sabato 28 marzo 2020

PRIMA GIORNATA - NOVELLA N.1


Comincia la prima giornata del Decameron, nella quale, dopo la motivazione data dall’autore del perché quelle persone, che si mostrano in seguito ,si siano riunite per ragionare insieme, essendo regina Pampinea, si narra di quello che più piace a ciascuno.




PRIMA GIORNATA- NOVELLA N.1


Ser Cepparello, con una falsa confessione ,inganna un santo frate e muore; sebbene sia stato un pessimo uomo in vita, da morto viene ritenuto santo e chiamato san Ciappelletto.


Panfilo iniziò il suo racconto dicendo che si sapeva bene che tutte le cose terrene erano transitorie e mortali e arrecavano fatica, angoscia e pericoli, dai quali non ci si poteva riparare senza l’aiuto di Dio. L’aiuto veniva dato da Dio ,non per merito degli uomini ,ma per sua benevolenza, ottenuta grazie alle preghiere e all’intercessione di coloro che erano morti ed erano diventati beati, seguendo nella vita terrena i suoi comandamenti. A costoro gli uomini rivolgevano le loro preghiere , non avendo il coraggio di rivolgersi direttamente a Dio. Avveniva, talvolta, che, ingannati dall’opinione popolare, ci si rivolgesse a qualcuno che era stato scacciato da Dio in eterno esilio. Nonostante ciò, il Signore aiutava lo stesso colui che pregava, guardando più alla purezza di chi pregava, che a quella di colui che intercedeva.
Il che si poteva vedere chiaramente nella novella che egli si accingeva a raccontare.
Si raccontava che il ricchissimo mercante e usuraio Musciatto Franzesi, divenuto in Francia cavaliere, grazie a traffici poco chiari con la corte del re di Francia Filippo il Bello, fu chiamato da papa Bonifacio VIII, per il conferimento di una onorificenza. Egli doveva venire in Toscana con Carlo Senzaterra, fratello di Filippo il Bello, per questo affidò a diverse persone la liquidazione dei suoi affari in Francia.
Gli rimase solo il dubbio su chi scegliere per la riscossione dei suoi crediti in Borgogna. Essendo i borgognoni uomini litigiosi e sleali, non riusciva a trovare un uomo tanto malvagio che potesse opporre alla loro malvagità.
Dopo lungo pensare, gli venne in mente ser Cepparello da Prato ,che spesso si rifugiava nella sua casa di Parigi.
I francesi, poiché costui era piccolo e molto ricercato( manieroso) e affettato , da Cepparello, che significava “cappello”,”ghirlanda” lo chiamarono non “Ciappello” ma “ Ciappelletto” e con questo nome era conosciuto da tutti.
Ciappelletto viveva così. Era notaio e provava grandissima vergogna se non faceva atti notarili falsi, facendosi pagare moltissimo. Diceva , con grande piacere, testimonianze false, richiesto e non richiesto, e, dandosi grande fiducia in quei tempi, ai giuramenti, egli vinceva moltissime cause, giurando spudoratamente il falso.
Provava straordinario piacere a provocare inimicizie e scandali tra amici e parenti e qualunque altra persona, provandone maggiore allegria, quanto più grande era il danno. Invitato a partecipare ad un omicidio o ad un altro misfatto, volentieri correva e, a volte, ferì o uccise con le proprie mani. Bestemmiava molto Dio e i Santi e si adirava per ogni piccola cosa. Non andava in chiesa e riteneva cosa vile i Sacramenti, deridendoli con parole volgari; al contrario, frequentava le taverne e i luoghi malfamati. Amava le donne come i cani amano i bastoni. Avrebbe imbrogliato e rubato con una coscienza che avrebbe offeso ogni uomo timorato di Dio.
Era golosissimo e gran bevitore, baro, giocatore di dadi truccati; senza dire altro, era il peggior uomo che fosse mai nato.
Un tale soggetto fu protetto, nelle sue malefatte ,da messer Musciatto.
Messer Musciatto Franzesi, che conosceva bene la vita di ser Ciappelletto/Ciapparello, pensò che fosse l’uomo giusto per la malvagità dei borgognoni. Perciò, fattolo chiamare ,gli disse “ Ser Ciappelletto, come sai, devo allontanarmi da qui e, dovendo riscuotere dei crediti dai borgognoni, che sono uomini pieni d’inganni, ho pensato di affidare tale incarico a te. Se lo assolverai bene ,ti farò avere il favore della Corte e ti donerò una parte  proporzionata a ciò che riscuoterai”.
Ser Ciappelletto che era ,al momento disoccupato e in cattive acque, subito accettò.
Ricevuta la procura e le lettere favorevoli del re, si recò in Borgogna, dove nessuno lo conosceva, dopo la partenza di Musciatto. Lì si comportò benignamente e con mansuetudine ,senza adirarsi nello svolgere il suo compito.
Mentre faceva queste cose ed era ospitato ,per rispetto a messer Musciatto, in casa di due fratelli fiorentini, che prestavano denaro ad usura, si ammalò.
I due fratelli subito chiamarono un medico e lo assistettero come meglio potevano. Ma ogni aiuto era inutile, perché l’esattore era già vecchio ed aveva vissuto disordinatamente ; i medici dicevano che peggiorava di giorno in giorno perché aveva il male della morte.

