1. LA STORIA DELLA
SETTIMANA : OREGON (USA): RIDOTTI I REATI CAPITALI E SVUOTATO IL BRACCIO DELLA
MORTE 2. NEWS FLASH: MALESIA: RE GRAZIA
3 INDONESIANI CHE ERANO STATI CONDANNATI A MORTE PER DROGA 3. NEWS FLASH: IRAN: CONDANNATO ALL'ERGASTOLO
FUGGE DURANTE UN PERMESSO E TORNA IN CANADA 4.
NEWS FLASH: IRAN: AGGIORNAMENTO SUL CASO DJALALI 5. NEWS FLASH: SOMALIA: DUE MEMBRI DI AL SHABAB
FUCILATI 6. I SUGGERIMENTI DELLA
SETTIMANA :
OREGON (USA): RIDOTTI I REATI CAPITALI E SVUOTATO IL
BRACCIO DELLA MORTE La governatrice Kate Brown il 1° agosto 2019 ha ratificato
SB 1013 che riduce i reati capitali da 19 a 4 e svuota il braccio della morte.
Questa nuova legge è quanto di più simile ad una
abolizione della pena di morte per via parlamentare in questo stato. In Oregon
infatti la pena di morte è stata reintrodotta nel 1984 con un voto popolare che
approvò un emendamento alla Costituzione, e quindi non potrebbe essere abolita
da un semplice voto parlamentare.
La nuova legge limita la possibilità di chiedere la pena
di morte ad atti di terrorismo con almeno 2 vittime, ad omicidi commessi in
carcere da persone già condannate per omicidio volontario, a omicidi su vittime
con meno di 13 anni, e all’omicidio premeditato di poliziotti. La nuova legge
inoltre si applicherebbe anche alle 31 persone attualmente nel braccio della
morte dell’Oregon le quali, se non condannate per i reati previsti dalla nuova
legge, avrebbero le condanne a morte commutate in ergastolo senza condizionale.
Negli ultimi 50 anni in Oregon sono state compiute solo 2 esecuzioni (nel 1996
e 1997), ed in entrambe i casi si trattava di “volontari”.
Nel 2011 l’allora governatore John Kitzhaber proclamò una
moratoria, che era stata confermata anche dalla governatrice Kate Brown
subentrata nel 2015 e rieletta nel 2018. All’epoca dell’inizio della moratoria,
nel 2011, l’allora governatore Kitzhaber aveva detto: “Fermo le esecuzioni in
questo stato perché sono convinto che possiamo trovare un modo migliore per
garantire sicurezza alla società supportare le vittime e le loro famiglie, e
rispettare i nostri valori”. Oggi la governatrice Brown ha aggiunto: “la pena
di morte in Oregon è disfunzionale, costosa, e immorale. Il nostro sistema
giudiziario continua a mandare gente nel braccio della morte pur sapendo che
sono oltre 20 anni che non giustiziamo nessuno”. Moratorie decise dai
governatori rimangono in vigore in California, Colorado e Pennsylvania e stato
di Washington.
Il New Hampshire ha abolito la pena di morte nel maggio
2019, e lo stato di Washington, dove la Corte Suprema nel 2018 aveva dichiarato
incostituzionale le legge capitale in vigore, e subito dopo il braccio della
morte era stato svuotato, una legge che avrebbe formalizzato l’abolizione della
pena di morte ha per il momento interrotto il suo percorso, che però è previsto
che riprenda senza grossi ostacoli nella prossima sessione legislativa.
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NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH
MALESIA: RE GRAZIA 3 INDONESIANI CHE ERANO STATI
CONDANNATI A MORTE PER DROGA Tre cittadini indonesiani sono rientrati nel loro
Paese il 7 agosto 2019 dopo aver ottenuto la grazia dallo Yang di-Pertuan Agong
(Re della Malesia). I tre indonesiani erano stati condannati a morte in Malesia
nel 2010 per traffico di droga.
