no alla pena di morte..........
1. LA STORIA DELLA
SETTIMANA : APPELLO DI NESSUNO TOCCHI CAINO PER LA LIBERAZIONE DI ALI MOEZZI
2. NEWS FLASH: INDIA: IL RITARDO
NELL'ESECUZIONE È DISUMANIZZANTE, CONDANNA CAPITALE COMMUTATA IN ERGASTOLO
3. NEWS FLASH: CINA: 13 TRAFFICANTI DI
DROGA CONDANNATI A MORTE DAVANTI A 10 MILA SPETTATORI 4. NEWS FLASH: NEVADA (USA): SCARCERATO DOPO 28
ANNI DI BRACCIO DELLA MORTE 5. NEWS
FLASH: NIGERIA: CONDANNATO A MORTE PER RAPINA E STUPRO 6. I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA : DEVOLVI IL
5X1000 A NESSUNO TOCCHI CAINO
APPELLO DI NESSUNO TOCCHI CAINO PER LA LIBERAZIONE DI ALI
MOEZZI Ali Moezzi è un prigioniero politico e sostenitore dell’Organizzazione
dei Mojahedin del Popolo Iraniano (Pmoi).
Moezzi è stato detenuto per lungo tempo come prigioniero
politico anche nel corso degli anni Ottanta ed è padre di due membri del Pmoi.
L’ultima volta fu rinchiuso nel 2011 e condannato ad un altro anno di
reclusione nel dicembre 2015, nonostante la sua pena fosse stata scontata.
Moezzi soffre di diverse malattie e più volte è stato messo in cella di
isolamento e torturato. A Gennaio di quest’anno risultava detenuto nella sala
12 della sezione 4 del carcere di Gohardasht a Karaj, ad ovest di Teheran.
Recentemente, grazie alle informazioni fornite dal
Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana siamo a conoscenza del suo
trasferimento al reparto 8 della prigione di Teheran. Nonostante abbia scontato
la sentenza che lo condannava a due anni di reclusione, il regime
fondamentalista sta cercando, in tutti i modi, di impedire la sua liberazione.
La salute di Ali Moezzi è precaria, soffre di diverse complicanze mediche:
cancro alla prostata, un tumore alla vescica e vari problemi renali. L’accusa
contro il prigioniero politico continua ad essere quella di “Propaganda contro
il Regime”.
La delicata situazione politica in Iran è figlia anche
dello scontro in atto da tempo all’interno del regime, tra l’ala che fa capo al
presidente “rieletto” Rouhani e a quella ultra-conservatrice che ha come punto
di riferimento e guida, non solo spirituale, l’ayatollah Khamenei. Nel sistema
teocratico iraniano la quasi totalità del potere è nelle mani del “leader
spirituale”, Khamenei; i presidenti della repubblica hanno il compito di
mostrare all’estero un diverso volto, funzionale ai diversi momenti storici.
Dunque considerare la dialettica “moderati” -
“oltranzisti” nell’ottica del miglioramento dei diritti umani o di un
cambiamento del comportamento del regime teocratico è del tutto fuori luogo. Le
urla di Ahmadinejad, i sorrisi di Khatami, i proclami di Rouhani sono tattici e
funzionali al sistema, che rimane uguale a se stesso.
L’attuale presidente dei mullah è stato un membro
dell’apparato di sicurezza (che nella repubblica islamica significa
repressione). Fu proprio Hassan Rouhani, in qualità di segretario del Consiglio
di sicurezza nazionale, l’artefice, nell’estate 1998, della sanguinosa
repressione degli studenti universitari. Tale situazione sta generando un
ulteriore accanimento nei confronti della dissidenza democratica. Difendere e
tutelare Ali Moezzi significa difendere e tutelare i principi dello Stato di
Diritto.
“Nessuno tocchi Caino” si unisce all’appello della
Resistenza Iraniana e di numerose organizzazioni non governative, per
scongiurare che nuovi capi d’imputazione chiudano Ali Moezzi ancora in carcere
e perché sia immediatamente ed incondizionatamente liberato.
