MATTEO RENZI
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Ben
ritrovati! Tanti appuntamenti in questi giorni. Utilizzo l'enews di giugno per
fare il punto insieme a voi su alcune delle prossime sfide che attendono il
Governo. Non potendo scriverle tutte, ne ho scelte dieci. Mi perdonate la
lunghezza? Grazie!
- Grecia.
Molta tensione sui mercati internazionali e nell'ambito del Consiglio
Europeo per il rischio default in Grecia. Tutti stiamo lavorando per dare
una mano al Governo Tsipras. L'impegno europeo, tuttavia, deve essere
accompagnato da uno sforzo vero di riforme che Atene può e deve fare. Noi
vogliamo che la Grecia resti nell'Euro e stiamo facendo di tutto perché
ciò si verifichi. Anche i greci devono, però, fare la loro parte. Molte
telefonate incrociate in queste ore. Lunedì, ore 19, Bruxelles: Vertice
straordinario dei capi di governo dell'EuroGruppo.
- Immigrazione.
Tema difficile non solo per la delicatezza dell'argomento. Ma anche per le
paure che suscita. Occorre decisione, determinazione ma anche buon senso e
responsabilità, specie pensando che le regole europee sembrano scritte
(Dublino II) contro gli interessi del nostro Paese che allora -
incomprensibilmente - le appoggiò. Un problema di portata storica come le
migrazioni nel Mediterraneo si risolve solo attraverso una strategia di
lungo respiro: cooperazione internazionale, accordi con Paesi africani,
pace in Libia, lotta contro gli scafisti/schiavisti, procedure diverse per
l'asilo politico, solidarietà europea sia a livello economico che di
accoglienza. I numeri sono gli stessi dello scorso anno (58.660 contro
58.200 del 2014). L'enfasi politica e comunicativa no. Non riguarda solo
l'Italia, sia chiaro. Dalle recenti elezioni danesi fino all'ipotesi di
costruzione di un muro tra Serbia e Ungheria, proprio nel cuore
dell'Europa, che doveva essere la patria di chi i muri li abbatte: in
tutto il continente la discussione sull'immigrazione è accesa. Occorrono
soluzioni concrete ancora più rapide, ma serve anche una scommessa
culturale che porti l'Europa ad abbandonare la paura per tornare a
scegliere il coraggio. Che non vuol dire accogliere tutti ma significa
riconoscersi in regole chiare e condivise da rispettare insieme. Tutti
insieme: perché è impossibile pensare di lasciare solo un Paese. Nel
frattempo ogni volta che un italiano salva una vita sono sempre più
orgoglioso di essere alla guida di un Paese che sta scrivendo una pagina
di civiltà in mezzo a tanta demagogia. Ma che non può fare tutto da solo.
Ne parleremo al consiglio europeo di venerdì 26 e anche all'Expo domani
durante un incontro con Francois Hollande aperto al contributo di alcuni
pensatori e uomini di cultura.
- Expo.
A proposito di Expo. Doveva essere un fallimento totale e sarebbe
divertente andare adesso a riprendere la rassegna stampa di chi ne
chiedeva il blocco appena qualche mese fa. Invece funziona, circa sette
milioni di visitatori hanno già varcato i cancelli, il dibattito culturale
sui temi dell'alimentazione è straordinario. Nei giorni scorsi molti
leader da tutto il mondo si sono recati in visita ufficiale, da Michelle
Obama a Vladimir Putin, da David Cameron a capi di stato e di governo di
tutto il pianeta (solo nelle ultime due settimane e solo citando capi di
stato e di governo: Argentina, Cile, Colombia, Bolivia, Ecuador, Spagna,
Messico, Montenegro, Slovenia, Irlanda, Estonia, Svizzera. In arrivo nei
prossimi giorni: Francia, Serbia, Kazakistan). Quando l'Italia fa il suo
mestiere, quando cioè l'Italia fa l'Italia, non ce n'è per nessuno. Gufi
compresi. E grazie ai tanti di voi che nei mesi scorsi mi hanno invitato
ad andare avanti quando le cose sembravano mettersi male per expo:
conservo alcune email bellissime di chi mi invitava a fare di tutto per
non bloccare i lavori. Avete avuto ragione voi, ha avuto ragione l'Italia.