Bustamam bin Bukhari, Tarmizi bin Yaacob e Sulaiman bin
Ismail sono tornati in Indonesia accompagnati da ufficiali dell'ambasciata
indonesiana a Kuala Lumpur. Sono stati ricevuti da funzionari del Ministero
degli Affari Esteri di Jakarta che gestiranno il loro rientro nelle rispettive
città di Aceh.
"I tre cittadini indonesiani sono stati oggetto di
procedimenti nel sistema giudiziario malese dal 1996, o per 23 anni, assistiti
da un avvocato nominato dal governo della Repubblica di Indonesia", ha
dichiarato Soeharyo Tri Sasongko, segretario consolare dell'Indonesia a Kuala
Lumpur, citato dall’agenzia Antara.
Secondo Soeharyo, il governo indonesiano ha presentato
richieste di grazia per tutti e tre, che sono state accolte grazie agli sforzi
del governo.
Sebbene fossero stati incarcerati dal 1996, il processo
di appello dei tre uomini terminò nel 2010, quando le loro condanne a morte
furono rese definitive e vincolanti.
Tuttavia nel 2012, Sultan Muhammad V commutò le loro
condanne capitali in 20 anni di reclusione. All'inizio di quest'anno, Sultan
Nazrin Muizzuddin Shah ha commutato ancora una volta le loro sentenze,
rendendoli liberi di tornare in Indonesia.
IRAN: CONDANNATO ALL'ERGASTOLO FUGGE DURANTE UN PERMESSO
E TORNA IN CANADA Un residente canadese di origine iraniana è fuggito dall'Iran
dopo essere stato imprigionato lì per 11 anni ed è tornato in Canada.
Saeed Malekpour era stato condannato all'ergastolo per un
programma da lui creato per il caricamento di foto sul web che le autorità
iraniane hanno detto essere stato utilizzato su siti Web pornografici in lingua
persiana.
Sua sorella ha pubblicato un video online che mostra il
suo ritorno in Canada il 2 agosto.
È fuggito mentre beneficiava di un breve rilascio dalla
prigione.
Il portavoce della magistratura Gholamhossein Esmaili ha
reso noto che Malekpour era in "permesso di tre giorni dalla
prigione" e gli era stato "vietato di lasciare il Paese".
"Apparentemente ha usato vie illegali per lasciare
il Paese", ha aggiunto Esmaili.
Payam Akhavan, professore di diritto internazionale
coinvolto nel caso, ha dichiarato ai media canadesi: "È stato
temporaneamente rilasciato dal carcere in Iran a seguito delle pressioni degli
organismi dei diritti umani delle Nazioni Unite, e avrebbe dovuto fare
riferimento alle autorità carcerarie.
"Ma invece ha lasciato il Paese ed è venuto in
Canada attraverso un paese terzo".
La sorella di Malekpour ha pubblicato un video sui social
media di lui che arriva in Canada.
"L'incubo è finalmente finito. È tornato a casa e si
è riunito con sua sorella. Grazie Canada per la tua leadership", ha
scritto la ragazza.
Non ha fornito dettagli sulle circostanze del suo
ritorno.
Il programmatore web era stato arrestato nell'ottobre
2008 mentre visitava suo padre, che era in cattive condizioni di salute, in
Iran.
Ha sostenuto che il programma da lui creato fosse open
source e che fosse stato utilizzato da altri siti web a sua insaputa.
Inizialmente era stato condannato a morte per
"diffusione della corruzione sulla Terra". Successivamente la pena
era stata commutata in ergastolo, secondo quanto riferito dopo "essersi
pentito".
IRAN: AGGIORNAMENTO SUL CASO DJALALI
Nei giorni scorsi era trapelata la notizia che Ahmad Reza
Djalali (anche scritto Jalali) fosse stato trasferito senza preavviso dalla
prigione di Evin (Teheran) a un posto non identificato, e si temeva che la sua
esecuzione potesse essere imminente.
In una conversazione telefonica con la sua famiglia, lo
scienziato iraniano che ha acquisito anche la nazionalità svedese ha detto di
essere stato messo sotto pressione per confessare nuovi crimini, e registrare
un’altra video-confessione.
