mi dispiace e mi fa male. La libertà del diritto di sciopero è sacra, ma annunciare uno sciopero nel giorno in cui si allunga un ponte fa male innanzitutto alla credibilità di chi proclama quello stesso sciopero. Io almeno la penso così…







      NESSUNO    TOCCHI     CAINO          

      no    alla     pena     di     morte        





1.  LA STORIA DELLA SETTIMANA : LETTERA ALL'UNIONE EUROPEA DELLE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI: SALVIAMO AHMADREZA DJALALI 2.  NEWS FLASH: DRAMMA CARCERI, PROSEGUE IL SILENZIO DI MEDIA E POLITICA 3.  NEWS FLASH: APPELLO DI NESSUNO TOCCHI CAINO SUL RISCHIO DI AZIONI TERRORISTICHE CON COPERTURA DELLO STATO IRANIANO 4.  NEWS FLASH: ONU: 67ESIMA RISOLUZIONE DI CONDANNA PER LE VIOLAZIONI DEI DIRITTI UMANI IN IRAN 5.  NEWS FLASH: SOMALIA: SEI GIUSTIZIATI IN SOMALILAND PER OMICIDIO 6.  I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA :

 

 

LETTERA ALL'UNIONE EUROPEA DELLE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI: SALVIAMO AHMADREZA DJALALI In una lettera congiunta all'Alto Rappresentante dell'Unione Europea per gli Affari Esteri, Josep Borrell, dieci organizzazioni internazionali per i diritti umani chiedono un'azione immediata per salvare la vita di Ahmadreza Djalali. Il testo completo della lettera e l'elenco dei firmatari sono i seguenti:

 

H. E. Josep Borrell

Alto Rappresentante dell'Unione per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza, Vicepresidente della Commissione Europea Rue de la Loi / Wetstraat 200-1049 Bruxelles

 

Roma, 25/11/2020

Gentile HR / VP Josep Borrell,

Le scriviamo per esprimere la nostra profonda preoccupazione per il caso di Ahmadreza Djalali.

Abbiamo appena appreso che il dottor Ahmadreza Djalali è stato messo in isolamento e sarà presto trasferito nella prigione di Rajai Shahr dove verrà eseguita la sua condanna a morte.

Il dottor Djalali è un ricercatore iraniano-svedese affiliato all'istituto svedese Karolinska di Stoccolma e all'Università italiana del Piemonte Orientale a Novara, dove ha svolto ricerche sul miglioramento delle risposte di emergenza degli ospedali al terrorismo armato e alle minacce radiologiche, chimiche e biologiche. È stimato a livello internazionale e collabora regolarmente con i principali istituti di ricerca europei. Il contributo del Dr. Djalali è innegabile in questo campo di ricerca. La sua ricerca innovativa è stata condotta in ambienti multiculturali e in collaborazione con colleghi e istituzioni in diversi paesi. I suoi studi hanno portato alla pubblicazione di più di quaranta articoli scientifici con lo scopo di migliorare la risposta all'emergenza non solo nel suo paese, l'Iran, ma anche in Europa.

Il dottor Djalali è stato arrestato in Iran nell'aprile 2016 e successivamente condannato per spionaggio, senza che venissero fornite prove materiali, a seguito di un processo affrettato e segreto, guidato dal tribunale rivoluzionario iraniano, e senza dare spazio alla difesa.

Il dottor Djalali ha trascorso un lungo periodo di detenzione, con isolamento inizialmente totale e poi parziale nella prigione di Evin. Per tutto il periodo di prigionia è stato sottoposto a torture psicologiche così pesanti, che è stato costretto, in due occasioni, a registrare false confessioni, leggendo testi preparati dai suoi inquisitori. A seguito di un processo svoltosi a porte chiuse e in violazione di ogni minimo standard di legalità, il 21 ottobre 2017 è stato condannato a morte per “corruzione sulla terra” (Efsad-e fel-arz).

Secondo quanto riportato dal settimanale scientifico internazionale Nature (23 ottobre 2017), una fonte vicina a Djalali ha rivelato, attraverso un documento presentato come trascrizione letterale di un testo manoscritto prodotto da Djalali all'interno del carcere di Evin, che nel 2014 è stato avvicinato da agenti dell'intelligence militare iraniana che gli hanno chiesto di raccogliere informazioni sui siti chimici, biologici, radiologici e nucleari occidentali, nonché sulle infrastrutture critiche e sui piani operativi antiterrorismo. Il documento afferma che Djalali crede di essere stato arrestato per essersi rifiutato di spiare per conto dei servizi segreti iraniani.

Noi firmatari di questo appello chiediamo all'UE di intervenire immediatamente per ottenere la sospensione della condanna a morte che, a tempi brevi, può porre fine alla vita di un innocente, e per garantire che Ahmadreza Djalali possa ottenere accesso a cure mediche tempestive e adeguate


 

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NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH

 

DRAMMA CARCERI, PROSEGUE IL SILENZIO DI MEDIA E POLITICA Articolo di Rita Bernardini pubblicato su Il Riformista del 27 novembre 2020

 

Due lettere che mi arrivano dal carcere. La prima è di un familiare di un detenuto della Casa di reclusione di Milano-Opera che racconta, dopo una telefonata, della diffusione del Covid nelle sezioni dell’Alta sicurezza, AS1 e AS3. Mi colpisce quando riferisce dei detenuti dell’AS3 dove si trovano – afferma – i più anziani, i più fragili, coloro che spesso non escono dalla stanza o non si alzano dal letto e li penso mentre vivono minuto dopo minuto la loro straziante solitudine.

«Buongiorno Rita, le scrivo per metterla al corrente della situazione Covid a Opera nella sezione degli AS. Nella casa di reclusione di Opera le restrizioni sono partite subito alla fine di ottobre quando sono state bloccate le uscite dei permessanti i quali, da mesi isolati nel centro clinico perché potessero usufruire dei permessi senza mettere a rischio i compagni di sezione, sono stati riportati nelle loro celle, dopo essere stati sottoposti a tampone.

