domenica 15 marzo 2020

          misteri     fiorentini              





..........................Sulla destra guardando la facciata vi era un muro anch’esso con un intonaco molto rovinato  ed all’angolo di congiunzione tra questo e la stessa facciata era posto un

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grande tavolo simile ad un altare in pietra serena scheggiato a causa del tempo e delle intemperie. Dentro il muro erano incassate delle grandi vasche e dentro quella mediana vi era una lapide che portava la seguente iscrizione

“Io son quella, o lettor, fata Morgana
che giovin qui ringioveniva altrui Qui dal Vecchietto, poiché vecchia io fui
ringiovenita colla sua fontana”
MDLXXII

Presi un taccuino che avevo sempre con me e copiai diligentemente ciò che era impresso nell’antico marmo. Mi allontanai per avere un colpo d’occhio d’insieme e appoggiai le mie terga sul cofano ancora caldo della mia macchina. Guardai con grande ammirazione l’opera che ai suoi tempi doveva sprigionare un fascino non indifferente che si era mantenuto nonostante i danni arrecati dallo scorrere dei secoli. Aprii il taccuino ove avevo trascritto la frase incisa sulla lapide. Riguardai la facciata……..pensando che la statua mancate doveva essere, anzi lo era sicuramente la rappresentazione della fata Morgana. Sicuramente doveva essere molto bella, chissà perché era sparita? dove poteva essere al momento? Improvvisamente il mio pensiero andò a GIAMBOLOGNA. Pur non essendo ferratissimo in storia dell’arte, dai tempi del liceo non era mai stata la mia materia preferita. Comunque non ero nelle condizioni del povero Don Abbondio che non sapeva chi fosse Carneade. Io non mi son posto la domanda Giambologna chi è costui…….Giambolognapseudonimo di Jean de Boulogne  è stato uno scultore di origine fiamminga,  particolarmente attivo nella Firenze della seconda metà del ‘500. Il ratto delle sabine collocato all’interno della loggia dei Lanzi, le due statue equestri che ornano tutt’oggi due belle piazze fiorentine, queste erano le opere  che ritenevo più famose dello scultore fiammingo.  Qualcosa, in fondo, ancora ricordavo di quegli ormai antichi  e mai del tutto amati studi sulla storia artistica del nostro paese in generale e della nostra Firenze in particolare.
Così pensieroso rimiravo con ammirazione quel luogo magico, di una magia misteriosa ed anche un po’ inquietante, mi sembrava di vedere strane e diafane figure danzanti coperte da strane cappe nere, arancioni, argentate.
-Ma che mi sta accadendo? Mi domandai al alta voce, per caso mi vengono le traveggole. Per farmi coraggio mi sfuggi una risatina con venature quasi isteriche.
                                                                             
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C’era anche quel tavolone di pietra che sembrava quasi una sorta di altare ove celebrare riti misteriosi, quella scritta lungo tutto il suo bordo resa illeggibile dal trascorrere del tempo e dalle offese delle intemperie a cui era stata costretta.
Mi rialzai dal cofano della macchina dove ero stato fino a quel momento appoggiato, mi stirai allargando le braccia in forma di croce, mi massaggiai poderosamente le mie reni doloranti e mi stavo avviando verso la porticina protetta dal cancelletto per poter ricontrollare l’interno della fonte o del ninfeo o di quel diavolo fosse stato alla sua origine.
Il sole era già scomparso dietro le collinette che circondavano l’angusta valle ove mi stavo trovando. Un brivido di un freddo innaturale mi corse tutto lungo la schiena, i peli dei miei bracci si rizzarono come attratti da una forza misteriosa, fui invaso da un’inquietudine stranamente immotivata. Sembrava che la mia presenza dispiacesse a qualche forza arcana lì nascosta da qualche parte. Entrai in macchina, accesi il motore che al primo colpo non partì, ciò mi creò un certo imbarazzo misto da paura. Feci marcia in dietro e con un’unica ed abile manovra mi inserii nella  stretta strada che  già avevo percorso  in senso inverso.
Giunsi al suo termine dove essa si immetteva in un’arteria principale. Nel suo ultimo tratto era fiancheggiata da entrambi i lati da piccoli, vecchi edifici e proprio sull’ultimo c’era appesa un insegna che indicava una rivendita di tabacchi, decisi di fermarmi perché avevo bisogno un urgente bisogno di una buona e malsana sigaretta. Accostai il mio mezzo al muro per non ostacolare gli eventuali veicoli in transito. Scesi senza chiudere la portiera, entrai nella modesta botteguccia scostando una vecchia tenda fatta di fila di perline in filate in corde lunghe quanto era alta la porta. Il mio ingresso fu annunciato dal tintinnare d i questa tenda e mi ritrovai in un ambiente lungo e stretto, buio, fumoso che da tanto tempo non aveva visto l’opera di un imbianchino.  Per quasi tutta la sua lunghezza c’era un fornito banco di alimentari. L’ambiente era pervaso da un intenso ed invitante profumo di buoni insaccati e di buon pane toscano. Era uno di quei negozi che offrivano una grandissima varietà di merci. Si andava dagli alimentari, ai detersivi per finire ai tabacchi. C’era anche un piccolissimo banco per la mescita di bevande ove appollaiati su due alti sgabelli stavano due arzilli vecchietti che stavano gustando due gottini di buon vino rosso.  ..............................,

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