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NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH
INDIA: IL RITARDO NELL'ESECUZIONE È DISUMANIZZANTE,
CONDANNA CAPITALE COMMUTATA IN ERGASTOLO
29 giugno 2017: Il ritardo nell'esecuzione di un
prigioniero del braccio della morte con condanna definitiva tormenta il
prigioniero, ha un effetto disumanizzante su di lui e viola la legge, ha
stabilito l’Alta Corte di Delhi.
"Tra fuoco funebre e preoccupazione mentale, è
quest'ultima la più devastante, perché il fuoco funebre brucia solo il corpo
morto, mentre la preoccupazione mentale brucia il corpo vivente", ha
dichiarato il collegio formato dai giudici GS Sistani e Vinod Goel riferendosi
all’osservazione dell'ex Giudice della Corte suprema K Jagannatha Shetty in un
caso simile.
Il collegio, nella sua sentenza, ha commutato in
ergastolo la pena capitale del 31enne Sonu Sardar in relazione all’omicidio di
cinque persone tra cui due bambini nel novembre 2004 nello stato di
Chhattisgarh.
Il collegio ha messo da parte i rigetti della domanda di
grazia da parte del Presidente indiano e del Governatore del Chhattisgarh, ma
ha chiarito che "ergastolo significa fino alla fine della propria
vita".
Sottolineando che si è verificato un ritardo di circa tre
anni nel processo di decisione sulla richiesta di grazia, i giudici hanno
dichiarato: "non vi è dubbio che sia incombente per l'esecutivo accelerare
il processo in ogni fase".
Il Presidente ha respinto la petizione di Sardar il 5
maggio 2014 e il Governatore nell'aprile 2013.
"Una volta che la sentenza di morte è stata
confermata dal tribunale giudiziario finale, ogni speranza di liberazione che
potrebbe essere persistente nella mente del prigioniero condannato è preclusa e
lo spettro della morte inizia a colpirlo.
"Non si sa mai quando potrebbe essere chiamato a
rispondere alla chiamata del boia. Questa incertezza, cioè il dubbio sul
domani, è ciò che brucia il corpo vivo ", ha detto il tribunale.
Il collegio ha detto che questa è "una forma di
tormento aggiuntivo non imposto dalla legge, non fa parte della sentenza
assegnata al condannato e quindi viola le protezioni costituzionali.
"Questo ritardo inserisce un fattore disumanizzante
nell'esecuzione della sentenza di morte, in quanto priva il condannato della
sua vita in un modo ingiusto e irragionevole, in violazione della legge sul
giusto processo, sancito all'articolo 21 (protezione della vita e della libertà
personale) della Costituzione ", ha aggiunto l'alta corte.
Sardar, insieme a suo fratello e a dei complici, aveva
ucciso cinque persone di una famiglia, tra cui una donna e due figli, nel
villaggio di Cher del Chhattisgarh il 26 novembre 2004.
Il tribunale lo aveva condannato a morte nel febbraio
2008 e l’Alta Corte del Chhattisgarh aveva confermato la sentenza l'8 marzo
2010.
La Corte Suprema nel febbraio 2012 si è detta d'accordo
con i due tribunali e ha confermato la pena. La sua petizione per la grazia è
stata respinta dal Governatore e dal Presidente. Nel febbraio 2015, la Corte
Suprema ha respinto la richiesta di revisione. Il condannato quindi si è
rivolto all’alta corte chiedendo l’annullamento degli ordini del Presidente e
del Governatore che respingevano la petizione di grazia. Aveva anche cercato la
commutazione della pena di morte in ergastolo a causa del ritardo, dell'esercizio
improprio di potere e della detenzione in isolamento illegale.
CINA: 13 TRAFFICANTI DI DROGA CONDANNATI A MORTE DAVANTI
A 10 MILA SPETTATORI
24 giugno 2017: In un caso congiunto della Corte Intermadia
del Popolo di Shanwei e della Corte del Popolo di Lufeng in Cina, 13 uomini e
donne sono stati condannati a morte per droga davanti a circa 10.000
spettatori, all’avvicinarsi della Giornata Mondiale Contro la Droga del 26
giugno.