Dopo un primo periodo, dove pareva che anche la seconda ondata di contagi avesse risparmiato Opera, l’11 novembre, da una telefonata con il mio familiare ivi ristretto, vengo a conoscenza di numerosi positivi nel corridoio dell’AS3, posto sullo stesso piano della AS1. È una parte della AS3 dove sono collocati i più anziani, i più fragili, coloro che spesso non escono dalla stanza o non si alzano dal letto. Ancora gli AS1 risultavano indenni al virus. Nel giro di poche ore però il tam tam dei familiari e dei volontari alza il numero dei positivi oltre la ventina. Di questi alcuni sono della sezione degli AS1, per la precisione 3. Nei giorni a seguire risultano positivi altri AS1, tra questi c’è anche un detenuto sempre presente ai laboratori di Nessuno Tocchi Caino Spes contra Spem.

I familiari apprendono del trasferimento del proprio caro attraverso di me e rimangono alcuni giorni senza sue notizie. Quando la comunicazione riprende regolarmente apprendono che verrà trasferito a San Vittore. Ancora oggi si trova in quel carcere, nel reparto destinato ai positivi al virus. Dice di trovarsi bene e di avere i sintomi di una lieve influenza. Lunedì 23 novembre ha effettuato il tampone che è risultato ancora positivo, pertanto dovrà attender per rientrare a Opera. Degli altri non so nulla, ma pare siano in maggioranza asintomatici o con sintomi lievi. Oggi ho avuto un ulteriore aggiornamento, altri 8 positivi nella sezione AS3 e 5 in uno dei due corridoi degli AS1, per l’altro corridoio i risultati arriveranno presumibilmente nella giornata di domani. Sommando tutti i casi si arriva a un considerevole numero che oltrepassa il 40.

In tutto questo tempo l’intero piano è rimasto in quarantena, chiusi gli spazi comuni, le salette hobby e i passeggi sono con i compagni del proprio corridoio. Inoltre, sono state cancellate tutte le videochiamate Skype in quanto si svolgono nell’area colloqui, non più accessibile a coloro che risultano in quarantena. I colloqui sono stati interrotti da metà novembre. Nel frattempo è partita la fornitura regolare di mascherine e sono stati posti igienizzanti nei corridoi. Vi scrivo questo poiché i detenuti sono dispiaciuti del fatto che la notizia non è ancora giunta ai media, in particolare, alla voce di radio radicale».

La seconda è una lettera di solidarietà allo sciopero della fame in corso che mi giunge dal carcere di Velletri. Un messaggio pieno d’affetto che centra due problemi: il silenzio dei mezzi di informazione sul carcere e il cinismo della politica: noi e gli immigrati – afferma questo recluso – siamo il terreno fertile dove piantare il seme dell’odio e della demagogia per poi raccogliere consenso.

«Ciao Rita, mi chiamo F.M., sono detenuto presso il carcere di Velletri.

Prima di tutto vorrei chiederti: come stai? In secondo luogo vorrei ringraziarti a nome di tutti gli altri 500 detenuti – o “compagni di avventura”, come amo chiamarli io – per tutto quello che fai per noi. In modo particolare per quello che stai facendo in questo momento. E vorrei sottolineare l’assordante e vergognoso silenzio da parte di quasi tutti i media sul tuo sciopero della fame per richiamare l’attenzione delle istituzioni politiche e parlamentari affinché si accenda un faro sulla drammatica situazione nelle carceri e sulla mala-giustizia italiana.

Al momento qui nel carcere di Velletri la situazione sembra essere sotto controllo, ovviamente per quel che ci è dato sapere. Ma trovo assolutamente vergognoso e non degno di una società che si ritiene civile il comportamento e le misure che ci vengono riservate dalla politica. Se possibile, siamo considerati peggio di una discarica sociale. Peggio, perché viene sfruttata la nostra disperazione e quella dei nostri familiari per meri scopi politici o, peggio, di propaganda. Certa informazione e certi esponenti politici hanno bisogno di noi, poveri detenuti, come il formaggio per il topo. Noi e gli immigrati siamo il terreno fertile dove piantare il seme dell’odio e della demagogia per poi raccogliere consenso.

Avrei molto altro da scrivere, ma non ti voglio tediare. Ti invio 500 abbracci virtuali.

Un caro saluto, F.M.».

Per saperne di piu' : https://www.ilriformista.it/dramma-carceri-prosegue-il-silenzio-di-media-e-politica-178878/

 

APPELLO DI NESSUNO TOCCHI CAINO SUL RISCHIO DI AZIONI TERRORISTICHE CON COPERTURA DELLO STATO IRANIANO Al Ministro degli Esteri Luigi di Maio

 

L’associazione Nessuno tocchi Caino Le esprime grande preoccupazione per la continua violazione dei diritti umani in Iran e per le impiccagioni degli arrestati nelle manifestazioni antigovernative che esplosero un anno fa e che costantemente monitoriamo.

La preoccupazione riguarda anche l’estensione all’Europa della violenza repressiva, brutale di un regime che se vede un militante dei diritti umani, un oppositore politico, insomma una voce dissenziente, ad esso si relaziona con la pulsione e l’atto della soppressione, dell’annientamento, del mettere a tacere. Fino a giungere a concepire e realizzare azioni terroristiche anche nel nostro continente.

Esponenti della nostra associazione ne hanno fatto l’esperienza diretta quando, il 30 giugno 2018, parteciparono al raduno annuale del Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana a Parigi, un movimento di opposizione, fatto per lo più di esuli, guidato da Maryam Rajavi che vuole un Iran libero e democratico. Il suo è un programma improntato al rispetto dei diritti umani e allo Stato di Diritto. Il solo fatto che una donna iraniana presieda questa organizzazione spiega la forza alternativa che incarna e dunque la furia annientatrice, cieca e mortifera, che provoca in un Iran teocratico e misogino.