 I due fratelli se ne addoloravano molto e ,un giorno, vicino alla camera in cui ser Ciappelletto giaceva infermo, cominciarono a discutere tra loro.
Essi dicevano “Che faremo di costui? Mandarlo fuori casa così gravemente ammalato, in procinto di morire, ci procurerebbe grande biasimo e critiche da parte della gente che l’ha visto ricevere da noi, prima, un’ottima accoglienza. D’altra parte è stato un pessimo uomo, per cui non si vorrà confessare, né vorrà prendere alcun sacramento dalla chiesa. Morendo senza confessione ,nessuna chiesa accoglierà il suo corpo che sarà gettato come quello di un cane. Seppure, poi, vorrà confessarsi, i suoi peccati sono così orribili che nessun prete o frate lo potrà assolvere e, poiché non assolto, sarà gettato nei fossi. Il popolo di Borgogna, conoscendo il nostro mestiere di usurai, che appare molto iniquo, per la volontà di non pagarci, vedendo ciò, comincerà a gridare contro i Lombardi che non sono stati accolti nella chiesa. Poi correrà alle nostre case, ruberà i nostri averi e ci ucciderà. Per cui, comunque vada, siamo nei pasticci ,se costui muore”.  
Ser Ciappelletto, che giaceva nella stanza accanto, udì quello che dicevano, avendo l’udito fine, per cui li fece chiamare e disse loro “ Non voglio che possiate avere alcun danno per colpa mia. Ho udito ciò che temevate, ma le cose non andranno così. Ho fatto tante offese a Dio nella mia vita che una in più per la mia morte non farà né più ,né meno. Per questo fate venire un frate santo e lasciate fare a me ; sistemerò  così bene le cose che potrete essere contenti”.
I due fratelli, senza troppo fiducia, andarono in convento e chiesero di un frate che udisse la confessione di un  lombardo, che era infermo a casa loro. Fu mandato un frate molto venerabile, esperto nelle Sacre Scritture, che tutti i cittadini stimavano.
Il frate, giunto nella camera dove ser Ciappelletto giaceva, si pose a sedere al lato e gli domandò da quanto tempo non si confessava.
Ser Ciappelletto, che non si era mai confessato in vita sua, rispose “ Padre mio , è mia abitudine confessarmi almeno una volta alla settimana, alcune settimane anche di più, però, da quando mi sono ammalato, sono otto giorni che, con mio sommo dispiacere, non mi confesso “.
Dietro le insistenze dell’infermo, che ben disposero la sua mente, il sant’uomo iniziò la confessione, e cominciò col chiedere se avesse mai peccato di lussuria con alcuna donna.
Il malato, sospirando ,rispose che era vergine ,come uscì dal corpo della madre.
Il frate lo lodò perchè egli aveva evitato il peccato di lussuria, anche se era libero di amare, a differenza dei religiosi che si abbandonavano alla lussuria, anche se ciò era vietato dalle regole della religione.
Domandò, poi, se aveva commesso il peccato della gola, al che l’interrogato rispose che si e molte volte e ,per punirsi, oltre ai digiuni della quaresima, ogni settimana, almeno per tre giorni, aveva l’abitudine di digiunare a pane ed acqua. Provava grande soddisfazione soprattutto nel bere ,come facevano i grandi bevitori di vino dopo la fatica di un lungo pellegrinaggio.
Il confessore rispose “Figlio mio ,questi sono peccati naturali e leggieri, ad ogni uomo sembra buono il mangiare dopo un lungo digiuno e il bere dopo la fatica .
Ma dimmi se hai peccato in avarizia, desiderando più del giusto o tenendo più di quello che dovresti? “.
E ser Ciappelletto rispose “ Padre mio, non sospettate di me, perché sono in casa di questi usurai. Io non ci ho niente a che fare, anzi sono venuto per convincerli a lasciare questo abominevole guadagno e credo che ci sarei riuscito se Dio non mi avesse mandato questo malanno. Dovete sapere che mio padre, alla sua morte, mi lasciò ricco ed io diedi la maggior parte in elemosine, e poi, per continuare a vivere dignitosamente e per aiutare i poveri, ho avviato piccoli commerci. Quello che ho guadagnato, comunque, l’ho sempre diviso a metà con i poveri, cosa che è stata gradita a Dio, che ha fatto crescere i miei guadagni “.
Il frate chiese, ancora, al malato se si era ,talvolta ,adirato.
E Ciappelletto rispose che sì ,si adirava spesso quando vedeva i giovani inseguire le vanità e bestemmiare e andare per taverne, non frequentare le chiese e non seguire la via del Signore. Il sant’uomo rispose che quella era un’ira giusta, ma era sbagliata se lo aveva portato all’omicidio e alla violenza. Il vecchio negò con convinzione.