L’udienza si tenuta in uno stadio a Lufeng, una contea
della provincia del Guangdong Orientale nota per vicende legate alle droghe,
con gli imputati che sono stati riconosciuti colpevoli di produzione e vendita
di droga.
Secondo i media locali, sono stati condannati un totale
di 18 imputati e solo cinque sono stati lasciati vivere.
Dei 13 condannati a morte, otto sono stati caricati su
camion per essere giustiziati subito dopo il processo, anche se le esecuzioni
sono state effettuate riservatamente.
Il filmato della scena post-processo fa parte del
resoconto del Beijing Times che ha mostrato i condannati portati via da un
camion, accompagnati dalle grida dei familiari.
Secondo il South China Morning Post, questa non è la
prima volta che una sentenza pubblica viene tenuta a Lufeng, che è stata
chiamata il "grande laboratorio della droga".
Nel 2015 si è svolto un processo a porte aperte in cui
sono stati condannati 38 trafficanti di droga, di cui 13 hanno ricevuto la pena
di morte mentre i restanti hanno ricevuto dieci anni di carcere.
Il Guangdong è il più grande produttore cinese di
metamfetamina e più di un terzo della sostanza consumata localmente viene
prodotta nei villaggi del Lufeng.
Più di 3.000 paramilitari, poliziotti e guardie di
frontiera del Guangdong attaccarono un villaggio vicino a Lufeng nel 2014 e
sequestrarono circa 3.000 kg di metanfetamine di tipo crystal, ha scritto
il SCMP. Su una popolazione di 14.000,
quasi 200 persone furono arrestate.
NEVADA (USA): SCARCERATO DOPO 28 ANNI DI BRACCIO DELLA
MORTE
7 giugno 2017: Ha'im Al Matin Sharif, 48 anni, nero, è
stato scarcerato oggi, 7 giugno, dopo aver trascorso 28 anni nel braccio della
morte. Sharif, che all’epoca si chiamava Charles Robins, aveva 19 anni quando,
nel 1988 venne arrestato per omicidio. Venne condannato a morte nel dicembre
1988 nella Clark County con l’accusa di aver maltrattato fino a farla morire
Britany Smith, la figlia di 11 mesi della sua convivente. In seguito i
difensori presentarono relazioni mediche che rivalutavano i dati dell’autopsia,
e spiegavano le lesioni della bambina con una forma di scorbuto infantile,
detto anche Morbo di Barlow, ossia una grave carenza di vitamina C.
Inizialmente la madre della bambina aveva negato che l’uomo maltrattasse la
figlia. In seguito invece lo accusò, e in seguito ancora ritrattò le accuse
sostenendo di essere stata minacciata dalla polizia che le avrebbero tolto
l’altra figlia. Il 22 settembre 2016 la Corte Suprema di stato decise
all’unanimità ch e il caso dovesse
essere riesaminato. Sharif ha raggiunto un accordo con la pubblica accusa e si
è dichiarato colpevole di omicidio di 2° grado, in cambio ha ottenuto oggi una
condanna “a quanto già scontato” e l’immediata scarcerazione. Sharif continua a
definirsi innocente, ma ha accettato l’accordo odierno altrimenti, a causa dei
ricorsi della pubblica accusa, la sua scarcerazione avrebbe potuto richiedere
ancora molto tempo.
NIGERIA: CONDANNATO A MORTE PER RAPINA E STUPRO
25 giugno 2017: l’Alta Corte di Akure, nello stato
nigeriano di Ondo, ha condannato a morte mediante impiccagione, un uomo,
Aturoti Adeleke, riconosciuto colpevole di stupro e rapina a mano armata.
Secondo il pubblico ministero Remi Olatubora, l’uomo avrebbe derubato diverse
donne il 29 maggio 2016 a Olorunsogo Street, Adesula e Ademulegun roads a Ondo.
Dopo aver sottratto beni alle vittime, compresi gioielli
e telefonini, l’imputato le avrebbe anche violentate. Adeleke si è dichiarato
non colpevole rispetto a tutte le accuse.
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