no alla pena di morte
1. LA STORIA DELLA
SETTIMANA : CARCERE: CONSIGLIO DIRETTIVO DI NESSUNO TOCCHI CAINO DEDICATO AL
41-BIS, 'MONUMENTO SPECIALE DELLA LOTTA ALLA MAFIA, FOSSA COMUNE DI SEPOLTI
VIVI'
2. NEWS FLASH:
BAHRAIN: APPELLO AL RE PER LA COMMUTAZIONE DI DUE CONDANNE CAPITALI 3. NEWS FLASH: TAIWAN: ‘LE NUOVE LINEE GUIDA NON
CAMBIANO UNA PRATICA BARBARA’
4. NEWS FLASH:
CALIFORNIA (USA): IL CORONAVIRUS HA CAUSATO 39 MORTI NELLE PRIGIONI DELLO STATO
5. NEWS FLASH: CINA: ‘MALATO MENTALE’
GIUSTIZIATO PER L’OMICIDIO DI UN BAMBINO 6.
I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA : SENATO: 28 LUGLIO CONFERENZA STAMPA SU
EMBARGO VENDITA DI ARMI ALL’IRAN
CARCERE: CONSIGLIO DIRETTIVO DI NESSUNO TOCCHI CAINO
DEDICATO AL 41-BIS, 'MONUMENTO SPECIALE DELLA LOTTA ALLA MAFIA, FOSSA COMUNE DI
SEPOLTI VIVI'
Nessuno tocchi Caino-Spes contra Spem terrà un altro
Consiglio Direttivo sabato, 25 luglio 2020, dalle 9:30 alle 19:00 (con una
pausa dalle 13:30 alle 15:00), sulla piattaforma Zoom.
La riunione dal titolo “41-bis: monumento speciale della
lotta alla mafia, fossa comune di sepolti vivi” prende spunto dall’uscita di un
numero monografico sul “carcere duro” della rivista giuridica Giurisprudenza
Penale. Insieme all’aspetto tecnico-giuridico (di cui il fascicolo
prevalentemente tratta), verrà trattato quello umano del vissuto dei detenuti
sottoposti al regime speciale che vige in Italia da quasi trent’anni e che
“nessuno – afferma Nessuno tocchi Caino – pare voglia mettere in discussione”.
Prenderanno la parola ex detenuti al 41-bis, familiari,
avvocati difensori, magistrati di sorveglianza, giuristi, giornalisti. Si
parlerà della vicenda di Raffaele Cutolo, un uomo di quasi 80 anni “vissuti –
afferma Nessuno tocchi Caino – in un tempo ‘equamente’ diviso fra tre
generazioni: la prima in libertà, la seconda nel carcere normale, la terza al
carcere duro”.
“Non sono pochi – continua l’Associazione radicale – i
detenuti al 41-bis che, come Raffaele Cutolo, sono sottoposti al regime di
isolamento totale, ininterrottamente, da quando è stato istituito nel 1992 e
che rischiano di morire nelle mani di uno Stato che ha abolito la pena di
morte, ma non la morte per pena e la pena fino alla morte.” “Il monumento
simbolo della lotta alla mafia si erge su una fossa di sepolti vivi, uomini
privati di sensi umani fondamentali come la vista e l’udito, di facoltà sociali
minime come la parola.”
Secondo i dirigenti di Nessuno tocchi Caino Sergio
D’Elia, Rita Bernardini ed Elisabetta Zamparutti, “il 41-bis è un regime di
tortura, sempre più chiuso e ottuso, è la quintessenza del carcere,
dell’isolamento, della privazione della libertà”. “Un giorno – che noi di
Nessuno tocchi Caino, noi che siamo anche Spes contra Spem, faremo in modo non
sia molto lontano – ci volgeremo indietro e guarderemo al carcere, sia nella
sua versione ‘dura’ sia nella sua versione ‘morbida’, come si guarda a una
rovina della storia, un resto archeologico dell’umanità.”
Il Consiglio Direttivo di Nessuno tocchi Caino sarà
trasmesso in diretta da Radio Radicale, sul canale YouTube e sulla pagina
Facebook dell’Associazione.
