sabato 10 agosto 2019

           NESSUNO     TOCCHI       CAINO                   NO       ALLA        PENA       DI     MORTE  


1.  LA STORIA DELLA SETTIMANA : OREGON (USA): RIDOTTI I REATI CAPITALI E SVUOTATO IL BRACCIO DELLA MORTE 2.  NEWS FLASH: MALESIA: RE GRAZIA 3 INDONESIANI CHE ERANO STATI CONDANNATI A MORTE PER DROGA 3.  NEWS FLASH: IRAN: CONDANNATO ALL'ERGASTOLO FUGGE DURANTE UN PERMESSO E TORNA IN CANADA 4.  NEWS FLASH: IRAN: AGGIORNAMENTO SUL CASO DJALALI 5.  NEWS FLASH: SOMALIA: DUE MEMBRI DI AL SHABAB FUCILATI 6.  I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA :


OREGON (USA): RIDOTTI I REATI CAPITALI E SVUOTATO IL BRACCIO DELLA MORTE La governatrice Kate Brown il 1° agosto 2019 ha ratificato SB 1013 che riduce i reati capitali da 19 a 4 e svuota il braccio della morte.

Questa nuova legge è quanto di più simile ad una abolizione della pena di morte per via parlamentare in questo stato. In Oregon infatti la pena di morte è stata reintrodotta nel 1984 con un voto popolare che approvò un emendamento alla Costituzione, e quindi non potrebbe essere abolita da un semplice voto parlamentare.
La nuova legge limita la possibilità di chiedere la pena di morte ad atti di terrorismo con almeno 2 vittime, ad omicidi commessi in carcere da persone già condannate per omicidio volontario, a omicidi su vittime con meno di 13 anni, e all’omicidio premeditato di poliziotti. La nuova legge inoltre si applicherebbe anche alle 31 persone attualmente nel braccio della morte dell’Oregon le quali, se non condannate per i reati previsti dalla nuova legge, avrebbero le condanne a morte commutate in ergastolo senza condizionale. Negli ultimi 50 anni in Oregon sono state compiute solo 2 esecuzioni (nel 1996 e 1997), ed in entrambe i casi si trattava di “volontari”.
Nel 2011 l’allora governatore John Kitzhaber proclamò una moratoria, che era stata confermata anche dalla governatrice Kate Brown subentrata nel 2015 e rieletta nel 2018. All’epoca dell’inizio della moratoria, nel 2011, l’allora governatore Kitzhaber aveva detto: “Fermo le esecuzioni in questo stato perché sono convinto che possiamo trovare un modo migliore per garantire sicurezza alla società supportare le vittime e le loro famiglie, e rispettare i nostri valori”. Oggi la governatrice Brown ha aggiunto: “la pena di morte in Oregon è disfunzionale, costosa, e immorale. Il nostro sistema giudiziario continua a mandare gente nel braccio della morte pur sapendo che sono oltre 20 anni che non giustiziamo nessuno”. Moratorie decise dai governatori rimangono in vigore in California, Colorado e Pennsylvania e stato di Washington.
Il New Hampshire ha abolito la pena di morte nel maggio 2019, e lo stato di Washington, dove la Corte Suprema nel 2018 aveva dichiarato incostituzionale le legge capitale in vigore, e subito dopo il braccio della morte era stato svuotato, una legge che avrebbe formalizzato l’abolizione della pena di morte ha per il momento interrotto il suo percorso, che però è previsto che riprenda senza grossi ostacoli nella prossima sessione legislativa.
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NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH

MALESIA: RE GRAZIA 3 INDONESIANI CHE ERANO STATI CONDANNATI A MORTE PER DROGA Tre cittadini indonesiani sono rientrati nel loro Paese il 7 agosto 2019 dopo aver ottenuto la grazia dallo Yang di-Pertuan Agong (Re della Malesia). I tre indonesiani erano stati condannati a morte in Malesia nel 2010 per traffico di droga.
Bustamam bin Bukhari, Tarmizi bin Yaacob e Sulaiman bin Ismail sono tornati in Indonesia accompagnati da ufficiali dell'ambasciata indonesiana a Kuala Lumpur. Sono stati ricevuti da funzionari del Ministero degli Affari Esteri di Jakarta che gestiranno il loro rientro nelle rispettive città di Aceh.
"I tre cittadini indonesiani sono stati oggetto di procedimenti nel sistema giudiziario malese dal 1996, o per 23 anni, assistiti da un avvocato nominato dal governo della Repubblica di Indonesia", ha dichiarato Soeharyo Tri Sasongko, segretario consolare dell'Indonesia a Kuala Lumpur, citato dall’agenzia Antara.
Secondo Soeharyo, il governo indonesiano ha presentato richieste di grazia per tutti e tre, che sono state accolte grazie agli sforzi del governo.
Sebbene fossero stati incarcerati dal 1996, il processo di appello dei tre uomini terminò nel 2010, quando le loro condanne a morte furono rese definitive e vincolanti.
Tuttavia nel 2012, Sultan Muhammad V commutò le loro condanne capitali in 20 anni di reclusione. All'inizio di quest'anno, Sultan Nazrin Muizzuddin Shah ha commutato ancora una volta le loro sentenze, rendendoli liberi di tornare in Indonesia.


IRAN: CONDANNATO ALL'ERGASTOLO FUGGE DURANTE UN PERMESSO E TORNA IN CANADA Un residente canadese di origine iraniana è fuggito dall'Iran dopo essere stato imprigionato lì per 11 anni ed è tornato in Canada.
Saeed Malekpour era stato condannato all'ergastolo per un programma da lui creato per il caricamento di foto sul web che le autorità iraniane hanno detto essere stato utilizzato su siti Web pornografici in lingua persiana.
Sua sorella ha pubblicato un video online che mostra il suo ritorno in Canada il 2 agosto.
È fuggito mentre beneficiava di un breve rilascio dalla prigione.
Il portavoce della magistratura Gholamhossein Esmaili ha reso noto che Malekpour era in "permesso di tre giorni dalla prigione" e gli era stato "vietato di lasciare il Paese".
"Apparentemente ha usato vie illegali per lasciare il Paese", ha aggiunto Esmaili.
Payam Akhavan, professore di diritto internazionale coinvolto nel caso, ha dichiarato ai media canadesi: "È stato temporaneamente rilasciato dal carcere in Iran a seguito delle pressioni degli organismi dei diritti umani delle Nazioni Unite, e avrebbe dovuto fare riferimento alle autorità carcerarie.
"Ma invece ha lasciato il Paese ed è venuto in Canada attraverso un paese terzo".
La sorella di Malekpour ha pubblicato un video sui social media di lui che arriva in Canada.
"L'incubo è finalmente finito. È tornato a casa e si è riunito con sua sorella. Grazie Canada per la tua leadership", ha scritto la ragazza.
Non ha fornito dettagli sulle circostanze del suo ritorno.
Il programmatore web era stato arrestato nell'ottobre 2008 mentre visitava suo padre, che era in cattive condizioni di salute, in Iran.
Ha sostenuto che il programma da lui creato fosse open source e che fosse stato utilizzato da altri siti web a sua insaputa.
Inizialmente era stato condannato a morte per "diffusione della corruzione sulla Terra". Successivamente la pena era stata commutata in ergastolo, secondo quanto riferito dopo "essersi pentito". 