Maryam Rajavi è stata infatti l’obiettivo dell’attentato terroristico ordito per far saltare in aria, oltre che lei, molti partecipanti alla manifestazione del 30 giugno 2018. Persone come le centinaia di personalità del mondo libero e democratico: Ingrid Betancourt, Patrick Kennedy, Gilbert Mitterand solo per citarne alcuni. L’attentato è stato sventato e il 27 novembre si aprirà un processo a carico di quattro persone iraniane, tra cui un diplomatico iraniano, in carcere in Belgio.

Nell’ultima relazione annuale dell’Intelligence Service federale tedesco, del luglio 2020, è scritto: “Un diplomatico in servizio all’ambasciata iraniana a Vienna, il terzo segretario Assadollah Assadi, è stato arrestato, il 1° luglio 2018, in Germania in seguito a un mandato d’arresto europeo spiccato dalle autorità giudiziarie belghe. Assadi, in pieno servizio presso il Ministero delle Informazioni, è accusato di essere stato il coordinatore di un tentativo di attacco con esplosivi al raduno annuale dei Mojahedin del Popolo a Parigi che ha avuto luogo il 30 giugno 2018”. L’Intelligence Service federale tedesco nelle sue relazioni precedenti aveva affermato che un importante centro di attività d’intelligence del regime “incentrato sui Mojahedin del Popolo e sul Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana” era “l’ambasciata iraniana a Berlino”.

La Francia ha espulso, il 2 ottobre 2018, un diplomatico iraniano; tre ministri francesi hanno condannato l’azione terroristica iraniana in Europa. Negli ultimi due anni sono stati espulsi sei diplomatici iraniani dai Paesi Bassi e dall’Albania. Il primo ministro albanese Edi Rama ha svelato, il 19 aprile 2018, un importante complotto terroristico del regime iraniano in Albania, che doveva essere attuato nell’occasione della festa del capodanno iraniano; questo ha causato l’espulsione dell’ambasciatore iraniano e capo dell’intelligence iraniana di stanza a Tirana.

Queste azioni terroristiche condotte in Europa sono solo l’altra faccia dell’intensificazione dell’oppressione all’interno del Paese; come l’impiccagione del campione iraniano Navid Afkari, che ha scioccato l’opinione pubblica mondiale.

Sappiamo che la Dichiarazione del Consiglio dell’Unione Europea del 29 aprile 1997, prevede che gli agenti iraniani dell’intelligence con copertura diplomatica, giornalistica, economica eccetera siano espulsi e i centri con copertura religiosa o culturale in servizio al terrorismo che diffondono l’integralismo siano chiusi.

Ci rivolgiamo dunque a Lei Ministro per informarla e per chiederle, al di là del corso giudiziario sul tentato attacco terroristico a Parigi, di occuparsi della minaccia che l’Iran costituisce.

Siamo profondamente convinti che il condizionamento al rispetto dei diritti umani di ogni relazione con l’Iran, tanto in sede bilaterale quanto in quella multilaterale, sia il miglior deterrente ad ogni minaccia terroristica.

Pensiamo anche che, vista la comprovata copertura diplomatica dello Stato iraniano a obiettivi terroristici in Paesi europei, si debbano prendere tutte le misure necessarie a verificare la situazione rispetto al nostro Paese, come in Europa e, se del caso, adottare i provvedimenti conseguenti come previsto dalla Dichiarazione del Consiglio dell’Unione Europea.

Per saperne di piu' :

 

ONU: 67ESIMA RISOLUZIONE DI CONDANNA PER LE VIOLAZIONI DEI DIRITTI UMANI IN IRAN Il Terzo Comitato dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, competente in materia di diritti umani, il 18 novembre 2020 ha approvato una Risoluzione che condanna le violazioni dei diritti umani in Iran.

Si tratta della 67a risoluzione di condanna da quando i mullah hanno preso il potere nel 1979.

Il Terzo Comitato (Sociale, Umanitario e Culturale) ha inviato all'Assemblea Generale sette bozze di risoluzione, cinque delle quali incentrate su situazioni specifiche di singoli paesi, e oggetto di un acceso dibattito.

Una bozza di risoluzione sui diritti umani in Iran - approvata con un voto registrato di 79 a favore, 32 contrari e 64 astensioni - esprime seria preoccupazione all'Assemblea Generale per la frequenza allarmante con cui viene imposta la pena di morte, in particolare contro i minori. La Risoluzione chiederebbe all'Iran di garantire che nessuno sia sottoposto a tortura - o altri trattamenti crudeli, inumani o degradanti - e di porre fine all'uso diffuso e sistematico di arresti e detenzioni arbitrarie, inclusa la pratica della sparizione forzata.

Il rappresentante dell'Iran ha affermato che la presentazione di una bozza di risoluzione politicamente motivata riflette il comportamento distruttivo di coloro che manipolano le questioni relative ai diritti umani. "Questi falsi predicatori" agiscono come complici volontari del terrorismo economico intrapreso dagli Stati Uniti contro i civili in Iran, ha detto, denunciando le misure coercitive unilaterali illegali imposte al suo paese.

La bozza di Risoluzione esprime seria preoccupazione “per la frequenza, alta in misura allarmante, con cui vengono emesse ed eseguite condanne a morte, […] in violazione dei suoi obblighi internazionali, comprese le esecuzioni compiute contro persone sulla base di confessioni forzate o per reati che non si qualificano come i più gravi, compresi reati la cui definizione è eccessivamente ampia o vaga, in violazione del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici […] la continua imposizione della pena di morte contro i minori […] in violazione della Convenzione sui Diritti dell’Infanzia”.

La bozza di Risoluzione esprime anche allarme per “l’uso diffuso e sistematico di arresti e detenzioni arbitrari […] l’uso della tortura per estorcere confessioni, come nei casi di Navid Afkari e di altri, e anche per casi di morte sospetta in custodia”, come per le violazioni di lunga data che coinvolgono la magistratura iraniana e le agenzie di sicurezza, comprese le sparizioni forzate e le esecuzioni extragiudiziali, e la soppressione del “diritto alla libertà di espressione e opinione, comprese le restrizioni diffuse all’accesso a Internet e nei contesti digitali, e del diritto alla libertà di associazione e riunione pacifica”, nonché per “molestie, intimidazioni e persecuzioni di oppositori politici, difensori dei diritti umani e tutte le forme di discriminazione e altre violazioni dei diritti umani contro donne e ragazze nella legge e nella pratica”.