Stiamo lavorando perché con un accordo Expo-Inps le persone anziane meno
abbienti possano avere la possibilità di partecipare all'evento durante
l'estate. E sono molto fiero dei treni che l'Unitalsi sta organizzando per
Milano. Perché se siamo felici della presenza di tanti capi di stato,
siamo ancora più contenti per i milioni di cittadini comuni che ci onorano
con la loro presenza.
- Economia.
La ripresa c'è, i segnali sono molteplici, ma non sono ancora contento.
L'Italia è sulla buona strada, ma deve ancora liberarsi da vincoli e
paure. C'è molto da fare, specie nel settore che ha patito più la crisi,
l'edilizia. Anche in aprile la produzione industriale nel settore
costruzioni ha segnato un dato negativo (-0,3%). Ripartono i consumi,
cresce il Pil, aumentano i posti di lavoro. Ma se non riparte l'edilizia,
la situazione occupazionale non tornerà mai quella di prima. Quindi al
lavoro, con ancora maggiore intensità. Dobbiamo sbloccare le opere
pubbliche ferme (segnatevi la data dl 25 giugno, al mattino, Palazzo
Chigi), semplificare le procedure amministrative (bene il codice degli
appalti passato in prima lettura al Senato giovedì, adesso stringiamo
sulla riforma della pubblica amministrazione alla Camera), agevolare gli
investimenti pubblici e privati. Da una prima analisi, vediamo come almeno
un punto percentuale di Pil (circa 17 miliardi di euro) sia bloccato da
ritardi e procedure complicate. Sbloccare l'Italia significa dare ossigeno
all'economia e far entrare il futuro dalla porta principale. Dobbiamo
farlo, però, nel pieno rispetto del punto successivo, quello della
sostenibilità ambientale.
- Ambiente.
Già, perché il tema è assolutamente centrale. Papa Francesco ha appena
pubblicato l'enciclica "Laudato si". In Francia fervono i
preparativi per il COP21, l'appuntamento globale del prossimo dicembre che
dovrebbe segnare una svolta nella lotta contro il cambiamento climatico.
Le varie riunioni internazionali, ultimo il G7 tedesco, dedicano ampie
discussioni al tema. L'Italia sta dimostrando una rinnovata attenzione su
questo tema. Stiamo proponendo un doppio cambio di mentalità. Il primo
legislativo, con l'approvazione della legge sugli ecoreati. Che non è una
promessa, ma un impegno mantenuto dopo che per anni si erano fatte solo
chiacchiere. Il secondo culturale. L'Italia è tra i primi al mondo per
contributo del solare al fabbisogno elettrico del Paese e abbiamo anche
eccellenze come la geotermia o le biomasse. Ma purtroppo - questo è il
problema - siamo leader soprattutto nelle tecnologie, non ancora nelle
filiere produttive. Il tema della green economy non è un passatempo per
addetti ai lavori, ma deve diventare una scommessa di politica
industriale. E ciò che stanno facendo su climate change le nostre aziende, a
cominciare da Eni e Enel, è motivo di orgoglio per tutta l'Italia.
Naturalmente sta sullo sfondo un problema strutturale: negli ultimi anni,
per effetto di scelte politiche sbagliate in Europa e di una diversa
politica energetica negli Stati Uniti, abbiamo speso molto per incentivare
la riduzione delle emissioni ma è tornato a crescere il carbone. E questo
costituisce una contraddizione in termini che dobbiamo affrontare fin
dalla preparazione di Parigi 2015: noi iniziamo lunedì 22 con un convegno
su questo alla Camera dei Deputati.