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NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH
BAHRAIN: APPELLO AL RE PER LA COMMUTAZIONE DI DUE
CONDANNE CAPITALI Più di una decina di gruppi per i diritti umani hanno firmato
una lettera aperta al re del Bahrain in un ultimo tentativo di far commutare le
condanne a morte di due attivisti accusati di aver causato la morte di un
poliziotto nel 2014, ha riportato Middle East Eye il 23 luglio 2020.
I firmatari includono Human Rights Watch e Reprieve,
secondo cui Mohamed Ramadhan e Hussain Ali Moosa non hanno ricevuto un processo
equo e sono stati accusati dopo che la polizia ha estorto loro confessioni
mediante tortura.
"Noi, le organizzazioni sottoscritte, La esortiamo a
commutare le condanne a morte di Mohamed Ramadhan e Hussain Ali Moosa, che
hanno esaurito tutti i ricorsi legali a loro disposizione dopo che la Corte di
Cassazione ha confermato le loro condanne a morte", è scritto nella
lettera.
All'inizio di questo mese, una Corte del Bahrain ha
confermato le condanne a morte dei due attivisti pro-democrazia.
Tutte le vie legali per i due uomini sono ormai esaurite
e non resta ora che la ratifica del Re.
La lettera esorta il Re a ordinare un nuovo processo per
i due uomini, chiede ine anche l'abooltre la liberazione di altri dieci
detenuti in Bahrain che sono stati condannati a morte o rischiano l’esecuzione.
Si chiedlizione della pena di morte e di prendere almeno
in considerazione l'istituzione di una moratoria sulle esecuzioni nel Paese.
TAIWAN: ‘LE NUOVE LINEE GUIDA NON CAMBIANO UNA PRATICA
BARBARA’
Taiwan ha adottato nuove linee guida per l'esecuzione
delle condanne a morte – incluso evitare che i condannati vedano il volto del
boia - tuttavia gli attivisti per i diritti hanno dichiarato il 16 luglio 2020
che la novità non cambia una pratica barbara.
L'Isola ha praticato 35 esecuzioni da quando nel 2010 è
stata revocata una moratoria sulla pena di morte, con l'ultima ad aprile quando
è stato messo a morte un uomo di 53 anni che aveva ucciso i suoi genitori.
A Taiwan, la pena di morte viene eseguita con colpi di
arma da fuoco.
"La pena di morte è un metodo brutale e disumano di
punizione ... è assurdo discutere su come applicarla in modi più umani",
ha dichiarato Chiu E-ling, direttore di Amnesty International Taiwan.
I media informano che ai condannati viene dato un potente
sedativo prima di essere stesi a faccia in giù, poi gli viene sparato un colpo
al cuore attraverso la schiena.
In base alle misure approvate dal gabinetto questa
settimana, i condannati dovranno essere incappucciati durante la procedura di
esecuzione.
Gli sarà anche permesso di svolgere rituali religiosi
finali e di registrare un messaggio di addio per le loro famiglie.
Le esecuzioni sono attualmente praticate senza preavviso,
una volta esauriti tutti i ricorsi.
I media locali hanno detto che le nuove regole sono state
introdotte dal governo per rendere le esecuzioni "più umane".
Lin Hsin-yi, direttore esecutivo di Taiwan Alliance to
End the Death Penalty, ha esortato il governo della presidente Tsai Ing-wen a
mantenere la promessa di abolire la pena capitale.
"Non esiste un modo umano di eseguire la pena di
morte. Non dovrebbe più essere eseguita", ha detto.
CALIFORNIA (USA): IL CORONAVIRUS HA CAUSATO 39 MORTI
NELLE PRIGIONI DELLO STATO Il coronavirus ha causato 39 morti nelle prigioni
della California, denuncia il giornale San Francisco Examiner il 19 luglio
2020.
L’articolo critica il governatore Gavin Newsom per il
poco che sta facendo per affrontare l’epidemia di COVID-19 nelle carceri dello
stato. L’articolo ricorda le parole con cui Newsom, nel marzo 2019 aveva
firmato un ordine esecutivo che metteva in moratoria le esecuzioni nello stato:
"Le condanne a morte sono applicate in modo diseguale e ingiusto a persone
di colore, persone con disabilità mentali e persone che non possono permettersi
costose rappresentanze legali. Fin che dura il mio mandato, non autorizzerò
nessuna esecuzione".