Le misure repressive del regime sono aumentate negli ultimi mesi, mentre si avvicinava il primo anniversario della rivolta del novembre 2019, quando imponenti manifestazioni contro il governo si tennero in tutte le principali città del paese.

Il regime iraniano è furioso per la risoluzione. Il 16 novembre, Ali Bagheri-Kani, a capo dell'Alto Consiglio per i Diritti Umani della magistratura iraniana, ha dichiarato all'agenzia di stampa ufficiale IRNA: "Gli sforzi di alcuni paesi per approvare una risoluzione nel Terzo Comitato dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite contro la Repubblica islamica non hanno basi legali e non si basa sulle realtà dei diritti umani in Iran".

Bagheri-Kani ha anche accusato il Canada, che ha preparato la bozza di Risoluzione, di essere un violatore dei diritti umani.

La signora Maryam Rajavi, Presidente-eletta del Consiglio Nazionale della Resistenza dell’Iran (CNRI), ha accolto con favore l’adozione della 67a Risoluzione delle Nazioni Unite che condanna le gravi e sistematiche violazioni dei diritti umani in Iran.

“I responsabili della maggior parte dei crimini ai quali si riferisce la Risoluzione sono le stesse persone che hanno trasformato la rivolta del novembre 2019 in un bagno di sangue, uccidendo almeno 1.500 persone, compresi molti giovani, ferendone 4.000 e arrestandone altre 12.000. Sono gli stessi dirigenti del regime che hanno perpetrato continuamente crimini contro l’umanità negli ultimi quattro decenni, in particolare il massacro di prigionieri politici del 1988” – ha detto la signora Rajavi.

(Fonti: ncr-iran.org, UN, 18 /11/2020)

Per saperne di piu' :

 

SOMALIA: SEI GIUSTIZIATI IN SOMALILAND PER OMICIDIO Le forze di sicurezza del Somaliland, regione autonoma della Somalia, il 26 novembre 2020 hanno fucilato sei detenuti che erano stati riconosciuti colpevoli di omicidi deliberati.

Erano stati condannati a morte dai tribunali regionali di Hargeisa e Buroa, che avevano anche respinto i loro appelli.

I sei prigionieri messi a morte sono stati identificati come:

Yasiin Mohamed Yusuf, Sharmarke Sahal Ogle, Qulle Mohamed Elmi, Khalid Abdi Haydar, Khadar Mohamed Warsame e Abdikariim Mohamed Mahdi.

La fucilazione è stata eseguita nel carcere di Mandhera, circa 106 km a est della capitale Hargeisa, a circa due ore di macchina dalla città.

È la seconda volta che detenuti riconosciuti colpevoli di omicidi vengono giustiziati sotto l'attuale amministrazione guidata dal presidente Musa Bihi Abdi.

lunedì 23 novembre 2020

     DOMENICO DI MICHELINO - la divina     commedia - DUOMO DI firenze 



La Divina Commedia illumina Firenze, conosciuto anche come La Divina Commedia di Dante Alighieri, è un affresco che si trova nel Duomo di Firenze. Opera di Domenico di Michelino basata su un disegno di Alesso Baldovinetti, vide la luce nel 1465. Nel dipinto appare Dante con una copia della sua Commedia, fra i tre mondi ultraterreni descritti in essa e una veduta di Firenze.


sabato 21 novembre 2020

      NESSUNO   TOCCHI    CAINO         

      no   alla    pena    di     morte      



NESSUNO TOCCHI CAINO NEWS

La newsletter a cura di Nessuno Tocchi Caino Questo servizio e' realizzato nell'ambito di un progetto sostenuto dall'Unione Europea. Le opinioni espresse in questa pubblicazione non riflettono necessariamente quelle della Commissione dell'Unione Europea.

 

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Anno 20 - n. 44 - 21-11-2020

 

Contenuti del numero:

 

1.  LA STORIA DELLA SETTIMANA : ‘HO SPOSATO LUCA IN CARCERE, LI’ VIVE ISOLATO NEL SUO DOLORE’

2.  NEWS FLASH: ‘IRAQ, 21 ESECUZIONI IN UN GIORNO CON ACCUSE FUMOSE…’

3.  NEWS FLASH: PENA DI MORTE: TERZO COMITATO ONU APPROVA A SCHIACCIANTE MAGGIORANZA PROPOSTA DI RISOLUZIONE PRO-MORATORIA 4.  NEWS FLASH: USA: ORLANDO HALL GIUSTIZIATO NEL PENITENZIARIO FEDERALE DI TERRE HAUTE 5.  NEWS FLASH: YEMEN: 21 CONDANNATI A MORTE DAGLI HOUTHI PER SPIONAGGIO 6.  I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA :

 

 

‘HO SPOSATO LUCA IN CARCERE, LI’ VIVE ISOLATO NEL SUO DOLORE’

di Sabrina Renna

 

“Il viaggio della speranza” di Nessuno tocchi Caino che sta attraversando la Sicilia è occasione di incontri preziosi, ricchi di vissuti e fonte di conoscenza anche di vicende di ordinario degrado negli istituti penitenziari. Manuela è la moglie di Luca che si trova, nel momento in cui mi chiama, detenuto nel carcere di Agrigento.

“Petrusa” è l’istituto che Rita Bernardini visitò con il Partito Radicale e l’Osservatorio carcere delle Camere penali nell’estate del 2019. Lo trovò in condizioni talmente gravi che Roberto Giachetti, subito informato, non esitò a presentare un’interrogazione parlamentare ai Ministri della Giustizia e della Salute.