- Fisco.
Sono pronti sei decreti legislativi che porteremo martedì in consiglio dei
ministri e che cambieranno profondamente il rapporto tra cittadini e
Stato. Soprattutto per le aziende, all'inizio. Ma in prospettiva anche per
i cittadini, per i quali abbiamo iniziato con la dichiarazione dei redditi
precompilata (a proposito: chi tra voi ha fatto la dichiarazione dei
redditi precompilata? Come vi siete trovati? Cosa ci suggerireste per
cambiarla?). Il nostro Governo è il primo che ha ridotto le tasse per un
valore di 18 miliardi, a partire dall'operazione 80 euro e dal taglio su
quelle sul lavoro con il pacchetto JobsAct. Ma ancora non è sufficiente,
lo sappiamo. Tuttavia iniziare con il rendere più semplice il fisco è un
ulteriore passo. Il prossimo sarà la semplificazione del sistema dei
tributi locali, a partire da un'unica tassa comunale anziché tutti i
balzelli che conosciamo.
- Riforme istituzionali. Con il superamento delle province abbiamo ridotto il
numero dei politici in Italia. Ci sono circa duemila persone in meno che
fanno politica di mestiere. Per la prima volta nella storia italiana,
insomma, si sono tagliate le poltrone. Con la riforma della pubblica
amministrazione daremo tempi certi per evitare che in Italia si impieghi
più tempo per avere le carte che non per tirare su un capannone o fare un
parcheggio. Ma la svolta più grande naturalmente è la riforma
costituzionale. Cambia il titolo V, cioè il rapporto tra Stato e Regioni
con competenze finalmente più chiare. Cambia il Senato che non dà più la
fiducia, non replica lo stesso iter delle leggi e viene composto da
rappresentanti dei territori, come accade in molti altri Paesi. Anche in
questo caso: meno politici, più politica. Principio confermato
dall'eliminazione di enti non più utili, come il CNEL. Il referendum
costituzionale - che si terrà nel 2016 - lascerà ai cittadini l'ultima
parola. Ma quello che sta accadendo in Italia è impressionante: tutti
dicevano che la classe politica non sarebbe mai stata in grado di
riformare se stessa, di ridurre le poltrone, di semplificare i propri
procedimenti. Certo: in Parlamento c'è anche chi sa solo protestare. Vero.
Ma l'idea che la maggioranza non rinvii le decisioni, non perda tempo, non
si nasconda davanti alle proprie responsabilità è un fatto di grande
rilievo. Se sei al Governo e vuoi sconfiggere il populismo e
l'antipolitica l'unica strada che hai davanti a te è fare le riforme.
Farle presto, farle bene, farle tutte. E su questo non ci fermeremo mai.
- Scuola.
100 mila persone in più, più soldi per gli insegnanti, il merito nella
valutazione e una diversa organizzazione basata sullâautonomia. I
governi che ci hanno preceduto hanno tagliato, noi mettiamo più soldi.
Tanti. Perché per noi investire nella scuola è investire nel futuro. Chi è
contrario cerca di bloccare la riforma in Parlamento con migliaia di
emendamenti, per impedirne lâapprovazione, salvo poi accusare il governo
di non voler fare le assunzioni. Non siamo noi che vogliamo fermarci, ma
le assunzioni hanno senso solo se cambiamo la scuola, se câè un nuovo
modello organizzative. Le scuole non sono un ammortizzatore sociale: come
diceva don Milani in Lettera a una professoressa "il problema della
scuola sono i ragazzi che perde". Investire sui docenti serve a
migliorare la qualità educativa per i nostri figli, non ad accontentare
qualcuno. Nella conferenza nazionale sulla scuola di luglio mostreremo
concretamente anche tutti i passi in avanti nel settore dell'edilizia
scolastica, non solo a livello economico ma anche nella qualità
architettonica e di sostenibilità energetica. E terminata la lunga
polemica sulla scuola potremo finalmente concentrarci su università e
ricerca perché è il capitale umano il cuore del futuro dell'Italia.