Il frate gli diede la benedizione e gli chiese se aveva mai reso falsa testimonianza o aveva parlato male di qualcuno o aveva rubato. E l’interrogato rispose che solo una volta aveva parlato male , con i parenti, di un uomo che picchiava la moglie, quando aveva bevuto troppo. Ancora il confessore gli domandò se , essendo mercante, aveva mai ingannato qualcuno. E Ciappelletto rispose che solo una volta aveva ingannato un uomo che non conosceva. Costui gli recò i denari per pagare una stoffa che gli aveva venduto. Il mercante mise i denari in cassa, senza contarli, solo dopo un mese si accorse che vi erano quattro spiccioli in più del dovuto, aspettò un anno per restituirli, poi li diede in elemosina.
Il frate gli domandò ancora molte altre cose ed il malato si rammaricò di aver ordinato ,una volta, ad un domestico di spazzare di sabato, a notte inoltrata, quando già era iniziata la domenica, che, per questo, non era stata onorata come Dio voleva. Confessò, poi, di aver, inavvertitamente, sputato in chiesa una volta.
Il sant’uomo ,sorridendo, rispose che anche i religiosi vi sputavano tutto il giorno.
Ed infine, come ultima colpa, confessò, con grande pentimento, di aver bestemmiato, quando era piccolino, la mamma sua e, detto ciò, cominciò a piangere forte. Il confessore disse “ Figlio mio, questo non è poi un gran peccato, gli uomini ,tutto il giorno, bestemmiano Dio, ma Dio volentieri perdona chi si pente, tanto grande è la sua misericordia. Se tu fossi stato tra coloro che lo crocifissero e avessi dimostrato un pentimento così grande ,come stai facendo ora, il Signore, sicuramente, ti avrebbe perdonato”.
Il religioso gli dette l’assoluzione e la benedizione, ritenendolo uomo santissimo, credendo a tutto ciò che l’infermo gli aveva detto. E chi non ci avrebbe creduto, udendo un uomo dire così in punto di morte?
Gli chiese, poi, se, in caso di morte ,voleva essere sepolto in Borgogna.
E il moribondo rispose “ Ebbene si, voglio essere sepolto qui, dopo che mi avete promesso di pregare Dio per me. Anzi, quando ritornate al convento, disponete di portare da me il Corpo di Cristo per l’estrema unzione, affinchè ,io che sono vissuto come un peccatore, muoia come un cristiano”.
Il frate, commosso, fece come gli era stato richiesto.
I due fratelli, che ascoltavano di nascosto, quasi scoppiavano dalle risate e dicevano “ Che razza di uomo è costui che non teme neanche il giudizio di Dio, al cui cospetto si troverà tra poco, timore che non lo ha indotto a rimuovere la sua malvagità ? ”
Ma, vedendo che tutto quello che aveva detto gli aveva procurato la sepoltura in chiesa, non si preoccuparono d’altro.
Ser Ciappelletto ,dopo poco, si comunicò e ricevette l’estrema unzione.
I due fratelli chiamarono i frati perché andassero a fare la veglia notturna e predisponessero per la sepoltura.
Il frate che lo aveva confessato arrivò insieme al priore e, ritenendo il morto un santo uomo, convinse il suo superiore a seppellire quel corpo con grande riverenza e devozione.
Il priore e gli altri frati creduli, predisposero una grande veglia e un corteo funebre molto solenne, indossando i paramenti religiosi, con al seguito quasi tutto il popolo. Poi il frate iniziò l’elogio funebre raccontando della vita, della verginità e di tutte le cose straordinarie che il mercante gli aveva raccontato in punto di morte.
Ed, infine, si rivolse ai fedeli che lo ascoltavano ,dicendo “ E voi, maledetti da Dio, che per ogni sciocchezza bestemmiate Dio, la Madonna e tutta la Corte del Paradiso”.
Tutti i fedeli fiduciosi, dopo la celebrazione, presi da una grande devozione, si accalcarono intorno al feretro, per baciargli i piedi e le mani. Gli stracciarono i panni di dosso per conservarne almeno un pezzetto, come reliquia. Si decise, allora, di tenerlo esposto per tutto il giorno, affinchè tutti potessero vederlo.
Poi, sopraggiungendo la notte, fu seppellito in una cappella di marmo.
Il giorno seguente cominciarono ad arrivare le genti per adorarlo, per fare voti, per ottenere una grazia.
E tanto crebbe la fama della sua santità, che la maggior parte degli abitanti della Borgogna fece voti a lui e lo chiamò San Ciappelletto.
Così visse e morì Ser Ciappelletto da Prato e divenne santo, come avete udito.
Panfilo concluse la narrazione dicendo “ Non voglio negare che Dio, nella sua infinita misericordia, abbia potuto riceverlo nel suo regno, ma ritengo che egli dovrebbe essere dannato nelle mani del diavolo, piuttosto che in Paradiso. Ma il Signore, conoscendo la buona fede degli uomini, spero che abbia esaudito le preghiere dei borgognoni a lui rivolte, attraverso quell’uomo falso e bugiardo. Anche noi, che siamo sani e salvi in questa lieta compagnia, ci raccomanderemo a Dio, sicuri di essere ascoltati “.

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