Luca e Manuela appartengono a due mondi diversi: lui catanese, cresciuto nel “palazzo di cemento” del quartiere Librino simbolo di degrado e malaffare; lei acese, cresciuta in Corso Umberto, nel centro storico di questo gioiello siciliano. Si incontrano grazie all’attività di volontariato di Manuela e finiscono sposi nel carcere di Trapani nel maggio 2019. Con e per Luca, Manuela ha compreso che se le condizioni di vita cambiano anche le persone cambiano e da quando lo ha incontrato ha sempre cercato di mutare il corso della vita di Luca. Lui ha 28 anni e una condanna a 7 per la quale è entrato nel carcere di Caltanissetta nel marzo 2018 e che finirà di scontare nel marzo 2024.

Il 28 maggio scorso è stato trasferito ad Agrigento e la ragione per cui Manuela mi chiama è che sono tre mesi e mezzo che Luca si trova in una cella di isolamento nel reparto transito per una rissa tra detenuti comuni scoppiata al secondo piano. Sono in sette in isolamento, lo stesso numero che riporta l’interrogazione di Giachetti che a distanza di un anno resta ancora senza risposta a riprova di condizioni immutate. La sporcizia è generalizzata, i “blindi” stanno per lo più chiusi eccetto quando monta qualche agente di buon cuore. Ma anche quando il “blindo” si apre Luca non esce dalla cella perché lo spazio per il passeggio è angusto e opprimente.

In questa condizione di isolamento Luca soffre la pena aggiuntiva della sindrome dell'articolazione temporo-mandibolare, un disturbo caratterizzato dal malfunzionamento dell'articolazione che collega la mandibola superiore e inferiore. Ha difficoltà a masticare e solo la cura e la dedizione di Manuela ha fatto sì che il loro dentista di fiducia sia riuscito, dopo molte vicissitudini burocratiche, ad applicare un dispositivo realizzato su misura che riduce gli effetti nocivi dello stringere o digrignare i denti. Un intervento e una condizione che richiedono comunque un monitoraggio continuo anche perché Luca continua ad avere difficoltà di masticazione che si ripercuotono sulla sua alimentazione. Stare in isolamento 24 ore al giorno e senza riuscire a nutrirsi adeguatamente aumenta il dolore. La sua mente è attraversata da pulsioni autolesionisti che possono condurre al suicido. Manuela mi racconta che i sanitari non lo visitano regolarmente, “non dico una volta al giorno come  si dovrebbe fare ma neppure nell’arco di mesi”, denuncia Manuela, che mi informa che suo marito la prima settimana di novembre ha fatto uno sciopero della fame per ottenere una visita medica, ma non è andato nessuno.

Al dolore di questa condizione di degrado materiale e di malattia se ne aggiunge un altro. Quello della separazione dalla sua bambina. La figlia di 9 anni è sotto tutela del Tribunale dei minori di Catania, che avrebbe equiparato l’abbandono volontario da parte della madre a quello obbligato del padre finito in carcere. Luca non è ritenuto idoneo ad avere l’affido perché ancora non beneficia di una misura alternativa. Padre e figlia non si sono visti da oltre due anni. Solo durante l’estate si sono avviate alcune videochiamate che sono andate bene e che pur tra mille difficoltà continuano nella forma di chiamate vocali due volte al mese. Luca ha particolari difficoltà a relazionarsi con l’area trattamentale. È vero. Però ha una moglie che gli offre massima sicurezza economica, sociale e psicologica e che trasferisce ogni volta il suo domicilio dove trasferiscono il suo Luca. Mentre scrivo Manuela mi informa che Luca è stato mandato a Caltagirone dove dovrà stare in q  uarantena per quattordici giorni anche se proviene da un altro carcere e non dall’esterno e i primi due tamponi fatti sono negativi. È una vita, la sua, che pare destinata a passare sempre da una cella di isolamento. E intanto Manuela ha aderito allo sciopero della fame di Rita Bernardini volto a ridurre drasticamente la popolazione carceraria.

 

Sabrina Renna

 

Per partecipare allo sciopero della fame usa il link riportato sotto.

Per saperne di piu' : https://www.partitoradicale.it/carceri-no-al-dilagare-del-covid-19-nelle-carceri-iniziativa-nonviolenta-per-un-intervento-immediato/

 

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NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH

 

‘IRAQ, 21 ESECUZIONI IN UN GIORNO CON ACCUSE FUMOSE…’

di Elisabetta Zamparutti

 

Lunedì scorso, il 16 novembre, le autorità irachene hanno impiccato 21 uomini. Un numero sconcertante. Erano accusati di terrorismo. Il Ministro degli Interni nel darne notizia non ha fornito dettagli né sull’identità dei giustiziati, né sui reati compiuti, limitandosi a dire che tra loro c’erano i responsabili di due attacchi suicida che causarono dozzine di morti nella città settentrionale di Tal Afar.

Le impiccagioni sono avvenute nel carcere di Nasiriyah, nel sud del Paese, l’unico in cui si compiono le esecuzioni. Gli iracheni lo hanno soprannominato la “balena”, perché questo vasto complesso carcerario, dicono, “inghiotte le persone”. L’Iraq ha dichiarato vittoria sullo Stato Islamico nel 2017, mettendo un numero impressionante di sospetti jihadisti sotto processo e compiendo esecuzioni di massa.  L’Iraq aveva dichiarato vittoria anche su Saddam Hussein nel 2006, mandandolo al patibolo ad Abu Grahib, il carcere di Baghdad che dopo essere stato la centrale delle torture del regime sadamita è divenuto poi la centrale degli abusi compiuti durante l’occupazione americana. Oggi Abu Grahib è chiuso. Ma la logica male scaccia male imperversa ancora.