- Pd.
Abbiamo vinto le regionali, ma perso qualche ballottaggio di troppo, da
Venezia ad Arezzo, da Matera a Fermo (e queste sconfitte hanno messo in
secondo piano vittorie bellissime come quella di Mantova o le conferme dei
nostri sindaci da Lecco a Macerata). È importante che il PD non perda mai
il contatto con i problemi dei cittadini. Talvolta invece abbiamo dato
l'impressione di essere autoreferenziali anche noi, parlandoci addosso. Il
PD ha vinto le Europee, ha vinto le regionali (nelle 12 regioni in cui si
è votato con la nuova segreteria, prima avevamo 5 presidenti su 12, adesso
ne abbiamo 10 su 12), ma deve essere attrezzato bene perché la sfida del
2018 non sarà una passeggiata. Dunque formazione, organizzazione,
confronto di idee. Siamo il partito più votato non solo in Italia ma anche
in Europa dove la sinistra raccoglie purtroppo un'altra sconfitta, in
Danimarca. Il PD deve parlare agli italiani, non alle proprie correnti e
io per primo devo far tesoro di questo messaggio. Anche perché abbiamo una
grandissima responsabilità: restituire orgoglio all'Italia e fiducia agli
italiani. Urlare e insultare riesce a tutti, cambiare e costruire invece
tocca a noi. Intanto il 30 giugno torna in edicola l'Unità: buona lettura!
- Nel mondo.
Ho partecipato al G7 in Germania e ho molti impegni internazionali nelle
prossime settimane. Registro un piccolo fatto, che avrebbe dovuto essere
scontato ma non è stato così troppo a lungo: a differenza del passato,
adesso, lâItalia non è più il problema. Sull'economia siamo considerati
non più il malato da curare ma come un partner. Sui temi strategici del
futuro come il clima, l'ambiente, la cooperazione allo sviluppo, sul ruolo
delle donne, abbiamo molto da imparare ma anche da raccontare, sia a
livello di proposte che di buone pratiche. Sulle grandi crisi
internazionali l'Italia c'è (qui il video del mio discorso ai nostri
connazionali in Afghanistan). Non più parte del problema, dunque, ma parte
di una soluzione comune, condivisa. Con una punta di orgoglio: il nostro è
un grande Paese che, talvolta, deve imparare a volersi più bene, a
raccontarsi con il senso di sé che spesso hanno i nostri partner, in
Europa e nel mondo. Siamo l'Italia, cerchiamo di non dimenticarlo mai.
Tanti segnali dicono che finalmente le cose si sono rimesse nella giusta direzione. Carinaro, Campania: sembrava uno stabilimento destinato alla chiusura, si è aperto uno spiraglio interessante. L'Alfa Romeo presenta mercoledì la nuova Giulia: dopo Melfi ripartirà anche Cassino, vedrete. L'export che continua a crescere alla grande. E martedì prossimo sarò a Courmayeur per inaugurare la nuova funivia del Monte Bianco, capolavoro di ingegneria del quale dovremmo essere orgogliosi. Ma se devo citare la buona notizia del mese penso ad una cosa che può sembrarvi piccola, ma che mi sta molto a cuore. Ieri il ministro Franceschini ha inaugurato una mostra degli Uffizi a Casal di Principe nella terra di don Peppe Diana, martire della camorra. Uffizi & don Peppe: che bello! Mi piace l'idea che anche la cultura sia decisiva nella sfida contro la criminalità organizzata e l'illegalità.
Un sorriso,
Matteo
PS Nella mia newsletter ci sono anche molti studenti dell'ultimo anno delle superiori. Come vi sono sembrate le prove di quest'anno? E, soprattutto, toglietemi una curiosità: quale tema avete scelto voi? matteo@governo.it
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