Parlando a Radio Farda sabato 3 agosto, la moglie di
Djalali, Vida Mehran Nia, ha detto di aver saputo dal marito che lunedì era
stato portato in isolamento, ma fuori dalla prigione di Evin. "Mio marito
mi ha detto al telefono che era stato sottoposto a forti pressioni per
sottomettersi a una confessione forzata", ha detto la signora Mehran Nia,
aggiungendo: "Loro (gli agenti dell'intelligence) lo hanno minacciato di
produrre nuove accuse o di procedere con l’esecuzione. Djalali, che oggi ha 47
anni, il 21 ottobre 2017 è stato condannato a morte con l’accusa di aver
passato informazioni riservate ad Israele.
La professione di Djalali era quella di medico e
ricercatore, esperto nelle procedure mediche di emergenza da adottare in casi
di attacchi nucleari, chimici o biologici. Ha lavorato all'Università del
Piemonte Orientale di Novara, al Karolinska Institutet di Stoccolma, e alla
Vrije Universiteit Brussel. Djalali nega le accuse, e anzi ritiene di essere
stato arrestato “per rappresaglia” per non aver accettato la richiasta dei
servizi segreti iraniani di fornire informazioni sulle infrastrutture
antiterrorismo con cui collaborava in Europa. Nel febbraio 2018 la Svezia gli
ha concesso la cittadinanza, nella convinzione che questo possa agevolare le trattative
a favore di Djalali. Sembra che in realtà la mossa abbia molto innervosito le
autorità iraniane, le quali per altro non accettano mai il concetto di “doppia
nazionalità”, nemmeno in casi meno drammatici.
Djalali, che all’epoca era residente in Svezia, era stato
arrestato nell’aprile 2016 dopo essere tornato a Teheran per partecipare a un
ciclo di seminari su invito dell’università stessa. Il 5 dicembre 2017 la Corte
Suprema ha confermato la condanna a morte. Quasi a spiegare la condanna, nel dicembre
2017 la tv iraniana aveva trasmesso un video in cui l’uomo confessava di aver
fornito informazioni a Israele, informazioni che, secondo l’accusa, hanno
portato anche all’uccisione, tra il 2007 e il 2012, di alcuni scienziati che
lavoravano al programma nucleare iraniano. In una registrazione vocale
pubblicata lo scorso ottobre su YouTube, Djalali afferma che le
video-confessioni gli erano state estorte minacciando di morte lui, sua moglie,
la sua anziana madre che vive in Iran, e anche i suoi figli che vivono in
Svezia.
SOMALIA: DUE MEMBRI DI AL SHABAB FUCILATI Il tribunale
militare di Mogadiscio il 5 agosto 2019 ha giustiziato 2 membri del gruppo
terroristico Al-Shabaab responsabile di diversi attacchi a Mogadiscio che hanno
causato molti morti. Anshur Osman Abukar Omar, 23 anni, e Mohamed Ali Borrow
Adan, 25, erano stati accusati di esseri membri dei gruppi armati responsabili
dell'attacco all'Hotel Sahafi che causò la morte di almeno 32 persone
innocenti, tra cui Anab Abdullahi Hashi, segretario generale dell'Associazione
nazionale femminile a Mogadiscio. I due erano stati anche incriminati per aver
pianificato le due esplosioni al Teatro Nazionale e vicino a Piazza Daljirka
che uccisero 27 persone. Il presidente del tribunale militare Col. Hassan Noor
Shute ha dichiarato che il tribunale ha ritenuto i due colpevoli di varie
accuse e ha emesso le condanne a morte il 20/03/2019.
Il luogo dell'esecuzione è stato presidiato da funzionari
del tribunale militare somalo e da altri funzionari governativi. La sicurezza
intorno e all'interno del sito di esecuzione è stata rafforzata dal momento che
tutte le strade che portavano al luogo erano state barricate. Gli uomini
"sono stati fucilati il 5 agosto mattina", ha detto ai giornalisti il
presidente della corte militare somala Hassan Ali Nur.
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