La pena di morte può essere imposta per circa 48 reati, inclusi reati non di sangue come il danneggiamento di proprietà pubbliche. Ma la raffica di condanne capitali ed esecuzioni a cui abbiamo assistito nell’Iraq “liberato” è stata determinata per lo più dal reato di terrorismo introdotto nel 2005 con una definizione tanto ampia e generica da spiegare i numeri elevati, seppur sottostimati, che ci troviamo di fronte. Il Governo iracheno non fornisce dati sulle carceri né dice quanti sono quelli che vi si trovano con un’accusa di terrorismo. Però secondo alcuni studi sarebbero circa 20.000 i detenuti per rapporti con l’Isis. Oltre 1000 quelli mandati al patibolo dopo la “liberazione” dal dittatore Saddam. Sono stime, approssimazioni comunque sconcertanti. E a preoccupare ancora di più è il fatto che la mancanza di conoscenza sulla realtà carceraria e sulla pratica della pena di morte si riflette su quella relativa ai processi, assolutamente carenti sotto il prof  ilo del giusto processo con casi ben documentati di confessioni estorte con la forza. E allora cerco un senso a tutto questo.

E lo ritrovo nel “Nessuno tocchi Saddam”, quella iniziativa nonviolenta che Marco Pannella condusse per scongiurare l’esecuzione di chi era stato un suo grande avversario politico. Fu lo sciopero della sete più lungo della sua vita, quasi 8 giorni e rischiò di andare in dialisi. Pannella mise in gioco la sua vita per quella di Saddam! Quel fatto, quella lotta incredibile giunse all’orecchio delle opinioni pubbliche mediorientali che allora compresero il senso dell’appello a una moratoria universale delle esecuzioni capitali che chiedevamo le Nazioni Unite facessero proprio. Fu anche così che riuscimmo a porre nel 2007 la pietra miliare nel processo abolizionista storicamente in atto della Risoluzione dell’Assemblea generale dell’ONU per la moratoria universale delle esecuzioni capitali.

Ora quell’appello alla moratoria, per il quale tanto lottammo, è l’unica proposta pragmatica, concreta, umana e civile che si possa avanzare in contesti come quello iracheno. Le Nazioni Unite, i Governi e le organizzazioni per i diritti umani se ne fanno forza. Dal 2008 ogni due anni al Palazzo di Vetro di New York è calendarizzato il voto di un nuovo testo di Risoluzione pro-moratoria. Proprio pochi giorni fa, nella notte tra martedì e mercoledì, il Terzo Comitato dell’Assemblea Generale a New York ha votato una nuova bozza con 120 voti a favore, 39 contrari e 24 astenuti. È un buon risultato se pensiamo che nel 2007 i voti a favore furono 104.

Ed è facile la previsione che in vista del passaggio della Risoluzione nella plenaria in dicembre i voti a favore aumentino come solitamente avviene. Tutto questo dimostra come il processo abolizionista sia inarrestabile. La pena di morte è ormai un ferro vecchio del passato dove i colpi di coda come quello trumpiano o iracheno non sono più la regola ma eccezioni giustizialiste mortifere. Nessuno tocchi Caino concepisce allora una nuova frontiera di lotta a difesa dell’inviolabilità della dignità umana. Dopo l’abolizione della pena di morte, noi andiamo verso l’abolizione della pena fino alla morte e soprattutto della morte per pena.

 

Elisabetta Zamparutti

Per saperne di piu' : https://www.ilriformista.it/iraq-21-esecuzioni-in-un-giorno-con-accuse-fumose-177010/

 

PENA DI MORTE: TERZO COMITATO ONU APPROVA A SCHIACCIANTE MAGGIORANZA PROPOSTA DI RISOLUZIONE PRO-MORATORIA Una schiacciante maggioranza di stati membri delle Nazioni Unite il 17 novembre 2020 ha approvato la proposta di risoluzione, sottoposta al Terzo Comitato dell’Assemblea generale, per una moratoria sull’uso della pena di morte. Il testo è stato presentato da Messico e Svizzera a nome di una Task force interregionale di stati membri e co-sponsorizzato da 77 stati.

Hanno votato a favore del testo 120 stati, 39 hanno espresso voto contrario e 24 si sono astenuti.

Per la prima volta Gibuti, Libano e Corea del Sud hanno detto sì alla proposta di risoluzione. Repubblica del Congo, Repubblica Democratica del Congo, Eswatini, Guinea, Nauru, Filippine e Sierra Leone sono tornati a votare a favore, cosa che non avevano fatto nel 2018, così come lo Zimbabwe è tornato ad astenersi dopo che nel 2018 aveva votato contro.

Nove stati hanno fatto marcia indietro: Dominica, Libia e Pakistan hanno mutato il voto favorevole in contrario, Niger e Isole Salomone sono passati dal sì all’astensione, Antigua e Barbuda, Sud Sudan, Isole Tonga e Uganda dall’astensione al voto contrario.

Burkina Faso, Repubblica Centrafricana, Gabon, Palau, Somalia e Vanuatu, che nel 2018 avevano votato a favore, non hanno preso parte alla votazione.

Il numero complessivo di voti a favore delle risoluzioni pro-moratoria è passato da 104 nel 2007 a 121 nel 2018, risultati che riflettono la tendenza globale registrata nella pratica degli stati. Anche il numero di paesi classificati come abolizionisti per tutti i reati è cresciuto da 90 nel 2007 all'attuale 106. Nel 2019 esecuzioni sono state registrate in una minoranza di Paesi - 20 in totale. Di questi Paesi che praticano esecuzioni, 13 sono "persistenti", il che significa che hanno praticato esecuzioni ogni anno nei cinque anni precedenti.

Dall’ultima approvazione, nel 2018, di una risoluzione sulla moratoria delle esecuzioni, progressi verso l’abolizione sono stati registrati in tutte le parti del mondo: il Ciad ha cancellato la pena di morte nel giugno 2020; negli Usa, il New Hampshire e il Colorado sono diventati rispettivamente il 21° e il 22° stato abolizionista e il governatore della California (lo stato col più grande braccio della morte) ha dichiarato una moratoria sulle esecuzioni.