IRAN: AGGIORNAMENTO SUL CASO DJALALI
Nei giorni scorsi era trapelata la notizia che Ahmad Reza Djalali (anche scritto Jalali) fosse stato trasferito senza preavviso dalla prigione di Evin (Teheran) a un posto non identificato, e si temeva che la sua esecuzione potesse essere imminente.
In una conversazione telefonica con la sua famiglia, lo scienziato iraniano che ha acquisito anche la nazionalità svedese ha detto di essere stato messo sotto pressione per confessare nuovi crimini, e registrare un’altra video-confessione.
Parlando a Radio Farda sabato 3 agosto, la moglie di Djalali, Vida Mehran Nia, ha detto di aver saputo dal marito che lunedì era stato portato in isolamento, ma fuori dalla prigione di Evin. "Mio marito mi ha detto al telefono che era stato sottoposto a forti pressioni per sottomettersi a una confessione forzata", ha detto la signora Mehran Nia, aggiungendo: "Loro (gli agenti dell'intelligence) lo hanno minacciato di produrre nuove accuse o di procedere con l’esecuzione. Djalali, che oggi ha 47 anni, il 21 ottobre 2017 è stato condannato a morte con l’accusa di aver passato informazioni riservate ad Israele.
La professione di Djalali era quella di medico e ricercatore, esperto nelle procedure mediche di emergenza da adottare in casi di attacchi nucleari, chimici o biologici. Ha lavorato all'Università del Piemonte Orientale di Novara, al Karolinska Institutet di Stoccolma, e alla Vrije Universiteit Brussel. Djalali nega le accuse, e anzi ritiene di essere stato arrestato “per rappresaglia” per non aver accettato la richiasta dei servizi segreti iraniani di fornire informazioni sulle infrastrutture antiterrorismo con cui collaborava in Europa. Nel febbraio 2018 la Svezia gli ha concesso la cittadinanza, nella convinzione che questo possa agevolare le trattative a favore di Djalali. Sembra che in realtà la mossa abbia molto innervosito le autorità iraniane, le quali per altro non accettano mai il concetto di “doppia nazionalità”, nemmeno in casi meno drammatici.
Djalali, che all’epoca era residente in Svezia, era stato arrestato nell’aprile 2016 dopo essere tornato a Teheran per partecipare a un ciclo di seminari su invito dell’università stessa. Il 5 dicembre 2017 la Corte Suprema ha confermato la condanna a morte. Quasi a spiegare la condanna, nel dicembre 2017 la tv iraniana aveva trasmesso un video in cui l’uomo confessava di aver fornito informazioni a Israele, informazioni che, secondo l’accusa, hanno portato anche all’uccisione, tra il 2007 e il 2012, di alcuni scienziati che lavoravano al programma nucleare iraniano. In una registrazione vocale pubblicata lo scorso ottobre su YouTube, Djalali afferma che le video-confessioni gli erano state estorte minacciando di morte lui, sua moglie, la sua anziana madre che vive in Iran, e anche i suoi figli che vivono in Svezia.


SOMALIA: DUE MEMBRI DI AL SHABAB FUCILATI Il tribunale militare di Mogadiscio il 5 agosto 2019 ha giustiziato 2 membri del gruppo terroristico Al-Shabaab responsabile di diversi attacchi a Mogadiscio che hanno causato molti morti. Anshur Osman Abukar Omar, 23 anni, e Mohamed Ali Borrow Adan, 25, erano stati accusati di esseri membri dei gruppi armati responsabili dell'attacco all'Hotel Sahafi che causò la morte di almeno 32 persone innocenti, tra cui Anab Abdullahi Hashi, segretario generale dell'Associazione nazionale femminile a Mogadiscio. I due erano stati anche incriminati per aver pianificato le due esplosioni al Teatro Nazionale e vicino a Piazza Daljirka che uccisero 27 persone. Il presidente del tribunale militare Col. Hassan Noor Shute ha dichiarato che il tribunale ha ritenuto i due colpevoli di varie accuse e ha emesso le condanne a morte il 20/03/2019.
Il luogo dell'esecuzione è stato presidiato da funzionari del tribunale militare somalo e da altri funzionari governativi. La sicurezza intorno e all'interno del sito di esecuzione è stata rafforzata dal momento che tutte le strade che portavano al luogo erano state barricate. Gli uomini "sono stati fucilati il 5 agosto mattina", ha detto ai giornalisti il ​​presidente della corte militare somala Hassan Ali Nur.

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