Tuttavia, scrive il giornale, nel mezzo di una pandemia
globale, la detenzione è diventata una condanna a morte crudele e applicata in
modo casuale.
Al 17 luglio nelle carceri della California sono già
morte 39 persone. Per fare un confronto, tra il 1978 e il 2006 nel braccio
della morte dello stato sono state compiute 13 esecuzioni.
La California ha il sistema carcerario più popoloso del
paese: 240.000 persone sono rinchiuse nelle carceri statali, locali, o nei
centri di detenzione per immigrati.
È confermato che i casi di positività al Coronavirus sono
almeno 6.000, cifra che nella realtà è probabilmente molto più alta, visto il
basso numero di tamponi effettuati.
A San Quintino, dove tra l’altro è ospitato anche il
braccio della morte, i detenuti positivi sono oltre 1.100, e 12 le morti
accertate. La percentuale di positivi in carcere è 125 volte più alta rispetto
alla popolazione “fuori”.
Da mesi, le associazioni per i diritti umani stanno
chiedendo al governatore Newsom di ridurre drasticamente la popolazione
carceraria della California.
Ma le scarcerazioni sono state troppo poche. Dopo 6 mesi
di pandemia, il sistema carcerario opera ancora al 118% della sua capacità.
Il 10 luglio l’Amministrazione Penitenziaria ha
annunciato che avrebbe scarcerato 8.000 persone dalle carceri più colpite da
COVID-19. Tuttavia, tali scarcerazioni rappresentano meno del 5% della
popolazione carceraria dello stato, molto al di sotto delle riduzioni
raccomandate da Amend, un gruppo di consulenti sanitari per il sistema
carcerario, e i requisiti fissati dall’Amministrazione per le scarcerazioni
sono troppo severi, ed escludono troppo persone.
Tali gesti superficiali non possono rallentare un virus
pandemico. Il governatore Newsom e l’Amministrazione Penitenziaria devono
iniziare scarcerazioni di massa, senza precedenti, per proteggere coloro che
possono ancora essere protetti, e porre fine a questa nuova crudele pena di
morte. Agire in ritardo sarà comunque sempre meglio che non agire per niente,
conclude l’articolo.
CINA: ‘MALATO MENTALE’ GIUSTIZIATO PER L’OMICIDIO DI UN
BAMBINO Un padre cinese in via di guarigione dalla schizofrenia è stato
giustiziato il 17 luglio 2020 per aver ucciso un compagno di classe di sua
figlia in un gabinetto della scuola, a seguito di un litigio tra i due bambini.
Lin Jianxia, 37 anni, pugnalò a morte il bambino di nove
anni nel 2018 per vendetta, dopo che il bambino aveva colpito sua figlia
durante una lite.
L'omicidio avvenne nel pomeriggio del 21 settembre 2018,
in una scuola elementare a Rui'an, nella città di Wenzhou, provincia di
Zhejiang.
Sebbene l'avvocato di Lin avesse legato le azioni
dell'uomo alla sua malattia mentale, un'alta corte locale stabilì che la sua
schizofrenia fosse in remissione nel periodo del crimine. La corte stabilì che
Lin fosse pienamente responsabile sotto il profilo penale, giudicandolo quindi
colpevole di omicidio volontario.
I funzionari della Corte Intermedia del Popolo di Wenzhou
hanno messo a morte Lin dopo aver ricevuto l’ordine di esecuzione da parte
della Corte Suprema cinese.
La Corte Suprema ha anche respinto l'affermazione
dell'avvocato di Li secondo cui l'uomo era mentalmente disturbato mentre
commetteva l'omicidio, definendo la tesi "falsa".
Lin aveva presentato appello dopo essere stato condannato
a morte il 1° marzo dell'anno scorso. In un secondo e ultimo processo lo scorso
dicembre, l'Alta Corte del Popolo dello Zhejiang aveva confermato la precedente
sentenza.
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I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA
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