Kazakistan, Federazione Russa, Tagikistan, Malesia h e Gambia hanno continuato a rispettare la moratoria sulle esecuzioni; Barbados ha rinunciato all’obbligatorietà della condanna a morte per omicidio; Angola e Stato di Palestina hanno presentato richiesta di accesso al Secondo protocollo opzionale al Patto internazionale sui diritti civili e politici che ha per obiettivo l’abolizione della pena di morte, mentre Armenia e Kazakistan l’hanno sottoscritto.

Dopo la votazione al Terzo Comitato, ci si aspetta che la sessione plenaria dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite approvi a metà dicembre l'ottava proposta di risoluzione per una moratoria sull'uso della pena di morte.

(Fonti: Amnesty, 17/11/2020)

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USA: ORLANDO HALL GIUSTIZIATO NEL PENITENZIARIO FEDERALE DI TERRE HAUTE Con circa 6 ore di ritardo rispetto all’orario previsto Orlando Hall, 49 anni, ispanico, è stato giustiziato nella prigione federale di Terre Haute, nell’Indiana. È stato dichiarato morto alle 23.47 del 19 novembre, ovvero alle 4,47 del mattino del 20 novembre in Italia. Era accusato, ed aveva ammesso, di aver violentato e ucciso, seppellendola viva, nel 1994, assieme a quattro complici, Lisa Rene, 16 anni.

La ragazza era la sorella di uno spacciatore che doveva a Hall e ai suoi amici 4.700 dollari per un acquisto di marijuana.

Hall era stato condannato a morte nell’ottobre 1995.

Inizialmente una giudice federale di Washington (Tanya Chutkan) aveva disposto una sospensione dell’esecuzione sulla questione, già sollevata in altri casi, che l’amministrazione penitenziaria ottenga i potenti farmaci letali senza presentare una regolare “ricetta medica”.

Dopo l’immediato ricorso della procura federale, nel giro di alcune ore la Corte Suprema degli Stati Uniti ha annullato la sospensione, che nelle intenzioni del giudice federale si sarebbe applicata anche alle altre due esecuzioni federali previste con Trump ancora in carica, quelle di Lisa Montgomery l’8 dicembre, e di Brandon Bernard il 10 dicembre.

I suoi avvocati hanno insistito fino all’ultimo sul fatto che sin dall'inizio, Hall avesse ammesso le sue responsabilità, e che durante il processo avesse cercato di scusarsi con la famiglia della vittima, ma il tribunale non glielo aveva permesso.

Secondo un'analisi statistica citata dai difensori di Hall, la pena di morte federale in Texas tra il 1988 e il 2010 è stata "applicata in modo sproporzionato in base alla razza".

Il Legal Defense and Educational Fund del NAACP (National Association for the Advancement of Colored People), che ha presentato un amicus brief per conto di Hall, ha sostenuto che c'erano prove che i pubblici ministeri nel suo caso avrebbero escluso in modo improprio i candidati neri al momento di formare la giuria popolare.

Delle 56 persone nel braccio della morte federale, 26 di loro, o il 46%, sono nere, e 22, o il 39%, sono bianche. I neri costituiscono solo il 13% della popolazione statunitense.

Hall diventa l'ottava persona giustiziata nel 2020 dal sistema federale, l'undicesima giustiziata dal governo federale da quando ha ripreso le esecuzioni nel 2001, la quindicesima persona giustiziata quest'anno negli Stati Uniti e la n° 1.527 da quando gli Stati Uniti hanno reintrodotto la pena di morte nel 1976 e ripreso le esecuzioni nel 1977.

(Fonti: The Marshall Project, Reuters, 19/11/2020) Per saperne di piu' :

 

YEMEN: 21 CONDANNATI A MORTE DAGLI HOUTHI PER SPIONAGGIO Un tribunale controllato dai ribelli Houthi dello Yemen il 14 novembre 2020 ha condannato a morte 21 uomini per presunto spionaggio in favore della coalizione a guida saudita che sostiene il governo yemenita.

Lo ha riferito la TV al-Masirah, gestita dagli Houthi, senza identificare i condannati, che sono tutti cittadini yemeniti.

Non ci sono ancora commenti da parte della coalizione o del governo yemenita.

La sentenza del tribunale di Sanaa, la capitale controllata dagli Houthi, è l'ultima in una serie di processi a porte chiuse svolti da tribunali Houthi contro oppositori politici.

Lo Yemen è dilaniato da una guerra civile dalla fine del 2014, quando il gruppo degli Houthi sostenuto dall'Iran ha assunto il controllo di diverse province settentrionali e ha costretto il governo del presidente Abd-Rabbuh Mansour Hadi, sostenuto dai sauditi, a lasciare Sanaa.

La coalizione militare guidata dai sauditi è intervenuta nel conflitto yemenita nel marzo 2015 per sostenere il governo di Hadi.

La guerra ha ucciso nel Paese decine di migliaia di persone, causato quasi 4 milioni di sfollati e spinto oltre 20 milioni di persone sull'orlo della carestia.

 

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Enews 668, sabato 21 novembre 2020        

Buon fine settimana a tutti!

Dopo un po’ di tempo torno in TV: ci vediamo domani da Lucia Annunziata, su Rai3, intorno alle 15.30.

Tre brevi considerazioni.

1. L’emergenza Covid continua a colpire, ma la situazione sembra gradualmente migliorare. Sono vicino e abbraccio i tantissimi amici che sono colpiti da questa brutta bestia: facciamo tutti il tifo per voi. Quello che è certo è che ne usciremo solo con il vaccino. In uno strano mondo alla rovescia, abbiamo visto tenaci NoVax convertirsi in apostoli della vaccinazione: della serie meglio tardi che mai. E qualche virologo ormai celebrità televisiva – paradossalmente – diventare l’eroe dei NoVax: magistrale come sempre il pezzo di Massimo Gramellini che trovate qui oggi sul "Corriere della Sera". La verità è semplice: ci salverà la scienza, non gli apprendisti stregoni. Fosse per me, farei il volontario per testare il vaccino. E, comunque vada, mi consola sapere che, tra qualche settimana, partirà la distribuzione delle prime dosi. Mi auguro solo che le istituzioni non commettano gli stessi errori che si sono fatti sui tamponi, sui banchi a rotelle, sulla seconda ondata. E che ci sia un piano serio, organico, ben strutturato. Nel frattempo, auspico che, anziché discutere di quante persone invitare al cenone a Natale, la politica faccia una scelta più complicata, ma più coraggiosa: pensare a come riaprire le scuole in sicurezza. Perché Francia, Germania e Regno Unito non hanno mai smesso di mandare i ragazzi a scuola. E bisogna dire con forza che la didattica a distanza non basta!

2. Giustizia. Dieci anni fa, ero sindaco e i vertici di una delle principali aziende della mia città – un’azienda farmaceutica presente in tutto il mondo ma con sede a Firenze – vennero indagati con accuse pesantissime. Fu l’inizio di un calvario lungo due lustri. Ricordo quando, persino in occasione di eventi internazionali organizzati da questa azienda a Palazzo Vecchio, vi furono nelle stesse ore perquisizioni con evidenti strascichi mediatici. Fatto sta che, dopo dieci anni, la Cassazione ha totalmente cancellato l’indagine partorita dai PM di Firenze. Assolti con formula piena. Inutile dire che non è possibile qui spiegare che cosa abbiano sofferto in questi anni le famiglie degli indagati. Fatto sta che la Cassazione mette la parola fine. E, in un colpo solo, si cancellano paginate e paginate sui giornali, notti insonni, ordini cancellati, accordi con l’estero saltati. Ma almeno c’è la parola fine. Il nome dell’azienda è Menarini, il nome del PM fiorentino non importa scriverlo. Scriviamo invece, qui il nome di Roberto Maroni e Antonio Bassolino, due politici per i quali in questi giorni sono cadute le accuse penali. Chissà se qualcuno, prima o poi, chiederà scusa, chissà. Nel frattempo, il mio messaggio è sempre uno solo: non perdete fiducia nella giustizia. Perché la verità, prima o poi, arriva.

3. La prossima emergenza di cui nessuno parla – dopo la pandemia – sarà la cybersecurity. La sto seguendo molto per sensibilità personale e anche per interesse professionale. Vi faccio un esempio banale: durante la riunione dei ministri della difesa dell’Unione Europa, un ragazzo è riuscito a collegarsi, entrare in riunione e bloccare l’intervento del ministro finlandese. Ora, finché si entra in una videoconferenza, al netto della beffa, poco importa. Ma se uno può entrare tranquillamente nelle supersegrete riunioni online dei ministri della Difesa vi immaginate che cosa può accadere a un mondo che ormai è governato dall’intelligenza artificiale, internet delle cose, la manifattura 4.0 e la rivoluzione digitale? Si parla ancora poco di cybersecurity: io dico di prepararsi per tempo perché, altrimenti, la mancanza di sicurezza digitale sarà un danno per la nostra comunità forse persino più grave della pandemia.

Due immagini bellissime:

- L’anziana ballerina malata di Alzheimer che, quando sente “il Lago dei Cigni”, accenna dalla sua carrozzina movimenti di danza. Non riesco a non commuovermi.

- L’alpino che, non potendo vedere la moglie ricoverata di Covid, va a farle la serenata sotto il letto di ricovero.

Un’immagine devastante:

- Un bambino di sei mesi che muore durante la traversata dall’Africa verso l’Europa. Il problema immigrazione c’è sempre, non solo quando se ne occupano i TG. E ci sono ancora migliaia di vite spezzate ingiustamente.

Ho fatto alcune interviste:

• "il Dubbio", sull’indagine Open;
• "Corriere della Sera", sulla situazione politica;
• "Sette", il magazine del "Corriere della Sera", sul recente passato della politica italiana.

Martedì, invece, sarò audito dalla Commissione Speciale d’Inchiesta sull’assassinio di Giulio Regeni. Vi aggiornerò dopo l’audizione.



Pensierino della sera. Il video di Kamala Harris, nel quale invita le bambine a sognare con ambizione, è uno dei discorsi politici più belli del 2020. Sognare con ambizione. Lo trovo affascinante, buona visione.

Un sorriso,

P.S. Nelle prossime Enews, tornerò sulle vicende di natura giudiziaria. Oggi abbiamo registrato il sito www.GuerraARenzi.it, in cui, nei prossimi mesi, seguiremo i processi, le indagini, le accuse e daremo conto in modo trasparente della situazione. Intanto, però, torno a chiedervi un sostegno economico. Le perquisizioni, pur se clamorosamente annullate dalla Cassazione, non hanno bloccato i Pm fiorentini, ma hanno bloccato i grandi finanziatori che hanno paura delle conseguenze mediatiche di un sostegno nei miei confronti. Servono allora piccoli versamenti da 2, 5, 10€ per fare la differenza: abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti. Se vi va, questo è il link. Il grazie ve lo dico io in anticipo.

 

 

 

 

 







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giovedì 19 novembre 2020

         PALA  PUCCI-PONTORMO-chiesa di San Michele-firenze         




 La Pala Pucci è un dipinto a olio su tavola (214x195 cm) di Pontormo, databile al 1518 e conservata nella chiesa di San Michele Visdomini a Firenze. È il dipinto a olio più grande conosciuto di questo pittore.

Storia

L'opera risale al 1518 quando venne eseguita su commissione di Francesco di Giovanni Pucci, uomo di fiducia dei Medici e gonfaloniere di giustizia. La data si trova impressa sul libro aperto sulle ginocchia di san Giovanni Evangelista. Da allora la chiesa ha sempre mantenuto la sua collocazione ed è uno dei rari capolavori dell'artista che ancora si trovano nella cappella per cui furono dipinti, anche se all'epoca la chiesa aveva le forme gotiche che vennero cambiate dal restauro settecentesco, che diede l'aspetto architettonico attuale.

La pala fu lodatissima dal Vasari che la considerava "la più bella tavola che mai facesse questo rarissimo pittore".